MOZIONE n. 144 del 29/01/2019
Sul regionalismo differenziato

Il Consiglio Regionale,

Premesso che:
-l’art. 116, comma 3, della Costituzione, dispone: “Ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, concernenti le materie di cui al terzo comma dell'articolo 117 e le materie indicate dal secondo comma del medesimo articolo alle lettere 1), limitatamente all’organizzazione della giustizia di pace, n) e s), possono essere attribuite ad altre Regioni, con legge dello Stato, su iniziativa della Regione interessata, sentiti gli enti locali, nel rispetto dei principi di cui all’articolo 119. La legge è approvata dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti, sulla base di intesa fra lo Stato e la Regione interessata”. Visto: -l'art 3 della Costituzione che dispone: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. E' compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese";
l’art. 5 della Costituzione che dispone: “La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali;
attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo;
adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell'autonomia e del decentramento”. Vista: la Legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione) che per come descritto all’art. 1 “costituisce attuazione dell'articolo 119 della Costituzione, assicurando autonomia di entrata e di spesa di comuni, province, città metropolitane e regioni e garantendo i princìpi di solidarietà e di coesione sociale, in maniera da sostituire gradualmente, per tutti i livelli di governo, il criterio della spesa storica e da garantire la loro massima responsabilizzazione e l'effettività coesione sociale, in maniera da sostituire gradualmente, per tutti i livelli di governo, il criterio della spesa storica e da garantire la loro massima responsabilizzazione e l'effettività e la trasparenza del controllo democratico nei confronti degli eletti. A tali fini, la presente legge reca disposizioni volte a stabilire in via esclusiva i princìpi fondamentali del coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, a disciplinare l'istituzione ed il funzionamento del fondo perequativo per i territori con minore capacità fiscale per abitante nonché l'utilizzazione delle risorse aggiuntive e l'effettuazione degli interventi speciali di cui all'articolo 119, quinto comma, della Costituzione perseguendo lo sviluppo delle aree sottoutilizzate nella prospettiva del superamento del dualismo economico del Paese. Disciplina altresì i princìpi generali per l'attribuzione di un proprio patrimonio a comuni, province, città metropolitane e regioni e detta norme transitorie sull'ordinamento, anche finanziario, di Roma capitale. Visto: -il Decreto 26 novembre 2010 (Disposizioni in materia di perequazione infrastrutturale, ai sensi dell’articolo 22 della legge 5 maggio 2009, n. 42);
-il Decreto Legislativo 31 maggio 2011, n.88 (Disposizioni in materia di risorse aggiuntive ed interventi speciali per la rimozione di squilibri economici e sociali, a norma dell'articolo 16 della legge 5 maggio 2009, n. 42);
Considerato che: ai sensi dell'art. 116, comma 3, della Costituzione le Regioni Veneto, Lombardia, Emilia- Romagna, Piemonte, Liguria, Toscana, Marche-Umbria, Lazio, Campania, Basilicata e Puglia hanno avviato in diverse forme le procedure per ottenere ulteriori condizioni particolari di autonomia;
nel 2017 le Regioni Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna hanno tenuto un referendum consultivo per la richiesta di ulteriori forme di autonomia che ha visto prevalere i “si”;
dopo il “si” al referendum, le Regioni Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna hanno avviato una trattativa con il governo centrale per ottenere maggiore autonomia;
Visto: l’articolo 2 (Attribuzione di risorse ai sensi dell'articolo 119 Cost.) della legge regionale del Veneto n, 155 del 15 novembre 2017 (Proposta di legge statale da trasmettere al Parlamento nazionale, ai sensi dell'articolo 121 della Costituzione dal titolo;
"Iniziativa regionale contenente, ai sensi dell'articolo 2, comma 2, della legge regionale 19 giugno 2014, n. 15, percorsi e contenuti per il riconoscimento di ulteriori e specifiche forme di autonomia per la Regione del Veneto, in attuazione dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione" d'iniziativa della Giunta Regionale del Veneto.) “disciplina la modalità di finanziamento del nuovo assetto di competenze che, come si è anticipato, include fra l'altro la presa in carico da parte della Regione dell'intero finanziamento del servizio sanitario regionale e, in materia di istruzione, del personale insegnante. La disposizione è conforme a quanto dispone l’articolo 116, terzo comma, Cosi, che impone il rispetto dell'articolo 119 Cost., il quale a sua volta prevede che compartecipazioni e tributi propri consentano "di finanziare integralmente le funzioni pubbliche" attribuite. La stima dì queste funzioni porta a ritenere congruo che siano riconosciute alla Regione del Veneto le seguenti quote dì compartecipazioni ai tributi erariali: nove decimi del gettito dell’Irpef, nove decimi del gettito dell’Ires, nove decimi del gettito dell’imposta sul valore aggiunto (Iva). La determinazione di dette quote è effettuata assumendo a riferimento indicatori od ogni altra determinazione idonea alla valutazione dei fenomeni economici che hanno luogo nel territorio regionale. Le seguenti quote, da un lato, si devono intendere sostitutive della attuale compartecipazione regionale all’ Iva, dall’altro si aggiungono sia agli attuali tributi propri di spettanza della Regione (Irap, addizionale Irpef ecc.), sia alle altre forme di fiscalità mirata indicate nell’'articolato. " Considerato che: -il 28 febbraio 2018 è stato firmato a Palazzo Chigi un accordo preliminare in merito all'Intesa prevista dall'articolo 116, terzo comma, della Costituzione, tra il Governo della Repubblica Italiana e le Regioni Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna. Visto: l’Art. 4 (Risorse) dell’accordo preliminare in merito all'Intesa prevista dall'articolo 116, terzo comma, della Costituzione, tra il Governo della Repubblica Italiana e le Regioni Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna che, al comma 1, dispone: “Le modalità per l’attribuzione delle risorse finanziarie, umane e strumentali necessarie all’esercizio di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, trasferite o assegnate dallo Stato alla Regione, saranno determinate da una apposita Commissione paritetica 'Stato-Regione’, disciplinata dall'Intesa, in termini: a)di compartecipazione o riserva di aliquota al gettito di uno o più tributi erariali maturati nel territorio regionale, tali da consentire la gestione delle competenze trasferite o assegnate,in coerenza con quanto disposto dall' 119, quarto comma, della Costituzione;
b)di spesa sostenuta dallo Stato nella Regione (quale criterio da superare in via definitiva), riferita alle funzioni trasferite o assegnate;
c)di fabbisogni standard, che dovranno essere determinati entro un anno dall'approvazione dell’Intesa e che progressivamente, entro cinque anni, dovranno diventare, in un’ottica di superamento della spesa storica, il termine di riferimento, in relazione alla popolazione residente e al gettito dei tributi maturati nel territorio regionale in rapporto ai rispettivi valori nazionali, fatti salvi gli attuali livelli di erogazione dei servizi. Considerato che: a quasi dieci anni dall'approvazione della legge 42/2009 sul federalismo, che avrebbe dovuto portare ad una vera e propria rivoluzione nell’assetto delle autonomie locali e ad otto anni dai decreti attuativi collegati, la normativa che avrebbe dovuto disciplinare la definizione dei costi/fabbisogni standard e le modalità attraverso cui superare la spesa storica garantendo, attraverso un fondo perequativo, il principio dì solidarietà e coesione sociale, ancora oggi non risulta perfezionata e, soprattutto, attuata;
i livelli essenziali delle prestazioni (LEP), previsti dall’articolo 117 secondo comma, lettera m) della Costituzione da garantire su tutto il territorio nazionale non sono mai stati definiti;
la Calabria non ha ancora valutato l’opportunità di avviare un percorso autonomistico ai sensi dell’articolo 116, comma 3 della Costituzione;
nell’accordo preliminare raggiunto tra il Governo e le Regioni Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna, si prevede che le risorse nazionali relative alle nuove competenze delle regioni vengano assegnate attraverso sì i fabbisogni standard, ma tenendo conto tra le variabili anche del gettito fiscale regionale con l’inevitabile penalizzazione delle regioni del sud che contano su una minore capacità fiscale.
Impegna la Giunta regionale
ed il Presidente della Regione Calabria a quattro azioni fondamentali: chiedere al governo di avviare le procedure utili a definire livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale” per come sancito alla lett. m) art. 117, II co. Cost;
chiedere al governo di sospendere la pre-intesa raggiunta con Veneto e Lombardia laddove si sancisce che nel trasferimento delle risorse per le nuove competenze si tenga conto del gettito fiscale delle regioni e soprattutto chiedendo che alla determinazione dei fabbisogni standard su cui calcolare la spesa da trasferire venga preceduta la definizione dei Livelli Essenziali delle Prestazioni;
avviare una trattativa con il governo per ottenere maggiore autonomia in alcune materie attentamente selezionate, dopo un’attenta analisi delle potenzialità della nostra regione, con particolare riferimento alle materie di competenza condivisa tra stato e regione;
chiedere al parlamento di analizzare attentamente l’accordo preliminare raggiunto tra governo e regioni al fine di valutarne impatti ed effetti su tutto il territorio nazionale. E’ inaccettabile che un processo così importante venga ridotto ad una contrattazione stato- governo senza valutazioni di merito da parte del Parlamento. L’argomento in oggetto, infatti, si lega più in generale ad altri elementi strettamente legati al regionalismo che necessitano di essere considerati in un processo riformatore generale del titolo V della Costituzione, in particolare andrebbe valutata l’opportunità di: superare la differenziazione tra regioni a statuto ordinario e speciale;
pensare alle macroregioni come enti di coordinamento utili superare i deficit gestionali delle attuali regioni;
ritornare alle province storiche ridistribuendo coerentemente risorse e competenze.

Allegato:

29/01/2019
O. GRECO