Ordinanza n. 1127 del 24 gennaio 2003
PUBBLICO IMPIEGO - REPRESSIONE DELLA CONDOTTA ANTISINDACALE - GIURISDIZIONE DEL
GIUDICE ORDINARIO
(Sezioni Unite Civili - Presidente V. Carbone - Relatore L.F. Di Nanni)
La Corte ritenuto in fatto quanto segue
1.
G. M. e S. P., nella
rispettiva qualità di segretario generale provinciale C.I.S.L. - F.P.S. e di segretario generale provinciale C.G.I.L.
funzione pubblica, con ricorso al tribunale di Salerno, in funzione di giudice
del lavoro, del 15 maggio 2001, hanno chiesto che, ai sensi dell'art. 28 della
legge n. 300 del 1970, fosse dichiarata antisindacale la condotta posta in
essere dal Comune di Salerno con l'atto deliberativo della Giunta municipale
del 31 gennaio 2001 n. 138 e ne fossero rimossi gli effetti, mediante
declaratoria di illegittimità, annullamento e/o disapplicazione.
I ricorrenti hanno denunciato che, con la delibera municipale, erano state
individuate posizioni organizzative all'interno del Comune in dispregio degli
accordi sindacali di contrattazione decentrata; in particolare erano state
violate specifiche disposizioni di detti accordi in tema di informativa
sindacale, così disconoscendo l'importanza del ruolo del sindacato.
2.
Il Comune di Salerno
si è costituito nel giudizio ed ha proposto regolamento preventivo della
giurisdizione, con il quale ha sostenuto: a) che la cognizione delle
controversie in materia di procedure concorsuali per
l'assunzione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni appartiene alla
giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo; b) che a i questa stessa
giurisdizione appartiene anche la cognizione delle controversie con le quali le
organizzazioni sindacali chiedono che sia emesso un ordine di desistere da una
condotta antisindacale e di ri muoverne gli effetti.
Gli intimati non si sono costituiti.
3.
Il
PM, richiesto di rendere le proprie conclusioni sulla controversia, nella quale
si ravvisava una delle ipotesi di cui all'art. 375 cod. proc. civ.,
ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile o sia
dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario.
CONSIDERA IN DIRITTO
4.
E' preliminare l'esame
dell'eccezione con la quale il PM sostiene che nel procedimento di cui all'art.
28 dello Statuto dei diritti dei lavoratori, non è
consentito proporre il regolamento preventivo di giurisdizione. Le ragioni
sulle quali la tesi si fonda sono date dalla natura cautelare del procedimento,
nell'ambito del quale il regolamento deve essere escluso, e dalla circostanza
che l'instaurazione del giudizio di opposizione al decreto
emesso dal giudice del lavoro è solo eventuale, sicché si è potuta formare la
giurisdizione.
La tesi non può essere condivisa.
4.
1. Nella
giurisprudenza di queste sezioni unite è stato già affermato il principio
secondo il quale "ai fini dell'applicazione del principio della preclusione all'esperibilità
del regolamento preventivo di giurisdizione, per effetto di una decisione nel
merito in primo grado, ai sensi dell'art. 41, primo comma, cod. proc. civ.,
la struttura del procedimento nell'ambito del quale il provvedimento è adottato
non incide sulla funzione di quest'ultimo, che deve
essere considerata prevalentemente esecutiva, essendo soltanto eventuale e
successivo lo svolgimento di un accertamento ordinario. Sia nel procedimento
regolato dagli artt. 633 e segg. cod. proc. civ. che in quello previsto
dall'art. 28 dello Statuto dei diritti dei lavoratori la funzione
prevalentemente esecutiva del provvedimento adottato esclude, dunque, che in
esso possa essere ravvisata una "decisione di merito" preclusiva
dell'esperimento del regolamento preventivo di giurisdizione": sentenza 7
febbraio 2002, n. 1761, nella motivazione.
4.
.2. Si aggiunga che la
funzione cautelare che può essere attribuita al decreto di cui al primo comma
dell'art. 28 dello Statuto non ha nulla a che vedere con i
provvedimenti cautelare veri e propri, per i quali il regolamento
preventivo di giurisdizione è escluso, per ragioni inerenti alla struttura procedimentale ed alla disciplina del reclamo indicata
dalL'art. 669 terdecies cod. proc.
civ.: Cass. ss. uu. 22 marzo 1996, n. 2465.
4.
.3. Deve essere,
quindi, confermato l'orientamento espresso da queste sezioni unite sin dalla
sentenza 18 dicembre 1977, n. 12830, secondo il quale l'istanza
di regolamento di giurisdizione non e preclusa dalla pendenza del giudizio di
opposizione al decreto che definisce il procedimento di repressione della
condotta antisindacale di cui all'art. 28 dello Statuto, perché il
provvedimento, fino al momento in cui è definito il giudizio di opposizione, è
un atto processuale provvisorio, che non può contenere una statuizione
implicita, concernente la giurisdizione, sulla quale possa formarsi il
giudicato.
5.
La questione di
giurisdizione è affrontata dal Comune di Salerno con la tesi che la
controversia rientra tra quelle riservate alla giurisdizione esclusiva del
giudice amministrativo.
Ciò per un doppio e concorrente ordine di ragioni.
La prima ragione è che la controversia ha per oggetto procedure di
riqualificazione del personale, le quali attengono al potere organizzatorio interno dell'amministrazione, essendo
prevista una fase concorsuale finalizzata alla
assunzione nella nuova superiore qualifica o una valutazione sui livelli e
mansioni da attribuire.
L'altra che, con la domanda, le organizzazioni sindacali
hanno chiesto anche la rimozione dei provvedimenti lesivi che investono sia la
sfera del sindacato, sia quella dei singoli lavoratori. In questa
commistione di effetti non potrebbe essere trascurata
la natura pubblica della prestazione lavorativa sulla quale la decisione
verrebbe ad incidere.
5.
.1. In tema di
repressione della condotta antisindacale nel settore del
pubblico impiego, le regole di riparto della giurisdizione, anche prima delle
modificazioni introdotte dalla legge 12 luglio 1990 n. 146, sono state sempre
fondate sul riconoscimento delle situazioni soggettive proprie ed esclusive
delle associazioni sindacali (cosiddetti diritti sindacali in senso stretto),
quali diritti soggettivi perfetti, tutelabili dinanzi al giudice ordinario.
In applicazione di tali regole, è stato considerato irrilevante il fatto che il
comportamento lesivo addebitato all'ente pubblico si sostanzi in un formale
provvedimento o invece si traduca in una qualsiasi
condotta materiale o in qualsiasi fatto che, per la sua intrinseca essenza o
per il suo modo di essere e di manifestarsi, sia tale da assumere carattere
antisindacale (Cass. ss. uu. 26 luglio 1984, n. 4390;
28 novembre 1990, n. 11461) o che l'ordine di cessazione della condotta
antisindacale emesso dal giudice ordinario comporti l'imposizione alla pubblica
amministrazione di un facere o di un pati (Cass. 14 agosto 1999, n. 592).
L'art. 63, terzo comma, del d.lgs. 30 marzo 2001, n.
165, confermando l'avvenuta privatizzazione del
rapporto di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, devolve al
giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, una cognizione
incondizionata in materia di condotta antisindacale delle pubbliche
amministrazioni.
In coerenza con questi dati, l'art. 4 della legge 11 aprile 2000 n. 83 aveva
già abrogato il sesto e settimo comma dell'art. 28 legge n.
300/1970, aggiunti con l'art. 6 della legge 12 giugno 1990 n. 146, con i quali
era stabilito il frazionamento di tutela fra giudice ordinario e giudice
amministrativo, correlata, la prima, a condotte lesive del solo sindacato e la
seconda a quelle lesive, oltre che di interessi sindacali, di situazioni
soggettive inerenti al pubblico impiego.
5.
.2. Le riforme da ultimo intervenute non lasciano spazio neppure alla tesi
che appartiene alla giurisdizione del giudice amministrativo la controversia
nella quale sia chiesta anche la rimozione dei provvedimenti lesivi che
investono la sfera dei singoli lavoratori.
Nel nuovo sistema, infatti, anche l'atto antisindacale del datore di lavoro
pubblico ha la connotazione di atto privatistico, omologo a quello scorretto del datore di
lavoro privato, come tale suscettibile di cognizione da parte del giudice
ordinario, anche se sia richiesta l'eliminazione dell'atto stesso e dei suoi
effetti.
6.
Le regole da ultimo
esposte valgono nel presente giudizio, nel quale è
stata denunciata come antisindacale una condotta tenuta dal Comune di Salerno
prima del 30 giugno 1998.
Pertanto, il
ricorso deve essere rigettato e dichiarata la giurisdizione del tribunale di
Salerno, in funzione di giudice del lavoro.
Nessuna pronuncia deve essere resa sulle spese di questo giudizio, perché gli
intimati non vi hanno svolto attività difensiva.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte di cassazione a sezioni unite rigetta il ricorso e dichiara la
giurisdizione del tribunale di Salerno.