RICORSO N. 65 DEL 17 GIUGNO 2015 (DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI)

Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 17 giugno 2015.

(GU n. 32 del 12.8.2015)

 

Ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri in carica, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato (codice fiscale: 80224030587 - n. fax 0696514000 ed indirizzo p.e.c. per il ricevimento degli atti ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it) e presso la stessa domiciliato in Roma alla via dei Portoghesi n. 12, giusta delibera del Consiglio dei Ministri adottata nella riunione dell'11 giugno 2015, ricorrente;   Contro la Regione Liguria, in persona del Presidente della Giunta Regionale in carica, con sede in Genova, via Fieschi n. 15, intimata;   Per la declaratoria di illegittimita' costituzionale degli artt. 1, 6, 20 e 22 della legge della Regione Liguria del 7 aprile 2015, n. 12, pubblicata nel BUR n. 12 del 15 aprile 2015, recante "Disposizioni di adeguamento della normativa regionale";

Per violazione

degli artt. 3, 97 e 117, comma 2, lett. l), m), s), e comma 3, Cost.

1. Con legge regionale n. 12 del 2015 la Regione Liguria ha emanato varie norme di adeguamento della normativa regionale.

2. In particolare, l'art. 1 della predetta legge ha modificato la l.r. 21 giugno 1999, n. 18, recante "Adeguamento delle discipline e conferimento delle funzioni agli enti locali in materia di ambiente, difesa del suolo ed energia", sostituendo il comma 1 bis dell'art. 91, che era stato introdotto dalla l.r. 11 maggio 2009, n. 16.

La norma sostitutiva prevede tra l'altro alla lettera c) che, al fine di realizzare una gestione unitaria dei bacini idrografici, la Giunta Regionale: "puo' individuare, sulla base di specifici criteri attuativi, corsi d'acqua o loro tratti, che presentino almeno le seguenti caratteristiche:   1) sottendano bacini idrografici di modeste dimensioni, prevalentemente tombinati, e ricadono in contesti urbanistico-edilizi di tessuto urbano consolidato;   2) pur non potendosi classificare canali di drenaggio urbano, abbiano perso, a causa delle trasformazioni territoriali ed urbanistiche verificatesi nel tempo, le caratteristiche originali del corso d'acqua in modo irreversibile tanto da non rendere possibile il loro recupero in termini di spazi e capacita' di deflusso".

La lettera d) chiarisce che tale individuazione "e' effettuata al fine di provvedere contestualmente ad una gradazione e ad una diversificazione degli obblighi e degli adempimenti in materia dl polizia idraulica e di gestione del demanio idrico, ferma restando la necessita' di individuare, comunque, misure di tutela della pubblica e privata incolumita' e di salvaguardia dei beni esposti".

3. L'art. 6, comma 3, della impugnata l.r. n. 12 del 2015 modifica l'art. 6, comma 2, secondo trattino, lett. i), della l.r. n. 16 del 2008, recante "Disciplina dell'attivita' edilizia". In particolare, in tale lettera le parole "non comportanti opere edilizie" sono sostituite dalle parole: "e privato pertinenziali non comportanti creazione di volumetria". Per effetto di tale modifica, l'art. 6, comma 2, secondo trattino, lett. i), della l.r. n. 16 del 2008 prevede che "Sono considerati di manutenzione ordinaria i seguenti interventi [...] all'esterno dell'edificio [...]: i) installazione di tende da sole, insegne, targhe, impianti tecnologici o elementi di arredo urbano e privato pertinenziali non comportanti creazione di volumetria".

4. Il sesto comma del citato art. 6 della l.r. n. 12 del 2015 modifica l'art. 18, comma 1, della predetta l.r. n. 16 del 2008, disponendo che le parole: "ivi compresi" sono sostituite dalla seguente: "nonche'" e alla fine del comma e' aggiunto il seguente periodo: "Non costituisce creazione di un nuovo piano della costruzione il recupero dei sottotetti non abitabili ai sensi della l.r. n. 24/2001 e successive modificazioni e integrazioni". Per effetto della novella, la norma modificata dispone che: "In attuazione dell'art. 2-bis, del D.P.R. n. 380/2001 e successive modificazioni e integrazioni gli interventi sul patrimonio edilizio esistente fino alla ristrutturazione edilizia, nonche' gli interventi di recupero dei sottotetti esistenti, possono essere realizzati nel rispetto dell'allineamento dell'edificio preesistente purche' non comportanti sopraelevazioni che determinino la creazione di un nuovo piano della costruzione. Non costituisce creazione di un nuovo piano della costruzione il recupero dei sottotetti non abitabili ai sensi della L.R. n. 24/2001 e successive modificazioni e integrazioni".

5. L'art. 6, comma 8, della impugnata l.r. n. 12 del 2015, dispone inoltre che: "Al comma 1, dell'art. 21, della L.R. n. 16/2008 e successive modificazioni e integrazioni, sono apportate le seguenti modifiche [...]:   dopo la lettera i) e' aggiunta la seguente:   "i bis) l'installazione di opere di arredo pubblico e privato, anche di natura pertinenziale, purche' non comportanti creazione di nuove volumetrie, anche interrate".

6. Il successivo comma 11 del predetto art 6 della l.r. impugnata prevede altresi' che: "Al comma 1, dell'art. 21-bis, della L.R. n. 16/2008 e successive modificazioni e integrazioni, sono apportate le seguenti modifiche [...]:   la lettera e) e' sostituita dalla seguente: "e) la ristrutturazione edilizia come definita dall'art. 10 comportante incrementi della superficie all'interno delle singole unita' immobiliari o dell'edificio con contestuali modifiche all'esterno, nonche' nell'ipotesi di trasformazione d'uso di locali costituenti superficie accessoria in superficie agibile";   alla lettera i) le parole: "e di opere di arredo pubblico e privato anche di natura pertinenziale sono soppresse".

7. Il comma 15 del medesimo art. 6 della l.r. n. 12 del 2015 dispone che: "Alla lettera b) del comma 1, dell'art. 23, della L.R. n. 16/2008 e successive modificazioni e integrazioni, dopo le parole: "gli interventi comportanti mutamenti della destinazione d'uso" sono inserite le seguenti: "aventi ad oggetto immobili compresi nelle zone omogenee A o nelle zone o ambiti ad esse assimilabili e non rientranti nei casi di cui al ridetto art. 21-bis, comma 1, lettera f)".

8. L'art. 6, comma 20, della l.r. in esame, modificando il comma 1, dell'art. 38 della L.R. n. 16/2008 e successive modificazioni e integrazioni, assoggetta a contributo di costruzione gli interventi edilizi di frazionamento di unita' immobiliari relativi ad edifici di qualunque destinazione d'uso che determinino un numero di unita' immobiliari superiori al doppio di quelle esistenti, con aumento di superficie agibile superiore a 25 metri quadrati.

9. Il successivo comma 21, primo trattino, dello stesso art. 6, della l.r., aggiungendo la lett. g bis dopo la lett. g del comma 1 dell'art. 39 della l.r. n. 16/2008 e successive modificazioni e integrazioni, prevede che il contributo di costruzione non e' dovuto per alcuni interventi di accorpamento e di frazionamento di unita' immobiliari anche se comportanti, tra l'altro, incrementi di superficie delle unita' immobiliari inferiori a 25 metri quadrati. Il secondo trattino, modificando il comma 2 bis del citato art. 39 della l.r. n. 16/2008, prevede inoltre che gli interventi di manutenzione straordinaria, qualora comportanti un aumento del carico urbanistico determinato da incremento della superficie agibile all'interno dell'unita' immobiliare pari o superiore a 25 metri quadrati e non derivante dalla mera eliminazione di pareti divisorie, sono soggetti al contributo di costruzione commisurato all'incidenza delle sole opere di urbanizzazione e da applicarsi sulla totalita' della superficie dell'unita' immobiliare interessata dall'incremento.

10. L'art. 20, comma 1, che inserisce il comma 1 bis all'art. 5 della l.r. n. 15/1989, recante: "Abbattimento delle barriere architettoniche e localizzative", prevede che "In caso di opere di manutenzione ordinaria e straordinaria, restauro, risanamento, ristrutturazione edilizia anche parziale di edifici non gia' adeguati alle norme sul superamento delle barriere architettoniche che siano sedi di attivita' aperte al pubblico, le medesime opere non devono determinare un peggioramento delle caratteristiche originarie di accessibilita' delle unita' immobiliari interessate dalle stesse".

11. L'art. 22 sostituisce il comma 1, dell'art. 6-bis, della legge regionale 21 luglio 1983, n. 29, recante "Costruzioni in zone sismiche. Deleghe e norme urbanistiche particolari". In particolare, l'ultimo periodo della norma modificata esclude dalla preventiva autorizzazione sismica gli interventi sul patrimonio edilizio soggetti a SCIA.

Le disposizioni anzidette prospettano rilevanti vizi di costituzionalita'. Il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso come in epigrafe, propone pertanto il presente ricorso per i seguenti motivi di

 

Diritto

 

1. Incostituzionalita' dell'art. 1, che introduce il comma 1 bis all'art. 91 della l.r. n. 18 del 1999, per violazione dell'art. 117, comma 2, lett. s) Cost.

L'art. 91, comma 1 bis, della l.r. n. 18 del 1999, come modificato dall'art. 1 della legge regionale qui impugnata, prevede che la Giunta regionale, al fine di realizzare una gestione unitaria dei bacini idrografici, "c) puo' individuare, sulla base di specifici criteri attuativi, corsi d'acqua o loro tratti, che presentino almeno le seguenti caratteristiche: 1) sottendano bacini idrografici di modeste dimensioni, prevalentemente tombinati, e ricadono in contesti urbanistico - edilizi di tessuto urbano consolidato; 2) pur non potendosi classificare canali di drenaggio urbano, abbiano perso, a causa delle trasformazioni territoriali ed urbanistiche verificatesi nel tempo, le caratteristiche originali del corso d'acqua in modo irreversibile tanto da non rendere possibile il loro recupero in termini di spazi e capacita' di deflusso".

La lettera d) chiarisce poi che tale individuazione "e' effettuata al fine di provvedere contestualmente ad una gradazione e ad una diversificazione degli obblighi e degli adempimenti. In materia di polizia idraulica e di gestione del demanio idrico, ferma restando la necessita' di individuare, comunque, misure di tutela della pubblica e privata incolumita' e di salvaguardia dei beni esposti".

Tale disposizione, nella parte in cui attribuisce alla Giunta regionale il compito di individuare, sulla base di "specifici criteri attuativi" i corsi d'acqua che presentino almeno i requisiti previsti dalla norma, e di provvedere alla consequenziale gradazione e diversificazione degli obblighi in materia di polizia idraulica e di gestione del demanio, invade la potesta' legislativa esclusiva dello Stato in materia di tutela dell'ambiente, prevista dall'art. 117, comma secondo, lett. s) della Costituzione. Essa contrasta infatti con le disposizioni contenute negli artt. 74, comma 2, lett. f) e g) e 75, comma 4, del decreto legislativo n. 152/2006 (c.d. "Codice dell'ambiente"), nonche' nei decreti ministeriali 131/2008 e 156/2013, a cui le norme regionali sono tenute a conformarsi.

Invero, la lett. f) dell'art. 74, comma 2, del decreto legislativo n. 152/2006, stabilisce che per corpo idrico artificiale si intende "un corpo idrico superficiale creato da un'attivita' umana", mentre la lettera g) prevede che per "corpo idrico fortemente modificato" si intende "un corpo idrico superficiale la cui natura, a seguito di alterazioni fisiche dovute a un'attivita' umana, sostanzialmente modificata, come risulta dalla designazione fattane dall'autorita' competente in base alle disposizioni degli articoli 118 e 120".

L'art. 118, del Codice dell'ambiente, stabilisce poi che le Regioni attuano appositi programmi di rilevamento dei dati utili a descrivere le caratteristiche del bacino idrografico ed a valutare l'impatto antropico esercitato sul medesimo, "in conformita' alle indicazioni di cui all'Allegato 3 alla parte terza [del Codice: n.d.r.] e di cui alle disposizioni adottate con apposito decreto dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare". Inoltre, l'art. 120 rinvia alle indicazioni contenute agli Allegati 1 e 2 alla parte terza del Codice medesimo, allo scopo di definire i criteri per il rilevamento della qualita' dei corpi idrici.

Per quanto previsto all'art. 75, comma 3, del decreto legislativo n. 152 del 2006, i suddetti allegati definiscono le prescrizioni tecniche necessarie all'attuazione della parte terza del Codice, e possono essere modificati con regolamenti adottati ex art. 17, comma 3, della l. n. 400/1988, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, previa intesa con la Conferenza Stato-Regioni.

In attuazione di quest'ultima disposizione, i predetti allegati sono stati modificati con il d.m. 16 giugno 2008, n. 131, recante i criteri tecnici per la caratterizzazione dei corpi idrici (tipizzazione, individuazione dei corpi idrici, analisi delle pressioni) e con il d.m. 27 novembre 2013, n. 156, recante "criteri tecnici per l'identificazione dei corpi idrici artificiali e fortemente modificati per le acque fluviali e lacustri". Tali norme sono riconducibili alla materia della tutela dell'ambiente, in quanto attengono direttamente alla tutela delle condizioni intrinseche dei corpi idrici ed hanno come obiettivo quello di garantire, attraverso una disciplina uniforme applicabile su tutto il territorio nazionale, determinati livelli quantitativi e qualitativi delle acque.

La disposizione impugnata contrasta con la disciplina statale sopra illustrata, perche' si sovrappone ad essa, rimettendo alla Giunta regionale, sulla base di "specifici criteri attuativi" non meglio definiti e comunque non coordinati ne' coerenti rispetto a quelli individuati dai predetti decreti ministeriali, l'individuazione dei corsi d'acqua al fine di graduare e diversificare gli obblighi e gli adempimenti in materia di polizia idraulica e di gestione del demanio idrico. In tal modo, la norma impugnata invade un ambito riservato alla competenza legislativa esclusiva statale ai sensi dell'art. 117, comma 2, lettera s), della Costituzione.

2. Incostituzionalita' dell'art. 6, commi 3, 8, secondo trattino, ed 11, terzo trattino, della l.r. n. 12 del 2015, per violazione dell'art. 117, comma 3, Cost.

2.1. L'art. 6, comma 3, della legge qui impugnata modifica l'art. 6, comma 2, della l.r. n. 16/2008, con l'effetto di includere tra gli interventi di manutenzione ordinaria "l'istallazione di tende da sole, insegne, targhe, impianti tecnologici o elementi di arredo urbano e privato pertinenziali non comportanti la creazione di volumetria". Con la modifica censurata, il legislatore regionale per un verso ha eliminato la pregressa previsione secondo cui dette opere rientrano nella manutenzione ordinaria solo se "non comportanti opere edilizie"; per un altro verso ha incluso tra questi interventi l'istallazione di elementi di arredo "privato pertinenziali non comportanti la creazione di volumetria".

Questa disposizione contrasta con i principi fondamentali della legislazione statale in materia di governo del territorio, contenuti nell'art. 3 del testo unico dell'edilizia di cui al d.p.r. n. 380/2001 (d'ora in avanti, TUE), che al comma 1, lettera a), attribuisce funzione di manutenzione ordinaria agli "interventi edilizi che riguardano le opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici e quelle necessarie ad integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti". La disposizione censurata amplia l'ambito dei lavori di manutenzione ordinaria, correttamente definita al comma 1 del modificato art. 6, fino a ricomprendervi tipologie di interventi edilizi che chiaramente esulano dalla definizione fornita dalla normativa statale di riferimento, quali l'istallazione di nuovi impianti tecnologici e di elementi di arredo urbano e privato pertinenziali che comportino opere edilizie.

Invero, in base all'art. 3, comma 1, TUE gli interventi volti a "realizzare ed integrare servizi igienico-sanitari e tecnologici" sono ricompresi nell'ambito dei lavori di manutenzione straordinaria; "l'inserimento di nuovi elementi ed impianti" rientra nella ristrutturazione edilizia, mentre sono compresi nella nozione di nuova costruzione "gli interventi pertinenziali che le norme tecniche degli strumenti urbanistici, in relazione alla zonizzazione e al pregio ambientale e paesaggistico delle aree, qualifichino come interventi di nuova costruzione". Anche se si volesse ritenere che la legislazione regionale puo' esemplificare gli interventi edilizi che rientrano nelle definizioni statali, appare evidente che tale esemplificazione, per essere costituzionalmente legittima, deve essere coerente con le definizioni contenute nel testo unico dell'edilizia.

Infatti, la definizione delle categorie di interventi edilizi, a cui si collega il regime dei titoli abilitativi, costituisce principio generale della materia concorrente del "governo del territorio" ed e' percio' rimessa alla competenza legislativa dello Stato, perche' deve trovare applicazione uniforme sull'intero territorio nazionale (cfr. C. Cost. n. 309/2011).

L'illegittimita' di questa disposizione si riflette sulla disciplina dell'articolo 21, comma 1, lettera a) della l.r. n. 16/2008 che include nell'ambito dell'attivita' edilizia libera "gli interventi di manutenzione ordinaria come definiti all'art. 6". Dal combinato disposto della disposizione richiamata, censurata con quella appena richiamata, si evince che la legge regionale consente di effettuare liberamente alcuni interventi che la legge statale assoggetta invece a SUA, perche' inquadrabili nell'ambito della "ristrutturazione edilizia", ovvero nell'ambito del permesso di costruire, perche' considerate di "nuova costruzione". La legge regionale include indebitamente questi interventi nell'ambito dell'attivita' edilizia libera e, per l'effetto, li esclude dall'obbligo di comunicazione di inizio lavori previsto dal comma 2, dell'art. 6, del d.p.r. n. 380/2001, al quale sarebbero invece assoggettati in base alla legislazione statale.

2.2. Analoghi profili di incostituzionalita' si ravvisano anche con riferimento ai commi 8, secondo trattino, e 11, terzo trattino, dell'art. 6, della citata l.r. n. 12/2015. Mediante la soppressione della lettera i) al comma 1, dell'art. 21-bis, della l.r. n. 16/2008 e l'inserimento della lettera i-bis) al comma 1 dell'art. 21 della l.r. n. 16 del 2008, tali disposizioni escludono dall'ambito di applicazione della SCIA "le opere di arredo pubblico e privato, anche di natura pertinenziale", riconducendole nell'ambito dell'attivita' edilizia libera, che non e' soggetta a comunicazione di inizio lavori.

Rimane invece assoggettata a SCIA, ai sensi dell'attuale testo dell'art. 21 bis della suddetta l.r. n. 16 del 2008, "l'esecuzione di opere di sistemazione di aree, ivi comprese quelle ludico-ricreative, purche' non comportanti creazione di volumetria".

Anche queste disposizioni contrastano con la pertinente normativa statale di riferimento.

Invero, la nozione di "istallazione di opere di arredo pubblico e privato, anche di natura pertinenziale" non rientra nell'ambito dei lavori di manutenzione ordinaria, come definiti dall'art. 3 TUE, che possono essere eseguiti liberamente in base alla normativa statale; e tali opere neppure si identificano con gli interventi sulle "aree ludiche senza fini di lucro e gli elementi di arredo delle aree pertinenziali degli edifici", che possono essere eseguiti senza titolo abilitativo ai sensi dell'art. 6, comma 2, del predetto TUE.

A quest'ultimo riguardo, si osserva che la norma regionale ha una portata piu' ampia rispetto a quella statale. Essa fa infatti riferimento alla istallazione di opere di arredo pubblico e privato "anche" (e non "solo") di natura pertinenziale", mentre l'art. 6, comma 2, lett. e) del TUE si riferisce agli "elementi di arredo delle aree pertinenziali degli edifici". Pertanto, mentre la norma statale consente interventi liberi per l'installazione di arredi solo su aree di pertinenza degli edifici, quella regionale permette di realizzare arredi, sia pubblici che privati, anche su aree non pertinenziali, includendo potenzialmente anche gli interventi di privati su aree demaniali di tipo non pertinenziale.

La norma regionale ha l'effetto di ricondurre all'attivita' libera (o alla SCIA) interventi che, secondo la normativa statale, sono invece soggetti a permesso di costruire o a DIA alternativa a permesso di costruire, perche' considerati di "nuova costruzione" o di "ristrutturazione edilizia".

Con la sentenza n. 139 del 2013, codesta Ecc.ma Corte costituzionale ha chiarito che l'art. 6, comma 6, lett. a), TUE, che consente alle Regioni di estendere l'attivita' edilizia libera a interventi ulteriori rispetto a quelli indicati dal testo unico, non consente di estendere i casi di attivita' libera ad ipotesi integralmente nuove, perche' esse devono essere "coerenti e logicamente assimilabili agli interventi di cui ai commi 1 e 2 dell'art. 6"; cio' in quanto "non e' ...pensabile che il legislatore statale abbia reso cedevole l'intera disciplina dei titoli edilizi, spogliandosi del compito, proprio del legislatore dei principi fondamentali della materia, di determinare quali trasformazioni del territorio siano cosi' significative da soggiacere comunque a permesso di costruire".

Per le ragioni gia' esposte, l'ambito degli interventi che con le norme censurate la Regione Liguria ascrive alla manutenzione ordinaria ed include nell'attivita' edilizia libera, non appare coerente con i principi gia' enunciati da codesta Ecc.ma Corte Costituzione, ponendosi in contrasto con le richiamate disposizioni del TUE. Risulta pertanto violato l'art. 117, comma 3, della Costituzione, che attribuisce alla competenza statale la determinazione dei principi generali nella materia del "governo del territorio".

3. Incostituzionalita' dell'art. 6, comma 6, della l.r. n. 12 del 2015, che modifica l'art. 18, comma 1, della l.r. n. 16 del 2008, per violazione dell'art. 117, comma 2, lettera l), e comma 3, Cost.

L'art. 6, comma 6, modifica l'art. 18, comma 1, della L.R. n. 16/2008. Tale norma, cosi' come modificata, consente di realizzare "gli interventi sul patrimonio edilizio esistente fino alla ristrutturazione edilizia, nonche' gli interventi di recupero dei sottotetti esistenti... nel rispetto dell'allineamento dell'edificio preesistente purche' non comportanti sopraelevazioni che determinino la creazione di un nuovo piano della costruzione. Non costituisce creazione di un nuovo piano della costruzione il recupero del sottotetti non abitabili ai sensi della L.R. n. 24/2001...".

La riformulazione del predetto articolo, con la sostituzione delle parole "ivi compresi" con la parola "nonche'", ha mutato il contenuto della norma rispetto alla precedente formulazione.

Infatti, l'inciso "interventi di recupero dei sottotetti esistenti", che non e' piu' collegato ad ipotesi di "interventi sul patrimonio edilizio esistente fino alla ristrutturazione puo' ora essere riferito anche ad interventi di carattere mirato. Ne consegue che la disciplina derogatoria ai limiti di distanza fissati dall'art. 9, del d.m. n. 1444/1968 e' estesa anche ad interventi su singoli edifici che non costituiscono oggetto di un piu' ampio intervento sul patrimonio edilizio esistente.

Per tale ragione la disposizione in esame, cosi' come modificata, non e' conforme all'art. 2-bis, del d.p.r. n. 380/2001, che attribuisce alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano la facolta' di prevedere, con proprie leggi e regolamenti, disposizioni derogatorie al d.m. n. 1444/1968 "nell'ambito della definizione o revisione di strumenti urbanistici comunque funzionali a un assetto complessivo e unitario o di specifiche aree territoriali".

Secondo consolidata giurisprudenza costituzionale, tale norma va intesa nel senso che, ferma restando la competenza legislativa statale esclusiva sulla disciplina delle distanze minime tra costruzioni, ascrivibile alla materia dell'ordinamento civile (cfr. Corte Cost., sentenze n. 6 del 2013, n. 114 del 2012, n. 232 del 2005; ordinanza n. 173 del 2011), alle Regioni e' consentito fissare limiti in deroga alle distanze minime stabilite dalla normativa statale, unicamente a condizione che tale deroga sia giustificata dall'esigenza di soddisfare interessi pubblici legati al governo del territorio.

La legislazione regionale che interviene sulle distanze, interferendo con l'ordinamento civile, e' quindi legittima solo se persegue chiaramente finalita' di carattere urbanistico, demandando l'operativita' dei suoi precetti a «strumenti urbanistici funzionali ad un assetto complessivo ed unitario di determinate zone del territorio» (Corte Cost., sentenza n. 232 del 2005. Nello stesso senso, da ultimo, cfr. Corte Cost., sentenza n. 134 del 2014).

Nel caso di specie, la norma regionale non risulta in alcun modo finalizzata a soddisfare esigenze di carattere urbanistico, perche' non realizza un assetto complessivo ed unitario di determinate zone del territorio. Da cio' consegue che essa non costituisce estrinsecazione della competenza legislativa regionale in materia urbanistica, ma invade la sfera di competenze legislative esclusive dello Stato nella materia dell'"ordinamento civile", in violazione dei principi contenuti nell'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. e nell'art. 117, comma 3, con riferimento alla materia del "governo del territorio".

4. Incostituzionalita' dell'art. 6, comma 11, secondo trattino, della l.r. n. 12 del 2015, che sostituisce l'art. comma 1, lett. e), dell'art. 21-bis della L.R. n. 16/2008, per violazione dell'art. 117, comma 2, lettera m), e comma 3, Cost.

L'art. 6, comma 11, secondo trattino, sostituisce l'art. 21-bis, comma 1, lettera e) della l.r. n. 16/2008. Per effetto di tale modifica e' assoggettata a SCIA "la ristrutturazione edilizia come definita dall'art. 10 comportante incrementi della superficie all'interno delle singole unita' immobiliari o dell'edificio con contestuali modifiche all'esterno, nonche' nell'ipotesi di trasformazione d'uso di locali costituenti superficie accessoria in superficie agibile".

La norma, nel fare riferimento alle "contestuali modifiche all'esterno", si pone in contrasto con l'art. 10, comma 1, lett. c), del testo unico dell'edilizia. Secondo questa disposizione, infatti, gli interventi di ristrutturazione edilizia che comportino modifiche della volumetria complessiva degli edifici o dei prospetti, sono assoggettati a permesso di costruire o a DIA alternativa (art. 22, comma 3, lett. a), d.p.r. n. 380/2001).

A tal riguardo occorre considerare che:   a) le disposizioni sulla SCIA si interpretano nel senso che esse si applicano alle denunce di inizio attivita' in materia edilizia disciplinate dal TUE, con esclusione dei casi in cui le denunce stesse, in base alla normativa statale o regionale, siano alternative o sostitutive del permesso di costruire (cfr. art. 5, comma 2, lett. c), D.L. n. 70/2011);   b) le disposizioni sulla SCIA attengono alla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni di cui all'art. 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione.

Si ritiene pertanto che la disposizione regionale di cui trattasi, contrastando con i principi fondamentali sui titoli abilitativi contenuti nei menzionati articoli del TUE e con la norma di interpretazione autentica sopra richiamata in materia di SCIA, invade la competenza esclusiva dello Stato prevista dall'art. 117, secondo comma, lettera m), Cost. in materia di determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni e si pone in contrasto con i principi che regolano la competenza legislativa concorrente in materia di "governo del territorio" ai sensi dell'art. 117, comma 3, Cost.

5. Incostituzionalita' dell'art. 6, comma 15, della l.r. n. 12 del 2015, che modifica il comma 1, lettera b), dell'art. 23 della L.R. n. 16/2008, per violazione dell'art. 117, comma 3, Cast.

L'art. 6, comma 15, della l.r. n. 12 del 2015, include tra gli interventi di ristrutturazione edilizia assoggettati a comunicazione di inizio lavori ed a DIA obbligatoria, salvi i casi in cui siano assoggettati a SCIA, gli interventi che comportano mutamenti della destinazione d'uso "aventi ad oggetto immobili compresi nelle zone omogenee A o nelle zone o ambiti ad esse assimilabili e non rientranti nei casi di cui [...] all'art. 21-bis, comma 1, lett. f)" (e cioe' i mutamenti di destinazione d'uso di aree, di edifici e di unita' immobiliari, senza esecuzione di opere edilizie e comportanti il passaggio a diverse categorie di funzioni come definite dalla L.R. 25/1995 e successive modificazioni ed integrazioni o comunque comportanti il passaggio a funzioni che richiedano la corresponsione di oneri di urbanizzazione maggiori, che sono assoggettati a SCIA).

La norma in esame contrasta con l'art. 10, comma 1, lett. c) del testo unico dell'edilizia, che assoggetta a permesso di costruire o a DIA alternativa la suddetta tipologia di interventi edilizi (cfr. art. 22, comma 3, lett. a), d.p.r. n. 380/2001). Pertanto, la disposizione regionale di cui trattasi, contrastando con i principi fondamentali contenuti nel d.p.r. n. 380/2001, viola l'art. 117, comma 3, Cost., con riferimento alla materia "governo del territorio".

6. Incostituzionalita' dell'art. 6, comma 20 e comma 21, primo e secondo trattino, della l. r. n. 12 del 2015, per violazione degli artt. 3, 97 e 117, comma 3, Cost.

L'art. 6, comma 20, della l.r. n. 12 del 2015 assoggetta a contributo di costruzione gli interventi edilizi di frazionamento di unita' immobiliari relativi ad edifici di qualunque destinazione d'uso che determinino un numero di unita' immobiliari superiore al doppio di quelle esistenti, con aumento di superficie agibile superiore a 25 metri quadrati. Il comma 21, primo trattino, prevede che il contributo di costruzione non e' dovuto per alcuni interventi di accorpamento e di frazionamento di unita' immobiliari anche se comportino, tra l'altro, incrementi di superficie delle unita' immobiliari inferiori a 25 metri quadrati. Il comma 21, secondo trattino, prevede poi che gli interventi dl manutenzione straordinaria, che comportino un aumento del carico urbanistico determinato da incremento della superficie agibile all'interno dell'unita' immobiliare pari o superiore a 25 metri quadrati e non derivante dalla mera eliminazione di pareti divisorie, sono soggetti al contributo di costruzione commisurato all'incidenza delle sole opere di urbanizzazione, da applicarsi sulla totalita' della superficie dell'unita' immobiliare interessata dall'incremento.

6.1. Tali disposizioni violano l'art. 117, comma 3, Cost. - per il quale la legislazione regionale deve uniformarsi ai principi generali della materia stabiliti dalla legge statale - perche' contrastano con l'art. 17, comma 4, del Testo unico dell'edilizia, come modificato dal d.l. n. 133 del 2014, il quale prevede, tra l'altro, che per gli interventi di manutenzione straordinaria (tra i quali quelli consistenti nel frazionamento o accorpamento delle unita' immobiliari), i quali comportano un aumento del carico urbanistico, il contributo di costruzione e' commisurato all'incidenza delle sole opere di urbanizzazione, purche' ne derivi un aumento della superficie calpestabile. Infatti:   a) nel caso di interventi di manutenzione straordinaria (tra cui quelli di accorpamento o frazionamento), la disciplina statale commisura il contributo di costruzione ai soli oneri di urbanizzazione a fronte dell'aumento del carico urbanistico e della superficie agibile, prescindendo da qualsiasi limite di aumento della superficie calpestabile o del numero delle unita' immobiliari soggette a frazionamento o accorpamento, previsti invece dalla normativa regionale;   b) diversamente da quanto previsto dalla legislazione statale, la normativa regionale esonera del tutto dal contributo di costruzione alcuni tipi di interventi.

6.2. Le norme censurate si pongono altresi' in contrasto con gli artt. 3 e 97 Cost., nella parte in cui assoggettano al contributo di costruzione gli interventi edilizi di frazionamento di unita' immobiliari relativi ad edifici di qualunque destinazione d'uso che determinino un numero di unita' immobiliari superiore al doppio di quelle esistenti, con aumento dl superficie agibile superiore a 25 metri quadrati. Invero, le richiamate disposizioni regionali contrastano con i canoni di ragionevolezza e di buona amministrazione desumibili dalle predette norme costituzionali, in considerazione della eccessiva gravosita' degli oneri economici imposti agli interessati.

7. Incostituzionalita' dell'art. 20, comma 1, della l.r. n. 12 del 2015, che inserisce il comma 1 bis all'art. 5 della l.r. n. 15/1989, per violazione dell'art. 117, comma 2, lett. m, Cost.

L'art. 20, comma 1, che inserisce il comma 1-bis all'art. 5 della L.R. n. 15/1989, prevede che "In caso di opere di manutenzione ordinaria e straordinaria, restauro, risanamento, ristrutturazione edilizia anche parziale di edifici non gia' adeguati alle norme sul superamento delle barriere architettoniche che siano sedi di attivita' aperte al pubblico, le medesime opere non devono determinare un peggioramento delle accessibilita' delle dalle stesse".

La disposizione contrasta con l'art. 82, d.p.r. n. 380/2001, il quale prevede:   a) l'obbligo di eseguire le opere edilizie riguardanti edifici pubblici e privati aperti al pubblico, che sono suscettibili di limitare l'accessibilita' e la visitabilita', in conformita' con le norme sulla eliminazione delle barriere architettoniche;   b) la possibilita' di realizzare opere provvisionali nel caso di edifici pubblici e privati aperti al pubblico soggetti ai vincoli culturali e paesaggistici;   c) la dichiarazione di inagibilita' delle opere realizzate negli edifici pubblici e privati aperti al pubblico in difformita' dalle disposizioni vigenti in materia di accessibilita' e di eliminazione delle barriere architettoniche, nelle quali le difformita' siano tali da rendere impossibile l'utilizzazione dell'opera da parte delle persone handicappate.

Alla luce dei principi gia' affermati da codesta Ecc.ma Corte con sentenza n. 111 del 2014, la norma regionale censurata viola la competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di "determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale", ai sensi dell'art. 117, comma 2, lett. m), Cost.

8. Incostituzionalita' dell'art. 22 della l.r. n. 12 del 2015, che sostituisce il comma 1, dell'art. 6-bis della legge regionale 21 luglio 1983, n. 29, per violazione dell'art. 117, comma 2, lett. m, e comma 3, Cost.

L'art. 22 sostituisce il comma 1, dell'art. 6-bis della legge regionale 21 luglio 1983, n. 29.

L'ultimo periodo della disposizione modificata esclude dalla preventiva autorizzazione sismica gli interventi sul patrimonio edilizio soggetti a SCIA.

8.1. In tal modo, risulta invasa la competenza esclusiva dello Stato prevista dall'art. 117, secondo comma, lettera m), Cost. Occorre infatti considerare per un verso che le disposizioni sulla SCIA attengono ai livelli essenziali delle prestazioni di cui alla predetta norma costituzionale, e per un altro verso che in base alla legislazione statale la SCIA non e' applicabile agli atti previsti dalla normativa per le costruzioni in zone sismiche, per quanto previsto dall'art. 19, comma 1, l. n. 241 del 1990, come modificato dall'art. 5, comma 2, lett. b), n. 2, del d.l. n. 70 del 2011.

8.2. La norma regionale censurata si pone altresi' in contrasto con i principi in tema di competenze legislative concorrenti nelle materie della "protezione civile" e del "governo del territorio", in violazione dell'art. 117, comma 3, Cost. Infatti, la norma anzidetta disattende i principi fondamentali della materia, riservati alla competenza legislativa dello Stato e contenuti nell'art. 94 del TUE, in base al quale, fermo restando l'obbligo del titolo abilitativo all'intervento edilizio, nelle localita' sismiche, ad eccezione di quelle a bassa sismicita', non si possono iniziare lavori senza preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della regione.

 

P. Q. M.

 

Per questi motivi il Presidente del Consiglio dei Ministri propone il presente ricorso e confida nell'accoglimento delle seguenti conclusioni.

"Voglia l'Ecc.ma Corte costituzionale dichiarare costituzionalmente illegittimi gli artt. 1, 6, 20 e 22 della legge della Regione Liguria del 7 aprile 2015, n. 12, pubblicata nel BUR n. 12 del 15 aprile 2015, recante "Disposizioni di adeguamento della normativa regionale", per violazione degli artt. 3, 97 e 117, comma 2, lett. l), m) ed s), e comma 3, Cost.

Si producono:   1) copia della legge regionale impugnata;   2) copia conforme della delibera del Consiglio dei Ministri adottata nella riunione dell'11 giugno 2015, recante la determinazione di proposizione del presente ricorso, con allegata relazione illustrativa.

Roma, 13 giugno 2015

L'Avvocato dello Stato: Guida