Legge 20 maggio 1970, n. 300
Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà
sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento
TITOLO I - Della libertà e dignità del lavoratore
I lavoratori, senza distinzione di opinioni
politiche, sindacali e di fede religiosa, hanno diritto, nei luoghi dove
prestano la loro opera, di manifestare liberamente il proprio pensiero, nel
rispetto dei principi della Costituzione e delle norme della presente legge.
Il datore di lavoro può impiegare le guardie particolari giurate, di cui
agli articoli 133 e seguenti del testo unico approvato con regio decreto 18
giugno 1931, numero 773, soltanto per scopi di tutela del patrimonio aziendale.
Le guardie giurate non possono contestare ai lavoratori azioni o fatti diversi da quelli che attengono alla tutela
del patrimonio aziendale.
E' fatto divieto al datore di lavoro di adibire alla vigilanza
sull'attività lavorativa le guardie di cui al primo comma, le quali non possono
accedere nei locali dove si svolge tale attività,
durante lo svolgimento della stessa, se non eccezionalmente per specifiche e
motivate esigenze attinenti ai compiti di cui al primo comma.
In caso di inosservanza da parte di una guardia
particolare giurata delle disposizioni di cui al presente articolo,
l'Ispettorato del lavoro ne promuove presso il questore la sospensione dal
servizio, salvo il provvedimento di revoca della licenza da parte del prefetto nei
casi più gravi.
Art. 3. (Personale di
vigilanza)
I nominativi e le mansioni specifiche del
personale addetto alla vigilanza dell'attività lavorativa debbono essere
comunicati ai lavoratori interessati.
Art. 4. (Impianti
audiovisivi)
E' vietato l'uso di impianti audiovisivi e di
altre apparecchiature per finalità di controllo a distanza dell'attività dei
lavoratori.
Gli impianti e le apparecchiature di controllo che
siano richiesti da esigenze organizzative e produttive ovvero dalla sicurezza
del lavoro, ma dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza
dell'attività dei lavoratori, possono essere installati soltanto previo accordo
con le rappresentanze sindacali aziendali, oppure, in mancanza di queste, con
la commissione interna. In
difetto di accordo, su istanza del datore di lavoro,
provvede l'Ispettorato del lavoro, dettando, ove occorra, le modalità per l'uso
di tali impianti.
Per gli impianti e le apparecchiature esistenti, che rispondano alle
caratteristiche di cui al secondo comma del presente articolo, in mancanza di accordo con le rappresentanze sindacali aziendali o con
la commissione interna, l'Ispettorato del lavoro provvede entro un anno
dall'entrata in vigore della presente legge, dettando all'occorrenza le
prescrizioni per l'adeguamento e le modalità di uso degli impianti suddetti.
Contro i provvedimenti dell'Ispettorato del lavoro, di cui ai precedenti secondo e terzo comma, il datore di lavoro, le
rappresentanze sindacali aziendali o, in mancanza di queste, la commissione
interna, oppure i sindacati dei lavoratori di cui al successivo art. 19 possono
ricorrere, entro 30 giorni dalla comunicazione del provvedimento, al Ministro
per il lavoro e la previdenza sociale.
Art. 5. (Accertamenti
sanitari)
Sono vietati accertamenti da parte del datore di lavoro sulla idoneità e sulla infermità per malattia o infortunio
del lavoratore dipendente.
Il controllo delle assenze per infermità può essere effettuato
soltanto attraverso i servizi ispettivi degli istituti previdenziali
competenti, i quali sono tenuti a compierlo quando il datore di lavoro lo
richieda.
Il datore di lavoro ha facoltà di far controllare la idoneità
fisica del lavoratore da parte di enti pubblici ed istituti specializzati di
diritto pubblico.
Art. 6. (Visite
personali di controllo)
Le visite personali di controllo sul lavoratore sono vietate fuorché nei
casi in cui siano indispensabili ai fini della tutela
del patrimonio aziendale, in relazione alla qualità degli strumenti di lavoro o
delle materie prime o dei prodotti.
In tali casi le visite personali potranno essere effettuate
soltanto a condizione che siano eseguite all'uscita dei luoghi di lavoro, che
siano salvaguardate la dignità e la riservatezza del lavoratore e che avvengano
con l'applicazione di sistemi di selezione automatica riferiti alla
collettività o a gruppi di lavoratori.
Le ipotesi nelle quali possono essere disposte le visite personali, nonché, ferme restando le condizioni di cui al secondo comma
del presente articolo, le relative modalità debbono essere concordate dal
datore di lavoro con le rappresentanze sindacali aziendali oppure, in mancanza
di queste, con la commissione interna. In difetto di accordo,
su istanza del datore di lavoro, provvede l'Ispettorato del lavoro.
Contro i provvedimenti dell'Ispettorato del lavoro di
cui al precedente comma, il datore di lavoro, le rappresentanze sindacali
aziendali o, in mancanza di queste, la commissione interna, oppure i sindacati
dei lavoratori di cui al successivo articolo 19 possono ricorrere, entro 30
giorni dalla comunicazione del provvedimento, al Ministro per il lavoro e la
previdenza sociale.
Art. 7. (Sanzioni
disciplinari)
Le norme disciplinari relative alle sanzioni, alle infrazioni in relazione alle quali ciascuna di esse può essere
applicata ed alle procedure di contestazione delle stesse, devono essere
portate a conoscenza dei lavoratori mediante affissione in luogo accessibile a
tutti. Esse devono applicare quanto in materia è stabilito da accordi e
contratti di lavoro ove esistano.
Il datore di lavoro non può adottare alcun provvedimento disciplinare
nei confronti del lavoratore senza avergli preventivamente contestato
l'addebito e senza averlo sentito a sua difesa.
Il lavoratore potrà farsi assistere da un rappresentante
dell'associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato.
Fermo restando quanto disposto dalla legge 15 luglio 1966, n. 604, non
possono essere disposte sanzioni disciplinari che comportino mutamenti
definitivi del rapporto di lavoro; inoltre la multa non può essere disposta per
un importo superiore a quattro ore della retribuzione base e la sospensione dal
servizio e dalla retribuzione per più di dieci giorni.
In ogni caso, i provvedimenti disciplinari più gravi del rimprovero
verbale non possono essere applicati prima che siano trascorsi cinque giorni
dalla contestazione per iscritto del fatto che vi ha dato causa.
Salvo analoghe procedure previste dai contratti collettivi di lavoro e
ferma restando la facoltà di adire l'autorità giudiziaria, il lavoratore al
quale sia stata applicata una sanzione disciplinare
può promuovere, nei venti giorni successivi, anche per mezzo dell'associazione
alla quale sia iscritto ovvero conferisca mandato, la costituzione, tramite
l'ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione, di un collegio di
conciliazione ed arbitrato, composto da un rappresentante di ciascuna delle
parti e da un terzo membro scelto di comune accordo o, in difetto di accordo,
nominato dal direttore dell'ufficio del lavoro. La sanzione disciplinare resta
sospesa fino alla pronuncia da parte del collegio.
Qualora
il datore di lavoro non provveda, entro dieci giorni dall'invito rivoltogli
dall'ufficio del lavoro, a nominare il proprio rappresentante in seno al
collegio di cui al comma precedente, la sanzione disciplinare non ha effetto. Se il datore di lavoro adisce l'autorità giudiziaria, la
sanzione disciplinare resta sospesa fino alla definizione del giudizio.
Non può tenersi conto ad alcun effetto delle sanzioni
disciplinari decorsi due anni dalla loro applicazione.
Art. 8. (Divieto di indagini sulle opinioni)
E' fatto divieto al datore di lavoro, ai fini dell'assunzione, come nel
corso dello svolgimento del rapporto di lavoro, di effettuare
indagini, anche a mezzo di terzi, sulle opinioni politiche, religiose o sindacali
del lavoratore, nonché su fatti non rilevanti ai fini della valutazione
dell'attitudine professionale del lavoratore.
Art. 9. (Tutela della
salute e dell'integrità fisica)
I lavoratori, mediante loro rappresentanze, hanno diritto di controllare
l'applicazione delle norme per la prevenzione degli infortuni e delle malattie
professionali e di promuovere la ricerca, l'elaborazione e l'attuazione di
tutte le misure idonee a tutelare la loro salute e la loro integrità fisica.
Art. 10. (Lavoratori
studenti)
I lavoratori studenti, iscritti e frequentanti corsi regolari di studio
in scuole di istruzione primaria, secondaria e di
qualificazione professionale, statali, pareggiate o legalmente riconosciute o
comunque abilitate al rilascio di titoli di studio legali, hanno diritto a
turni di lavoro che agevolino la frequenza ai corsi e la preparazione agli
esami e non sono obbligati a prestazioni di lavoro straordinario o durante i
riposi settimanali.
I lavoratori studenti, compresi quelli universitari, che devono
sostenere prove di esame, hanno diritto a fruire di
permessi giornalieri retribuiti.
Il datore di lavoro potrà richiedere la produzione delle certificazioni
necessarie all'esercizio dei diritti di cui al primo e
secondo comma.
Art. 11. (Attività
culturali, ricreative e assistenziali e controlli sul
servizio di mensa)
Le attività culturali, ricreative ed assistenziali
promosse nell'azienda sono gestite da organismi formati a maggioranza dai
rappresentanti dei lavoratori.
Le rappresentanze sindacali aziendali, costituite a norma dell'art. 19,
hanno diritto di controllare la qualità del servizio di mensa secondo modalità stabilite dalla contrattazione collettiva.
Art. 12. (Istituti di
patronato)
Gli istituti di patronato e di assistenza
sociale, riconosciuti dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale, per
l'adempimento dei compiti di cui al D. Lgs. C.P.S. 29
luglio 1947, n. 804, hanno diritto di svolgere, su un
piano di parità, la loro attività all'interno dell'azienda, secondo le modalità
da stabilirsi con accordi aziendali.
Art. 13. (Mansioni
del lavoratore)
L'articolo 2103 del codice civile è sostituito dal seguente:
"Il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le
quali è stato assunto o a quelle corrispondenti alla categoria superiore che
abbia successivamente acquisito ovvero a mansioni
equivalenti alle ultime effettivamente svolte, senza alcuna diminuzione della
retribuzione. Nel caso di assegnazione a mansioni
superiori il prestatore ha diritto al trattamento corrispondente all'attività
svolta, e l'assegnazione stessa diviene definitiva, ove la medesima non abbia
avuto luogo per sostituzione di lavoratore assente con diritto alla
conservazione del posto, dopo un periodo fissato dai contratti collettivi, e
comunque non superiore a tre mesi. Egli non può essere trasferito da una unità produttiva ad un'altra se non per comprovate
ragioni tecniche, organizzative e produttive.
Ogni patto contrario è nullo".
TITOLO II - Della libertà sindacale
Art. 14. (Diritto di associazione e di attività sindacale)
Il diritto di costituire associazioni sindacali, di aderirvi e di
svolgere attività sindacale, è garantito a tutti i lavoratori all'interno dei
luoghi di lavoro.
Art. 15. (Atti
discriminatori)
E' nullo qualsiasi patto od atto diretto a:
a) subordinare l'occupazione di un lavoratore alla condizione che
aderisca o non aderisca ad una associazione sindacale
ovvero cessi di farne parte;
b) licenziare un lavoratore, discriminarlo nella assegnazione
di qualifiche o mansioni, nei trasferimenti, nei provvedimenti disciplinari, o
recargli altrimenti pregiudizio a causa della sua affiliazione o attività
sindacale ovvero della sua partecipazione ad uno sciopero.
Le disposizioni di cui al comma precedente si applicano altresì ai patti
o atti diretti a fini di discriminazione politica, religiosa, razziale, di
lingua o di sesso.
Art. 16. (Trattamenti
economici collettivi discriminatori)
E' vietata la concessione di trattamenti economici di maggior favore
aventi carattere discriminatorio a mente dell'articolo 15.
Il pretore, su domanda dei lavoratori nei cui
confronti è stata attuata la discriminazione di cui al comma precedente o delle
associazioni sindacali alle quali questi hanno dato mandato, accertati i fatti,
condanna il datore di lavoro al pagamento, a favore del fondo adeguamento
pensioni, di una somma pari all'importo dei trattamenti economici di maggior
favore illegittimamente corrisposti nel periodo massimo di un anno.
Art. 17. (Sindacati
di comodo)
E' fatto divieto ai datori di lavoro ed alle associazioni di datori di
lavoro di costituire o sostenere, con mezzi finanziari
o altrimenti, associazioni sindacali di lavoratori.
Art. 18.
(Reintegrazione nel posto di lavoro)
Ferme restando l'esperibilità delle procedure
previste dall'articolo 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604, il giudice con la
sentenza con cui dichiara inefficace il licenziamento ai sensi dell'articolo 2
della predetta legge o annulla il licenziamento intimato senza giusta causa o
giustificato motivo, ovvero ne dichiara la nullità a norma della legge stessa,
ordina al datore di lavoro, imprenditore e non imprenditore, che in ciascuna
sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo nel quale ha avuto
luogo il licenziamento occupa alle sue dipendenze più di quindici prestatori di
lavoro o più di cinque se trattasi di imprenditore
agricolo, di reintegrare il lavoratore nel posto di lavoro. Tali disposizioni
si applicano altresì ai datori di lavoro, imprenditori e non imprenditori, che
nell'ambito dello stesso comune occupano più di quindici dipendenti ed alle
imprese agricole che nel medesimo ambito territoriale occupano più di cinque
dipendenti, anche se ciascuna unità produttiva,
singolarmente considerata, non raggiunge tali limiti, e in ogni caso al datore
di lavoro, imprenditore e non imprenditore, che occupa alle sue dipendenze più
di sessanta prestatori di lavoro. Ai fini del computo del numero dei prestatori
di lavoro di cui primo comma si tiene conto anche dei lavoratori assunti con
contratto di formazione e lavoro, dei lavoratori assunti con contratto a tempo
indeterminato parziale, per la quota di orario
effettivamente svolto, tenendo conto, a tale proposito, che il computo delle
unità lavorative fa riferimento all'orario previsto dalla contrattazione
collettiva del settore. Non si computano il coniuge ed i parenti del datore di
lavoro entro il secondo grado in linea diretta e in linea collaterale.
Il computo dei limiti occupazionali di cui al secondo comma non incide
su norme o istituti che prevedono agevolazioni finanziarie o creditizie.
Il giudice con la sentenza di cui al primo comma condanna il datore di
lavoro al risarcimento del danno subito dal lavoratore per il licenziamento di
cui sia stata accertata l'inefficacia o l'invalidità stabilendo un'indennità
commisurata alla retribuzione globale di fatto dal
giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione e al
versamento dei contributi assistenziali e previdenziali dal momento del
licenziamento al momento dell'effettiva reintegrazione; in ogni caso la misura
del risarcimento non potrà essere inferiore a cinque mensilità di retribuzione
globale di fatto.
Fermo restando il diritto al risarcimento del danno così come previsto
al quarto comma, al prestatore di lavoro è data la facoltà di chiedere al
datore di lavoro in sostituzione della reintegrazione nel posto di lavoro,
un'indennità pari a quindici mensilità di retribuzione globale
di fatto. Qualora il lavoratore entro trenta giorni dal ricevimento dell'invito
del datore di lavoro non abbia ripreso il servizio, né abbia richiesto entro
trenta giorni dalla comunicazione del deposito della sentenza il pagamento
dell'indennità di cui al presente comma, il rapporto di lavoro si intende risolto allo spirare dei termini predetti.
La sentenza pronunciata nel giudizio di cui al primo comma è
provvisoriamente esecutiva.
Nell'ipotesi di licenziamento dei lavoratori di cui all'articolo 22, su istanza congiunta del lavoratore e del sindacato cui questi
aderisce o conferisca mandato, il giudice, in ogni stato e grado del giudizio
di merito, può disporre con ordinanza, quando ritenga irrilevanti o
insufficienti gli elementi di prova forniti dal datore di lavoro, la
reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro.
L'ordinanza di cui al comma precedente può essere
impugnata con reclamo immediato al giudice medesimo che l'ha pronunciata. Si applicano le disposizioni dell'articolo
178, terzo, quarto, quinto e sesto comma del codice di procedura civile.
L'ordinanza può essere revocata con la sentenza che decide la causa.
Nell'ipotesi di licenziamento dei lavoratori di
cui all'articolo 22, il datore di lavoro che non ottempera alla sentenza di cui
al primo comma ovvero all'ordinanza di cui al quarto comma, non impugnata o
confermata dal giudice che l'ha pronunciata, è tenuto anche, per ogni giorno di
ritardo, al pagamento a favore del Fondo adeguamento pensioni di una somma pari
all'importo della retribuzione dovuta al lavoratore.
TITOLO III - Dell'attività sindacale
Art. 19.
(Costituzione delle rappresentanze sindacali aziendali)
Rappresentanze sindacali aziendali possono essere costituite ad
iniziativa dei lavoratori in ogni unità produttiva, nell'ambito:
a) […];
b) delle associazioni sindacali che siano firmatarie di contratti
collettivi di lavoro applicati nell'unità produttiva.
Nell'ambito di aziende con più unità produttive
le rappresentanze sindacali possono istituire organi di coordinamento.
I lavoratori hanno diritto di riunirsi, nella unità
produttiva in cui prestano la loro opera, fuori dell'orario di lavoro, nonché
durante l'orario di lavoro, nei limiti di dieci ore annue, per le quali verrà
corrisposta la normale retribuzione. Migliori condizioni possono essere
stabilite dalla contrattazione collettiva.
Le riunioni - che possono riguardare la generalità dei lavoratori o
gruppi di essi - sono indette, singolarmente o
congiuntamente, dalle rappresentanze sindacali aziendali nell'unità produttiva,
con ordine del giorno su materie di interesse sindacale e del lavoro e secondo
l'ordine di precedenza delle convocazioni, comunicate al datore di lavoro. Alle
riunioni possono partecipare, previo preavviso al datore di lavoro, dirigenti
esterni del sindacato che ha costituito la rappresentanza sindacale aziendale.
Ulteriori
modalità per l'esercizio del diritto di assemblea possono essere stabilite dai
contratti collettivi di lavoro, anche aziendali.
Il datore di lavoro deve consentire nell'ambito aziendale lo
svolgimento, fuori dell'orario di lavoro, di referendum, sia generali che per
categoria, su materie inerenti all'attività sindacale, indetti da tutte le
rappresentanze sindacali aziendali tra i lavoratori, con diritto di
partecipazione di tutti i lavoratori appartenenti alla unità
produttiva e alla categoria particolarmente interessata.
Ulteriori
modalità per lo svolgimento del referendum possono essere stabilite dai
contratti collettivi di lavoro anche aziendali.
Art. 22.
(Trasferimento dei dirigenti delle rappresentanze sindacali aziendali)
Il trasferimento dall'unità produttiva dei dirigenti delle
rappresentanze sindacali aziendali di cui al precedente articolo 19, dei
candidati e dei membri di commissione interna può
essere disposto solo previo nulla osta delle associazioni sindacali di
appartenenza.
Le disposizioni di cui al comma precedente ed ai commi quarto, quinto,
sesto e settimo dell'articolo 18 si applicano sino alla fine del terzo mese
successivo a quello in cui è stata eletta la commissione interna per i
candidati nelle elezioni della commissione stessa e sino alla fine dell'anno
successivo a quello in cui è cessato l'incarico per tutti gli altri.
Art. 23. (Permessi
retribuiti)
I dirigenti delle rappresentanze sindacali aziendali di cui all'articolo 19 hanno
diritto, per l'espletamento del loro mandato, a permessi retribuiti.
Salvo clausole più favorevoli dei contratti collettivi di lavoro hanno
diritto ai permessi di cui al primo comma almeno:
a) un dirigente per ciascuna rappresentanza sindacale aziendale nelle
unità produttive che occupano fino a 200 dipendenti della categoria per cui la stessa è organizzata;
b) un dirigente ogni 300 o frazione di 300 dipendenti per ciascuna
rappresentanza sindacale aziendale nelle unità produttive che occupano fino a
3.000 dipendenti della categoria per cui la stessa è
organizzata;
c) un dirigente ogni 500 o frazione di 500 dipendenti della categoria per cui è organizzata la rappresentanza sindacale aziendale
nelle unità produttive di maggiori dimensioni, in aggiunta al numero minimo di
cui alla precedente lettera b).
I permessi retribuiti di cui al presente articolo non potranno essere
inferiori a otto ore mensili nelle aziende di cui alle
lettere b) e c) del comma precedente; nelle aziende di cui alla lettera a) i
permessi retribuiti non potranno essere inferiori ad un'ora all'anno per ciascun
dipendente.
Il lavoratore che intende esercitare il diritto di cui al primo comma
deve darne comunicazione scritta al datore di lavoro di regola 24 ore prima,
tramite le rappresentanze sindacali aziendali.
Art. 24. (Permessi
non retribuiti)
I dirigenti sindacali aziendali di cui all'articolo 23 hanno diritto a
permessi non retribuiti per la partecipazione a trattative sindacali o a
congressi e convegni di natura sindacale, in misura non inferiore a otto giorni all'anno.
I lavoratori che intendano esercitare il diritto di cui al comma
precedente devono darne comunicazione scritta al datore di lavoro di regola tre
giorni prima, tramite le rappresentanze sindacali aziendali.
Art. 25. (Diritto di affissione)
Le rappresentanze sindacali aziendali hanno diritto di affiggere, su appositi spazi, che il datore di lavoro ha l'obbligo di
predisporre in luoghi accessibili a tutti i lavoratori all'interno dell'unità
produttiva, pubblicazioni, testi e comunicati inerenti a materie di interesse
sindacale e del lavoro.
Art. 26. (Contributi
sindacali)
I lavoratori hanno diritto di raccogliere contributi e di svolgere opera
di proselitismo per le loro organizzazioni sindacali all'interno dei luoghi di
lavoro, senza pregiudizio del normale svolgimento dell'attività aziendale.
[…]
[…]
Art. 27. (Locali
delle rappresentanze sindacali aziendali)
Il datore di lavoro nelle unità produttive con almeno 200 dipendenti pone permanentemente a disposizione delle rappresentanze
sindacali aziendali, per l'esercizio delle loro funzioni, un idoneo locale
comune all'interno dell'unità produttiva o nelle immediate vicinanze di essa.
Nelle unità produttive con un numero inferiore di dipendenti le
rappresentanze sindacali aziendali hanno diritto di usufruire, ove ne facciano
richiesta, di un locale idoneo per le loro riunioni.
TITOLO IV - Disposizioni varie e
generali
Art. 28. (Repressione
della condotta antisindacale)
Qualora il datore di lavoro ponga in essere comportamenti diretti ad
impedire o limitare l'esercizio della libertà e della attività
sindacale nonché del diritto di sciopero, su ricorso degli organismi locali
delle associazioni sindacali nazionali che vi abbiano interesse, il pretore del
luogo ove è posto in essere il comportamento denunziato, nei due giorni
successivi, convocate le parti ed assunte sommarie informazioni, qualora
ritenga sussistente la violazione di cui al presente comma, ordina al datore di
lavoro, con decreto motivato ed immediatamente esecutivo, la cessazione del
comportamento illegittimo e la rimozione degli effetti.
L'efficacia esecutiva del decreto non può essere revocata fino alla
sentenza con cui il pretore in funzione di giudice del lavoro definisce il
giudizio instaurato a norma del comma successivo.
Contro il decreto che decide sul ricorso è ammessa, entro 15 giorni
dalla comunicazione del decreto alle parti opposizione davanti al pretore in
funzione di giudice del lavoro che decide con sentenza immediatamente
esecutiva. Si osservano le disposizioni degli articoli 413 e seguenti del
codice di procedura civile.
Il datore di lavoro che non ottempera al decreto, di cui al primo comma,
o alla sentenza pronunciata nel giudizio di opposizione
è punito ai sensi dell'articolo 650 del codice penale.
L'autorità giudiziaria ordina la pubblicazione della sentenza penale di
condanna nei modi stabiliti dall'articolo 36 del codice penale.
[...]
[...]
Art. 29. (Fusione
delle rappresentanze sindacali aziendali)
Quando le rappresentanze sindacali aziendali di cui all'articolo 19 si
siano costituite nell'ambito di due o più delle associazioni di cui alle
lettere a) e b) del primo comma dell'articolo predetto, nonché
nella ipotesi di fusione di più rappresentanze sindacali, i limiti numerici
stabiliti dall'articolo 23, secondo comma, si intendono riferiti a ciascuna
delle associazioni sindacali unitariamente rappresentate nella unità
produttiva.
Quando
la formazione di rappresentanze sindacali unitarie consegua alla fusione delle
associazioni di cui alle lettere a) e b) del primo comma dell'articolo 19, i
limiti numerici della tutela accordata ai dirigenti di rappresentanze sindacali
aziendali, stabiliti in applicazione dell'articolo 23, secondo comma, ovvero
del primo comma del presente articolo restano immutati.
Art. 30. (Permessi
per i dirigenti provinciali e nazionali)
I componenti degli organi direttivi,
provinciali e nazionali, delle associazioni di cui all'articolo 19 hanno
diritto a permessi retribuiti, secondo le norme dei contratti di lavoro, per la
partecipazione alle riunioni degli organi suddetti.
Art. 31. (Aspettativa dei lavoratori chiamati a funzioni pubbliche
elettive o a ricoprire cariche sindacali provinciali e nazionali)
I lavoratori che siano eletti membri del
Parlamento nazionale o del Parlamento europeo o di assemblee regionali ovvero
siano chiamati ad altre funzioni pubbliche elettive possono, a richiesta,
essere collocati in aspettativa non retribuita, per tutta la durata del loro
mandato.
La medesima disposizione si applica ai lavoratori chiamati a ricoprire
cariche sindacali provinciali e nazionali.
I periodi di aspettativa di cui ai precedenti
commi sono considerati utili, a richiesta dell'interessato, ai fini del
riconoscimento del diritto e della determinazione della misura della pensione a
carico dell'assicurazione generale obbligatoria di cui al regio decreto-legge 4
ottobre 1935, n. 1827, e successive modifiche ed integrazioni, nonché a carico
di enti, fondi, casse e gestioni per forme obbligatorie di previdenza
sostitutive della assicurazione predetta, o che ne comportino comunque
l'esonero.
Durante i periodi di aspettativa l'interessato,
in caso di malattia, conserva il diritto alle prestazioni a carico dei
competenti enti preposti alla erogazione delle prestazioni medesime.
Le disposizioni di cui al terzo e al quarto comma non si applicano
qualora a favore dei lavoratori siano previste forme previdenziali per il
trattamento di pensione e per malattia, in relazione all'attività
espletata durante il periodo di aspettativa.
Art. 32. (Permessi ai
lavoratori chiamati a funzioni pubbliche elettive)
I lavoratori eletti alla carica di consigliere comunale o provinciale
che non chiedano di essere collocati in aspettativa
sono, a loro richiesta, autorizzati ad assentarsi dal servizio per il tempo
strettamente necessario all'espletamento del mandato, senza alcuna decurtazione
della retribuzione.
I lavoratori eletti alla carica di sindaco o di assessore
comunale, ovvero di presidente di giunta provinciale o di assessore provinciale
hanno diritto anche a permessi non retribuiti per un minimo di trenta ore
mensili.
TITOLO V - Norme sul collocamento
La commissione per il collocamento, di cui all'articolo 26 della legge
29 aprile 1949, n. 264, è costituita obbligatoriamente presso le sezioni
zonali, comunali e frazionali degli Uffici provinciali
del lavoro e della massima occupazione, quando ne facciano richiesta le
organizzazioni sindacali dei lavoratori più rappresentative.
Alla nomina della commissione provvede il direttore dell'Ufficio
provinciale del lavoro e della massima occupazione, il quale, nel richiedere la
designazione dei rappresentanti dei lavoratori e dei datori di lavoro, tiene
conto del grado di rappresentatività delle
organizzazioni sindacali e assegna loro un termine di 15 giorni, decorso il
quale provvede d'ufficio.
La commissione è presieduta dal dirigente della
sezione zonale, comunale, frazionale, ovvero da un suo delegato, e
delibera a maggioranza dei presenti. In caso di parità prevale il voto del
presidente.
La commissione ha il compito di stabilire e di aggiornare periodicamente
la graduatoria delle precedenze per l'avviamento al lavoro, secondo i criteri
di cui al quarto comma dell'articolo 15 della legge 29
aprile 1949, n. 264. Salvo il caso nel quale sia ammessa
la richiesta nominativa, la sezione di collocamento, nella scelta del
lavoratore da avviare al lavoro, deve uniformarsi alla graduatoria di cui al
comma precedente, che deve essere esposta al pubblico presso la sezione
medesima e deve essere aggiornata ad ogni chiusura dell'ufficio con la
indicazione degli avviati.
Devono altresì essere esposte al pubblico le richieste numeriche che pervengono dalle ditte.
La commissione ha anche il compito di rilasciare il nulla osta per
l'avviamento al lavoro ad accoglimento di richieste nominative
o di quelle di ogni altro tipo che siano disposte dalle leggi o dai contratti
di lavoro. Nei casi di motivata urgenza, l'avviamento è provvisoriamente
autorizzato dalla sezione di collocamento e deve essere convalidato dalla
commissione di cui al primo comma del presente articolo, entro dieci giorni.
Dei dinieghi di avviamento al lavoro per richiesta
nominativa deve essere data motivazione scritta su apposito verbale in duplice
copia, una da tenere presso la sezione di collocamento e l'altra presso il
direttore dell'Ufficio provinciale del lavoro. Tale motivazione scritta deve
essere immediatamente trasmessa al datore di lavoro richiedente.
Nel caso in cui la commissione neghi la convalida ovvero non si pronunci entro venti giorni dalla data della comunicazione
di avviamento, gli interessati possono inoltrare ricorso al direttore
dell'Ufficio provinciale del lavoro, il quale decide in via definitiva, su
conforme parere della commissione di cui all'articolo 25 della legge 29 aprile
1949, n. 264.
I turni di lavoro di cui all'articolo 16 della
legge 29 aprile 1949, n. 264, sono stabiliti dalla commissione e in nessun caso
possono essere modificati dalla sezione.
Il direttore dell'Ufficio provinciale del lavoro annulla d'ufficio i
provvedimenti di avviamento e di diniego di avviamento
al lavoro in contrasto con le disposizioni di legge. Contro le decisioni del
direttore dell'ufficio provinciale del lavoro è
ammesso ricorso al Ministro per il lavoro e la previdenza sociale.
Per il passaggio del lavoratore dall'azienda nella quale
è occupato ad un'altra occorre il nulla osta della sezione di collocamento
competente.
Ai datori di lavoro che non assumono i lavoratori per il tramite degli
uffici di collocamento, sono applicate le sanzioni previste dall'articolo 38
della presente legge.
Le norme contenute nella legge 29 aprile 1949, n. 264, rimangono in
vigore in quanto non modificate dalla presente legge.
Art. 34. (Richieste nominative di manodopera)
A decorrere dal novantesimo giorno dall'entrata in vigore della presente
legge, le richieste nominative di manodopera da
avviare al lavoro sono ammesse esclusivamente per i componenti del nucleo
familiare del datore di lavoro, per i lavoratori di concetto e per gli
appartenenti a ristrette categorie di lavoratori altamente specializzati, da
stabilirsi con decreto del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale,
sentita la commissione centrale di cui alla legge 29 aprile 1949, n. 264.
TITOLO VI - Disposizioni finali e
penali
Art. 35. (Campo di applicazione)
Per le imprese industriali e commerciali, le disposizioni del titolo
III, ad eccezione del primo comma dell'articolo 27,
della presente legge si applicano a ciascuna sede, stabilimento, filiale,
ufficio o reparto autonomo che occupa più di quindici dipendenti. Le stesse
disposizioni si applicano alle imprese agricole che occupano più di cinque
dipendenti.
Le norme suddette si applicano, altresì, alle imprese industriali e
commerciali che nell'ambito dello stesso comune occupano più di quindici
dipendenti ed alle imprese agricole che nel medesimo ambito territoriale
occupano più di cinque dipendenti anche se ciascuna unità
produttiva, singolarmente considerata, non raggiunge tali limiti.
Ferme restando le norme di cui agli articoli 1, 8, 9, 14, 15, 16 e 17, i
contratti collettivi di lavoro provvedono ad applicare
i principi di cui alla presente legge alle imprese di navigazione per il
personale navigante.
Art. 36. (Obblighi
dei titolari di benefici accordati dallo Stato e degli appaltatori di opere pubbliche)
Nei provvedimenti di concessione di benefici accordati ai sensi delle
vigenti leggi dallo Stato a favore di imprenditori che
esercitano professionalmente un'attività economica organizzata e nei capitolati
di appalto attinenti all'esecuzione di opere pubbliche, deve essere inserita la
clausola esplicita determinante l'obbligo per il beneficiario o appaltatore di
applicare o di far applicare nei confronti dei lavoratori dipendenti condizioni
non inferiori a quelle risultanti dai contratti collettivi di lavoro della
categoria e della zona.
Tale obbligo deve essere osservato sia nella fase di realizzazione
degli impianti o delle opere che in quella successiva, per tutto il tempo in
cui l'imprenditore beneficia delle agevolazioni finanziarie e creditizie
concesse dallo Stato ai sensi delle vigenti disposizioni di legge.
Ogni infrazione al suddetto obbligo che sia accertata
dall'Ispettorato del lavoro viene comunicata immediatamente ai Ministri nella
cui amministrazione sia stata disposta la concessione del beneficio o
dell'appalto. Questi adotteranno le opportune determinazioni, fino alla revoca
del beneficio, e nei casi più gravi o nel caso di recidiva potranno decidere
l'esclusione del responsabile, per un tempo fino a cinque anni, da qualsiasi ulteriore concessione di agevolazioni finanziarie o
creditizie ovvero da qualsiasi appalto.
Le disposizioni di cui ai commi precedenti si applicano anche quando si
tratti di agevolazioni finanziarie e creditizie ovvero
di appalti concessi da enti pubblici, ai quali l'Ispettorato del lavoro
comunica direttamente le infrazioni per l'adozione delle sanzioni.
Art. 37.
(Applicazione ai dipendenti da enti pubblici)
Le disposizioni della presente legge si applicano anche ai rapporti di
lavoro e di impiego dei dipendenti da enti pubblici
che svolgano esclusivamente o prevalentemente attività economica. Le
disposizioni della presente legge si applicano altresì ai rapporti di impiego dei dipendenti dagli altri enti pubblici, salvo
che la materia sia diversamente regolata da norme speciali.
Art. 38.
(Disposizioni penali)
Le violazioni degli articoli 2, 4, 5, 6, 8 e 15, primo comma lettera a),
sono punite, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, con l'ammenda
da lire 300.000 a lire 3.000.000 o con l'arresto da 15 giorni ad un anno.
Nei casi più gravi le pene dell'arresto e dell'ammenda sono applicate
congiuntamente.
Quando
per le condizioni economiche del reo, l'ammenda stabilita nel primo comma può
presumersi inefficace anche se applicata nel massimo, il giudice ha facoltà di
aumentarla fino al quintuplo.
Nei casi previsti dal secondo comma, l'autorità giudiziaria ordina la
pubblicazione della sentenza penale di condanna nei modi stabiliti
dall'articolo 36 del codice penale.
Art. 39. (Versamento
delle ammende al Fondo adeguamento pensioni)
L'importo delle ammende è versato al Fondo adeguamento pensioni dei
lavoratori.
Art. 40. (Abrogazione
delle disposizioni contrastanti)
Ogni disposizione in contrasto con le norme contenute nella presente
legge è abrogata.
Restano salve le condizioni dei contratti collettivi e degli accordi
sindacali più favorevoli ai lavoratori.
Tutti gli atti e documenti necessari per la attuazione
della presente legge e per l'esercizio dei diritti connessi, nonché tutti gli
atti e documenti relativi ai giudizi nascenti dalla sua applicazione sono
esenti da bollo, imposte di registro o di qualsiasi altra specie e da tasse.