LO STATUTO DELLA CALABRIA
Nel quadro
generale, rapidamente delineato nel capitolo precedente, dei rapporti Stato-Regioni, va
adesso esaminato lo Statuto della Calabria. Bisogna infatti osservare che, se è vero che
gli Statuti regionali costituiscono lo strumento del quale le Regioni possono avvalersi
per dare effettivi contenuti alla loro autonomia, non è vero che l'azione regionale è
condizionata sia dal modo in cui lo Stato (nelle sue varie componenti: Parlamento,
Governo, apparato burocratico, Corte costituzionale) intende l'autonomia e, dunque,
imposta i suoi rapporti con le Regioni sia dall'incidenza che l'azione stessa riesce a
realizzare, a seconda dell'intensità e della coerenza della volontà politica che la
sorregge. sulla realtà regionale.
In altre parole,
l'autonomia le Regioni non l'hanno conquistata con l'approvazione degli Statuti, come
l'esperienza di questi anni ha ampiamente dimostrato. Gli Statuti hanno soltanto posto le
premesse perché le Regioni divengano autonome, determinando gli obiettivi da realizzare e
predisponendo, al tal fine, le strutture organizzative. Per il resto. l'autonomia va
conquistata - con l'impegno e la partecipazione di tutti - giorno per giorno, sul campo.
Ora, a voler rileggere i
lavori preparatori dello Statuto calabrese, si ricava la netta impressione che il
Consiglio regionale fosse pervaso da un sentito e sincero spirito autonomistico, volesse
cioè dare alla Calabria un valido strumento per riscattarsi "dalla sua storica
arretratezza".
Il Consiglio regionale
iniziò l'esame del progetto di Statuto, predisposto da una apposita commissione composta
da soli consiglieri. nella seduta del 22 marzo 1971 e lo concluse, deliberando
definitivamente sul progetto, nella seduta del 21 marzo. Successivamente, lo Statuto fu
approvato dallo Stato con la legge n. 519 del 1971. Furono giorni di dibattiti, intensi ed
appassionati, nel corso dei quali emerse lo sforzo di tutte le parti politiche presenti in
Consiglio, pur nelle loro riaffermate differenziazioni ideologiche, "di
cogliere"- per esprimerci con le parole del Presidente della Commissione che aveva
predisposto il progetto - "le ansie, le aspirazioni e la volontà della Calabria
operosa, di trasfonderle nel documento fondamentale su cui poggia la vita del nuovo
organismo, di favorirne la concreta realizzazione nel rispetto di metodi democraticamente
validi per far conseguire alle popolazioni strumenti consoni ad una forma partecipativa
più concreta".
Complessivamente, lo
Statuto si compone di 71 articoli suddivisi in 10 titoli: Disposizioni generali; Organi
della Regione; Procedimento di formazione delle leggi, dei regolamenti regionali e degli
atti amministrativi di interesse generale; Partecipazione popolare; Rapporti con gli enti
locali, la Regione e la programmazione; Patrimonio, demanio e finanze; Ordinamento
amministrativo; Enti, aziende, società regionali, Revisione dello Statuto.
Una valutazione
complessiva dello Statuto porta a notare che il suo schema, tranne che per alcune
peculiarità, non si discosta dagli schemi propri degli Statuti delle altre Regioni di
diritto comune. A parte alcune disposizioni (sostanzialmente comuni anche agli altri
Statuti) dirette a
riaffermare la vitalità dello Statuto regionale in una comunità statale che presentava
in alcuni settori, al momento in cui gli Statuti furono discussi e deliberati,
caratteristiche notevolmente diverse da quelle proprie del periodo in cui furono votati la
Costituzione e gli Statuti speciali (per cui dirsi che gli Statuti rappresentano una
"lettura" aggiornata della Costituzione), è da dire, infatti, che lo Statuto
enuncia e valorizza essenzialmente i principi della programmazione, della partecipazione
popolare e del pieno rispetto dell'autonomia degli enti locali (principi che, peraltro,
ritroviamo codificati anche negli altri Statuti). Quanto alla programmazione, essa viene
assunta come metodo e strumento volti a realizzare le riforme economiche e sociali e le
finalità indicate dalla Costituzione e dallo stesso Statuto; quanto alla partecipazione
popolare, essa non è limitata alla predisposizione ed allo svolgimento dei piani
regionali di sviluppo ma è estesa anche alla determinazione della politica regionale;
quanto, infine, al rispetto della autonomia degli enti locali, Province, Comuni ed altri
enti locali sono chiamati a collaborare ed a partecipare all'attività legislativa e
politico-amministrativa della Regione. Su tali principi avremo modo di intrattenerci più
avanti. Fin d'ora, però, possiamo dire che essi vanno esaminati alla luce della realtà
calabrese e non in astratto, in modo da verificarne la validità (che, in assoluto, non
può certamente essere contestata) in relazione alla loro concreta attuazione. Sicché la
lettura ed il commento dello Statuto non andranno fatti isolatamente bensì tenendo nel
debito conto che le sue norme non rappresentano vuote. e talvolta altisonanti, formule -
pronte, se si vuole, ad essere piegate ad ogni interpretazione - bensì costituiscono il
momento storico di avvio del processo di costruzione di una Calabria (quella. appunto, che
esso prefigura), che vuole essere diversa.
I CONTENUTI DELLO STATUTO
A norma dell'articolo 123
della Costituzione, lo Statuto delle Regioni di diritto comune, stabilisce, in armonia con
la Costituzione e con le leggi della Repubblica, le norme relative all'organizzazione
interna della Regione; esso regola, inoltre, l'esercizio del diritto di iniziativa
legislativa e del referendum su leggi e provvedimenti amministrativi delle Regioni
e la pubblicazione delle leggi e dei regolamenti regionali. Le materie ora indicate
costituiscono il contenuto necessario (ma non esclusivo) degli Statuti. Infatti, chi
leggesse gli Statuti delle Regioni ordinarie ne ricaverebbe l'impressione di trovarsi in
presenza di tante mini-costituzioni che. interpretando estensivamente l'articolo 123 della
Costituzione, sono andate bene al di là delle indicazioni in esso contenute. E ciò può
spiegarsi facilmente, ove si osservi che le istanze autonomistiche, per tanti anni
compresse e mortificate, erano improvvisamente esplose nella "fase costituente"
delle Regioni, prendendo corpo in una serie di disposizioni amministrative e
programmatiche che, almeno in parte. avrebbero potuto essere omesse dagli Statuti senza
con ciò togliere nulla ai contenuti dell'autonomia regionale. Va anche detto, però, che
il decentramento dello Stato su basi regionali risulta fondato su alcuni principi
chiaramente espressi negli Statuti, ma già impliciti nel sistema costituzionale. Va
dunque ascritto a merito dei legislatori statutari l'aver dato, esaltando questi principi,
attuazione ad una Costituzione, che a quasi un quarto di secolo dalla sua entrata in
vigore, sembrava non avesse più la forza di suscitare e far condurre a termine quei
processi innovativi che, in essa previsti, la caratterizzano come Carta essenzialmente
programmatica.
L'impianto "dello
Statuto calabrese non si discosta dallo schema sopra accennato: esso può distinguersi in
una parte enunciativa, in una parte organizzativa ed in una parte programmatica. Al tempo
stesso, lo Statuto presenta tuttavia alcune peculiarità che valgono a distinguerlo dagli
Statuti delle altre Regioni ed, in particolare, da quelli delle Regioni che, per le loro
condizioni fisiche e socio-economiche, non possono certamente assimilarsi alla Calabria.
Esso e, in altre parole, lo Statuto di una Regione meridionale, del "profondo
Sud", caratterizzato per secoli da un acuto isolamento dal resto del Paese, dovuto
sia alla sua collocazione geografica sia ad una innata fierezza dei suoi abitanti. Basti
pensare, al riguardo, alla particolare attenzione che lo Statuto (assieme, peraltro, agli
Statuti della Basilicata, della Campania e della Puglia) pone al fenomeno
dell'emigrazione, uno dei suoi più dolorosi problemi della realtà meridionale, sia
assumendo come "obiettivo primario" della Regione la piena occupazione per
bloccare l'esodo dei lavoratori, e sia impegnando la Regione a promuovere ed adottare
particolari programmi per la cura, l'assistenza e l'educazione dell'infanzia, specialmente
nelle campagne e nelle zone di più accentuata emigrazione ed, altresì, a promuovere
iniziative idonee a realizzare un collegamento con le comunità degli emigrati calabresi
all'estero; ed, ancora, al fenomeno degli squilibri territoriali, là dove impegna la
Regione a superarli mediante specifiche iniziative in favore delle zone montane e di
quelle particolarmente depresse ed un razionale assetto del territorio. Non trascurabile
appare anche. sempre nella visione della particolare realtà calabrese, l'impegno della
Regione di promuovere, nel rispetto delle proprie tradizioni, la valorizzazione del
patrimonio storico. culturale ed artistico delle popolazioni di Origine albanese e greca e
di favorire l'insegnamento delle due lingue nei luoghi dove esse sono parlate.
Venendo adesso ad
esaminare più da vicino i contenuti dello Statuto, possiamo innanzi tutto notare che esso
si compone di 7~ articoli suddivisi in 10 titoli. Avuto poi riguardo alla distinzione.
sopra delineata, dello schema statutario in tre parti. avremo che la parte enunciativa è
contenuta nel titolo I (Disposizioni generali),' la parte organizzativa nei titoli Il
(Organi della Regione), III (Procedimento di formazione delle leggi. dei regolamenti
regionali e degli atti amministrativi di interesse generale). IV (Partecipazione
popolare), V (Rapporti con gli enti locali). VII (Patrimonio. demanio e finanze), VIII
(Ordinamento amministrativo), IX (Enti. aziende, società regionali). X (Revisione dello
Statuto): la parte programmatica nel Titolo VI (La Regione e la programmazione), oltre che
in alcune enunciazioni contenute nel titolo I.
Di ciascuna di queste
parti occorrerà adesso trattare separatamente.
LA REGIONE E L'AUTONOMIA
L'articolo I dello Statuto
dispone che la Regione Calabria è autonoma. nell'unità della Repubblica Italiana. e che
essa esercita propri poteri e funzioni a norma dello stesso Statuto, secondo i principi e
nei limiti della Costituzione. nel rispetto dei valori della Resistenza e dei valori
dellantifascismo che la ispirano.
La chiave di lettura di
questa disposizione statutaria va rinvenuta nel concetto di "autonomia". Cosa
significa. infatti. "autonomia" ed "autonomia regionale" in
particolare'? Va subito detto che il concetto di autonomia è ben diverso da quello di
indipendenza. Quest'ultimo. infatti. sta ad indicare la condizione di chi non è soggetto
a limitazioni e subordinazioni imposte dall'esterno e gode, pertanto. della più ampia
libertà di operare le sue scelte nel modo che ritiene più opportuno. In questo senso, ad
esempio. si afferma che lo Stato è indipendente. Il concetto di autonomia sta ad indicare
invece, in una accezione non tecnica e molto generica, lo stato di relativa libertà nel
determinare le proprie azioni di cui godono alcuni soggetti nei confronti di altri
soggetti. Ed in questo senso, ad esempio. si afferma che la Regione è autonoma rispetto
allo Stato perché la Costituzione le assegna una sfera di azione propria. entro la quale
essa può autodeterminarsi. al riparo da ogni eventuale interferenza da parte dello Stato;
al tempo stesso. però. la Regione non è indipendente dallo Stato, perché la
Costituzione potrebbe sempre modificare e restringere le sue attribuzioni sino a giungere,
in ipotesi. a sopprimere ogni sua forma di autonomia.
Ancor meglio specificando.
diremo che la Regione ha avuto, sì, attribuita la potestà di fare leggi ma che questa
potestà essa può svolgere soltanto nelle materie ed entro limiti ben precisi. le une e
gli altri indicati nella Costituzione; ha avuto attribuita l'autonomia finanziaria, ma
sempre nei limiti stabiliti da leggi della Repubblica; e così via.
Più in particolare,
l'autonomia regionale può assumere almeno tre significati ed essere pertanto intesa come:
a) autonomia normativa; b) autonomia politica; e) autonomia
finanziaria.
L'autonomia normativa
designa la potestà di un ente, diverso dallo Stato, di emanare norme giuridiche che
entrano a comporre lo stesso ordinamento giuridico statale. E dunque la Regione ha
autonomia normativa perché attraverso un suo organo (il Consiglio regionale) può
produrre atti (leggi. regolamenti) contenenti norme giuridiche e perché questi atti,
anche se la loro efficacia si esaurisce nell' ambito regionale, sono costitutivi del più
generale ordinamento giuridico dello Stato.
Per autonomia politica si
intende il potere di alcuni enti di darsi un indirizzo politico proprio, anche diverso, in
ipotesi, da quello dello Stato. purché naturalmente non in contrasto con i principi di
struttura dell'ordinamento costituzionale (per cui gli atti delle Regioni che sono
espressione di indirizzo politico devono essere adottati entro i limiti istituzionali che
sono loro propri e sono soggetti ai controlli costituzionalmente stabiliti). La rilevanza
dell'autonomia politica può intendersi appieno ove si osservi che tale tipo di autonomia
è intimamente connesso con i motivi che stanno a fondamento della creazione delle Regioni
e del conseguente decentramento dello Stato.
Infatti, se si riconosce
che i problemi e gli interessi possono avere natura e dimensione diverse da Regione a
Regione, si deve al tempo stesso, e coerentemente, ammettere che ciascuna Regione possa
adottare - ove ciò si renda necessario - un indirizzo politico differenziato rispetto a
quello dello Stato, al fine di realizzare quella concordia discors che costituisce,
in una comunità statale come quella italiana, la migliore garanzia di una effettiva
unità nazionale.
L'autonomia finanziaria,
infine, consiste nella possibilità delle Regioni di disporre di mezzi finanziari propri,
derivanti dal gettito di tributi propri e da parte di tributi erariali. È facile
intendere che una effettiva autonomia finanziaria (vale a dire la non dipendenza delle
Regioni, in questo campo, dallo Stato) condiziona tutto lo svolgimento delle attività
regionali giacché, per perseguire i fini programmati, la Regione deve avere la piena
disponibilità dei mezzi finanziari necessari. L'autonomia finanziaria. pertanto, assume -
come è stato ben sostenuto (Mortati> - il valore di una pietra angolare del sistema
regionale.
Così delineati i vari
significati in cui può intendersi il concetto di autonomia, è da dire che la Calabria,
al pari di ogni altra Regione italiana, è - secondo la Costituzione ed il suo Statuto -
una Regione autonoma, almeno avuto riguardo al profilo formale. Essa, infatti, ha avuto
attribuita la potestà legislativa e quella regolamentare. può determinare un proprio
indirizzo politico, ha entrate proprie che le assicurano la disponibilità dei mezzi
finanziari necessari per il raggiungimento dei suoi obiettivi. Che l'autonomia della
Regione esista anche nei fatti, sia cioè concretamente operante, va invece puntualmente
verificato attraverso l'esame sia degli interventi e delle inadempienze dello Stato
(comuni, peraltro, a tutte le Regioni). lesivi o limitativi dell'autonomia regionale. sia
del modo in cui la Regione stessa ha sinora dato attuazione alla sua potenziale autonomia,
oltre che delle occasioni perdute. Verifica che ci proponiamo di svolgere nelle pagine che
seguono.
LA REGIONE, LA DEMOCRAZIA E
L'EGUAGLIANZA
Una seconda enunciazione
statutaria si rinviene nell'articolo 3, a norma del quale "La Regione si ispira ai
principi della democrazia e dell'eguaglianza dei cittadini, nel rispetto della dignità
della persona umana. Favorisce il più ampio decentramento politico e amministrativo, le
autonomie locali e, in armonia con l'articolo 3 della Costituzione, la effettiva
partecipazione dei lavoratori all'attività politica, sociale ed economica".
Tale articolo rappresenta
la sintesi delle norme contenute negli articoli 1, comma 1, 3 e 5 della Costituzione. La
Regione, cioè, quale componente della "Repubblica, fa propri i principi che la
Repubblica" pone a fondamento della sua stessa esistenza: la democrazia e
l'eguaglianza, dovendosi considerare il decentramento politico ed amministrativo, le
autonomie locali e la partecipazione come un modo di essere della democrazia.
Il valore ditali
enunciazioni (che si rinvengono, in misura più o meno estesa, anche negli altri Statuti
ordinari) è, peraltro, molto relativo. Siamo infatti in presenza di una di quelle
disposizioni degli Statuti ordinari che risultano essere ripetitive di principi espressi
nella Costituzione e che, per ciò solo, non avrebbero potuto essere disattesi od ignorati
dalla Regione nello svolgimento della sua attività e nella predisposizione della sua
struttura organizzativa.
E, se mai, si tratta di
esaminare se i principi di cui si è detto assumono un particolare significato in
relazione a quella articolazione della Repubblica italiana che è data dalla Regione.
Ora che la Regione
Calabria si ispiri ai principi della democrazia e dell'eguaglianza dei cittadini è un
dato programmatico che può anche apparire scontato, ove si rifletta che, in ogni caso,
questi principi non potrebbero essere disconosciuti senza porre la Regione al di fuori
della comunità nazionale. Conseguentemente, il significato ditale enunciazione va
ricercato altrove, nel contesto di altre norme statutarie.
Una prima domanda da porsi
è, dunque, la seguente: quali sono i principi della democrazia ai quali si ispira la
Regione'? Appare evidente, al riguardo, che un'espressione del genere non vale, in sé e
per sé, a chiarire i termini del problema giacché essa si limita ad un puro e semplice
rinvio, senza definire quali siano questi principi. Sarà necessario, pertanto, ricorrere
all'ausilio di quelle norme dello Statuto nelle quali i principi di cui si discute sono
esplicitati e prendono corpo. Tali norme sono contenute negli articoli 39, 48, 56, lettera
z) e 66. Il primo di essi riconosce che la partecipazione dei cittadini alle scelte
politiche, alla funzione legislativa ed amministrativa ed al controllo dei pubblici poteri
è condizione essenziale per lo sviluppo della vita democratica; a norma del secondo, la
Regione riconosce nella partecipazione degli enti locali alla sua attività, anche
legislativa e politica-amministrativa, un momento essenziale dell'autonomia e del
decentramento politico ed amministrativo e favorisce il potenziamento effettivo della
autonomia dei Comuni e delle Province; il terzo impegna la Regione ad assumere iniziative
per assicurare un'ampia e democratica informazione, anche in ordine alla organizzazione
dei pubblici servizi; il quarto, infine, dispone che la attività amministrativa della
Regione è informata ai principi della autonomia e della democrazia, oltre che al più
ampio snellimento ed alla pubblicità delle procedure e che la Regione assume, altresì,
il decentramento come carattere essenziale della propria Organizzazione amministrativa.
Abbiamo dunque che fermi restando i fondamentali istituti democratici, che lo Statuto ha
fatto propri (ad esempio, il rispetto dei diritti delle minoranze, il referendum) - quella
che potremmo definire la "democrazia secondo la Regione" si articola sulla
partecipazione, sul diritto all'informazione, sulle autonomie locali, sul decentramento
politico ed amministrativo, sulla democratizzazione dell'attività amministrativa.
Ciascuno di questi corollari dell'enunciazione contenuta nell'articolo 3 dello Statuto
trova poi più ampio sviluppo - come avremo modo di chiarire più avanti - in altre,
specifiche disposizioni statutarie. Qui è soltanto da osservare che a differenza della
Costituzione, nella quale la partecipazione, il diritto all'informazione e la
democratizzazione della attività amministrativa non trovano un'espressa disciplina e
devono, quindi, considerarsi presupposti, lo Statuto della Calabria (al pari, peraltro, di
altri Statuti) ha predisposto strumenti e forme per dare concreta attuazione agli istituti
in esame. E ciò trova una sua spiegazione nell'intervallo di tempo intercorso tra
l'approvazione della Costituzione e quella dello Statuto; intervallo che ha consentito il
formarsi di una maggiore consapevolezza circa i modi e le procedure di svolgimento della
vita democratica, sollecitata anche dalla crescita della Società civile e da una più
matura domanda politica. Ed è ben per questo che gli Statuti delle Regioni ordinarie,
oltre a riconfermare la vitalità dell'istituto regionale, vanno interpretati, almeno in
alcuni settori, come una lettura aggiornata della Costituzione. L'eguaglianza dei
cittadini, nel rispetto della persona umana, alla quale - secondo lo Statuto - anche si
ispira la Regione trova, a sua volta, espressione e puntuali riferimenti nelle norme
statutarie che impegnano la Regione a realizzare le riforme economiche e sociali (articolo
35) idonee e necessarie per eliminare gli ostacoli che, limitando di fatto la libertà e
l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana (articolo
3, comma Il, Cost. e, più in particolare, a promuovere ed attuare una politica
agraria che consenta il raggiungimento di equi rapporti sociali nelle campagne,
assicurando livelli di reddito tali da garantire una esistenza libera e dignitosa
(articolo 56 lettera a); a promuovere iniziative e adottare programmi per
realizzare il diritto del cittadino all'abitazione e per assicurare alle campagne tutti i
servizi sociali (articoli 56. lettera h); operare per il superamento degli
squilibri nell'ambito della Regione stessa assumendo specifiche iniziative in favore delle
zone montane e di quelle particolarmente depresse (articolo 56, lettera 1); ad
assicurare, nell'ambito delle sue competenze, il diritto allo studio, mediante la
rimozione delle cause che ne limitano e ne impediscono l'effettivo esercizio (articolo 56,
lettera n); a promuovere l'adozione di piani intesi a realizzare un sistema di
sicurezza sociale al fine di conseguire una efficiente organizzazione per la tutela della
salute del cittadino (articolo 56 lettera s); ad operare, infine, per rimuovere
tutte le cause di carattere sociale economico e culturale che impediscono il pieno
inserimento della donna nelle attività produttive (articolo 56, lettera u).
Questa somma di
obiettivi da raggiungere, di largo respiro politico e sociale, prefigura - come si può
bene notare - un nuovo e diverso assetto della realtà calabrese, nelle sue varie e
peculiari componenti. Essa costituisce un programma di azione ambizioso. se si vuole. ma
razionale e coerente ed indica con chiarezza verso quali fini dovrebbe essere orientata la
spinta innovatrice della Regione. Di modo che quando - con il concorso dello Stato, per la
parte che gli compete, ma soprattutto con l'impegno e la ferma volontà dei calabresi -
tale programma sarà interamente realizzato, potrà allora affermarsi, con sicura
coscienza, che la Regione avrà risposto sino in fondo alle ferventi aspettative che la
sua creazione ha fatto legittimamente sorgere.
GLI ORGANI DELLA REGIONE
Gli obiettivi ed i fini
programmati nello Statuto abbisognano, per poter essere realizzati, di idonee strutture
organizzative, vale a dire di un apparato che potremmo definire, in senso lato, di
governo, al quale affidare il compito di predisporre gli strumenti opportuni e necessari
per trasformare un programma di azione in risultati concreti. E poiché questi strumenti
sono, essenzialmente, la legge e l'atto amministrativo, è agli organi cui spetta di
emanare l'una o l'altro che dobbiamo adesso rivolgere la nostra attenzione.
Occorre premettere, al
riguardo. che gli organi di cui si discute sono indicati nella Costituzione, il cui art.
121 dispone che "sono organi della Regione il Consiglio regionale, la Giunta e il suo
Presidente"; con la conseguenza che gli Statuti delle singole Regioni non possono né
sopprimere uno ditali organi né aggiungerne altri. La Costituzione, inoltre, determina
essa stessa le attribuzioni del Consiglio, della Giunta e del suo Presidente; demanda ad
una legge della Repubblica di stabilire il sistema di elezione, il numero ed i casi di
ineleggibilità e di incompatibilità dei consiglieri regionali; stabilisce
l'incompatibilità fra l'ufficio di consigliere regionale e quello di deputato o senatore
o di consigliere di altra Regione; dispone che il Consiglio elegge nel suo seno un
presidente ed un ufficio di presidenza per i propri lavori; concede ai consiglieri
regionali la prerogativa dell'insindacabilità per i voti dati e le opinioni espresse
nell'esercizio delle loro funzioni; prescrive che il Presidente ed i membri della Giunta
sono eletti dal Consiglio regionale tra i suoi componenti.
Tuttavia, pur sempre entro
le maglie delle inderogabili disposizioni costituzionali ora ricordate, rimane alle
singole Regioni un certo margine di autonomia organizzatoria, cosicché queste hanno
potuto inserire nei loro Statuti norme sia esecutive e sia integrative delle disposizioni
costituzionali per adeguarle alle proprie, particolari condizioni ed esigenze. La
Costituzione, cioè, ha predisposto uno schema organizzativo comune a tutte le Regioni,
articolato sui tre organi che formano l'apparato di governo, ma ha, al tempo stesso,
consentito che ciascuna Regione completasse questo schema mediante la previsione
statutaria di norme relative alla organizzazione ed alle attribuzioni delle fondamentali
strutture di governo, oltre che al modo di disciplinare i rapporti tra gli organi che le
compongono. Infatti, le disposizioni costituzionali che riguardano il Consiglio regionale,
la Giunta ed il suo Presidente si limitano a prevedere le funzioni essenziali ditali
organi, quelle cioè indefettibili, che essi devono necessariamente esercitare; ma, se nel
caso del Consiglio e del Presidente della Giunta tali funzioni appaiono insufficientemente
specificate, nel caso della Giunta, invece, la locuzione prescelta "La Giunta è
l'organo esecutivo delle Regioni" si presta per la sua genericità a più di una
interpretazione, cosicché è spettato agli Statuti determinare, anche in relazione ai
rapporti Giunta-Consiglio, quali siano le funzioni esecutive della Giunta.
V'è anche da osservare
che la previsione costituzionale degli organi regionali non esclude che la Regione, nel
suo Statuto o nelle sue leggi, istituisca altri organi, facenti parte dell'apparato di
governo oppure a questo estranei. Al riguardo ci si è chiesto se gliassessori regionali
siano organi esterni e, dunque, organi della Regione ovvero organi interni alla Giunta,
per cui unico organo esecutivo regionale, a livello di strutture centrali, resterebbe la
Giunta. Infatti, l'art. 122 Cost., nella parte in cui (ultimo comma) menziona i
"membri della Giunta", si presta all'una ed alla altra interpretazione. Va
subito detto, però, che lo Statuto della Calabria ha disposto (art. 17) che "la
Giunta opera collegialmente" e non ha, di conseguenza, attribuito alcuna competenza
esterna agli assessori. Gli assessori della Regione Calabria, pertanto, non sono da
annoverare tra gli organi regionali ma entrano soltanto a comporre, assieme al Presidente,
la Giunta regionale.
IL CONSIGLIERE REGIONALE
Il Consiglio regionale è
il massimo organo deliberativo-rappresentantivo della Regione ed è eletto dal corpo
elettorale regionale secondo un sistema che la Costituzione (art. 122, comma I) demanda ad
una legge della Repubblica di stabilire. Il sistema elettorale dei Consigli delle Regioni
di diritto comune è disciplinato dalla legge 17 febbraio 1968, n. 108, a norma della
quale "I consigli regionali delle regioni a Statuto normale sono eletti a suffragio
universale con voto diretto, libero e segreto, attribuito a liste di candidati concorrenti
"e". L'assegnazione dei seggi alle liste concorrenti è effettuata in ragione
proporzionale, mediante riparto nelle singole circoscrizioni e recupero dei voti residui
nel collegio unico regionale".
Sempre la Costituzione
(art. 122, comma III) dispone che il Consiglio elegge nel suo seno un Presidente ed un
ufficio di presidenza per i propri lavori e (art. 126) disciplina i casi e le modalità di
scioglimento dei Consigli.
Quanto al numero dei
consiglieri regionali, a norma dell'art. 2 della legge n. 108 del 1968 esso è determinato
in ragione della popolazione della Regione sulla base dell'ultimo censimento generale
della stessa (80 membri delle Regioni con più di 6 milioni di abitanti, 60 nelle Regioni
con più di 4 milioni di abitanti, ecc.) cosicché il Consiglio regionale della Calabria,
Regione la cui popolazione risultava essere nel censimento del 1971 superiore ad un
milione, ha oggi 40 consiglieri.
Il Consiglio regionale
dura in carica cinque anni, a decorrere dalla data della elezione (art. 3, legge n. 108
del 1968); non può essere sciolto secondo quanto dispone l'art. 126 quando compia atti
contrari alla Costituzione o gravi violazioni di legge, o non corrisponda all'invito del
Governo di sostituire la Giunta o il Presidente, che abbiano compiuto analoghi atti o
violazioni. Può essere altresì sciolto quando. per dimissioni o per impossibilità di
formare una maggioranza. non sia in grado di funzionare O per ragioni di sicurezza
nazionale. Lo scioglimento è disposto con decreto motivato dal Presidente della
Repubblica. sentita la Commissione parlamentare per le questioni regionali. Col decreto di
scioglimento è nominata una Commissione di tre cittadini eleggibili al Consiglio
regionale, che indice le elezioni entro tre mesi e provvede all'ordinaria amministrazione
di competenza della Giunta ed agli atti improrogabili. da sottoporre alla ratifica del
nuovo Consiglio.
Come si può notare. la
Costituzione e le leggi della Repubblica alle quali essa rinvia, dettando norme sul
sistema di elezione. sul Presidente e sull'Ufficio di Presidenza e sui casi e sulle
modalità di scioglimento del Consiglio. hanno voluto assicurare, in queste materie, una
disciplina uniforme per tutti i Consigli delle Regioni di diritto comune ma. al tempo
stesso e di conseguenza. hanno ristretto i margini di intervento degli Statuti regionali.
Gli Statuti. infatti. si limitano a porre alcune norme sulla organizzazione interna dei
Consigli. materia questa che. peraltro, non poteva essere regolata nella Costituzione o
nelle leggi della Repubblica senza violare l'autonomia delle singole Regioni.
Al riguardo, lo Statuto
della Calabria dispone in ordine alla Convocazione del Consiglio (art. 5) e ed alla sua
prima adunanza (art. 6), alla elezione del Presidente e dell'ufficio di presidenza (art.
7) ed alle loro competenze (articolo 13). ai gruppi ed alle Commissioni consiliari (artt.
12 e 14). al regolamento del Consiglio ed all'autonomia funzionale. organizzativa e
contabile dello stesso (art.11).
L'Ufficio di presidenza
risulta costituito dal Presidente, da due vice presidenti e da due segretari, che durano
in carica 30 mesi. e sono rieleggibili. Il presidente e l'ufficio di presidenza
garantiscono e tutelano le prerogative ed i diritti dei Consiglieri; assicurano il
rispetto dei diritti delle minoranze; mantengono i rapporti con i capi gruppo consiliari.
I gruppi consiliari sono
costituiti dai consiglieri i quali come meglio specifica il regolamento del Consiglio -
devono. entro cinque giorni dalla prima seduta dopo le elezioni, dichiarare per iscritto
all'Ufficio di presidenza a quale gruppo consiliare intendono appartenere. I gruppi sono
composti da uno o più membri.
A loro volta. le
commissioni consiliari sono soltanto previste nello Statuto che rinvia al regolamento
consiliare per la loro istituzione e composizione. Detto regolamento dispone che, subito
dopo la propria costituzione. ciascun gruppo consiliare procede alla designazione dei
propri rappresentanti nelle commissioni permanenti, ripartendoli in numero eguale nelle
quattro commissioni (Politica istituzionale. bilancio e programmazione. Politica
economica, Politica sociale) da esso istituite e che il Presidente del Consiglio
ripartisce tra le diverse commissioni. su indicazione dei gruppi. i consiglieri che non
risultano designati dopo tale ripartizione e quelli che appartengono a gruppi la cui
consistenza numerica è inferiore al numero delle commissioni. in modo che ciascuno di
essi abbia almeno un rappresentante in ciascuna Commissione. lì regolamento. che il
Consiglio a norma di Statuto - deve approvare a maggioranza assoluta dei suoi componenti.
contiene una serie di disposizioni normative dirette a disciplinare la procedura per lo
svolgimento delle funzioni consiliari. l'organizzazione interna del Consiglio. i rapporti
di quest'organo con la Giunta e con gli estranei che vengono ammessi nei locali del
Consiglio sia per assistere alle sedute, sia per accedere negli uffici o per collaborare
con il Consiglio nell'esercizio di alcune sue funzioni. L'autonomia funzionale.
organizzativa e contabile (quest'ultima. peraltro. riconosciuta a tutti i Consigli delle
Regioni a Statuto ordinaria dall'art. 4 della legge 6 dicembre ~73, n. 853). infine,
costituisce una diretta conseguenza della più generale posizione di autonomia della
Regione e pone il Consiglio regionale nella condizione di esercitare le sue funzioni senza
alcun vincolo o controllo esterno (tranne. ovviamente, quelli costituzionalmente previsti)
I CON5IGLIERI REGIONALI
Dopo avere esaminato la
struttura e la posizione giuridica del Consiglio regionale dobbiamo adesso occuparci dei
componenti questo organo, i consiglieri. Va subito detto, al riguardo. che alcune norme
relative ai consiglieri regionali sono contenute nella Costituzione ed in leggi della
Repubblica. Già si è detto, del resto. che l'articolo 122 comma I, della Costituzione.
demanda ad una legge della Repubblica di stabilire il sistema di elezione, il numero ed i
casi di ineleggibilità e di incompatibilità dei consiglieri regionali e che la legge n.
108 del 1968 ha disposto che l'elezione avvenga secondo il sistema proporzionale. La
stessa legge ha poi stabilito i casi di ineleggibilità e di incompatibilità. Quanto ai
primi. sono ineleggibili a consigliere regionale. tra gli altri. i ministri ed i
sottosegretari di Stato, i giudici ordinari della Corte costituzionale ed i membri del
Consiglio superiore della magistratura, il Capo della polizia. i commissari del Governo ed
i prefetti, gli ufficiali delle forze armate in servizio permanente, i segretari generali
delle amministrazioni provinciali, coloro che ricevono uno stipendio o salario dalla
Regione, i titolari ed amministratori di imprese private che risultano vincolati con la
Regione per contratti di opere o di somministrazione. Le ragioni ditali cause
ineleggibilità (e delle altre che per brevità si omette di citare) vanno rinvenute
nell'opportunità politica di evitare qualsiasi interferenza nello svolgimento delle
elezioni da parte di chi ricopre determinati uffici od è in rapporti di affari con la
Regione, in modo da assicurare anche la massima indipendenza degli eletti nello
svolgimento del loro mandato.
Quanto ai casi di
incompatibilità. la legge sopra citata dispone che l'ufficio di consigliere regionale è
incompatibile con quell9 di membro di una delle Camere o di altro Consiglio regionale
(secondo quanto già disposto dall'articolo 122 Cost.), del Consiglio nazionale della
economia e del lavoro. di presidente e di assessore di Giunta provinciale e di sindaco o
di assessore dei Comuni compresi nella Regione nonché di amministratore di un ente
pubblico o di una azienda pubblica, finanziata anche soltanto in parte dallo Stato.
dipendente dalla Regione. Anche in questi casi. ragioni di Opportunità politica hanno
consigliato che chi ricopre un determinato ufficio e viene eletto consigliere regionale
non eserciti contemporaneamente le due funzioni, di modo che l'eletto deve optare tra
l'uno e l'altro ufficio.
Ai consiglieri regionali
è attribuito un determinato status a norma della Costituzione e dei singoli
Statuti. La Costituzione dispone al riguardo (articolo 122, comma IV) che i consiglieri
regionali non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati
nell'esercizio (l'articolo 8. comma I, dello Statuto della Calabria aggiunge "ed a
causa") delle loro funzioni. e ciò si spiega ove si pensi alla natura delle funzioni
consiliari ed alla necessità che esse vengano esercitate al riparo da ogni interferenza
esterna e da ogni indebita pressione. I Consiglieri regionali non godono, invece, della c.
d. "immunità penale" prevista dalla Costituzione soltanto nei confronti dei
parlamentari (e consistente nella necessità di richiedere alla Camera alla quale essi
appartengono, e di ottenere, una apposita autorizzazione per poter procedere a limitazioni
della loro libertà personale e domiciliare o proseguire un giudizio penale nei loro
confronti) e non estensibile, in quanto istituto eccezionale, anche ai membri del
Consiglio. Fondamento costituzionale - anche se implicito - sembra avere, al contrario, il
divieto di mandato imperativo, applicabile all'esercizio delle funzioni consiliari, data
la natura politica dell'organo. rappresentativo dell'intera comunità regionale.
L'articolo 1 della legge n. 108 del 1908 ha, in Ogni modo. disposto che i consiglieri
rappresentano l'intera Regione senza vincolo di mandato (e la medesima formula è
riprodotta nell'articolo 8. comma I. dello Statuto della Calabria).
Alle norme sopra
ricordate, valevoli per i consiglieri di tutte le Regioni di diritto comune, vanno
aggiunte, per quel che a noi più interessa, quelle contenute nello Statuto della
Calabria, il quale (all'articolo 8) attribuisce ai Consiglieri determinati
"diritti", ed in particolare: il diritto di interrogazione, di interpellanza e
di mozione ed il diritto di ottenere copia dei provvedimenti della Regione, degli enti e
delle aziende da essa dipendenti, e di conoscere i relativi atti preparatori, nonché ogni
altro atto del loro ufficio. Ditali "diritti" può soltanto dirsi, in questa
sede, che essi hanno per oggetto gli strumenti di controllo o di controllo-informazione
(interrogazioni ed interpellanze) e di indirizzo (mozioni) e dei quali si avvalgono, nelle
forme di governo parlamentare, gli eletti per controllare l'attività del potere esecutivo
(Governo. Giunta ed organi da essi dipendenti) e per avere, al fine di potere esercitare
il controllo, notizie su tale attività. E, se mai, la novità (prevista, peraltro, anche
in altri Statuti regionali) è costituita dal "diritto" dei consiglieri di
ottenere - sempre al fine di potere esercitare la loro funzione di controllo copia dei
provvedimenti di cui si è detto e di conoscere i relativi atti preparatori.
"Diritto", questo, che, nella forma di governo delineata negli Statuti per le
Regioni di diritto comune, si ricollega strettamente al ruolo svolto dal Consiglio
regionale in quanto organo che - come meglio si dirà in seguito - ha avuto attribuito un
preminente potere di indirizzo politico.
L'articolo 9 dello
Statuto, infine, dispone che ai consiglieri regionali sono attribuiti, con legge
regionale, il rimborso delle spese ed indennità, il cui ammontare è determinato in
relazione alle funzioni ed alle attività svolte in Consiglio. La misura del rimborso
delle spese e delle indennità spettanti ai consiglieri regionali è stata determinata
dalle leggi regionali 10 novembre 1972, n. 6, 29 aprile 1975, n. 14,10 settembre 1978, n.
15 e 10 settembre 1978, n. 17. In particolare, ai consiglieri regionali viene corrisposta,
a titolo di funzione, una somma mensile lorda, per dodici mensilità annuali, pari ad una
percentuale della indennità mensile lorda spettante ai membri del Parlamento nazionale.
nella seguente misura:
a) 100/100 al Presidente
del Consiglio;
b) 80/100 ai vice
presidenti del Consiglio ed al Presidente della Commissione per il piano di sviluppo
regionale;
c) 70/100 ai
segretari del Consiglio ed ai Presidenti defle Commissioni consiliari e del Collegio dei
revisori dei conti;
d) 65/100 ai vice
presidenti delle Commissioni consiliari;
e) 63/100 ai
segretari delle Commissioni consiliari;
f> 60/100 ai
consiglieri regionali.
La Regione Calabria.
inoltre, ha istituito, con la legge 15 dicembre 1972, n. 8 (e successive modificazioni).
"un Fondo di previdenza dei consiglieri cessati dal mandato" per il pagamento di
assegni vitalizi mensili ai consiglieri cessati dal mandato e che si trovino in
determinate condizioni (compimento del 60 anno di età ed esercizio del mandato per un
periodo di almeno 5 anni, inabilità al lavoro permanente, ecc.).
LA GIUNTA REGIONALE
Secondo quanto dispone
l'articolo 17 dello Statuto della Calabria, la Giunta regionale è composta dal Presidente
e da un numero di assessori non inferiori ad otto e non superiore a dodici. Sempre secondo
lo Statuto (articolo 18), che in ciò dà attuazione all'articolo 122, comma V. Cost., il
Presidente ed i membri della Giunta sono eletti dal Consiglio, e (aggiunge lo Statuto) con
votazione palese. La elezione avverrà invece a scrutinio segreto (articolo 18, comma V)
allorché ciò sia richiesto e approvato. per alzata e seduta, dalla maggioranza dei
consiglieri assegnati e la richiesta sia approvata prima dell'inizio delle votazioni.
Come si può notare, né
la Costituzione né lo Statuto determinano il numero degli assessori, quest'ultimo
limitandosi a stabilire un numero massimo ed un numero minimo (ed è qui da osservare che
- tra gli Statuti ordinari - soltanto quelli dell'Abruzzo, della Basilicata, della Puglia
e dell'Umbria prevedono un numero fisso dassessori), cosicché il Consiglio può,
entro i limiti indicati dallo Statuto, adeguare volta per volta il numero degli assessori
alle effettive esigenze dell'amministrazione regionale. E facile intendere che, in tal
modo, viene accentuato il potere del Consiglio rispetto alla Giunta, spettando al
Consiglio di valutare di quanti assessori abbia bisogno l'esecutivo regionale per
assicurare il buon andamento dell'amministrazione.
Principio comune a tutte
le Giunte delle Regioni a Statuto ordinario è che la Giunta esercita le sue funzioni
collegialmente e dunque - come si è già avuto modo di notare - che gli assessori non
sono organi della Regione. Tuttavia la Giunta della Regione Calabria, a norma
dell'articolo 17 dello Statuto, si organizza al suo interno in dipartimenti per settori
omogenei e ciò a cura del suo Presidente nel momento in cui ripartisce tra i suoi
componenti gli incarichi.
La creazione dei
dipartimenti per settori omogenei (previsti espressamente, tra le altre Regioni, soltanto
in Abruzzo) costituisce un apprezzabile modello organizzativo poiché consente un, più
organico e razionale svolgimento dell'attività amministrativa. E da dire, però, che
anche gli Statuti di altre Regioni (in particolare Basilicata, Lazio, Liguria, Marche,
Molise, Piemonte) prevedono che le funzioni della Giunta vengano ordinate organicamente
per gruppi o settori di materie, secondo una tendenza che, peraltro, va ormai
affermandosi, e sia pure lentamente, anche nell'amministrazione centrale dello Stato.
Attualmente, la Giunta regionale della Calabria, a norma degli articoli i e 2 della legge
regionale 2 maggio 1978, n. 3, è strutturata nei seguenti dipartimenti: Assetto ed
utilizzazione del territorio; Sviluppo economico; Servizi sociali. Il dipartimento, per i
settori di propria competenza, assolve compiti che attengono alla elaborazione dei piani,
dei programmi e delle iniziative legislative, formula le proposte per gli atti
deliberativi, svolge inoltre tutta una serie di attività inerenti alla programmazione
regionale; cura, infine, tutti gli atti necessari per l'esecuzione ed il coordinamento,
nella fase attuativa, dei programmi approvati dagli organi regionali.
L'elezione del Presidente
e dei membri della Giunta è una operazione complessa che consta di due momenti.
L'articolo 18 dello Statuto dispone, infatti, che l'elezione è preceduta: a) da un
dibattito politico; b) dalla determinazione del numero degli assessori da eleggere
con votazione palese ed a maggioranza dei consiglieri assegnati alla Regione; C) dalla
presentazione da parte di uno o più gruppi consiliari di proposte politico-programmatiche
accompagnate dalla indicazione dei candidati alla Presidenza ed alla Giunta.
Successivamente, con
l'intervento di almeno i due terzi dei consiglieri assegnati alla Regione ed a maggioranza
assoluta dei voti. si procede alla elezione, per appello nominale, del Presidente della
Giunta e con votazione separata, sempre per appello nominale, alla
elezione dei singoli
componenti la Giunta. Qualora non si raggiunga la presenza dei due terzi dei consiglieri
in carica o non si consegua la maggioranza assoluta dei voti, la votazione viene rinviata
ad una successiva seduta, da tenersi entro otto giorni. nella quale si procede- sempre per
appello nominale - alla votazione di cui sopra. purché sia presente la metà più uno dei
consiglieri in carica. Qualora anche in tali ulteriori votazioni non si raggiunga la
maggioranza assoluta dei voti. si procede a votazioni di ballottaggio. Vengono proclamati
eletti coloro che hanno ottenuto il maggior numero di voti ed. a parità di voti, il più
anziano di età. Come si può notare, il Presidente della Giunta e gli assessori vengono
eletti con votazioni separate, per appello nominale ed a maggioranza assoluta dei voti,
tranne che - qualora anche nella seconda votazione non si raggiunga tale maggioranza - non
si renda necessario ricorrere a votazioni di ballottaggio. in modo da assicurare comunque
l'elezione della Giunta e da evitare lo scioglimento del Consiglio, a norma dell'articolo
126 Cost. Ma qui importa mettere in rilievo anche la fase antecedente alla elezione
(comune a tutte le Regioni di diritto comune), nel corso della quale si svolge un
dibattito politico. si determina il numero degli assessori da eleggere ed i gruppi
consiliari presentano le proposte politico-programmatiche accompagnate dalla indicazione
dei candidati alla presidenza ed alla Giunta. Lo svolgimento di tale fase sottolinea,
infatti, che in tanto il Consiglio elegge la Giunta in quanto ha preventivamente approvato
le proposte politico-programmatiche presentate dai gruppi consiliari di maggioranza e
strettamente collegate ai nomi del Presidente e degli assessori, che a tali proposte
saranno chiamati a dare attuazione. Pertanto. la fiducia dell'assemblea elettiva nei
confronti dell'organo esecutivo precede - nelle Regioni di diritto comune - la formazione
dell'esecutivo, e non la segue, come invece avviene nel rapporto Parlamento-Governo e si
esprime non con l'approvazione di una apposita mozione bensì con l'elezione stessa della
Giunta, elezione di cui la precedente approvazione delle proposte politico-programmatiche
costituisce un elemento condizionante ed integrante.
La Giunta e il suo
Presidente rimangono in carica sino alla elezione del nuovo Presidente e della nuova
Giunta (articolo 19 Statuto). Tuttavia il Presidente e la Giunta cessano dalla carica in
seguito a proposta di revoca approvata a maggioranza dei consiglieri assegnati alla
Regione. La proposta di revoca deve essere motivata e sottoscritta da almeno un quinto dei
consiglieri assegnati alla Regione e deve essere posta in discussione entro trenta giorni
dalla presentazione. La revoca può riguardare non l'intera Giunta ma solo uno o alcuni
dei suoi componenti (articolo 20 Statuto). Altre cause di cessazione della Giunta o del
suo Presidente possono essere date dalle dimissioni volontarie (che hanno effetto solo
dopo che il Consiglio ne ha preso atto) (articolo 19 Statuto) e della riduzione della
Giunta ad almeno la metà dei suoi componenti (articolo 24 Statuto). Come si deduce dallo
Statuto (articolo 21 e 22), le dimissioni o la cessazione dalla carica, per qualsiasi
causa. del Presidente della Giunta non determinano la cessazione dalla carica dell'intera
Giunta. In tale ipotesi, infatti, le funzioni del Presidente della Giunta sono
temporaneamente esercitate dal Vice Presidente, limitatamente agli affari di ordinaria
amministrazione.
Dopo la scadenza del
Consiglio, l'approvazione della proposta di revoca od il voto del Consiglio sulle
dimissioni, la Giunta ed il suo Presidente provvedono solo agli affari di ordinaria
amministrazione sino alla elezione del nuovo Presidente e della nuova Giunta (articolo 19
Statuto).
IL PRESIDENTE DELLA GIUNTA
E GLI ASSESSORI
L'articolo 17 dello
Statuto dispone che la Giunta opera collegialmente. Tuttavia, lo stesso Statuto riserva al
Presidente della Giunta alcune specifiche attribuzioni. Iniziando dall'esame delle
attribuzioni riferibili a tale organo quale Presidente dell'organo collegiale Giunta
regionale avremo che il Presidente: a) ripartisce tra i componenti la Giunta gli
incarichi, raggruppandoli in dipartimenti per settori omogenei (articolo 17); b) trasmette
al Presidente del Consiglio regionale le dimissioni dei singoli assessori (articolo 21); c)
informa il Presidente del Consiglio regionale della cessazione dalla carica di un
assessore (articolo 23); d) convoca e presiede la Giunta regionale, ne fissa
l'ordine del giorno e ne dirige e coordina l'attività (articolo 29 lettera d); e) presenta
al Consiglio il bilancio ed il conto consuntivo predisposti dalla Giunta (articolo 29,
lettera h).
Dal complesso di tali
attribuzioni risulta che lo Statuto, pur affermando il principio della collegialità,
assegna al Presidente della Giunta una posizione di preminenza nei confronti degli altri
componenti la Giunta, allorché dispone sia che, in caso di parità di voti nelle
deliberazioni della Giunta (che devono essere assunte con l'intervento della maggioranza
dei componenti in carica ed a maggioranza di voti) prevale il voto del Presidente
(articolo 25) e sia che - come si è già detto - spetta al presidente di ripartire tra i
componenti la Giunta gli incarichi. raggruppandoli in dipartimenti per settori omogenei
(articolo 17, comma 1). D'altra parte. bisogna pure osservare che la preminenza del
Presidente, concretamente verificabile nei due casi sopra esaminati, non può essere
estesa sino a coinvolgere l'intera sua posizione giuridica, che resta quella di un
primus inter pares, proprio. in generale. dei presidenti degli organi collegiali. A
conferma ditale assunto sta la mancanza nello Statuto calabrese (a differenza che in altri
Statuti) di alcuna disposizione che imponga le dimissioni dell'intera Giunta nel caso di
dimissioni (o. comunque. di cessazione dalla carica) del Presidente, come anche
chiaramente si deduce, peraltro, dall'espressa previsione (contenuta nell'articolo 22)
che, in caso di cessazione, per qualsiasi causa. dalla carica del Presidente della Giunta.
le relative funzioni sono temporaneamente esercitate dal vice Presidente, limitatamente
agli affari di ordinaria amministrazione.
Per un'altra serie di
attribuzioni. invece, il Presidente della Giunta assume la posizione di capo dell'ente
Regione ed, in tale veste. rappresenta la Regione all'esterno. come peraltro è detto
nello stesso Statuto, all'articolo 29. lettera a). Spetta infatti al Presidente
della Giunta di promulgare le leggi ed i regolamenti regionali e di indire i referendum
previsti dallo Statuto (articolo 29 lettera b); di sottoscrivere gli atti della
Regione (articolo 29 lettera e); di rappresentare in giudizio la regione e di
promuovere davanti all'autorità giudiziaria le azioni cautelari e possessorie,
riferendone alla Giunta nella prima adunanza (articolo 29 lettera g). Altre attribuzioni,
inerenti alla sua posizione di capo dell'ente Regione, vengono conferite al Presidente
della Costituzione e dalle leggi dello Stato. Ad esempio. è il Presidente della Giunta a
promuovere, previa deliberazione della Giunta regionale. la questione di legittimità
innanzi alla Corte costituzionale nei confronti di una legge o di un atto avente forza di
legge dello Stato (articolo 2, comma 1. legge Cost. 9 febbraio 1948, n. 1 e 32, comma Il,
legge Il marzo 1953. n. 87) o della legge di un'altra Regione (articolo 2, comma lì.
legge Cost. n. 1 del 1948 e 33, comma Il. legge n. 87 del 1953) che la Regione ritenga
abbiano invaso la sfera di competenza ad essa assegnata dalla Costituzione o da leggi
costituzionali; ed è ancora il Presidente della Giunta, in seguito a deliberazione della
Giunta stessa, a proporre ricorso innanzi alla Corte costituzionale qualora la Regione
ritenga che un atto non legislativo dello Stato abbia invaso la sfera di competenza ad
essa assegnata dalla Costituzione (articolo 39, comma I, legge n. 87 del 1953). Inoltre, i
Presidenti delle Giunte regionali sono chiamati a partecipare alle riunioni del Comitato
interministeriale per la programmazione economica quando vengano trattati problemi che
interessino le rispettive Regioni (articolo 16, comma IX. legge 27 febbraio 1967. n. 48)
ed i Presidenti delle Giunte delle Regioni meridionali entrano a comporre il comitato dei
rappresentanti delle Regioni meridionali al quale l'articolo 9 della legge 6 marzo 1978.
n. 218, attribuisce funzioni consultive in ordine alla determinazione delle linee
direttive dell'intervento straordinario nel Mezzogiorno.
In una sua terza veste.
quella di capo dell'amministrazione regionale, il Presidente della Giunta della Calabria
sovraintende agli uffici ed ai servizi regionali anche a mezzo dei membri della Giunta,
limitatamente al ramo di amministrazione al quale ciascuno è preposto (articolo 29
lettera f dello Statuto. È qui da notare che, a norma dell'articolo 27, lettera I
dello Statuto, è invece la Giunta a sovraintendere, in esecuzione degli indirizzi e
delle direttive determinate dal Consiglio regionale, alla gestione dei servizi pubblici
regionali e degli enti, imprese, ed aziende dipendenti dalla Regione od a partecipazione
regionale. Spetta infine al Presidente della Giunta - quale organo della Regione - di
dirigere le funzioni amministrative delegate dallo Stato alla Regione, conformandosi alle
istruzioni del Governo centrale (articolo ~1, comma IV. Cost.), mentre altre attribuzioni
sono conferite al Presidente o da leggi dello Stato (v., ad esempio, articoli Il legge n.
805 del 1971; 14 legge n 10 del 1977; 3 D.P.R. n. 8 del 1972; 106, comma I, D.P.R. n. 616
del 1977; 14 D.P.R. n. 616 del 1977) o, per quanto riguarda più specificamente il
Presidente della Giunta della Calabria, da leggi della Regione (v., ad esempio. articoli
26 legge regionale n. 31 del 1975; n. 57 e 59 legge regionale n. 9 del 1975; 8 legge
regionale n. 2 del 1975; 7 legge regionale o. 31 del 1975; ecc.).
Per quel che riguarda.
poi. gli assessori regionali, è qui da confermare che essi non sono organi esterni della
Regione e che, nel pieno rispetto del principio di collegialità che deve presiedere
all'attività della Giunta, lo Statuto della Calabria (a differenza di altri Statuti) non
ha previsto il sistema delle deleghe di funzioni ai singoli assessori da parte del
Presidente della Giunta (anche se - nonostante il silenzio degli Statuti in materia - tali
deleghe sono state, in alcune Regioni, ritenute ammissibili, purché vengano conferite con
legge). Gli assessori, pertanto. non sono organi esterni della Regione e la loro attività
è soltanto istruttoria o preparatoria delle deliberazioni collegialmente assunte dalla
Giunta. Siffatta posizione degli assessori, del resto, è stata confermata dall'articolo 5
della legge regionale 2 maggio 1978, n. 3. a norma del quale gli assessori di ciascun
dipartimento sono collegialmente responsabili del funzionamento e della direzione del
dipartimento e sottopongono unitariamente alla Giunta regionale le singole proposte e gli
atti deliberativi, oltre che da alcune decisioni del T.A.R. della Calabria.
Infine, le indennità che
l'articolo 26 dello Statuto prevede a favore del Presidente della Giunta e degli assessori
sono state stabilite dalla legge regionale 10 novembre 1972, n. 6 (e successive
modifiche> nella seguente misura: 100/100 della indennità mensile lorda spettante ai
membri del Parlamento nazionale al Presidente della Giunta; 80/100 della stessa indennità
agli assessori.
I RAPPORTI TRA IL CONSIGLIO
E LA GIUNTA
Il modo in cui vengono
disciplinati i rapporti tra il Consiglio e la Giunta vale a configurare quello che si
definisce la (<forma di governo regionale>.
Si deve qui primieramente
ricordare, a questo riguardo, che come si è già avuto modo di osservare - in seguito
alla elezione della Giunta da parte del Consiglio si instaura tra i due organi un rapporto
fiduciario. Ciò implica una responsabilità politica della Giunta e dei suoi singoli
componenti nei confronti del Consiglio, responsabilità che quest'organo, nel caso in cui
ritenga che l'attività della Giunta o dei singoli assessori non risponda all'indirizzo
politico da esso deliberato, può far valere con l'approvazione di una mozione di revoca
(espressamente denominata "mozione di sfiducia" negli Statuti del Piemonte,
della Liguria e del Molise>, provocando in tal modo l'immediata decadenza della Giunta
o degli assessori dall'ufficio.
L'organizzazione delle
Regioni di diritto comune (così come essa risulta delineata negli Statuti) ha accentuato,
peraltro facendo leva sull'articolo 121, comma III Cost. (a norma del quale la Giunta è
l'organo esecutivo delle Regioni>. i poteri di indirizzo politico-amministrativo del
Consiglio, attribuendo alla Giunta, prevalentemente, funzioni esecutive della volontà
consiliare. Di fatto è però avvenuto che l'organizzazione costituzionale delle Regioni
(o, almeno, della gran parte di esse) si sia modellata in modo da consentire il recupero
da parte della Giunta, nei confronti del Consiglio. del potere di indirizzo
politico-amministrativo, recupero favorito anche dalla propensione del Governo (confortato
da alcune disposizioni legislative) di "trattare "direttamente con la Giunta con
il suo Presidente e dalla maggiore omogeneità politica della Giunta stessa. Le stesse
norme statutarie non escludono, ad Ogni modo, che l'attività di direzione politica venga
svolta dal raccordo Consiglio-Giunta o, in altre parole, che anche la Giunta eserciti
poteri di indirizzo. Già il modo di formazione dell'organo (che vede l'elezione preceduta
da un dibattito politico e dalla approvazione di un documento programmatico) presuppone il
costituirsi di una maggioranza di governo di cui la Giunta è l'espressione. Inoltre, i
poteri della Giunta sono non solo di mera esecuzione ma anche di promozione e di
iniziativa. Basti pensare, a questo riguardo, al potere di iniziativa delle leggi e dei
regolamenti regionali (attribuito alla Giunta della Calabria degli articoli 31 e 38 dello
Statuto), al potere di iniziativa dei provvedimenti amministrativi di competenza del
Consiglio (articolo 38 dello Statuto della Calabria), al potere di predisporre il bilancio
preventivo ed il conto consuntivo e di deliberare sui ricorsi per illegittimità
costituzionale e per conflitti di attuazione presso la Corte Costituzionale (articolo 27,
lettere C e E dello Statuto della Calabria). Occorre comunque osservare che lo Statuto
della Calabria - a differenza di altri Statuti ordinari -prevede uno stretto collegamento
tra l'attività della Giunta e quella del Consiglio laddove, ad esempio, richiede che la
predisposizione del piano regionale di sviluppo economico, del piano urbanistico, del
piano di difesa del suolo e degli altri piani regionali da parte della Giunta avvenga
sulla base degli indirizzi e delle scelte fissati dal Consiglio (articolo 27, lettera h)
o dispone che la Giunta sovrintende alla gestione dei servizi pubblici regionali e
degli enti, imprese ed aziende dipendenti dalla Regione od a partecipazione regionale, in
esecuzione degli indirizzi e delle direttive determinati dal Consiglio (articolo 27,
lettera i).
Inoltre, pur rendendo la
Giunta compartecipe, in certa misura, dell'attività di indirizzo pubblico, gli Statuti
(ed i regolamenti consiliari) hanno reso più incisivi i poteri di indirizzo, di controllo
e di informazione del Consiglio (poteri che, nelle forme di governo parlamentari, sono
propri delle assemblee rappresentative nei confronti dell'esecutivo), alcuni dei quali
sono stati direttamente attribuiti in capo sia ai singoli consiglieri sia alle
commissioni. Si vedano a questo riguardo, per la Regione Calabria, gli articoli 8, II e
III comma (che attribuisce ai consiglieri il diritto di interrogazione, interpellanza e
mozione ed il diritto di ottenere copie dei provvedimenti della Regione, degli enti e
delle aziende da essa dipendenti e di conoscere i relativi atti preparatori, nonché ogni
altro loro atto di ufficio) e 14, VII, VIII, IX, e XI comma, dello Statuto (che
attribuisce alle commissioni consiliari sia rilevanti poteri di informazione e di
controllo sull'attività dell'amministrazione regionale, sino a disporre che ad esse, nel
caso in cui in seduta non pubblica chiedano l'esibizione di atti e di documenti, non può
essere opposto il segreto di ufficio, sia il potere di inchiesta>.
Siffatti poteri sono poi
meglio specificati e disciplinati negli articoli 92 e seguenti del regolamento consiliare.
Gli aspetti del rapporto
Giunta-Consiglio ora esaminati inducono a definire la forma di governo regionale come
parlamentare a tendenza assembleare, che si caratterizza per il maggior peso politico e
dell'organo rappresentativo (Parlamento, Consiglio). rispetto all'organo esecutivo
(Governo, Giunta). Con un correttivo. però, che è dato dai principi della
programmazione, vista come metodo dell'azione regionale, e della partecipazione di base
alle scelte politiche, ambedue presenti nello Statuto della Calabria (v. rispettivamente,
gli articoli 55 e 39 e seguenti). Di modo che l'attività di governo della Regione non è
(o non dovrebbe essere> determinata esclusivamente a livello di apparato autoritario
(Consiglio, Giunta, uffici amministrativi) ma dovrebbe coinvolgere l'intera comunità
regionale, dalla cui partecipazione alle scelte politico-economiche il Consiglio dovrebbe
trarre una effettiva rappresentatività e vedere, di conseguenza, ad un tempo ristretto il
suo spazio politico di organo di vertice ed ampliato quello di organo in diretto e
continuo collegamento con le istanze comunitarie.
La formula di
"governo aperto" adottata dagli Statuti, in sé originale, attende, ad ogni
modo, ancora oggi conferma dalla prassi.
Determinante appare. a
questo riguardo, il ruolo dei partiti politici, sia perché essi dovrebbero darsi, su basi
regionali, strutture maggiormente autonome rispetto agli organi direttivi centrali, senza
di che l'autonomia politica delle Regioni sarebbe - come di fatto è notevolmente
limitata; e sia perché essi, in una democrazia pluralista, dovrebbero accettare la nuova
forma di partecipazione alla determinazione dell'indirizzo politico-amministrativo
regionale che- secondo le indicazioni della maggior parte degli Statuti - affianca loro
altre formazioni sociali quali (a norma di quanto disposto negli articoli 39 e 40 dello
Statuto della Calabria) gli enti locali i sindacati dei lavoratori dipendenti ed autonomi.
il movimento cooperativo, le altre categorie produttive, le organizzazioni studentesche,
le rappresentanze delle comunità degli emigrati all'estero od in altre Regioni del Paese,
gli enti comprensoriali e, più in generale, le organizzazioni e formazioni sociali,
culturali e professionali. Di modo che solo quando saranno eliminate tutte le controspinte
che tendono a ricondurre e ad esaurire la direzione politica regionale nell'ambito del
rapporto Consiglio-Giunta (e sia pure non restringendolo alla pura dialettica
maggioranza-opposizione), la forma di governo delle Regioni acquisterà i suoi effettivi e
più veri connotati.
IL POTERE LEGSLATIVO
Nel nostro ordinamento
costituzionale le Regioni hanno avuto attribuito - come conseguenza del decentramento su
base regionale dello Stato e dell'ampia autonomia politica ad esse riconosciuta - il
potere di emanare leggi, in ciò nettamente distinguendosi degli altri minori enti
territoriali, Province e Comuni.
Le Regioni a Statuto
ordinario, sempre a norma della Costituzione (articolo 117), posson9 emanare "norme
legislative", nei limiti dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato,
per ciascuna delle materie enumerate nell'articolo stesso, purché tali norme non siano in
contrasto con l'interesse nazionale e con quello di altre Regioni (la c.d. potestà
legislativa ripartita o concorrente); inoltre, le leggi della Repubblica possono demandare
alle Regioni il potere di emanare norme per la loro attuazione (la c.d. potestà
legislativa attuativa).
Un terzo tipo di potestà
legislativa (c.d. piena, primaria o esclusiva) è stato attribuito alle Regioni ed
autonomia differenziata (che godono, a norma dell'articolo 116 della Costituzione, di
"forme e condizioni particolari di autonomia") dai rispettivi Statuti.
Le materie nelle quali la
Regione può esercitare la potestà legislativa ripartita sono: ordinamento degli uffici e
degli enti amministrativi dipendenti dalla Regione; circoscrizioni comunali; polizia
locale urbana e rurale; fiere e mercati; beneficenza pubblica ed assistenza sanitaria e
ospedaliera; istruzione artigiana e professionale ed assistenza scolastica; musei e
biblioteche di enti locali; urbanistica; turismo ed industria alberghiera; tranvie e linee
automobilistiche di interesse regionale; viabilità, acquedotti e lavori pubblici di
interesse regionale; navigazione e porti lacuali; acque minerali e termali; cave e
torbiere; caccia; pesca nelle acque interne; agricoltura e foreste; artigianato.
In tale materie spetta
allo Stato di stabilire con sue leggi (le c.d. "leggi cornice") i principi
fondamentali, ed alla Regione, nei limiti di detti principi, di svolgere i principi
stessi, adattando la sua legislazione alle condizioni particolari ed agli interessi propri
della Regione medesima. E qui da rilevare che sinora lo Stato ha emanato le leggi cornice
soltanto in alcune materie o in alcuni settori di materia, per cui le Regioni possono
legiferare desumendo esse stesse i principi fondamentali dalle leggi dello Stato vigenti
nelle singole materie (come, peraltro, dispone l'articolo 17, comma IV, della legge 16
maggio 1970, n. 281).
Venendo adesso all'esame
dello Statuto della Calabria, occorre osservare, in primo luogo, che esso (al pari degli
altri Statuti ordinari) si limita a disciplinare il procedimento di formazione delle leggi
regionali, di cui la Costituzione non si occupa; ne deriva che la potestà legislativa
delle Regioni di diritto comune trova la sua disciplina sia nella Costituzione (per quanto
attiene ai suoi limiti ed alle materie in cui può essere esercitata) sia negli Statuti
ordinari (per quanto attiene al procedimento di formazione delle leggi).
Il procedimento di
formazione delle leggi viene comunemente distinto in tre fasi: dell'iniziativa;
costitutiva di integrazione della efficacia.
Secondo l'articolo 31
dello Statuto della Calabria, l'iniziativa della legge regionale compete alla Giunta, a
ciascun consigliere regionale, a ciascun Consiglio provinciale, a ciascun Consiglio
comunale dei capoluoghi di Provincia, a non meno di tre Consiglieri Comunali, agli
elettori delle Regioni in numero non inferiore a cinquemila; e viene esercitata mediante
la presentazione al Presidente del Consiglio di un progetto redatto in articoli. Ulteriori
modalità per l'esercizio dell'iniziativa legislativa sono contenute negli articoli 39 e
42 del regolamento consiliare. Tuttavia, manca tuttora una legge organica che disciplini i
vari tipi di iniziativa.
La fase costitutiva
consiste nell'esame e nell'approvazione del progetto di legge da parte del Consiglio. A
norma dello Statuto (articolo 32, comma I), il procedimento da seguire è quello
ordinario, che consiste nell'esame del progetto di legge da parte della Commissione
consiliare competente per materia e nella approvazione dello stesso articolo per articolo
e con votazione finale da parte del Consiglio. Il Consiglio, però, può decidere
(articoli 32, comma IV, Statuto, e 50, comma lì, regolamento consiliare), prima di
passare allo esame degli articoli, di deferire alla competente Commissione la formulazione
degli articoli di un progetto di legge, riservando a se medesimo l'approvazione senza
dichiarazioni di voto dei singoli articoli nonché l'approvazione finale del progetto con
dichiarazione di voto ovvero la discussione degli articoli così formulati (procedimento
redigente).
La legge Regionale, nella
fase integrativa dell'efficacia, è infine promulgata dal Presidente della Giunta
regionale nei dieci giorni dall'apposizione del visto da parte del Commissario del Governo
o dalla scadenza dei termini di cui all'articolo 33, Il e III comma, dello Statuto
(articolo 34 Statuto), ed è pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione
entro dieci giorni dalla sua promulgazione. La legge entra in vigore al 15 giorno
successivo alla sua pubblicazione, salvi i casi di urgenza previsti nel secondo comma
dell'articolo 127 della Costituzione. La promulgazione e l'entrata in vigore di una legge
approvata dal Consiglio possono avvenire anche prima dei termini sopra indicati qualora la
legge sia dichiarata urgente dal Consiglio a maggioranza dei suoi componenti ed il Governo
della Repubblica lo consenta (articolo 35 Statuto).
I LIMITI AL POTERE
LEGISLATIVO DELLA REGIONE
Si è già osservato che
il potere legislativo delle Regioni incontra dei limiti nella norma costituzionale che
determina l'ambito entro il quale esso può esercitarsi, cosicché qualora una legge
regionale non rispettasse tali limiti sarebbe viziata sotto il profilo o della
legittimità costituzionale o del merito. Più in particolare, i vizi di legittimità si
avranno quando la Regione emana una legge al di fuori della sfera di competenze ad essa
assegnata dalla Costituzione (ad esempio, in una materia non enumerata nell'articolo 117
della Costituzione ovvero, pur rispettando tale limite, emani una legge in violazione di
una norma o di un principio costituzionale (ad esempio, il principio di eguaglianza). La
legge regionale sarà invece viziata nel merito qualora contenga norme contrarie
all'interesse nazionale od a quello delle altre regioni. Sulle nozioni di interesse
nazionale e di interesse delle altre Regioni non ci soffermiamo in questa sede, anche se
conviene osservare che, quali che esse siano (ad esempio, l'interesse nazionale potrebbe
rinvenirsi in alcuni valori unitari, non normativizzati, dei quali è portatrice l'intera
comunità nazionale), occorre tenere rigorosamente distinti i vizi di legittimità
costituzionale dai vizi di merito.
Oltre che dei limiti
sopraindicati, bisogna poi tener conto di quelli posti alle leggi regionali dai principi
generali dell'ordinamento giuridico, dalle norme fondamentali delle riforme
economico-sociali (ad esempio, dalla legge di programmazione) e dal rispetto degli
obblighi internazionali assunti dallo Stato; ed, ancora, dei limiti "interni"
nelle materie enumerate nell'articolo 117 della Costituzione, conseguenti alla
ridefinizione delle stesse operata con i decreti di trasferimento delle funzioni
amministrative dello Stato alle Regioni.
Il sindacato sui vizi di
legittimità delle leggi regionali è affidato alla Corte Costituzionale; quello sui vizi
di merito alle Camere. Sia nell'uno che nell'altro caso, il sindacato è preceduto da una
fase comune di controllo ad opera di organi dello Stato-soggetto. A norma, infatti,
dell'articolo 127, comma I, Cost., ogni legge approvata dal Consiglio regionale deve
essere comunicata al Commissario del Governo - che è un organo dello Stato istituito
presso ciascuna Regione - il quale deve vistarla entro 30 giorni dalla comunicazione.
Qualora, però, il Governo ritenga che la legge ecceda la competenza della Regione o sia
comunque costituzionalmente illegittima ovvero contrasti con l'interesse nazionale o con
quello di altre Regioni, si oppone al visto e la rinvia, entro il limite fissato per
l'apposizione del visto stesso al Consiglio. In tal caso, il Consiglio può o riapprovare
la legge eliminando da essa i vizi denunciati dal Governo o non riapprovarla (mostrando,
in tal modo, di non avere più interesse alla sua entrata in vigore).
Se, invece, il Consiglio
intende mantenere ferma la legge senza modificarla (non accoglie, cioè i rilievi mossi
dal Governo), deve riapprovarla a maggioranza assoluta dei suoi componenti ma il Governo
(e, per esso, il Presidente del Consiglio, previa deliberazione del Consiglio dei
Ministri) può, entro 15 giorni della comunicazione che la legge è stata riapprovata,
promuove la questione di legittimità costituzionale innanzi alla Corte Costituzionale o
quella di merito innanzi alle Camere.
Il Sindacato sulle leggi
regionali avviene, dunque, prima che la legge venga promulgata e pubblicata e, cioè,
acquisti efficacia.
A questo schema generale
(delineato negli articoli 127 della Costituzione e 31 della legge il marzo 1953, n. 87) lo
Statuto della Calabria apporta alcune integrazioni. A norma, infatti, dell'articolo 33, la
legge deve essere comunicata dal Presidente del Consiglio regionale al Commissario del
Governo per il visto entro cinque giorni dalla sua approvazione ed il visto si dà per
apposto se entro trenta giorni dalla comunicazione il Governo della Repubblica non rinvia
la legge al Consiglio regionale. Nel caso di rinvio della legge, ove il Consiglio
regionale l'approvi di nuovo a maggioranza assoluta dei suoi componenti, la legge stessa
viene promulgata se entro quindici giorni dalla comunicazione della nuova delibera il
Governo della Repubblica non abbia promosso la questione di legittimità innanzi alla
Corte Costituzionale o quella di merito per contrasto di interessi innanzi alle Camere.
IL POTERE REGOLAMENTARE EO
AMMINISTRATIVO
La Costituzione (articolo
121) attribuisce ai Consigli delle Regioni di diritto comune oltre che il potere
legislativo anche quello regolamentare; di modo che spetta ai Consigli di dette Regioni (a
differenza di quanto invece è previsto - tranne che per la Valle d'Aosta per le Regioni a
Statuto speciale) di approvare i regolamenti regionali. Ne consegue che il potere di
predisporre l'ordinamento regionale. le cui norme sono contenute sia nelle leggi sia nei
regolamenti, è affidato ai Consigli sottolineando in tal modo che la Giunta è l'organo
"esecutivo" della Regione.
Per quel che riguarda il
procedimento di formazione dei regolamenti, la Costituzione (articolo 121. comma IV) si
limita a disporre che il Presidente della Giunta regionale, oltre a promulgare la legge,
"promulga" anche i regolamenti, e nello stesso senso si esprime lo articolo 38,
comma Il, dello Statuto della Calabria, a norma del quale i regolamenti deliberati dal
Consiglio regionale vengono promulgati e pubblicati secondo le modalità previste per le
leggi regionali, in quanto applicabili. Lo Statuto della Calabria non contiene altre norme
sul procedimento di formazione dei regolamenti che viene pertanto disciplinato interamente
nel regolamento del Consiglio. In ogni caso, dagli articolo 3, comma I, dello Statuto e 39
del Regolamento consiliare è dato dedurre che il potere di iniziativa dei regolamenti è
riservato ai consiglieri regionali ed alla Giunta. Il regolamento consiliare non distingue
invece il procedimento di approvazione dei regolamenti da quello di approvazione delle
leggi, se non per escludere che i primi possano essere esaminati dalle commissioni in sede
redigente (articolo 50, comma Il). Di conseguenza, i regolamenti, sotto il profilo
formale, si distinguono dalle leggi soltanto per la loro mancata sottoposizione al visto
del Commissario del Governo e la natura legislativa o regolamentare dell'atto viene
determinata esclusivamente dal contenuto dell'atto stesso. Ciò implica delicati problemi
di ordine teorico e pratico che in questa sede non possono essere esaminati e che
riguardano, essenzialmente la tipologia dei regolamenti regionali. Ed è proprio la
necessità di distinguere, nelle Regioni di diritto comune, le leggi dai regolamenti che
induce a ritenere che tali Regioni non possono emanare regolamenti in deroga alle leggi od
in materie non ancora disciplinate dalla legge. Per cui esse dovrebbero limitarsi ad
emanare regolamenti di esecuzione delle leggi, e tutt'al più. di organizzazione, entro i
ristretti limiti che questi incontrano nella Costituzione (ma larticolo 16 lettera n
dello Statuto della Calabria dispone che all'ordinamento degli uffici e dei servizi
regionali il Consiglio provvede con legge). Tra l'altro - data l'identità del
procedimento di formazione - il Consiglio, regionale non avrebbe alcun motivo di servirsi
dei regolamenti quando può avvalersi del potere legislativo. E questo anche perché i
controlli sui regolamenti (che. formalmente, sono atti amministrativi) finiscono con
l'essere più complessi di quelli sulle leggi.
Il potere amministrativo
è stato suddiviso. dagli Statuti delle Regioni di diritto comune, tra il consiglio e la
Giunta, secondo una interpretazione dell'articolo 121. Il e 111 comma, della Costituzione
che ha privilegiato l'organo elettivo e direttamente rappresentativo del copro elettorale.
In tal modo, è stato conferito ai Consigli regionali, accanto ai poteri legislativi e
regolamentare. anche il potere amministrativo (attribuzione, questa, non prevista ma
neanche esclusa dalla Costituzione) ed alla Giunta sono state riservate, non di rado,
funzioni meramente esecutive della volontà consiliare. La misura della ripartizione del
potere amministrativo tra i due organi varia da Regione a Regione ed è possibile
distinguere, a questo riguardo, tra Statuti che ampliano il potere del Consiglio nei
confronti della Giunta e Statuti che. invece, operano una più equilibrata ripartizione.
S'è trattato, con tutta evidenza, di una scelta politica, determinata dalla volontà di
assicurare al Consiglio la preminenza rispetto alla Giunta anche in un campo - quello
amministrativo - che di regola dovrebbe essere riservato, almeno in buona parte, alla
competenza dell'organo esecutivo.
Lorientamento dello
Statuto della Calabria è nel senso di restringere le competenze della Giunta, come
chiaramente si deduce dall'esame dei suoi articoli 16 e 27. Il primo di detti articoli
attribuisce infatti al Consiglio rilevanti poteri relativi all'amministrazione regionale,
quali quelle di provvedere con legge all'accensione di mutui ed alla emissione di
prestiti; di approvare i piani regionali di attuazione, generali e settoriali, predisposti
dalla Giunta, determinandone il contenuto e la spesa, nonché la organizzazione dei
servizi pubblici di interesse regionale ed i relativi finanziamenti; di approvare i
programmi generali e settoriali concernenti l'esecuzione di opere pubbliche,
determinandone il contenuto e la spesa. nonché i programmi concernenti l'organizzazione
dei servizi pubblici di interesse della Regione; di provvedere con legge alla istituzione,
all'ordinamento ed alla soppressione di enti, imprese od aziende della Regione e di
decidere sulla partecipazione ad imprese pubbliche. Ma quel che più conta notare è che
l'attività amministrativa della Giunta deve svolgersi, in alcuni settori, oltre che -
come è normale - sotto il controllo del Consiglio (nelle forme previste nel regolamento
consiliare e già esaminate) nell'ambito delle indicazioni e delle scelte puntualmente e
preventivamente operate dal Consiglio stesso. Così, ad esempio, le proposte del programma
regionale di sviluppo economico, del piano urbanistico, del piano di difesa del suolo e
degli altri piani regionali sono predisposte dalla Giunta "sulla base degli indirizzi
e delle scelte" fissati dal Consiglio (articolo 27, lettera h), e la Giunta
sovrintende alla gestione dei servizi pubblici regionali e degli enti, imprese ed aziende
dipendenti dalla Regione od a partecipazione regionale "in esecuzione degli indirizzi
e delle direttive determinate dal Consiglio" (articolo 27, lettera 1).
Di modo che i residui
poteri della Giunta. a parte quelli di mera esecuzione della volontà consiliare (ad
esempio, di dare attuazione ai programmi approvati dal Consiglio e di provvedere alla
esecuzione delle deliberazioni del Consiglio). riguardano la predisposizione del bilancio
preventivo (annuale e pluriennale) e del conto consuntivo; le deliberazioni sullo storno
dei fondi da un articolo all'altro di uno stesso capitolo di bilancio. sentita la
competente Commissione consiliare; l'amministrazione, nei limiti e nei modi stabiliti
dalle leggi regionali, del patrimonio della Regione e le deliberazioni sui contratti della
stessa; le deliberazioni in materia di liti attivi o passive e, in conformità del parere
della Commissione competente, in materia di rinunce e transazioni.
In ogni caso, occorre
osservare che - a norma dell'articolo 118, comma I, della Costituzione - alle Regioni sono
state attribuite le funzioni amministrative nelle stesse materie (enumerate nell'articolo
117) nelle quali esercitano la funzione legislativa, tranne quelle di interesse
esclusivamente locale che possono essere attribuite dalle leggi della Repubblica alle
Province, ai Comuni o ad altri enti locali. Lo Stato, inoltre, può delegare con legge
alla Regione l'esercizio di altre funzioni amministrative. Il conferimento delle funzioni
amministrative dallo Stato alle Regioni è avvenuto nel gennaio del 1972, con una serie di
decreti delegati, ed è stato completato nel 1977. con il D.P.R. n. 616 del 24 luglio.
IL POTERE DI INDIRIZZO
POLITICO-AMMINISTRATIVO
L'autonomia politica
propria delle Regioni trova la sua maggiore e più qualificata espressione nel potere di
questi enti di darsi un loro indirizzo politico-amministrativo. L'autonomia politica,
infatti, sembra intimamente connessa con i motivi che stanno a fondamento del
decentramento dello Stato e della conseguente creazione degli ordinamenti regionali.
Giacché, se si riconosce che i problemi e gli interessi possono avere natura e dimensioni
diverse da Regione a Regione, si deve allo stesso tempo, e coerentemente, ammettere che
ciascuna Regione possa adottare - ove ciò si renda necessario e sempre nel pieno rispetto
delle norme e dei principi costituzionali un indirizzo politico-amministrativo
differenziato rispetto a quello dello Stato, al fine di realizzare quella concordia
discors che costituisce, in una comunità statale come quella italiana, la migliore
garanzia di una effettiva unità nazionale.
Gli Statuti delle Regioni
di diritto comune (ad esclusione di quelli della Liguria e del Piemonte, ma in essi
l'indicazione è implicita) attribuiscono alla Regione il potere di indirizzo
politico-amministrativo, assegnandone la titolarità al Consiglio regionale.
Più specificatamente,
l'articolo 16, comma I, dello Statuto della Calabria dispone che il Consiglio determina
l'indirizzo politico, sociale ed economico della Regione, con una formula che, se da un
lato è riduttiva (manca, infatti, il riferimento all'indirizzo amministrativo), dallo
altro amplia l'intervento del Consiglio al campo sociale ed economico. Non vi è alcun
dubbio, peraltro, che anche il potere di indirizzo amministrativo spetti al Consiglio. ove
si considerino le ampie potestà amministrative - già esaminate - attribuite a tale
organo dallo Statuto. Quanto, poi. all'indirizzo sociale ed economico, esso trova conferma
nelle norme statutarie relative agli obiettivi che la Regione intende raggiungere e la cui
attuazione è, in massima parte, affidata al Consiglio.
In conformità della
tendenza manifestata nella "fase costituente" delle Regioni (nel periodo, cioè,
in cui gli Statuti regionali furono formulati), lo Statuto della Calabria ha inteso porre
il Consiglio al centro del sistema di governo della Regione quale organo propulsore
dell'attività politica ed amministrativa. Non bisogna però sottovalutare - come si è
già osservato - i poteri della Giunta in questo campo, sia quelli di propulsione e di
iniziativa ad essa conferiti dallo stesso Statuto, sia quelli che la Giunta si è, di
fatto, conquistati. Altre norme statutarie (oltre quelle contenuta nell'articolo 16, comma
I) valgono a confermare, comunque, la preminenza del Consiglio rispetto alla Giunta.
L'articolo 21, comma lì, richiede, ad esempio, che il Consiglio prenda atto delle
dimissioni del Presidente della Giunta, della Giunta o dei singoli assessori perché le
stesse abbiano effetto; per cui la sola volontà (collegiale) della Giunta o dei suoi
singoli componenti non è sufficiente a produrre l'efficacia delle dimissioni. A norma,
poi, dell'articolo 28, comma I, le funzioni di competenza del Consiglio non possono essere
esercitate per delega della Giunta. Si tratta di un espresso divieto che impedisce al
Consiglio di farsi sostituire dalla Giunta nell'esercizio delle sue funzioni, tranne che
(come specifica il Il comma dello stesso articolo) in casi di eccezionale gravità, nei
quali la Giunta è legittimata ad adottare delibere di urgenza. I provvedimenti adottati
in tali casi devono peraltro essere ratificati dal Consiglio (articolo 28, comma Il I),
pena la decadenza, entro trenta giorni.
La separazione delle
competenze tra Consiglio e Giunta voluta dallo Statuto, è dunque, rigida. Deve restar
fermo, però, che l'indirizzo politico-amministrativo espresso dai due Organi, secondo i
rispettivi ruoli, è - nel corretto funzionamento del sistema unitario. In altre parole,
la maggioranza espressa dal Consiglio e che si è riconosciuta sia nelle proposte
politico-programmatiche sia nella indicazione dei candidati alla Presidenza ed alla Giunta
che precedono l'elezione della Giunta non può contrapporsi alla Giunta; allo stesso modo
la Giunta (in ciò agevolata dalla collegialità della sua azione) non può compiere
scelte politico-amministrative che siano in contrasto, o anche diverse, da quelle
contenute nelle direttive consiliari. Se questa essenziale "regola del gioco"
viene rispettata, allora la rigidità della separazione delle competenze potrebbe essere
attenuata senza con ciò incidere sulle armonicità e la coerenza del complessivo
indirizzo politico-amministrativo sia nella fase della sua determinazione che in quella
della sua attuazione. Bisogna, a questo riguardo, considerare che la
"governabilità" della Regione è affidata, in massima parte, ai partiti
politici che lo Statuto della Calabria (articolo 39. comma Il) considera "strumenti
fondamentali" per concorrere a determinare la politica regionale ed alla loro
capacità di aggregazione del consenso intorno ad una linea politica unitaria, nella
comunità regionale in cui essi operano ancor prima che al livello degli organi di
indirizzo politico-amministrativo. Di modo che le crisi regionali di governo risultano
determinate, in primo luogo, dalla insufficienza dei partiti nel costituire maggioranze
stabiliti ad omogenee ed, in buona sostanza, dalla crisi dei partiti (o meglio, del
sistema di partiti).
Quanto all'opposizione,
essa è chiamata a partecipare alle scelte politiche della Regione sia in Consiglio,
mediante gli strumenti di indirizzo, di controllo e di informazione previsti nello Statuto
e nel regolamento consiliare, sia nelle sedi istituzionali e nelle formazioni sociali
(enti locali, sindacati, movimento corporativo. organizzazioni sociali, culturali e
professionali, ecc) in cui essa è presente ed opera. in una contrapposizione dialettica
che trova nella formula del "governo aperto" adottata dallo Statuto della
Calabria il suo originale fondamento.
La partecipazione popolare
Ed è proprio
ricollegandoci alla formula del "governo aperto>) che trattiamo adesso della
partecipazione popolare. di cui si occupa il titolo IV dello Statuto. Dal concorso dei
partiti alla determinazione della politica regionale e del concorso che lo Statuto
considera "essenziale" - degli enti locali. dei sindacati, del movimento
cooperativo, ecc., alla definizione degli indirizzi generali ed alle scelte
programmatiche, si è peraltro già detto. Lo Statuto, però (articolo 39 comma I),
prevede, che anche i cittadini partecipino alle scelte politiche, alla funzione
legislativa ed amministrativa ed al controllo dei poteri pubblici e considera tale
partecipazione "essenziale per lo sviluppo della vita democratica".
Più in particolare lo
Statuto (articolo 40, comma Il) prevede che la Regione promuova indagini conoscitive ed
incontri su particolari problemi, sollecitando la diretta partecipazione dei cittadini
interessati; e (articolo 42, comma I) riconosce ai cittadini il diritto alla informazione
sulla attività regionale cui corrisponde l'impegno della Regione di assumere iniziative
per assicurare una ampia e democratica informazione (articolo 56 lettera z); assicura
infine (articolo 42) la disponibilità dei dati raccolti dai propri uffici o dagli enti e
dalle aziende dipendenti, nel rispetto dei diritti costituzionali dei cittadini e con il
limite della riservatezza necessaria per il buon andamento dell'amministrazione. Si tratta
di enunciazioni programmatiche che delineano forme nuove di esercizio della sovranità
popolare alle quali lo Statuto aggiunge anche il diritto di petizione, l'iniziativa
popolare delle leggi e dei regolamenti regionali ed il referendum abrogativo e
consultivo. Lo Statuto della Calabria (al pari degli Statuti delle altre Regioni di
diritto comune) predispone, in tal modo, gli strumenti perché i cittadini possano
effettivamente partecipare al governo della Regione non solo in forma associata
(attraverso i partiti, i sindacati od altre formazioni sociali) ma anche come singoli ed
in via immediata, secondo la formula propria della democrazia diffusa o pluralista che
integra e completa i tradizionali istituti di democrazia diretta. Solo che il legislatore
regionale non ha ancora provveduto - contribuendo ad accentuare in tal modo, la crisi
della democrazia diffusa - a dare concreta attuazione (nei casi in cui ciò si rendesse
necessario) a queste forme partecipative.
Mancano, infatti, le norme
che disciplinano le modalità di esercizio del diritto all'informazione e che valgono ad
assicurare la disponibilità dei dati raccolti dagli uffici regionali o da enti ed aziende
dipendenti dalla Regione; né risulta che la Regione - pur non essendo necessaria una
legge al riguardo - abbia promesso indagini conoscitive od incontri su particolari
problemi, sollecitando la diretta partecipazione dei cittadini interessati.
D'altra parte, per quanto
attiene agli istituti di democrazia diretta, i cittadini non si sono mai avvalsi del
diritto di rivolgere petizioni al Consiglio regionale per richiedere l'intervento e per
sollecitare l'adozione di provvedimenti di interesse generale. nonostante che tale diritto
possa essere esercitato anche in mancanza di una legge che ne disciplini le modalità e
l'articolo 95 del Regolamento consiliare contenga norme sull'esame delle petizioni da
parte del Consiglio. La Regione risulta invece inadempiente per non aver dato attuazione
alle norme statutarie sull'iniziativa popolare delle leggi (che - ove potesse essere
esercitata - troverebbe già nell'articolo 42 del Regolamento consiliare disciplinate le
modalità per il suo esame da parte della Commissione Consiliare competente> e sui referendum.
E tale inadempienza
risulta ancora più grave nel caso del referendum abrogativo che. a ben guardare.
è l'unico strumento di democrazia diretta che consente ai cittadini di sostituirsi,
mediante la espressione del voto, ai loro rappresentanti che siedono nelle assemblee
legislative e di esercitare in tal modo il potere sovrano loro attribuito dall'articolo 1,
comma lì, della Costituzione.
Dispone infatti lo Statuto
della Calabria (articolo 44). a tale riguardo, che è indetto referendum popolare
per l'abrogazione totale o parziale di una legge regionale quando ne facciano richiesta un
ventesimo degli iscritti nelle liste elettorali dei Comuni della Regione ovvero due
Consigli provinciali o venti Consigli comunali che rappresentino almeno un decimo della
popolazione della Regione.
Il referendum non
è ammesso per le leggi di bilancio, le leggi tributarie o le leggi urbanistiche approvate
con la maggioranza dei due terzi dei consiglieri assegnati alla Regione. Tali esclusioni
si spiegano ove si osservi che le leggi tributarie valgono ad assicurare alla Regione la
provvista dei mezzi finanziari necessari allo svolgimento delle sue attività e che
mediante la legge di bilancio vengono ripartiti tra i vari rami dell'amministrazione
regionale le entrate e le spese; inoltre le leggi urbanistiche vengono sottratte al referendum
abrogativo - a conferma dell'importanza che la Regione ammette all'assetto del suo
territorio - qualora siano approvate a larghissima maggioranza. Hanno diritto di
partecipare al referendum tutti gli elettori della Regione e la proposta soggetta
al referendum è approvata se ha partecipato alla votazione la maggioranza degli
aventi diritto e se è raggiunta la maggioranza assoluta dei voti validamente espressi. La
domanda di referendum non può essere presentata nell'anno anteriore alla scadenza
del Consiglio regionale e nei sei mesi successivi alla convocazione dei comizi elettorali
per l'elezione del Consiglio regionale. Lo Statuto non prevede alcun controllo sulla
ammissibilità del referendum. a differenza dell'ordinamento statale nel quale le
proposte di referendum sono sottoposte al giudizio della Corte costituzionale. Il referendum
abrogativo può essere richiesto - secondo quanto dispone l'articolo 45 dello Statuto
- dagli stessi soggetti indicati nell'articolo 44 anche per i regolamenti regionali. ad
eccezione di quelli in materia tributaria, di bilancio od urbanistica. lì referendum è
indetto dal Presidente della Giunta (articolo 29. lettera b) dello Statuto). Altro
tipo di referendum previsto nello Statuto (articolo 46) è quello consultivo che il
Consiglio regionale può indire quanto ritenga di dover sentire le popolazioni interessate
a determinati provvedimenti. mentre le popolazioni interessate devono essere consultate
mediante referendum nel caso in cui il Consiglio regionale (sentiti anche i
Consigli comunali) intenda con legge istituire un nuovo Comune o mutare le circoscrizioni
e le denominazioni comunali.
Il quadro della
partecipazione popolare si completa e si arricchisce, infine, con le disposizioni
contenute negli articoli 40, comma I, e 42 dello Statuto. Il primo prevede che la Regione.
ai fini di assicurare il più ampio concorso alla definizione degli indirizzi generali ed
alle scelte programmatiche. consulti sulle principali questioni, anche a loro richiesta, i
Comuni. le Province, gli enti comprensoriali. le organizzazioni regionali confederali dei
lavoratori e delle altre categorie produttive, le rappresentanze di emigrati e delle loro
famiglie e altre organizzazioni e formazioni sociali, culturali e professionali; il
secondo riconosce il diritto all'informazione sull'attività regionale. oltre che ai
singoli cittadini, anche alle organizzazioni sociali.
La Regione e gli enti
locali
La disciplina dei rapporti
tra l'ente Regione e gli enti infraregionali è ispirata. in tutti gli Statuti ordinari,
al principio del pieno rispetto dell'autonomia degli enti locali e del suo effettivo
potenziamento, in armonia, peraltro, con il dettato dello articolo 5 della Costituzione,
Province, Comuni ed altri enti locali sono infatti chiamati a partecipare ed a collaborare
all'attività legislativa e politico-amministrativa della Regione (si ricordi, ad esempio,
lo apporto di questi enti alla formulazione dei piani regionali di sviluppo) e ad
esercitare per delega della Regione - secondo quanto disposto dall'articolo ~18, comma
III, della Costituzione - le funzioni amministrative regionale che possano essere svolte
in forma decentrata. E prevista anche la creazione di ulteriori enti di decentramento.
quali i comprensori. La Regione, pertanto. intende svolgere un ruolo promozionale e
coordinatore dell'attività degli enti locali ai fini di un equilibrato sviluppo
territoriale, economico e sociale, favorendo ed attuando, tra l'altro, nuove forme di
decentramento.
In quest'ampia prospettiva
di promozione e di valorizzazione delle autonomie locali. lo Statuto della Calabria
(articolo 48 impegna la Regione a riconoscere nella partecipazione degli enti locali alla
sua attività, anche legislativa e politico-amministrativa. un "momento
essenziale" dell'autonomia e del decentramento politico ed amministrativo ed a
favorire il potenziamento effettivo della autonomia dei Comuni e delle Province,
coordinandone l'azione con gli obiettivi della programmazione. lì successivo articolo 49
attribuisce ai Comuni ed alle Province il diritto di rivolgere interrogazioni alla Regione
che, a norma dell'articolo 11) del regolamento consiliare, sono "ricevute" dal
Presidente del Consiglio regionale e da questi trasmesse alla Giunta. Se la Giunta non
risponde per iscritto entro venti giorni dalla ricezione, il Presidente del Consiglio
dispone che l'interrogazione sia senz'altro posta all'ordine del giorno del Consiglio
nella seduta successiva alla scadenza del termine.
Sempre al fine di
promuovere il decentramento amministrativo e di realizzare una organizzazione più
adeguata in funzione della programmazione economica, l'articolo 50 dello Statuto prevede
che la Regione, sentiti i Consigli comunali e provinciali interessati, possa creare con
legge i comprensori, con la diretta partecipazione degli stessi Comuni interessati.
stabilendone la competenza. E subito da dire che la Regione Calabria - a differenza di
altre Regioni (Soprattutto settentrionali) - non ha sinora dato vita ad alcun
comprensorio; ed è dubbio che vi procederà in avvenire. Il. comprensorio. infatti,
avrebbe dovuto rispondere all'esigenza di superare la tradizionale ripartizione del
territorio in Province e Comuni, in modo da avviare una razionale politica di
programmazione e da individuare nuovi ambiti territoriali dell'azione amministrativa.
L'esperienza in materia
non può, però, dirsi ancora chiara e definita (ed anzi, in alcune Regioni. si è già
conclusa) e da più parti ormai si ritiene di dover valorizzare come ente intermedio
(attribuendole nuovi funzioni) la Provincia. Bisogna riconoscere, peraltro, che il
comprensorio non ha risolto il problema dell'ente intermedio tra Comuni e Regione e che la
sua figura giuridica non è stata ancora determinata. se si esclude che le Regioni possano
istituire enti locali; di modo che i comprensori possano considerarsi Organi decentrati.
semplici o composti, delle Regioni, rappresentativi in secondo grado delle comunità in
essi comprese e costituiscono la sede in cui si elaborano proposte e pareri in tema di
programmazione regionale ed intercomunale e di pianificazione urbanistica.
Negli articoli 51,52 e 53,
lo Statuto affida alle Province, ai Comuni e ad altri enti locali l'esercizio delle
funzioni amministrative regionali, uniformandosi a quanto disposto nell'articolo 118,
comma III, della Costituzione. Di tale esercizio ci occuperemo più oltre nella parte
relativa all'ordinamento amministrativo.
Infine, l'articolo 54
disciplina la materia dei controlli sugli atti degli enti locali, rinviando per le
modalità ad una legge regionale. Al riguardo, la Costituzione (articolo 130) dispone che
un organo della Regione, costituito nei modi stabiliti da una legge della Repubblica.
esercita, anche in forma decentrata. il controllo di legittimità sugli atti delle
Province, dei Comuni e degli altri enti locali. e che. in casi determinati dalla legge.
può essere esercitato il controllo di merito. nella forma di richiesta motivata agli enti
deliberanti di riesaminare la loro deliberazione. lì previsto organo di controllo
(denominato Comitato regionale di controllo) è stato istituito dalla legge 10 febbraio
1953, n. 62 (articolo 55) ed è costituito - nel caso in cui sia chiamato a svolgere il
controllo sugli atti delle province e degli enti a carattere regionale e provinciale - da
tre esperti nelle discipline amministrative, iscritti nelle liste elettorali di un Comune
della Regione, relative ai cittadini chiamati ad eleggere la Camera dei deputati, eletti
dal Consiglio regionale; da un membro nominato dal Commissario del Governo, da un giudice
del tribunale amministrativo regionale designato dal Presidente del tribunale stesso.
oltre che da membri supplenti. Tale Comitato ha sede nel capoluogo della Regione. Il
controllo sugli atti dei Comuni e degli altri enti locali - che secondo lo Statuto
(articolo 54. comma Il) si svolge in forma decentrata nel capoluogo di ogni singola
Provincia - è stato affidato a sezioni decentrate dal Comitato composte (articolo 56
legge n. 62 del 1953) da tre esperti nelle discipline amministrative, iscritti nelle liste
elettorali di un Comune della Provincia, eletti dal Consiglio regionale; da un membro
nominato dal Commissario di Governo; dal funzionario più elevato in grado
dell'amministrazione provinciale oltre che da membri supplenti. La legge regionale che ha
dato attuazione agli articoli 130 della Costituzione e 54 dello Statuto è la n. 22 del 27
dicembre 1973, alla quale si rinvia per le ulteriori modalità del controllo.
La Regione e la
programmazione
Della programmazione
regionale si è già avuto modo di trattare nelle pagine che precedono. Qui va ricordato
che è secondo quanto dispone lo Statuto (articolo 55. comma I) - la Regione assume la
programmazione come metodo e strumento volti a realizzare le riforme economiche e sociali
e le finalità indicate dalla Costituzione e dallo stesso Statuto. A tale scopo formula
programmi di sviluppo economico globali (articolo 55. comma Il), oltre che - s'intende -
programmi settoriali.
Lo Statuto inoltre
(articolo 55. comma Il) definisce la Regione "soggetto autonomo della
programmazione" che. in collaborazione con gli enti locali e con la partecipazione
dei partiti politici. delle organizzazioni sindacali. economiche e sociali. concorre con
proprie iniziative alla determinazione degli obiettivi e degli strumenti della
programmazione nazionale di cui rivendica le finalità meridionalistiche.
Su quest'ultimo aspetto.
che coinvolge la Regione nel processo programmatorio nazionale secondo uno scherma di
partecipazione dal basso alla determinazione degli obiettivi (con una particolare
sottolineatura - da parte dello Statuto calabrese - delle "finalità
meridionalistiche"). non ci soffermeremo. In Italia. infatti. mancano ancora sia
un'organica legge di programma sia una legge che disciplini la partecipazione delle
Regioni, e di altri enti alla elaborazione del programma. La partecipazione delle Regioni
alla programmazione economica nazionale (negli ambiti settoriali in cui essa ha luogo) è
pertanto limitata a poche previsioni legislative ed a funzioni meramente consultive (come
ad esempio, quelle svolte - a norma dell'articolo 9 della legge 6 marzo 1978, n. 218 - dal
Comitato dei rappresentanti delle Regioni meridionale).
Per quel che attiene,
invece. agli obiettivi della programmazione regionale essi sono indicati, con particolare
ampiezza e precisione, nell'articolo 56 dello Statuto. Ed è subito da accennare. a questo
riguardo, che l'articolo sopra citato pone detti obiettivi espressamente in relazione alle
finalità di cui all'articolo 3 dello Statuto, vale a dire (è bene ricordarlo)
all'attuazione dei principi della democrazia e dell'eguaglianza dei cittadini, del più
ampio decentramento politico ed amministrativo e delle autonomie locali oltre che della
effettiva partecipazione dei lavoratori all'attività politica, sociale ed economica.
Ancora - e sempre a norma dell'articolo 3 - altre finalità da realizzare sono lo sviluppo
culturale, sociale ed economico delle popolazioni in modo da riscattare la Calabria della
sua "storica arretratezza" e la piena occupazione per bloccare l'esodo dei
lavoratori, in modo da rendere effettivo il diritto al lavoro per tutti i cittadini.
Come si può notare, si
tratta di finalità ed obiettivi ambiziosi, se si vuole, ma in piena armonia con lo
"spirito" della Costituzione repubblicana e che testimonia la volontà politica
del Consiglio regionale (che li ha fissati nello Statuto) di imprimere una svolta decisiva
alla storia della Calabria. Si aggiunga che il rinvio dell'articolo 56 all'articolo 3 vale
a non circoscrivere la programmazione regionale al campo delle scelte di politica
economica e ad estenderla. invece, a tutti i settori che interessano il progresso civile e
socio-economico della comunità calabrese.
Il contenuto dell'articolo
56 può essere qui soltanto succintamente esposto. Esso riguarda l'impegno della Regione
ad intervenire in quattro grandi settori della sua attività: economico; sociale; dei
diritti civili; dell'assetto del territorio e dei beni culturali.
Nel campo economico
spiccano le norme che impegnano la Regione a promuovere e ad attuare una politica agraria
che possa consentire il raggiungimento di equi rapporti sociali nelle campagne ed in
equilibrato processo di industrializzazione rivolto ad assicurare la piena utilizzazione
delle risorse umane e materiali della Regione. Una particolare attenzione è riservata al
turismo come componente importante dello sviluppo economico e sociale, alla proprietà
privata di cui si vuole assicurare la funzione sociale, alla cooperazione nella produzione
e nei servizi, all'artigianato ed al superamento degli squilibri, soprattutto nelle zone
montane ed in quelle particolarmente depresse.
Nel campo sociale,
obiettivi degni di nota appaiono essere il concorso nella attuazione di programmi di
sviluppo della scuola e dell'istruzione in genere e l'assetto e lo sviluppo della
Università. intesa come strumento indispensabile del progresso culturale. sociale ed
economico; l'elevazione del livello culturale dei cittadini nel campo scientifico,
umanistico, dello spettacolo. della musica e dell'arte ed, inoltre, l'attuazione di piani
di sviluppo e di valorizzazione delle biblioteche, dei musei e di ogni altra attività
formativa; l'attuazione di piani per la formazione professionale dei giovani e per la
riqualificazione degli adulti, ai fini di un loro migliore inserimento nelle attività
produttive; la promozione dell'attività sportiva, della pratica dilettantistica e
dell'impiego del tempo libero come momenti importanti nella formazione ed esplicazione
della persona umana; la formazione e l'adozione di particolari programmi per la cura,
l'assistenza e l'educazione dell'infanzia, Specie nelle campagne e nelle zone di più
accentuata emigrazione; la rimozione di tutte le cause di carattere sociale, economico e
culturale che impediscono il pieno inserimento della donna nelle attività produttive.
Tra i diritti civili,
l'articolo 56 menziona il diritto all'abitazione (che - si badi bene - non è
espressamente previsto nella Costituzione) ed il diritto allo studio. Rispetto al primo.
impegna la Regione a promuovere iniziative ed adottare programmi per la sua realizzazione
e, quanto al secondo, ad assicurarlo, nell'ambito delle sue competenze, mediante la
rimozione delle cause che ne limitano o nei impediscono l'effettivo esercizio. La Regione
è poi impegnata a promuovere iniziative idonee a realizzare un collegamento con le
comunità degli emigrati calabresi all'estero. anche al fine di favorire l'esercizio dei
loro diritti civili e politici.
L'assetto del territorio e
la cultura sono, infine, oggetto di particolare attenzione da parte dello Statuto. Secondo
l'articolo 56, infatti, la programmazione regionale deve perseguire un razionale
assetto del territorio che preveda lo sviluppo ordinato degli insediamenti umani,
garantendo la difesa e la conservazione del suolo, la regimentazione delle acque e la loro
utilizzazione per fini industriali, agricoli e potabili e deve, altresì, tutelare la
naturale purezza dell'aria e delle acque. Le norme dedicate ai beni culturali riguardano
l'impegno della Regione a tutelare i valori del paesaggio e del patrimonio naturale,
storico, artistico ed archeologico: la valorizzazione - già ricordata - deì musei e
delle biblioteche e la valorizzazione del patrimonio storico, culturale ed artistico delle
popolazioni di origine greca ed albanese, nel rispetto delle loro tradizioni.
Occorre adesso chiedersi
se ed in quale misura la Regione. nella sua attività ormai ultradecennale, abbia
perseguito gli obiettivi sopra indicati. Al riguardo, si deve in primo luogo osservare che
sarebbe quanto meno ingeneroso pretendere dal Consiglio e dalla Giunta in poco più di un
decennio (nel corso del quale hanno dovuto provvedere anche all'assetto organizzativo
della Regione) una completa trasformazione della realtà regionale, così come è
prefigurata nello Statuto. Gli obiettivi raggiunti. peraltro, sono molti. tenuto conto
delle inevitabili incertezze nell'avvio della nuova esperienza e delle instabilità
politico-programmatiche del governo della Regione: gli obiettivi da raggiungere sono,
tuttavia, moltissimi ma. anche se la strada da percorrere è lunga e faticosa, essi
saranno sicuramente realizzati, facendo leva sulla fierezza, l'intelligenza, l'innata
civiltà e la volontà di riscatto delle popolazioni calabresi.
A questo fine, non poco
rilievo assumono la conferenza annuale dei sindaci e dei presidenti delle Amministrazioni
provinciali che - secondo quanto dispone l'articolo 58 dello Statuto - la Regione deve
indire per dibattere sullo stato della Regione in rapporto ai problemi dello sviluppo
economico, sociale e civile; e la possibilità offerta alla Regione dall'articolo 69 dello
Statuto di istituire con legge enti aziende e società finanziarie cui affidare lo
svolgimento (sotto il suo controllo ed indirizzo) di tutte quelle attività inerenti allo
sviluppo economico, sociale e culturale od a servizi di interesse della Regione stessa
che, per la loro speciale natura e dimensione, non possono essere esercitate direttamente
o delegate agli enti locali interessati.
Iniziando il nostro esame
dal campo economico, notiamo che la Regione, con sue leggi, è intervenuta nel settore
delle infrastrutture rurali e delle opere pubbliche di bonifica; ha concesso incentivi
finanziari diretti a favorire lo sviluppo delle imprese artigiane e l'incremento della
produzione artigiana; ha agevolato l'insediamento delle piccole e medie imprese produttive
ed incentivato lo sviluppo della zootecnia e lo sviluppo della cooperazione agricola; è
intervenuta in favore dell'agricoltura nel settore dei miglioramenti fondiari; ecc.
Più intensa l'attività
svolta nel campo sociale, con l'istituzione degli asili nido, la concessione di contributi
per l'assistenza farmaceutica diretta a coltivatori diretti, artigiani e commercianti, gli
interventi nel settore della medicina preventiva ed a favore degli enti
per la protezione e
l'assistenza dei sordomuti, oltre che degli infermi hanseniani e dei loro familiari a
carico, le norme sull'assistenza dialitica domiciliare, l'istituzione dei consultori
familiari, gli interventi nel settore della medicina riabilitativa, l'assistenza
domiciliare agli anziani e la creazione di punti d'incontro, l'istituzione del servizio
sanitario regionale, l'applicazione nella Regione della legge 29 febbraio 1980. n. 23.
sull'occupazione giovanile, ecc.
Per quel che riguarda i
diritti civili, è da segnalare la legge che rende in buona misura effettivo, mediante una
serie di interventi e di provvidenze a favore degli alunni e dei vari ordini di scuole, il
diritto allo studio, mentre non è stato ancora predisposto il piano urbanistico regionale
che dovrebbe avere, tra le sue finalità, anche quella di promuovere l'incremento della
edilizia abitativa, in modo da assicurare un abitazione a tutti coloro che ne sono privi.
Nel campo. infine,
dell'assetto del territorio e dei beni culturali, la Regione è intervenuta con misure di
protezione delle coste e per il trasferimento ed il consolidamento degli abitati colpiti
da calamità naturali, per la salvaguardia del Pollino e contribuendo finanziamente alla
formazione ed alla revisione dei piani regolatori generali comunali o intercomunali.
Patrimonio, demanio e
finanze
Si è già detto, a suo
luogo. della rilevanza che assume l'autonomia finanziaria delle Regioni. quale necessario
ed indispensabile supporto della loro attività politico-amministrativa.
L'articolo 119 della
Costituzione dispone. al riguardo. che le Regioni hanno autonomia finanziaria. nelle forme
e nei limiti stabiliti da leggi della Repubblica, che la coordinano con la finanza dello
Stato, delle Province e dei Comuni, ed altresì che alle Regioni sono attribuiti tributi
propri e quote di tributi erariali, in relazione ai loro bisogni per adempiere le loro
funzioni normali. Sempre a norma dell'articolo sopra citato, lo Stato assegna per legge
contributi speciali a singole Regioni per provvedere a scopi determinati e,
particolarmente, per valorizzare il Mezzogiorno e le Isole e la Regione ha un proprio
demanio e patrimonio. secondo le modalità stabilite con legge della Repubblica.
In questo quadro generale.
lo Statuto. dopo aver ribadito all'articolo 60 che la Regione ha autonomia finanziaria ed
un proprio demanio e patrimonio. stabilisce che le entrate della Regione sono costituite:
a) dai redditi del suo patrimonio; b) dai tributi propri; c) dalle quote del
gettito di tributi erariali: d) dalle quote del fondo nazionale destinato al
finanziamento dei programmi regionali e) dai contributi speciali previsti dal 111
comma dell'articolo 119 della Costituzione; f) da ogni altro eventuale contributo,
proventi od entrata.
Nonostante le previsioni
normative contenute nella Costituzione e nello Statuto (così come negli Statuti delle
altre Regioni), l'autonomia finanziaria è, però, un obiettivo non ancora raggiunto, per
un complesso di concause che qui non è possibile esaminare nei particolari. Manca, ad
esempio, quel coordinamento dell'autonomia finanziaria delle Regioni con la finanza dello
Stato, delle Province e dei Comuni che secondo la Costituzione - dovrebbe essere il
corretto presupposto di ogni politica di spesa e di una programmazione regionale dello
sviluppo; le spese impegnate e non effettuate (i c.d. "residui passivi")
raggiungono una somma notevole ed il fenomeno è da imputare in buona misura alle
complesse procedure ed ai minuziosi vincoli previsti nelle leggi statali di settore; le
amministrazioni centrali, infine, appaiono ancora restie a rinunciare all'esercizio di un
proprio potere decisionale.
La legge 16 marzo 1970, n.
281, ha comunque fissato le linee generali della finanza delle Regioni a Statuto
ordinario. Esse consistono: a) nell'attribuzione alle Regioni di alcuni tributi erariali
(l'imposta sulle concessioni statali dei beni del demanio e del patrimonio indisponibile;
la tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche) che divengono, in tal modo,
"tributi propri" della Regione, b) nell'attribuzione alle Regioni del
gettito delle imposte erariali sul reddito dominicale ed agrario dei terreni e sul reddito
dei fabbricati; c) nella partecipazione delle Regioni al gettito di alcune imposte
erariali che affluisce in un fondo comune (incrementato dalla legge 10 maggio 1976, n.
356) ripartito tra le varie Regioni secondo criteri predeterminati che (come quello del
tasso di emigrazione al di fuori del territorio regionale o del grado di disoccupazione)
tendono a favorire le Regioni economicamente più depresse; d) nella creazione di
un fondo (anch'esso incrementato dalla legge n. 356 del 1976) per il finanziamento dei
programmi regionali di sviluppo; e) sulle qualificazione dei contributi speciali
come spese aventi carattere aggiuntivo rispetto alle spese effettuate dallo Stato con
carattere di generalità per tutto il territorio.
Un'ulteriore legge (19
maggio 1976, n. 435) ha poi disposto che tutte le somme assegnate, a qualsiasi titolo,
dallo Stato alla Regione confluiscono nel bilancio regionale senza vincolo di
destinazione. La stessa legge ha inoltre introdotto il principio del bilancio pluriennale
che la Regione adotta assieme al bilancio annuale e le cui previsioni, per un periodo non
superiore al quinquennio, assumono come termini di riferimento quelli del programma
regionale di sviluppo, così soddisfacendo l'esigenza di collegare il programma di
sviluppo economico-sociale con un adeguato supporto finanziario.
La Regione Calabria, da
parte sua, ha provveduto a disciplinare la istituzione di tributi propri (legge 31
dicembre 1971. n. 1), a fissare l'ammontare della tassa di circolazione (legge 15 gennaio
1974. n. 1) a dettare norme in materia di bilancio e di contributi (legge 22 maggio 1978,
n. 5) e per la formazione del bilancio annuale e pluriennale (legge 24 agosto 1979, n.
10).
I nodi da sciogliere nel
delicato campo dell'autonomia finanziaria sono, peraltro, ancora parecchi, anche - in
seguito allo avvenuto trasferimento delle funzioni amministrative dallo Stato alle
Regioni, cui avrebbe dovuto corrispondere un tempestivo e puntuale trasferimento dei
capitali finanziari dall'amministrazione centrale alle Regioni. Molto dipenderà. in
quest'opera, dalla volontà politica dello Stato e dalla capacità contrattuale delle
Regioni; sicuramente, però, l'avvenire delle Regioni si giocherà anche (se non
soprattutto) sul campo dell'autonomia finanziaria.
L'ordinamento
amministrativo
Prima di esaminare
l'ordinamento amministrativo della Regione, così come risulta delineato dallo Statuto,
appare opportuno ricordare che la Costituzione (articolo 118, comma III) e lo Statuto
(articolo 51) dispongono che la Regione esercita normalmente le sue funzioni
amministrative delegandole alle Province. ai Comuni (singoli od associati) o ad altri enti
locali.
La Costituzione aggiunge
che la Regione può esercitare tali funzioni anche valendosi degli uffici degli enti sopra
menzionati, mentre lo Statuto (non riproducendo siffatta disposizione) sembrerebbe
escluderlo.
Le ragioni del
decentramento dell'esercizio delle funzioni amministrative (ad eccezione, ovviamente, di
quelle che, per la loro stessa natura, richiedono di essere svolte dall'apparato
amministrativo centrale - Consiglio e Giunta - quale, ad esempio, la funzione di
promozione, indirizzo e coordinamento e la funzione di controllo) appariranno chiare ove
si rifletta che l'esercizio indiretto evita da un lato l'accentramento burocratico ed il
conseguente formarsi di una grossa burocrazia regionale e (esaltando la natura di soggetto
politico di indirizzo e di coordinamento dell'Ente Regione) consente dall'altro, di porre
gli amministrati a più immediato contratto con gli amministratori, secondo i principi di
una corretta e funzionale democrazia.
La Regione Calabria, in
attuazione dell'articolo 51 del suo Statuto, ha disciplinato. con la legge 15 dicembre
1973, n. 18. le modalità e le procedure della delega delle funzioni amministrative agli
enti locali, disponendo. tra l'altro, che la delega può essere conferita ad enti singoli
od a più enti che abbiano carattere di sostanziale omogeneità in relazione alla natura
delle funzioni delegate e che le leggi di delega devono favorire l'aggregazione dei
comuni, tra loro e con la Provincia. in strutture associative rivolte a garantire il
carattere generale ed organico della delega di funzioni regionali.
La Regione ha sinora
delegato, alle Province ed alle comunità montane, parte delle funzioni amministrative in
materia di artigianato (legge 22 maggio 1980. n. 9); ai Comuni, singoli od associati,
parte delle funzioni amministrative in materie urbanistica (legge 2 giugno 1980, n. 20);
alle comunità montane ed ai Comuni il cui territorio non è incluso neppure parzialmente
in una comunità montana parte delle funzioni amministrative in materia di agricoltura e
foreste (legge 2 giugno 1980, n. 27).
Ciò premesso, va detto
che l'ordinamento amministrativo della Regione tiene nel debito conto i suddetti principi.
giacché. a norma dell'articolo 67 dello Statuto, la struttura degli uffici regionali deve
essere articolata in funzione dei compiti prevalentemente direzionali, programmatori e di
coordinamento spettanti alla Regione e della più ampia delega agli enti locali.
Altri principi che devono
presiedere alla struttura dell'ordinamento amministrativo regionale sono quelli della
autonomia e della democrazia, del più ampio snellimento e della pubblicità delle
procedure oltre che del decentramento, secondo quanto disposto dall'articolo 66 dello
Statuto; ed al riguardo lo stesso articolo prescrive che gli atti della Regione sono
pubblici (le modalità della pubblicazione sono regolate dalla legge 17 maggio 1976, n.
14).
L'articolo 68, infine,
pone una riserva di legge, per quanto attiene alla costituzione degli uffici regionali ed
allo stato giuridico, al trattamento economico ed al ruolo organico del personale,
escludendo di conseguenza che tali materie possano essere disciplinate (e sia pure dallo
stesso Consiglio) con regolamenti di organizzazione. Si aggiunga che la legge che
disciplina le materie sopra indicate deve garantire i diritti fondamentali del personale,
nonché le posizioni giuridiche ed economiche acquisite (articolo 68, comma lI). Altra
disposizione statutaria relativa al personale è quella contenuta nel 111 comma
dell'articolo 68. a norma del quale il personale della Regione. salvo i casi previsti
dalla legge, è assunto mediante pubblico concorso, secondo le norme vigenti in materia e
nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento statale sul pubblico impiego
(peraltro, la regola secondo la quale agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si
accede, salvo i casi stabiliti dalla legge, mediante concorso, è contenuta nell'articolo
97' comma III, della Costituzione). Resta da dire che le leggi regionali che disciplinano
il trattamento giuridico ed economico e l'inquadramento del personale regionale sono la n.
9 del 28 marzo 1975 e la o. 15 del 30 maggio 1980.
ALCUNE CONCLUSIONI
Alla fine di questa
rassegna dei contenuti dello Statuto della Calabria, sembra opportuno trarre alcune brevi
conclusioni.
Innanzi tutto, va
riaffermata la validità dello Statuto come strumento normativo idoneo - sia nella sua
parte organizzativa che nella sua parte sostantiva - a promuovere lo sviluppo culturale,
sociale ed economico delle popolazioni calabresi. Le sue potenzialità, infatti, sono
molte e tutte di notevole rilievo, di modo che lo Statuto non è - né va considerato - un
insieme di astratte prescrizioni normative e di vuote enunciazioni programmatiche, Al
contrario, esso deve costituire per quanti, a diversi livelli e con diverse
responsabilità, operano nella società civile e nella società politica della Calabria un
preciso punto di riferimento valido ad indirizzare ed a guidare le loro azioni.
Se così è. se, cioè, si
crede nella funzione e nella carica promozionale dello Statuto, allora occorre che ad esso
si dia. pur tenendo conto dei tempi necessari, dei punti di partenza e dei condizionamenti
esterni, piena attuazione. Le fondamentali strutture organizzative, peraltro, sono già
state predisposte, cosicché gli organi di governo della Regione sono in grado di portare
a compimento, con una visione globale e non settoriale della realtà e dello sviluppo
socio-economico della Calabria, l'opera intrapresa. A tal fine, di grande utilità
potrebbe rivelarsi la partecipazione alla definizione degli indirizzi generali e delle
scelte programmatiche da parte degli enti locali, dei sindacati dei lavoratori dipendenti
ed autonomi, del movimento cooperativo. delle altre categorie produttive e di ogni altra
significativa organizzazione sociale, culturale e professionale.
Tale partecipazione nelle
forme ed attraverso i canali (alcuni dei quali, però. ancora da attivare) previsti nello
Statuto. ha come suo essenziale presupposto la conoscenza delle norme statutarie affinché
possa svolgersi con piena consapevolezza, nel rispetto delle competenze istituzionali e
con matura responsabilità. Ecco perché lo Statuto, questa "Carta fondamentale"
delle popolazioni calabresi, merita di essere divulgato e conosciuto, assieme alla
Costituzione della Repubblica, che è la "Carta fondamentale" di tutti i
cittadini italiani, dalla quale lo Statuto deriva e nella quale trova il suo primo
fondamento.
Certamente, se questa è
la strada da seguire non è tuttavia l'unica. Giustamente, infatti, se lo Statuto impegna
da un lato la Regione a riconoscere che la partecipazione dei cittadini alle scelte
politiche, alla funzione legislativa ed amministrativa ed al controllo dei poteri pubblici
è condizione essenziale per lo sviluppo della vita democratica, dall'altro la impegna a
considerare i partiti politici strumenti fondamentali per concorrere a determinare, con
metodo democratico, la politica regionale. E, dunque, anche e soprattutto i partiti sono
chiamati a svolgere sino in fondo il ruolo. che loro spetta in una società pluralista, di
mediazione tra società civile e società politica e di integrazione delle istanze
espresse nelle varie sedi in cui si articola la comunità regionale.
In tal modo,
partecipazione popolare e ruolo dei partiti potranno utilmente e felicemente integrarsi e
le giuste aspettative della Calabria riusciranno ad avere - come già hanno in parte avuto
- una risposta ed a trasformarsi in dati reali.
Sia consentito, allora, a
conclusione di queste pagine, formulare un auspicio ed esprimere una speranza.
L'auspicio che gli organi
di governo della Regione Calabria continuino come per il passato ad ispirarsi nella loro
azione allo Statuto ed intensifichino i loro sforzi perché gli obiettivi in esso così
solennemente e puntualmente indicati vengano perseguiti e raggiunti.
La speranza (che è pure
venata di certezza) che le varie componenti la comunità calabrese riescano, forti delle
loro tradizioni e della loro coscienza civile, a condurre a termine il lungo cammino
iniziato quando e stata istituita la Regione. nella consapevolezza che l'avvenire della
Calabria è nelle loro mani.