RICORSO N. 54 DEL 26 MAGGIO 2015 (DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI)

Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 26 maggio 2015.

(GU n. 24 del 17.6.2015)

 

Ricorso per la Presidenza del Consiglio dei Ministri (c.f. 80188230587), in persona del Presidente del Consiglio attualmente in carica, rappresentata e difesa per mandato ex lege dall'Avvocatura Generale dello Stato (c.f. 80224030587), presso i cui uffici ha domicilio in Roma, via dei Portoghesi 12 (fax 0696514000 - PEC ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it), ricorrente;   Contro Regione Veneto, in persona del Presidente della Giunta Regionale attualmente in carica, resistente;   Per l'impugnazione e la dichiarazione di incostituzionalita' dell'articolo 8, comma 1, lettera a), della legge regionale 16 marzo 2015 n. 4, avente ad oggetto «Modifiche di leggi regionali e disposizioni in materia di governo del territorio e di aree naturali protette regionali», pubblicata sul BUR n. 27 del 20 marzo 2015.

La Regione Veneto ha approvato ed emanato la legge n. 4/2015 con cui in dieci articoli ha introdotto modifiche a svariate norme regionali vigenti in materia di governo, assetto ed uso del territorio, di paesaggio, di edilizia ed urbanistica, nonche' in materia di aree protette.

In particolare, per quanto qui interessa, con l'art. 8 in dichiarata attuazione della norma statale di cui all'art. 2-bis del D.P.R. n. 380/2001 («Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia») ha demandato allo strumento urbanistico generale la fissazione dei limiti di densita', altezza e distanza in deroga a quelli stabiliti dall'ordinamento statale in una serie di ipotesi espressamente elencate.

Cosi' testualmente la nuova norma regionale:   «In attuazione di quanto previsto dall'art. 2-bis del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, lo strumento urbanistico generale, con le procedure di cui al comma 4, puo' fissare limiti di densita', di altezza e di distanza in deroga a quelli stabiliti dagli articoli 7, 8, e 9 del decreto ministeriale 2 aprile 1968 n. 1444 "Limiti inderogabili di densita' edilizia, di altezza, di distanza fra fabbricati e rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attivita' collettive, al verde pubblico o a parcheggi da osservare ai fini della formazione nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti ai sensi dell'art. 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765":   a) nei casi di cui all'articolo 17, comma 3, lettere a) e b) della legge regionale 23 aprile 2004, n. 11 «Norme per il governo del territorio ed in materia di paesaggio», con riferimento ai limiti di distanza da rispettarsi all'interno degli ambiti dei Piani Urbanistici Attuativi (PUA) e degli ambiti degli interventi disciplinati puntualmente;   b) in specifiche aree o ambiti, individuati all'interno delle zone di completamento, comunque denominate nello strumento urbanistico comunale, qualora i diversi limiti fissati siano funzionali a confermare un assetto morfologicamente ordinato ed unitario di tessuti urbani consolidati prevalentemente composti da fabbricati realizzati prima dell'entrata in vigore del D.M. 2 aprile 1968 n. 1444».

Ad avviso della Presidenza del Consiglio questa norma viola la competenza legislativa esclusiva dello Stato, e deve pertanto essere impugnata per il seguente

 

Motivo

 

1) Violazione dell'articolo 117, comma 2, lettera l), della Costituzione che demanda alla competenza legislativa esclusiva dello Stato le norme appartenenti all'ordinamento civile.

Come noto, il decreto-legge 21 giugno 2013 n. 69, convertito con legge n. 98/2013, ha introdotto una serie di misure di semplificazione del quadro amministrativo e normativo al fine di rilanciare l'economia nazionale e di favorire la crescita economica.

L'articolo 30 del testo legislativo si e' occupato specificamente della semplificazione nel settore edilizio, introducendo nel D.P.R. n. 380/2001 (T.U. delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia) l'art. 2-bis, che consente alle regioni ed alle Province Autonome di Trento e Bolzano di dettare proprie norme anche in deroga alle disposizioni del D.M. 2 aprile 1968 n. 1444.

Quel regolamento ministeriale, di competenza del Ministro dei lavori pubblici, si occupa essenzialmente di due questioni:   a) la fissazione di limiti inderogabili di densita' edilizia, di altezza e di distanza fra i fabbricati (articoli 7, 8 e 9);   b) la fissazione dei cc.dd. «standard», ossia i rapporti massimi da osservare nella formazione o nella revisione degli strumenti urbanistici, tra spazi con destinazione residenziale e produttiva e spazi da destinare ad attivita' collettive, a verde pubblico, a parcheggi.

Il potere derogatorio attribuito alle regioni dall'art. 2-bis del D.P.R. n. 380/2001 come introdotto nel 2013, pero', lascia espressamente ferma la competenza statale in materia di ordinamento civile, con riferimento al diritto di proprieta' ed alle connesse norme del codice civile e alle sue disposizioni integrative.

Ora, come ha gia' ripetutamente chiarito la giurisprudenza costituzionale, la disciplina delle distanze minime tra le costruzioni rientra nella competenza legislativa esclusiva dello Stato in quanto attinente all'ordinamento civile (Corte cost. 21 maggio 2014 n. 134; Corte cost. 16 gennaio 2013 n. 6; Corte cost. 7 maggio 2012 n. 114; Corte cost. 15 maggio 2005 n. 232).

E, del resto, il principio appare evidentemente giusto ove si osservi che la disciplina delle distanze tra edifici, e' oggetto di specifica norma del codice civile nel libro della proprieta' in generale, e nel titolo della proprieta' edilizia in particolare (art. 773 cod. civ.); cosi' come non possono non attenere alla proprieta', in funzione limitativa della stessa, le disposizioni dettate, in attuazione della legge n. 765/1965, dal D.M. n. 1444/1968 con riferimento alla densita' ed all'altezza degli edifici.

La stessa Corte ha tuttavia precisato, sulla scorta della considerazione che le distanze tra gli edifici possono anche incidere sull'assetto del territorio, e quindi fuoriuscire dai limiti dei rapporti tra privati, che la loro disciplina possa essere oggetto pure di legislazione concorrente regionale quando essa possa essere funzionale agli interessi pubblici legati al governo del territorio. Ed in questa ottica il potere legislativo regionale puo' anche operare in deroga alle norme statali, purche' tale discostamento persegua finalita' di carattere urbanistico destinate ad assicurare «un assetto complessivo ed unitario di determinate zone del territorio».

D'altra parte, la stessa inderogabilita' dei (soli) limiti di distanza era stata dallo stesso Stato attenuata ammettendo la possibilita' di distanze inferiori nel caso di gruppi di edifici che formino oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni planovolumetriche (art. 9 del D.M. n. 1444/1968). Quindi, la legittimazione a derogare per ragioni urbanistiche era principio gia' presente nella normativa statale.

Nel caso di specie, pero', la Regione Veneto non ha utilizzato in modo corretto la facolta' derogatoria concessagli dall'interpretazione costituzionale ora ricordata, ed ha pertanto invaso per l'eccessiva ampiezza della previsione la competenza dello Stato.

Intanto, essa ha assegnato agli strumenti urbanistici un potere piu' esteso di quello che potrebbe essere esercitato, dal momento che - in presenza di una norma statale (l'art. 2-bis del D.P.R. n. 380/2001) che ammette deroghe al D.M. 1444/1968 solo per le distanze (art. 9), ed in presenza di un'apertura della giurisprudenza costituzionale che pure consente la discriminante urbanistica per le deroghe in materia di distanze - la norma regionale qui censurata introduce una derogabilita' alla disciplina statale anche relativamente alle altezze ed alla densita' (articoli 7 e 8), i cui limiti invece dovrebbero rimanere inderogabili.

E poi, la norma regionale censurata consente le deroghe in parola nei casi di cui all'art. 17, comma 3, lettere a) e b) delle legge regionale n. 11/2004 con esplicito riferimento ai PUA e agli ambiti degli interventi disciplinati puntualmente.

Ora, la legge regionale n. 11/2004 all'art. 17 prevede che il piano degli interventi si attui mediante Piani Urbanistici Attuativi (PUA), e che minori distanze tra edifici rispetto ai limiti di cui al D.M. 1444/1968 possano essere fissati nel caso di gruppi di edifici in ambito PUA o in caso di interventi disciplinati puntualmente.

Come si vede, si tratta di previsioni urbanistiche (e di contenuto di strumenti urbanistici) del tutto generali e generiche, che non contengono alcun riferimento a quelle particolari e specifiche esigenze legate al territorio - a quel particolare territorio, con quelle particolari caratteristiche dettate da ragioni naturali e storiche (cosi' Corte cost. n. 134/2014 in parte motiva) - che consentirebbe una disciplina delle distanze diversa da quella inderogabilmente fissata dal legislatore statale.

Ne' quelle specificita' sono in qualche modo desumibili dalle altre disposizioni della norma qui in esame.

Non e' sufficiente, infatti, una generica motivazione urbanistica per legittimamente derogare ai limiti di matrice statale in tema di distanza tra edifici (se si ragionasse cosi', e' evidente che ogni strumento urbanistico, in quanto tale, potrebbe farlo), ma occorre una specifica motivazione di omogeneita', complessivita' ed unitarieta' che giustifichi per determinate zone una eccezionale - nel senso che fa eccezione - previsione di assetto fisico.

D'altra parte, gli stessi requisiti di omogeneita', complessivita' ed unitarieta' richiesti dalla giurisprudenza costituzionale perche' prevalga la discriminante urbanistica, appaiono incompatibili con la norma regionale che consente la deroga alle distanze nel caso di interventi puntuali, che - proprio perche' puntuali - sono per loro natura svincolati dal contesto.

Quindi, il contrasto con i principi affermati dalla Corte si manifesta qui con il consentire una deroga alla norma statale sia in caso di Piano Urbanistico Attuativo (strumento in se' assolutamente generale per ambito territoriale di efficacia, generico in termini di contestualizzazione di intervento, indefinito e per previsioni di contenuto) senza alcuna indicazione di specificita', sia in caso di intervento puntuale (che prescinde da ogni elemento di omogeneita' di contesto e di unitarieta' di assetto del territorio).

 

P.Q.M.

 

Per tutte le esposte ragioni, la Presidenza del Consiglio dei Ministri come sopra rappresentata e difesa conclude affinche' la Corte costituzionale voglia accogliere il presente ricorso e per l'effetto dichiarare l'illegittimita' costituzionale dell'art. 8, comma 1, lettera a) della legge regionale del Veneto 16 marzo 2015, n. 4 per contrasto con l'art. 117, comma 2, lettera l) della Costituzione.

Roma, 19 maggio 2015

Avvocato dello Stato: Marco Corsini