12/02/2016 - Cultura e democrazia per onorare la memoria di Lea



In Consiglio regionale, davanti a una platea di studenti, abbiamo ospitato il regista Marco Tullio Giordana e proiettato il suo film “Lea”, dedicato a Lea Garofalo, la testimone di giustizia barbaramente uccisa dal suo compagno, che infierì con crudeltà sulle sue spoglie mortali sciogliendole nell’acido, perché lei si opponeva allo strapotere della ‘ndrangheta.
Quella di Lea è una storia tragica, ma al tempo stesso deve rappresentare un modello di coraggio e di impegno per tutti noi.
Giordana, che aveva già girato pellicole straordinarie come “I cento passi” e “La meglio gioventù”, ci ha consegnato un film che rafforza la consapevolezza della necessità di un impegno sempre più forte e radicale contro le mafie; il film ha ottenuto un vasto consenso in termini di critica e di ascolti, soprattutto nelle regioni meridionali: segno, questo, che la Calabria e il Sud hanno inteso stringersi attorno al ricordo di Lea e alla vicenda, terribile ma con una speranza di riscatto, di sua figlia Denise.
Era una donna coraggiosa Lea, una donna che decise di opporsi alla protervia della criminalità organizzata, anche se quella protervia era in casa, rappresentata dal padre di sua figlia, tramutatosi in aguzzino.
Tutto questo dimostra come la ‘ndrangheta sia soprattutto vigliaccheria.
La ‘ndrangheta è il male assoluto: spezza le vite e uccide la speranza.
Un male che ci costringe a emigrare e ci rende più poveri, perché i suoi capitali li esporta all’estero, non lasciando neanche un centesimo, provento dei suoi affari illeciti, su questo territorio.
Per questo, dai giovani calabresi deve partire un nuovo e rafforzato moto di ribellione contro ogni forma di criminalità organizzata, spezzando il giogo che grava su di loro. Occorre resistere alle lusinghe della ‘ndrangheta, collaborare con lo Stato e stabilire in maniera chiara e senza compromessi cosa vogliamo fare della nostra vita. In definitiva, da che parte stare: dalla parte del bene, di Falcone, di Borsellino, di Lea Garofalo, o dalla parte del male, delle mafie, delle bombe, dei compromessi, della corruzione, degli omicidi, della destabilizzazione del Paese.
Ma come possiamo battere le mafie? Abbiamo a disposizione due armi: lo studio e la democrazia.
Lo studio, perché la cultura, il diritto, il rispetto delle regole, la meritocrazia sono i nemici giurati dei clan e anzi ci garantiscono sviluppo e lavoro.
La democrazia, perché essa è espressione di libertà personale e di libertà economica. La democrazia, se è vera, è libertà dal bisogno. E’ per questo che occorre confrontarsi, se del caso anche scontrarsi sul piano ideale, ma comunque avendo sempre presente che dal confronto tra le idee si esce sempre arricchiti.
Perché se due persone hanno un’idea ciascuno e si confrontano, alla fine torneranno a casa con due idee.