LEGGE REGIONALE  16 aprile 2002, n. 19 
Norme per la tutela, governo ed uso del territorio - Legge Urbanistica della Calabria
(Pubbl. in Boll. Uff. 23 aprile 2002, n. 7 supplemento straordinario n. 3) 

 

TITOLO I
DISPOSIZIONI GENERALI

Articolo 1
Oggetto della legge 

1. La presente legge, in attuazione dei principi di partecipazione e sussidiarietà, e nel quadro dell’ordinamento della Repubblica e dell’Unione Europea, disciplina la pianificazione, la tutela ed il recupero del territorio regionale, nonché l’esercizio delle competenze e delle funzioni amministrative ad esso attinenti.

2. La Regione Calabria, pertanto:

a) assicura un efficace ed efficiente sistema di programmazione e pianificazione territoriale orientato allo sviluppo sostenibile del territorio regionale, da perseguire con un’azione congiunta di tutti i settori interessati, che garantisca l’integrità fisica e culturale del territorio regionale, nonché il miglioramento della qualità della vita dei cittadini, dei connotati di civiltà degli insediamenti urbani, delle connessioni fisiche e immateriali dirette allo sviluppo produttivo e all’esercizio della libertà dei membri della collettività calabrese;

b) promuove un uso appropriato delle risorse ambientali, naturali, territoriali e storico-culturali;

c) detta norme sull’esercizio delle competenze esercitate ai diversi livelli istituzionali al fine di promuovere modalità di raccordo funzionale tra gli strumenti di pianificazione e valorizzazione del suolo, attraverso la rimodulazione delle diverse competenze;

d) favorisce la cooperazione tra la Regione, le Province, i Comuni e le Comunità montane, e valorizza la concertazione tra le forze economiche, sociali, culturali e professionali ed i soggetti comunque interessati alla formazione degli strumenti di pianificazione, o la cui attività pubblica o d’interesse pubblico possa essere incidente sull’assetto del territorio;

e) garantisce la semplificazione dei procedimenti amministrativi, assicurando la trasparenza dei processi decisionali e promuove la partecipazione dei cittadini alla formazione delle scelte che incidono sulla qualità dello sviluppo e sull’uso delle risorse ambientali.

3. Ciascuna Amministrazione titolare di poteri di pianificazione territoriale ed urbanistica, contestualmente all’atto che dà avvio ai procedimenti previsti dalla presente Legge, nomina, ai sensi dell’articolo 4 della Legge 7 Agosto 1990, n. 241 e successive modificazioni ed integrazioni, un responsabile dell’intero procedimento affidandogli, altresì, il compito di curare le attività relative alla pubblicità dello stesso e di assicurare a chiunque la conoscenza tempestiva delle decisioni e l’accesso ai relativi supporti conoscitivi e di adottare le forme più idonee per favorire la partecipazione dei cittadini singoli o associati al processo decisionale. 

4.  La Giunta regionale, al fine di garantire l’omogeneità della documentazione nel territorio regionale, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con proprio atto individua gli elaborati ed ogni altra documentazione tecnica facente parte degli strumenti di pianificazione territoriale.

Articolo 2
Partecipazione

1.  Nei procedimenti di formazione ed approvazione degli strumenti di pianificazione territoriale ed urbanistica sono assicurate:

a) la concertazione con le forze economiche e sociali nonché con le categorie tecnico-professionali, in merito agli obiettivi strategici e di sviluppo da perseguire;

b) le specifiche forme di pubblicità per la tutela degli interessi coinvolti, anche diffusi;

c)  il raccordo tra i soggetti preposti alla gestione degli strumenti di pianificazione territoriale ed urbanistica, i soggetti preposti alla salvaguardia dei beni e delle risorse presenti sul territorio, i soggetti titolari della gestione di attività incidenti sul territorio, con particolare riferimento alla mobilità delle persone e delle merci, all’energia, al turismo, al commercio e alle altre attività produttive rilevanti.

2. Nell’ambito della formazione degli strumenti che incidono direttamente su situazioni giuridiche soggettive, deve essere garantita la partecipazione dei soggetti interessati al procedimento, attraverso la più ampia pubblicità degli atti comunque concernenti la pianificazione, assicurando altresì il tempestivo ed adeguato esame delle deduzioni dei soggetti interessati e l’indicazione delle motivazioni in merito all’accoglimento o meno delle stesse.

3. Ogni Comune, entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, individua un apposito luogo della casa comunale, immediatamente accessibile al pubblico ovvero sul prospetto principale della stessa, nel quale sono affisse in modo visibile per trenta giorni continuativi, le comunicazioni degli atti e provvedimenti adottati in merito all’attività edilizia ed urbanistica in corso nel territorio comunale. Nelle predette comunicazioni sono contestualmente indicate le modalità per accedere al testo integrale degli atti e provvedimenti.

4.  La mancata esposizione delle comunicazioni di cui al comma precedente, delle quali viene tenuto apposito registro accessibile al pubblico presso il responsabile del procedimento, comporta l’inefficacia degli atti, che può essere fatta rilevare da chiunque vi abbia interesse. La corretta tenuta del registro è affidata al responsabile del procedimento anche per le eventuali conseguenze della citata inefficacia.

Articolo 3
Principi generali della Pianificazione Territoriale Urbanistica 

1.  La pianificazione territoriale ed urbanistica si fonda sul principio della chiara e motivata esplicitazione delle proprie determinazioni. A tal fine le scelte operate sono elaborate sulla base della conoscenza, sistematicamente acquisita, dei caratteri fisici, morfologici ed ambientali del territorio, delle risorse, dei valori e dei vincoli territoriali anche di natura archeologica, delle utilizzazioni in corso, dello stato della pianificazione in atto, delle previsioni dell’andamento demografico e migratorio, nonché delle dinamiche della trasformazione economico-sociale, e sono definite sia attraverso la comparazione dei valori e degli interessi coinvolti, sia sulla base del principio generale della sostenibilità ambientale dello sviluppo.

2.  La pianificazione territoriale e urbanistica si informa ai seguenti obbiettivi generali:

a) promuovere un ordinato sviluppo del territorio, dei tessuti urbani e del sistema produttivo;

b) assicurare che i processi di trasformazione  preservino da alterazioni irreversibili i connotati materiali essenziali del territorio e delle sue singole componenti e ne mantengano i connotati culturali conferiti dalle vicende naturali e storiche;

c) migliorare la qualità della vita e la salubrità degli insediamenti urbani;

d) ridurre e mitigare l’impatto degli insediamenti sui sistemi naturali e ambientali;

e) promuovere la  salvaguardia,  la valorizzazione ed il miglioramento delle qualità ambientali, architettoniche, culturali e sociali del territorio urbano, attraverso interventi di riqualificazione del tessuto esistente, finalizzati anche ad eliminare le situazioni di svantaggio territoriale;

f) prevedere l’utilizzazione di nuovo territorio solo quando non sussistano alternative derivanti dalla sostituzione dei tessuti insediativi esistenti, ovvero dalla loro riorganizzazione e riqualificazione.

Articolo 4
Sussidiarietà

1. Sono demandate ai Comuni tutte le funzioni relative al governo del territorio non espressamente attribuite dall'ordinamento e dalla presente legge alla Regione ed alle Province, le quali esercitano esclusivamente le funzioni di pianificazione che implicano scelte di interesse sovracomunale.

Articolo 5
 I sistemi della Pianificazione Territoriale  Urbanistica

1.  I sistemi naturalistico - ambientale, insediativo e relazionale della Regione Calabria sono oggetto della pianificazione territoriale e urbanistica:

a)  il sistema naturalistico ambientale è costituito dall’intero territorio regionale  non interessato dagli insediamenti e/o dalle reti dell’armatura urbana ma con gli stessi interagente nei processi di trasformazione, conservazione e riqualificazione territoriale;

b)  il sistema insediativo è costituito dagli insediamenti  urbani periurbani e diffusi, residenziali, industriali/artigianali, agricolo-produttivi e turistici;

c)  il sistema relazionale è costituito dalle reti della viabilità stradale e ferroviaria; dalle reti di distribuzione energetica, dalle comunicazioni, dai porti, aeroporti ed interporti, centri di scambio intermodale.

2.  La definizione dei sistemi di cui al comma precedente è compito prioritario e specifico della Regione che vi provvede attraverso la redazione del Piano Territoriale di coordinamento Regionale (Q.T.R.), individuando:

 

a) per il sistema naturalistico - ambientale:

- le unità geomorfologiche e paesaggistiche ambientali;

- i corridoi di conflittualità ambientale;

- i corridoi di continuità ambientale;

- gli areali di valore;

- gli areali di rischio;

- gli areali di conflittualità;

- gli areali di abbandono /degrado;

- gli areali di frattura della continuità morfologica - ambientale;

b) per il sistema insediativo:

- gli ambiti urbani suddivisi in:

- suoli urbanizzati;

- suoli non urbanizzati;

- suoli riservati all’armatura urbana;

- gli ambiti periurbani suddivisi in:

- suoli agricoli abbandonati contigui agli ambiti urbani;

- sistemi insediativi diffusi extraurbani privi di organicità;

c) per il sistema relazionale che in ambito urbano fa parte dei suoli riservati all’armatura urbana:

- il sistema della viabilità stradale costituito dalle strade statali, regionali provinciali, comunali e/o vicinali;

- il sistema Ferroviario, costituito dalla rete delle ferrovie statali, regionali e/o in concessione;

- il Sistema dei porti ed aeroporti, interporti/ centri di scambio intermodale;

- il Sistema delle reti energetiche, costituito da elettrodotti, metanodotti, oleodotti,acquedotti;

- il Sistema delle telecomunicazioni, costituito dalle reti e dai nodi dei sistemi telefonici, informatici e simili.

3.  I sistemi di cui al comma 1 devono essere considerati anche con riferimento alla loro eventuale continuità relazionale con i territori delle Regioni limitrofe.

Articolo 6
Modalità di intervento e di uso

1. La pianificazione territoriale ed urbanistica si attua, ai fini della presente legge, attraverso definizioni, valutazioni e previsioni di intervento e di uso del territorio.

2.  Le modalità di intervento si articolano in azioni tipologiche cosi definite:

a) conservazione: il cui fine è mantenere, ripristinare o restaurare i connotati costitutivi dei sistemi naturalistico ambientali, insediativi e relazionali, ovvero di loro parti o componenti, nonché degli usi compatibili a loro afferenti;

b) trasformazione: il cui fine è l’adeguamento dei sistemi naturalistico-ambientali, insediativi e relazionali, ovvero di loro parti o componenti, mediante l’introduzione di nuove soluzioni funzionali e di forma, purché compatibili con i loro connotati costitutivi e di uso;

c) nuovo impianto: il cui fine è la previsione di ampliamenti e/o di nuove parti dei sistemi insediativi e relazionali, eventualmente mutando le condizioni naturali preesistenti, previa verifica di compatibilità e di coerenza.

3.  Le modalità d’uso si articolano nelle seguenti tipologie:

a)  Insediativa;

b) produttiva;

c)  culturale per la crescita sociale dei singoli e delle comunità;  

d) infrastrutturale, materiale ed immateriale;

e) agricola-forestale;

f) uso misto.

Articolo 7
 Gli ambiti della Pianificazione territoriale

1.  Sono ambiti istituzionali di pianificazione:

a)  il territorio regionale;

b)  il territorio delle Province ;

c)  il territorio dei Comuni, dei loro consorzi e delle loro unioni;

d) gli ambiti territoriali e gli specchi d’acqua compresi nei parchi e nelle riserve naturali nazionali e regionali;

e) gli ambiti territoriali compresi nei bacini regionali ed interregionali;

f)  i territori dei consorzi di bonifica.

Articolo 8
Sistema informativo territoriale e Osservatorio
 delle trasformazioni territoriali (S.I.T.O.)

1. È istituito presso l’Assessorato Urbanistica e Ambiente della Regione il Sistema Informativo Territoriale e l’Osservatorio delle trasformazioni territoriali (S.I.T.O.). In esso confluiscono tutti gli atti di pianificazione, le informazioni cartografiche realizzate degli Enti ed Organismi regionali e  sub-regionali e le risorse a tali scopo destinate.

2.  Il S.I.T.O., costituisce lo strumento conoscitivo di base  per la definizione delle strategie e  degli atti di governo del territorio, ivi  compresa l’allocazione in quest’ultimo delle risorse,  per la verifica dei loro effetti.

3. Il S.I.T.O.: 

a) cura la realizzazione della cartografia di base regionale e  delinea  norme e criteri per la formazione della cartografia tematica informatizzata;

b) approfondisce  e diffonde la conoscenza delle risorse e delle trasformazioni del territorio regionale;

c) fornisce ai soggetti competenti per la programmazione economica ed alla  pianificazione territoriale ed urbanistica le informazioni necessarie per la redazione, la verifica e l’adeguamento dei diversi strumenti, comprese le informazioni riguardanti i progetti d’intervento finanziati e/o cofinanziati dall’Unione,  dello Stato e delle altre regioni;

d) registra gli effetti indotti dall’applicazione delle normative e dall’azione di trasformazione del territorio;

e) sviluppa e  coordina i flussi informativi tra gli enti titolari dell’informazione territoriale presenti nella regione nonché elabora quelli contenuti nella banca dati sui centri storici calabresi ( O.Re.S.Te ); i flussi ed i dati suddetti vengono costantemente implementati dalle informazioni trasmesse dalle Amministrazioni Comunali e dagli altri enti titolari di potestà urbanistica concernenti il rilascio dei permessi di costruire e di altri atti abilitativi rilevanti ai fini del presente articolo; a tal fine il S.I.T.O. si implementa di un sistema di collegamento costante con gli sportelli unici per l’edilizia istituiti presso le Province ed i Comuni ai sensi dell’art. 71;

f) predispone criteri, requisiti e metodi di misurazione dell’efficienza e dell’efficacia delle procedure di allocazione delle risorse nel territorio e degli strumenti urbanistici,  nonché delle loro interrelazioni e modalità di attuazione, anche ai fini dell’attività normativa di indirizzo e di coordinamento della Regione e degli enti locali;

g) favorisce la conoscenza dei dati relativi ad esperienze rilevanti realizzate nell’Unione, nella Repubblica e nella Regione riguardanti le metodologie tecniche e i risultati ottenuti nella pianificazione e gestione del territorio;

h) stabilisce  collegamenti con i corrispondenti servizi informativi dell’Unione, della Repubblica e delle altre Regioni;

i) promuove servizi di informazione al cittadino.

4.  Il S.I.T.O. realizza, altresì, annualmente:

a)  il programma regionale delle attività in ordine alle procedure  di allocazione delle risorse, agli strumenti conoscitivi  e di controllo di queste sul piano territoriale con  le connesse rilevazioni cartografiche;

b) la sintesi informativa in ordine alle trasformazioni territoriali regionali e al relativo contesto geo-economico.

5.  La Giunta regionale, su proposta dell’assessore all’Urbanistica e  all’Ambiente, sentita la commissione consiliare competente nonché la rappresentanza dell’U.P.I., dell’A.N.C.I e dell’U.N.C.E.M., predispone ed approva nel termine di 120 giorni dalla entrata in vigore della presente legge, la delibera di costituzione ed organizzazione del S.I.T.O., comprensiva delle dotazioni organiche, strumentali e finanziarie  del sistema stesso.

6.  Il S.I.T.O. trasmette ogni anno al Consiglio regionale, in occasione della presentazione della proposta del bilancio regionale di previsione, una dettagliata relazione, da pubblicare sul B.U.R., sullo stato di avanzamento del processo di pianificazione territoriale e sullo stato di attuazione delle relative previsioni.

«7. In sede di applicazione delle norme del presente articolo sono fatti salvi i contenuti e gli effetti delle deliberazioni della Giunta regionale n. 1008 del 4/12/2000 e n. 145 del 26/2/ 2002». 

Articolo 9 
Nucleo di valutazione urbanistico-territoriale 

1.  La delibera di cui al quinto comma del precedente articolo 8 istituisce il nucleo di valutazione urbanistico-territoriale della Regione Calabria.

2.  E’ compito del nucleo:

a) monitorare le attività di valutazione di cui al successivo art.10  

b) esprimere alla Giunta regionale pareri in merito  alla definizione del Q.T.R. ed i suoi rapporti con il Sistema Informativo Territoriale; parere sulle prescrizioni di carattere territoriale degli atti e documenti della pianificazione settoriale regionale e loro traduzione in termini informatici;

c) predisporre un rapporto annuale sullo stato della pianificazione del territorio regionale da presentarsi alla Giunta regionale che con proprio parere, entro 30 giorni dalla ricezione, lo trasmetterà con propria delibera al Consiglio regionale per la definitiva approvazione;

d) fornire, su richiesta, ogni forma di assistenza alle strutture del S.I.T.O. e agli sportelli unici per l’edilizia;

3.  Del nucleo di valutazione fanno parte:

- l’Assessore regionale all’Urbanistica e all’Ambiente che lo presiede;

-  i Dirigenti dei servizi Urbanistica e Ambiente del Dipartimento regionale relativo;

-  il segretario dell’Autorità di bacino;

- gli Assessori Provinciali  all’uopo delegati dalla Giunta Provinciale;

- un delegato dell’A.N.C.I., uno dell’U.N.C.E.M. e uno dell’A.N.C.E.;

- un delegato in rappresentanza dei parchi della Regione Calabria; 

- un delegato designato di concerto dai Presidenti degli Ordini provinciali degli architetti e dell’ordine provinciale degli ingegneri; 

- un rappresentante designato da ognuna delle Università Calabresi;

-  un rappresentante dell’Unione regionale delle bonifiche;

- un rappresentante dell’Unione piccoli Comuni.

4.  Da 3 esperti  nominati dal Presidente della Giunta regionale, con particolare competenza in materia di pianificazione urbanistica, territoriale, tutela e conservazione del patrimonio storico architettonico e paesaggistico della Calabria.

5.  I componenti il Nucleo di Valutazione sono nominati con decreto del Presidente della Giunta regionale e durano in carica per l’intera durata della legislatura e comunque fino alla designazione dei sostituti.

6.  La legge regionale di bilancio approvata nell’anno di costituzione del nucleo provvederà alla allocazione dei relativi oneri per il funzionamento del nucleo stesso nel corso della legislatura.

Articolo 10
Valutazione di sostenibilità e di impatto ambientale

1.  La Regione, le Province  e i Comuni provvedono, nell’ambito dei procedimenti di elaborazione e di approvazione dei propri piani, alla valutazione preventiva della sostenibilità ambientale e territoriale degli effetti derivanti dalla loro attuazione, nel rispetto della normativa dell’Unione Europea e della Repubblica, attraverso le verifiche di coerenza e compatibilità.

2.  La verifica di coerenza accerta che i sistemi naturalistico-ambientali, insediativi e relazionali, definiti in base ai principi ed alle procedure di cui alla presente legge, siano coerenti con quelle della pianificazione vigente, ai diversi livelli, e si applica agli obiettivi della pianificazione strutturale ed operativa; vale a dire: 

a) alla tutela e conservazione del sistema naturalistico-ambientale;

b) all’equilibrio e  funzionalità del sistema insediativo;

c)  all’efficienza e funzionalità del sistema relazionale;

d) alla rispondenza con i programmi economici.

3.  La verifica di compatibilità accerta che gli usi e le trasformazioni del territorio siano compatibili con i sistemi naturalistico-ambientali, insediativi e relazionali, definiti in base ai principi e alle procedure di cui alla presente legge. Essa trova applicazione nelle modalità di intervento della pianificazione strutturale ed operativa ed è rivolta:

a)  a perseguire la sostenibilità degli interventi antropici rispetto alla quantità e qualità delle acque superficiali e sotterranee, alla criticità idraulica del territorio ed all’approvvigionamento idrico, alla capacità di smaltimento dei reflui, ai fenomeni di dissesto idrogeologico e di instabilità geologica, alla riduzione ed alla prevenzione del rischio sismico, al risparmio e all’uso ottimale delle risorse energetiche e delle fonti rinnovabili;

b)  a rendere possibile il restauro e la riqualificazione del territorio, con miglioramento della funzionalità complessiva attraverso una razionale distribuzione del peso insediativo della popolazione e delle diverse attività;

c)  a realizzare una rete di infrastrutture, impianti, opere e servizi che assicurino la circolazione delle persone, delle merci e delle informazioni, realizzata anche da sistemi di trasporto tradizionali od innovativi, con la relativa previsione di forme  d’interscambio e connessione, adottando soluzioni tecniche e localizzative finalizzate alla massima riduzione degli impatti sull’ambiente.

4.  Gli enti titolari del governo del territorio, preliminarmente alla adozione degli atti di pianificazione strutturale danno vita  a procedure di verifica della coerenza e della compatibilità di tali atti con gli strumenti della pianificazione urbana e territoriale e con i piani di settore ove esistenti,  ai fini della valutazione di sostenibilità. 

5.  Le procedure di verifica sono attuate attraverso la Conferenza di pianificazione, convocata ai sensi dell’articolo  13.

6. Nelle ipotesi contemplate nella direttiva 2001/42/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 27 giugno 2001, concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente, pubblicata in Gazzetta Ufficiale numero 197 del 21 luglio 2001,  si opera in conformità alle disposizioni contenute nella direttiva stessa specie per quanto attiene gli articoli 2, 3, 4, 5, 6, 8 e 9.  

7.  In attuazione anticipata delle citate disposizioni comunitarie, lo studio di impatto ambientale deve riguardare l’insieme degli effetti, diretti ed indiretti, a breve e a lungo termine, permanenti e temporanei, singoli e cumulativi, positivi e negativi, che i piani anzidetti hanno sull’ambiente, inteso come sistema complesso delle risorse naturali ed umane (uomo, fauna, flora, suolo e sottosuolo, mare, acque superficiali e sotterranee, aria, clima, paesaggio, ambiente urbano e rurale) e delle loro reciproche interazioni. Nelle procedure di formazione e di approvazione degli strumenti di pianificazione qualunque soggetto può presentare, nei periodi di pubblicazione previsti, osservazioni e proposte in ordine alla compatibilità ambientale e di esse deve tenersi conto ai fini dell’approvazione dello strumento. In sede di definitivo recepimento nell’ordinamento regionale della citata direttiva 2001/42/CE, da effettuarsi entro 12 mesi dall’entrata in vigore della presente legge saranno definite le norme procedimentali di dettaglio e le relativa competenze. Fino a tale data le determinazioni in merito alle richieste di valutazione di impatto ambientale sono adottate dalle Giunta regionale su proposta dell’Assessore all’Urbanistica e Ambiente.

TITOLO II 
PARTECIPAZIONE E CONCERTAZIONE

Articolo 11
Partecipazione dei cittadini

1.  I procedimenti di formazione ed approvazione  degli strumenti di governo del territorio, prevedono quali loro componenti essenziali:  

a) la concertazione tra le amministrazioni procedenti e le forze sociali ed economiche sugli obiettivi della pianificazione attraverso la costituzione di Organismi consultivi cui partecipano le seguenti Associazioni regionali:

- un  rappresentante dell’U.P.I.;

- un  rappresentante  dell’A.N.C.I.;

- un  rappresentante  dell’U.N.C.E.M.;

- un  rappresentante  dell’A.N.C.E. ;

- un  rappresentante  per ciascuna delle Federazioni degli Ordini professionali degli architetti-pianificatori-paesaggisti-conservatori, degli agronomi, geologi  ed ingegneri, nonché dei geometri;

- un rappresentante unitario delle organizzazioni ambientaliste e protezioniste, un rappresentante delle organizzazioni professionali agricole operanti sul territorio;

- un rappresentante dell’Associazione Piccoli Comuni (ANPC);

b) specifiche forme di pubblicità e di consultazione dei cittadini e delle associazioni costituite per la tutela d’interessi diffusi.

2.  Gli Enti locali possono prevedere che, nei medesimi procedimenti, ai sensi del D. Lgs. 18 agosto 2000 n° 267 e della legge 7 agosto 1990, n. 241 e successive modificazioni ed integrazioni, siano previste ulteriori forme di pubblicità e di consultazione oltre a quelle della presente legge.

3. Nell’ambito della formazione degli strumenti che incidono direttamente su situazioni giuridiche soggettive, è garantita la partecipazione dei soggetti interessati al procedimento attraverso la più ampia pubblicità degli atti e documenti concernenti la pianificazione ed assicurando il tempestivo ed adeguato esame delle deduzioni dei soggetti intervenuti e l’indicazione delle motivazioni in merito all’accoglimento o meno delle stesse, anche ai sensi del precedente articolo  1. 

4. Nell’attuazione delle previsioni di vincoli urbanistici preordinati all’esproprio deve essere garantito il diritto al contraddittorio degli interessati con l’amministrazione procedente.

5.  Il responsabile del procedimento cura tutte le attività relative alla pubblicità, all’accesso agli atti e documenti ed alla partecipazione al procedimento d’approvazione. Il responsabile è individuato nell’atto d’avvio dei procedimenti di approvazione dei piani.

Articolo 12

 Concertazione istituzionale

1.  La Regione, le Province  e i Comuni, nella formazione degli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica, conformano la propria attività al metodo della concertazione con gli altri Enti pubblici territoriali e con le altre Amministrazioni preposte alla cura degli interessi pubblici coinvolti.

2. Sono strumenti della concertazione istituzionale la Conferenza di pianificazione, la Conferenza di servizi e l’accordo di programma.  

Articolo 13
 Conferenze di pianificazione

1.  La Regione, le Province ed i Comuni, in occasione della formazione, dell’aggiornamento e della variazione dei  piani di propria competenza convocano apposite conferenze di pianificazione, chiamando a parteciparvi gli enti territorialmente interessati ed invitandoli a valutare un documento preliminare in ordine alla compatibilità ed alla coerenza delle scelte pianificatorie con le previsioni degli strumenti di pianificazione sovraordinati ed alla realizzazione delle condizioni per lo sviluppo sostenibile del territorio.

2.  Il documento preliminare viene elaborato dall’Ente che indice la Conferenza e, contestualmente alla convocazione della Conferenza medesima, trasmesso a tutti i soggetti invitati.

3.  Alla Conferenza partecipano gli enti territoriali e le Amministrazioni che concorrono alla procedura di formazione del piano mediante atti deliberativi, consultivi, di intesa o di assenso comunque denominati; possono altresì, partecipare altre Amministrazioni ed enti di gestione rappresentativi degli interessi coinvolti.  

4. Nella Conferenza di pianificazione le  forze  economiche e sociali, di cui al comma 1 lett. a del precedente articolo 11, concorrono alla definizione degli obiettivi e delle scelte dei piani delineate dal documento preliminare.

5. Ogni amministrazione partecipa alla Conferenza con un unico rappresentante, legittimato ai sensi di legge dai rispettivi Organismi titolari dei poteri, che esprime definitivamente ed in modo vincolante le valutazioni e la volontà dell’ente.

6.  Le Amministrazioni, gli Enti e le Associazioni partecipanti alla Conferenza espongono le loro osservazioni, proposte e valutazioni, delle quali si dà atto in un apposito verbale che l’amministrazione procedente è tenuta a considerare nel processo di pianificazione avviato.

7.  La Conferenza deve concludersi nel termine di quarantacinque giorni e l’amministrazione procedente deve assicurare la pubblicità degli esiti della concertazione.

Articolo 14

Conferenze di servizi

1.  II procedimento semplificato di cui all'articolo 14 della Legge 7 Agosto 1990, n. 241 e successive modificazioni ed integrazioni è applicabile per l'approvazione di progetti di opere e di interventi che, nel rispetto della pianificazione regionale e provinciale, necessitano di pareri, nulla‑osta, intese o assensi comunque denominati da parte di altre Amministrazioni titolate ad esprimerli.

2. Qualora l'approvazione dei progetti da parte della Conferenza di servizi comporti variante al PRG o si sostituisca agli strumenti di attuazione di esso:

a) l'atto di impulso dell'autorità procedente deve essere adeguatamente circostanziato e motivato sulle ragioni di convenienza e di urgenza per il ricorso al procedimento semplificato di cui al presente articolo;

b) se ne deve dare atto nella prima seduta della Conferenza anche agli effetti di quanto disposto nelle successive lettere c) e d);

c) la relativa pronuncia dell'amministrazione comunale deve essere preceduta da conforme deliberazione dei consiglio comunale;

d) la deliberazione consiliare di cui alla lettera c), unitamente agli atti presentati nel corso della prima seduta della Conferenza è depositata a cura del Comune interessato a libera visione del pubblico per 30 giorni consecutivi, previo avviso affisso all'albo pretorio e divulgato a mezzo manifesti sull'intero territorio comunale ai fini dell'eventuale presentazione nello stesso periodo di osservazione da parte di chiunque vi abbia interesse;

e) le osservazione vengono presentate al Comune interessato il quale, entro quindici giorni, le istruisce per quanto di competenza per la loro sottoposizione alla decisione della Conferenza medesima in seduta deliberante da convocare comunque entro il termine di 90 giorni decorrenti dalla data della prima seduta della stessa.

3.  Le deliberazioni adottate sostituiscono a tutti gli effetti gli atti dei rispettivi procedimenti ordinari, fermo restando che qualora esse comportino sostanziali modifiche al progetto sul quale si è già pronunciato il Consiglio comunale ai sensi dei comma 2, lettera c), e non sia stato preventivamente acquisito il suo assenso, la loro efficacia è subordinata alla ratifica da parte di tale organo da adottarsi entro trenta giorni dalla data di assunzione delle deliberazioni stesse.

4. Delle determinazioni conclusive assunte dalla Conferenza di servizi è data notizia mediante avviso recante l'indicazione della sede di deposito degli atti di pianificazione approvati, da pubblicarsi sul BUR e su almeno un quotidiano a diffusione locale.

5.  Per quanto non previsto nel presente articolo si applicano le disposizioni di cui agli articoli 14, 14bis e 14ter della legge n. 241/90 e successive modificazioni ed integrazioni.

6.  I procedimenti di cui al presente articolo devono concludersi entro e non oltre 90 giorni dalla data di inizio.

7.  In sede di prima applicazione per i procedimenti dì cui al precedente comma 2 già avviati e per i quali non siano state concluse le procedure propedeutiche alla pronuncia definitiva dei Consiglio comunale ai sensi dell'articolo 25 del D.Lgs 31 Marzo 1998, n. 112, si procede secondo le disposizioni dei presente articolo.

Articolo 15
 Accordo di programma  

1.  Per l’attuazione dei  piani territoriali di livello regionale, interregionale,  provinciale e comunale, nonché per l’attuazione dei patti territoriali, dei contratti di programma, ovvero per l’attuazione di tutte le altre forme di concertazione economico- finanziaria, ivi compresi interventi ed opere pubbliche o di interesse pubblico promosse da soggetti istituzionali, da Organismi misti o dal mercato, i soggetti interessati promuovono la conclusione di un accordo di programma, ai sensi dell’articolo  34 del D.Lgs 18 agosto 2000, n. 267. Per le conferenze di servizio convocate per l’attuazione dell’accordo di cui al primo comma si applicano le norme statali vigenti.

TITOLO III 
OPERE DI INTERESSE GENERALE   

Articolo 16 
Opere di interesse statale

1.  La volontà di intesa, in ordine alla localizzazione delle opere pubbliche statali e di interesse statale non conformi agli strumenti urbanistici, è espressa dalla Giunta regionale previa convocazione di una Conferenza dei servizi, alla quale partecipano le Province, i Comuni e gli altri enti territorialmente interessati.

2. Qualora l’opera statale incida su aree destinate dagli strumenti urbanistici comunali al soddisfacimento dello standard dei servizi alla popolazione, il Comune, in sede di Conferenza dei servizi, può chiedere all’amministrazione statale procedente interventi compensativi, al fine di recuperare le aree necessarie alla realizzazione di detti servizi.

3.  La procedura finalizzata all’intesa Stato-Regione non trova applicazione in relazione ad opere prive di specifica incidenza urbanistica, quali quelle rientranti nelle tipologie individuate dall’articolo 3, lettera b) e c), del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, per la cui realizzazione è sufficiente l’invio al Comune, da parte dell’amministrazione statale interessata, di una relazione illustrante le caratteristiche dell’intervento, anche al fine di consentire all’Amministrazione comunale, ove ritenga che il progetto non sia riconducibile alle tipologie anzidette, di sollecitare alla Regione l’attivazione delle procedure d’intesa.

4.  Per la realizzazione di opere di competenza e di interesse statale non occorre il rilascio del permesso di costruire.

TITOLO IV
STRUMENTI E CONTENUTI DELLA PIANIFICAZIONE 

Articolo 17  
Quadro Territoriale Regionale
(Q.T.R.)

3. II Q.T.R. prevede:

1.  Il Quadro Territoriale Regionale (Q.T.R.) è lo strumento di indirizzo per la pianificazione del territorio con il quale la Regione, in coerenza con le scelte ed i contenuti della programmazione economico-sociale, stabilisce gli obiettivi generali della propria politica territoriale, definisce gli orientamenti per la identificazione dei sistemi territoriali, indirizza ai fini del coordinamento la programmazione e la pianificazione degli enti locali.

2.  Il Q.T.R. ha valore di piano urbanistico-territoriale, ed ha valenza paesistica riassumendo le finalità  di salvaguardia dei valori paesistici ed ambientali di cui all’articolo 149 e seguenti del Decreto Legislativo 29 ottobre 1999 n. 490. 

a) la definizione del quadro generale della tutela dell’integrità fisica e dell’identità culturale del territorio regionale, con l’individuazione delle azioni fondamentali per la salvaguardia dell’ambiente;

b) le azioni e le norme d’uso finalizzate tanto alla difesa del suolo, in coerenza con la pianificazione di bacino di cui alla legge n. 183/89, quanto alla prevenzione ed alla difesa dai rischi sismici ed idrogeologici , dalle calamità naturali e dagli inquinamenti delle varie componenti ambientali;

c) la perimetrazione dei sistemi naturalistico-ambientale, insediativi e relazionale costituenti del territorio regionale, individuandoli nelle loro relazioni e secondo la loro qualità ed il loro grado di vulnerabilità e riproducibilità;

d) le possibilità di trasformazione del territorio regionale determinate attraverso la individuazione e la perimetrazione delle modalità d’intervento di cui al precedente articolo 6 nel riconoscimento dei vincoli ricognitivi e morfologici derivanti dalla legislazione statale e di quelli ad essi assimilabili ai sensi del D.Lgs. 29 ottobre 1999 n. 490 e della legge 6 dicembre 1991, n. 394;

e)  il termine entro il quale le Province devono dotarsi od adeguare il Piano Territoriale di Coordinamento di cui all’articolo  18; 

f)  il termine entro il quale le previsioni degli strumenti urbanistici comunali debbono adeguarsi alle prescrizioni dei Q.T.R.;

g) l’analisi dei sistemi naturalistici ambientali ai fini della loro salvaguardia e valorizzazione.

4. Costituisce parte integrante del Q.T.R. la Carta Regionale dei Suoli che, in attuazione dei principi identificati al precedente art. 5, definisce:

a) la perimetrazione dei sistemi che costituiscono il territorio regionale individuandone le interrelazioni a secondo della loro qualità, vulnerabilità e riproducibilità;

b)  i gradi di trasformabilità del territorio regionale derivanti dalla individuazione e dalla perimetrazione delle forme e dei modelli di intervento, di cui al precedente art.5, con la conseguente nomenclatura dei vincoli ricognitivi e morfologici  derivanti dalla disciplina statale e regionale sulla tutela e valorizzazione dei beni culturali singoli ed ambientali;

c) le modalità d’uso e d’intervento dei suoli derivati dalla normativa statale di settore in materia di difesa del suolo e per essa dal Piano di Assetto idrogeologico della Regione Calabria.

5.  La Giunta regionale, entro 180 giorni dalla entrata in vigore della presente legge, elabora le linee guida della pianificazione regionale e lo schema base della Carta Regionale dei suoli. A tal fine, tramite il suo Presidente, indice una apposita Conferenza di pianificazione diretta alla formulazione di un protocollo di intesa con le Province e con le altre Amministrazioni competenti per la predisposizione degli atti e documenti che entreranno a far parte delle  linee guida medesime, che dalla data della loro approvazione assumono il valore e l’efficacia del Q.T.R. fino all’approvazione dello stesso.

Articolo 18
Piano territoriale di coordinamento provinciale
(P.T.C.P.)

1.  Il  Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (P.T.C.P.) è l’atto di programmazione con il quale la Provincia esercita, nel governo del territorio, un ruolo di coordinamento programmatico e di raccordo tra le politiche territoriali della Regione e la pianificazione urbanistica comunale; riguardo ai valori paesistici ed ambientali, di cui al D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490, esso si raccorda ed approfondisce i contenuti del Q.T.R.. 

2.  Il P.T.C.P. costituisce, dalla data della sua approvazione, in materia di pianificazione paesaggistica, l’unico riferimento per gli strumenti comunali di pianificazione e per l’attività amministrativa attuativa.  

3.  Il P.T.C.P., in relazione alla totalità del territorio provinciale, assume come riferimento le linee di azione della programmazione regionale e le prescrizioni del Q.T.R., specificandone le analisi ed i contenuti.

4.  Il P.T.C.P., ferme restando le competenze dei Comuni e degli Enti parco:

a) definisce i principi sull’uso e la tutela delle risorse del territorio provinciale, con riferimento alle peculiarità dei suoi diversi ambiti;  

b) individua ipotesi di sviluppo del territorio provinciale, indicando e coordinando gli obiettivi da perseguire e le conseguenti azioni di trasformazione e di tutela;

c) stabilisce puntuali criteri per la localizzazione sul territorio degli interventi di competenza provinciale, nonché, ove necessario e in applicazione delle prescrizioni della programmazione regionale, per la localizzazione sul territorio degli interventi di competenza regionale; 

d) individua, ai fini della predisposizione dei programmi di previsione e prevenzione dei rischi, le aree da sottoporre a speciale misura di conservazione, di attesa e ricovero per le popolazioni colpite da eventi calamitosi e le aree di ammassamento dei soccorritori e delle risorse.

5.  Il P.T.C.P. stabilisce inoltre criteri e parametri per le valutazioni di compatibilità tra le varie forme e modalità di utilizzazione delle risorse essenziali del territorio.

6.  Il P.T.C.P. contiene: 

a)  il quadro conoscitivo delle risorse essenziali del territorio e il loro grado di vulnerabilità e di riproducibilità in riferimento ai sistemi ambientali locali, indicando, con particolare riferimento ai bacini idrografici, le relative condizioni d’uso, anche ai fini delle valutazioni di cui all’articolo 10;

b)  il quadro conoscitivo dei rischi;

c) le prescrizioni sull’articolazione e le linee di evoluzione dei sistemi territoriali, urbani, rurali e montani;

d) prescrizioni, criteri ed ambiti localizzativi in funzione delle dotazioni dei sistemi infrastrutturali e dei servizi di interesse sovracomunale, nonché della funzionalità degli stessi in riferimento ai sistemi territoriali ed alle possibilità di una loro trasformazione;

e) prescrizioni localizzative indicate da piani provinciali di settore;  

f) le opportune salvaguardie ai sensi dell’articolo 58.

7.  Le prescrizioni dei P.T.C.P., di cui ai precedenti commi, costituiscono, unitamente alle leggi, il riferimento esclusivo per la formazione e l’adeguamento degli strumenti urbanistici comunali, salvo quanto previsto dall’articolo 58.

8. Dall’entrata in vigore della presente legge la Provincia approva il P.T.C.P entro il termine di 24 mesi; decorso infruttuosamente tale termine la Regione procede alla nomina di un Commissario ad acta.

9.  La Provincia, con l’atto di approvazione del P.T.C.P. assegna il termine non superiore a dodici mesi per l’adeguamento ad esso degli strumenti urbanistici comunali, decorso infruttuosamente tale termine, procede alla nomina di Commissari ad acta.

Articolo 19
Strumenti di Pianificazione Comunale

1.  Gli Strumenti di pianificazione comunale sono:

a)  il Piano Strutturale (P.S.C.) ed il Regolamento Edilizio ed Urbanistico (R.E.U.);

b)  il Piano Operativo Temporale (P.O.T.);

c)  i Piani Attuativi Unitari (P.A.U.);

d) gli strumenti di pianificazione negoziata, di cui all’articolo 32.  

Articolo 20
Piano strutturale comunale (P.S.C.)

1.  Il Piano Strutturale Comunale (P.S.C.) definisce le strategie per il governo dell’intero territorio comunale, in coerenza con gli obiettivi e gli indirizzi urbanistici della Regione e con gli strumenti di pianificazione provinciale espressi dal Quadro Territoriale Regionale (Q.T.R.), dal Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (P.T.C.P.) e dal Piano di Assetto Idrogeologico (P.A.I.).

2.  Il P.S.C. è promosso anche in assenza dei Piani sovra-ordinati, tenendo conto delle linee guida di cui al precedente articolo 17 ed al documento preliminare di cui al successivo articolo 26, comma 3. In esso viene stabilita l’eventuale necessità di ricorso al Piano Operativo Temporale e definite le relative procedure di formazione o approvazione, nonché la durata.

3.  Il P.S.C.:

a) classifica il territorio comunale in urbanizzato, urbanizzabile, agricolo e forestale, individuando le risorse naturali ed antropiche del territorio e le relative criticità ed applicando  gli standards  urbanistici di cui all’art. 53 della presente Legge e, fino alla emanazione della deliberazione della Giunta regionale, di cui al comma 3 dello stesso art. 53, assicurando la rigorosa applicazione del DM 2/4/1968 n. 1444 con gli standars e le zonizzazioni ivi previsti in maniera inderogabile e non modificabile;

b) determina le condizioni di sostenibilità degli interventi e delle trasformazioni pianificabili;

c) definisce i limiti dello sviluppo del territorio comunale in funzione delle sue caratteristiche geomorfologiche, idrogeologiche, pedologiche, idraulico-forestali ed ambientali;

d) disciplina l’uso del territorio anche in relazione alla valutazione delle condizioni di rischio idrogeologico e di pericolosità sismica locale come definiti dal piano di assetto idrogeologico o da altri equivalenti strumenti;

e) individua le aree per le quali sono necessari studi ed indagini di carattere specifico ai fini della riduzione  del rischio ambientale;

f) individua in linea generale le aree per la realizzazione delle infrastrutture e delle attrezzature pubbliche, di interesse pubblico e generale di maggiore rilevanza;

g) delimita gli ambiti urbani e perurbani soggetti al mantenimento degli insediamenti o alla loro trasformazione;

h) individua gli ambiti destinati  all’insediamento di impianti produttivi rientranti nelle prescrizioni di cui al D.Lgs 17 agosto 1999, n. 334 ed alla relativa disciplina di attuazione;

i) definisce per ogni Ambito, i limiti massimi della utilizzazione edilizia e della popolazione insediabile nonché i requisiti quali-quantitativi ed i relativi parametri, le aree in cui è possibile edificare anche in relazione all’accessibilità urbana, la aree dove è possibile il ricorso agli interventi edilizi diretti in ragione delle opere di urbanizzazione esistenti ed in conformità alla disciplina generale del  Regolamento Edilizio Urbanistico;

i) delimita e disciplina gli ambiti di tutela e conservazione delle porzioni storiche del territorio; ne individua le caratteristiche principali, le peculiarità e le eventuali condizioni di degrado e di abbandono valutando le possibilità di recupero, riqualificazione e salvaguardia;

j) delimita e disciplina ambiti a valenza paesaggistica ed ambientale ad integrazione del Piano di Ambito, se esistente, oppure in sua sostituzione, se non esistente e raccorda ed approfondisce i contenuti paesistici definiti dalla Provincia;

k) qualifica il territorio agricolo e forestale secondo le specifiche potenzialità di sviluppo;

l) individua gli ambiti di tutela del verde urbano e periurbano valutando il rinvio a specifici piani delle politiche di riqualificazione, gestione e manutenzione;

m) individua le aree necessarie per il Piano di Protezione Civile;

n) individua e classifica i nuclei  di edificazione abusiva, ai fini del loro recupero urbanistico nel contesto territoriale ed urbano;

o) indica la rete ed i siti per il piano di distribuzione dei carburanti in conformità al piano regionale;

p) individua, ai fini della predisposizione dei programmi di previsione e prevenzione dei rischi, le aree, da sottoporre a speciale misura di conservazione, di attesa e ricovero per le popolazioni colpite da eventi calamitosi e le aree di ammassamento dei soccorritori e delle risorse.

4.  Per garantire la realizzazione delle finalità di cui al comma 2, il P.S.C. deve essere integrato da:

a) una relazione geomorfologica, corredata di cartografia tematica sufficientemente rappresentativa delle condizioni di pericolosità geologica e di rischio di frana, di erosione e di esondazione, elaborata da tecnico abilitato iscritto all’albo professionale così come previsto dalla legge 64/74;

b) studi e indagini a norma del D.M. dell’11.3.1988 e successive modificazioni ed integrazioni.

Articolo 21
Regolamento Edilizio ed Urbanistico (R.E.U.)

1.  Il Regolamento Edilizio ed Urbanistico costituisce la sintesi ragionata ed aggiornabile delle norme e delle disposizioni che riguardano gli interventi sul patrimonio edilizio esistente; ovvero gli interventi di nuova costruzione o di demolizione e ricostruzione, nelle parti di città definite dal Piano generale, in relazione alle caratteristiche del territorio e a quelle edilizie preesistenti, prevalenti e/o peculiari nonché degli impianti di telecomunicazione.

2.  Il R.E.U. è annesso al P.S.C ed in conformità con questo, oltre a disciplinare le trasformazioni e gli interventi ammissibili sul territorio, stabilisce:

a) le modalità d’intervento negli ambiti specializzati definiti dal Piano;

b)  i parametri edilizi ed urbanistici ed i criteri per il loro calcolo;  

c) le norme igienico-sanitarie, quelle sulla sicurezza degli impianti;

d) quelle per il risparmio energetico e quelle per l’eliminazione delle barriere architettoniche;

e) le modalità di gestione tecnico-amministrativa degli interventi edilizi anche ai fini dell’applicazione delle disposizioni sulla semplificazione dei procedimenti di rilascio dei permessi di costruire di cui alla legge 21 novembre 2001, n. 443;

f) ogni altra forma o disposizione finalizzata alla corretta gestione del Piano, ivi comprese quelle riguardanti il perseguimento degli obiettivi perequativi di cui al successivo art. 54.

Articolo 22
Norme particolari per il porto di Gioia Tauro  

1.  La Regione, in fase di redazione del Quadro Territoriale Regionale (Q.T.R.) di cui all’articolo 17, individua nel porto di Gioia Tauro, classificato di II categoria I classe, di rilevanza internazionale, con funzione commerciale, industriale e petrolifera, di servizio passeggeri, peschereccia, turistica e da diporto, ai sensi dell’articolo 11-bis della legge 27 febbraio 1998, n. 30, come modificato dall’articolo 10 della legge 30 novembre 1998, n. 413, il centro del sistema dei porti calabresi e del trasporto intermodale.

2.  In attuazione di quanto disposto al comma precedente, il Presidente della Giunta regionale promuove apposito accordo di programma con le competenti Amministrazioni dello Stato e gli altri soggetti pubblici interessati per la concreta attuazione dei programmi proposti dalla competente Autorità Portuale.

Articolo 23
Piano Operativo Temporale (P.O.T.)

1.  Il Piano Operativo Temporale (P.O.T.) è strumento facoltativo del Piano Strutturale Comunale e lo attua individuando le trasformazioni del territorio per interventi pubblici o d’interesse pubblico individuati tali dal Consiglio comunale da realizzare nell’arco temporale di un quinquennio, ovvero nel corso del mandato dell’amministrazione adottante.  

2.  La durata di validità del P.O.T,. può essere prorogata non oltre diciotto mesi dall'entrata in carica della nuova Giunta comunale a seguito di nuove elezioni salvo diversa determinazione del Consiglio comunale e comunque non oltre il termine di cinque anni dalla sua approvazione.

3.  Il P.O.T., per gli ambiti di nuova edificazione e di riqualificazione urbanistica, in conformità al P.S.C. definisce: 

a) la delimitazione degli ambiti d’intervento, gli indici edilizi, le destinazioni d’uso ammissibili in conformità al Piano Strutturale Comunale;

b) gli aspetti fisico-morfologici ed economico-finanziari;

c) le modalità di attuazione degli interventi di trasformazione e/o conservazione, anche ai fini della perequazione dei regimi immobiliari interessati;

d) l’indicazione degli interventi da assoggettare a specifiche valutazioni di sostenibilità e/o di quelli destinati alla mitigazione degli impatti e alla compensazione degli effetti;

e) la definizione e la localizzazione puntuale delle dotazioni infrastrutturali delle opere pubbliche di interesse pubblico o generale esistenti da realizzare o riqualificare, nonché l’individuazione delle aree da  sottoporre ad integrazione paesaggistica.

4.  Il P.O.T. deve essere coordinato con il bilancio pluriennale comunale e, ai sensi dell’articolo  20 della L.136/99, ha il valore e gli effetti del programma pluriennale di attuazione di cui all’articolo  13 della L.10/77. Costituisce pertanto lo strumento di indirizzo e coordinamento per il programma triennale delle opere pubbliche e per gli altri strumenti comunali settoriali previsti da leggi nazionali e regionali. 

5.  Il P.O.T. articola e definisce la formazione dei programmi attuativi dei nuovi insediamenti o di ristrutturazioni urbanistiche rilevanti, alla cui localizzazione provvede in modo univoco; tenuto conto dello stato delle urbanizzazioni, dell’incipienza del degrado ovvero di qualsiasi condizione che ne possa determinare l’individuazione. 

6.  Le previsioni del P.O.T. decadono se, entro il termine di validità, non siano stati richiesti i permessi di costruire, ovvero non siano stati approvati i progetti esecutivi delle opere pubbliche o i Piani Attuativi Unitari. Per i Piani Attuativi di  iniziativa privata interviene decadenza qualora, entro il termine di validità del piano, non siano state stipulate le relative convenzione ovvero i proponenti non si siano impegnati, per quanto di competenza, con adeguate garanzie finanziarie e con atto unilaterale d’obbligo a favore del Comune.

Articolo 24
Piani Attuativi Unitari

1.  I Piani Attuativi Unitari (P.A.U.) sono strumenti urbanistici di dettaglio approvati dal Consiglio Comunale, in attuazione del Piano Strutturale Comunale o del Piano Operativo Temporale, ove esistente,  ed hanno i contenuti e l’efficacia:

a) dei piani particolareggiati, di cui all’articolo 13 della legge 17 agosto 1942 n. 1150 e successive modificazioni ed integrazioni;

b) dei piani di lottizzazione, di cui all'articolo 28 della legge 17 agosto 1942, n. 1150 e successive modificazioni ed integrazioni;

c) dei piani di zona per l’edilizia economica e popolare, di cui alla legge 18 aprile 1962 n. 167 e sue modificazioni ed integrazioni;

d) dei piani per gli insediamenti produttivi, di cui all’articolo 27 della legge 22 ottobre 1971 n. 865 e successive modificazioni ed integrazioni;

e) dei piani di recupero del patrimonio edilizio esistente, di cui all’articolo 28 della legge 5 agosto 1978 n. 457 e successive modificazioni ed integrazioni;

f) dei piani di spiaggia;

g) dei piani di protezione civile.

2. Ciascun P.A.U. può avere, in rapporto agli interventi previsti, i contenuti e l’efficacia dei piani di cui al primo comma. Il PAU, in quanto corrispondente alla lottizzazione convenzionata, è richiesto come presupposto per il rilascio del permesso di costruire solo nel caso di intervento per nuova edificazione residenziale in comprensorio assoggettato per la prima volta alla edificazione e del tutto carente di opere di urbanizzazione primaria e secondaria, ovvero allorquando sia espressamente richiesto dallo strumento urbanistico generale. Rimangono comunque in vigore tutte le norme della legislazione previgente afferenti l’istituto della lottizzazione convenzionata ove applicabili.

3.  I P.A.U. definiscono di norma:

a) l’inquadramento nello strumento urbanistico generale dell’area assoggettata a P.A.U.;

b) le aree e gli edifici da sottoporre a vincoli di salvaguardia;

c)  i vincoli di protezione delle infrastrutture e delle attrezzature di carattere speciale;

d) le aree da destinare agli insediamenti suddivise eventualmente in isolati, lo schema planivolumetrico degli edifici esistenti e di quelli da realizzare con le relative tipologie edilizie e le destinazioni d’uso;  

e) l’eventuale esistenza di manufatti destinati a demolizione ovvero soggetti a restauro, a risanamento conservativo od a ristrutturazione edilizia;

f) le aree per le attrezzature d’interesse pubblico ed i beni da assoggettare a speciali vincoli e/o servitù;

g) la rete viaria e le sue relazioni con la viabilità urbana nonché gli spazi pedonali, di sosta e di parcheggio ed i principali dati plano-altimetrici;

h)  il rilievo delle reti  idrica, fognante, del gas, elettrica e telefonica esistenti e la previsione di massima di quelle da realizzare;

i) l’individuazione delle unità minime d’intervento nonché le prescrizioni per quelle destinate alla ristrutturazione urbanistica;  

j) le norme tecniche di esecuzione e le eventuali prescrizioni speciali;

k) la previsione di massima dei costi di realizzazione del piano.

l) comparto edificatorio

m) gli ambiti sottoposti al recupero degli insediamenti abusivi, qualora non previsti con altri atti.

TITOLO V

PROCEDURE DI FORMAZIONE ED APPROVAZIONE DEGLI STRUMENTI DI INDIRIZZO E DI PIANIFICAZIONE TERRITORIALE

Articolo 25 
Formazione ed approvazione del Quadro Territoriale Regionale (Q.T.R.) 

1.  Il procedimento per l’elaborazione e l’approvazione del Q.T.R. e delle sue varianti, nonché dei piani settoriali regionali con valenza territoriale per i quali non sia prevista una specifica disciplina, si svolge secondo le disposizioni di cui ai successivi commi.

2.  La Giunta regionale, entro 12 mesi dall’entrata in vigore della presente legge, elabora, anche sulla base delle linee guida di cui al precedente art.17 ed avvalendosi del nucleo di valutazione di cui all’art 9, il documento preliminare del Q.T.R. con il quale individua le strategie di sviluppo del sistema socio-economico della regione trasmettendolo al Consiglio regionale, alle Province, ai Comuni, alle Comunità montane, alle autorità di bacino ed agli Enti di gestione dei parchi e delle aree naturali protette.

3.  Le Province  convocano, nei trenta giorni successivi alla trasmissione del documento preliminare, una Conferenza di pianificazione, ai sensi dell’articolo 13, chiamando a parteciparvi i Comuni, le comunità Montane, le autorità di bacino e gli Enti di gestione dei parchi e delle aree naturali protette, le forze economiche e sociali e i soggetti comunque interessati alla formazione degli strumenti di pianificazione. Entro trenta giorni dalla convocazione della Conferenza, le Province  rimettono alla Regione le osservazioni e le eventuali proposte sul documento preliminare e riferiscono quelle formulate dagli altri soggetti partecipanti.

4.  La Giunta regionale, nei 90 giorni successivi, anche sulla base delle valutazioni e delle proposte raccolte in esito alle conferenze di pianificazione di cui al comma 3, elabora il Q.T.R. e lo propone al Consiglio regionale per la relativa adozione entro i successivi 60 giorni. Il Q.T.R.  viene successivamente trasmesso alle Province  ed ai soggetti partecipanti alle conferenze di pianificazione.

5.  Il Q.T.R. viene  depositato presso le sedi del Consiglio regionale  e degli Enti di cui al comma 3 per  sessanta giorni dalla data di pubblicazione sul B.U.R. dell’avviso dell’avvenuta adozione. L’avviso deve contenere l’indicazione degli Enti presso i quali il Q.T.R. è depositato e dei termini entro cui se ne può prendere visione. Notizia dell’avvenuta adozione del Q.T.R. è data, altresì, su almeno un quotidiano a diffusione regionale ed  attraverso qualsiasi forma ritenuta opportuna dalla Giunta regionale.

6.  Nel medesimo termine di cui al precedente comma 5 possono formulare osservazioni e proposte:

a) gli Enti e gli Organismi pubblici;

b) le forze economiche e sociali e quelle costituite per la tutela di interessi diffusi;  

c)  i soggetti nei confronti dei quali le previsioni del Q.T.R. adottato sono destinate a produrre effetti diretti.

7.  Il Consiglio regionale, entro i successivi novanta giorni, decide sulle osservazioni  e sulle proposte ed approva il Q.T.R., che conterrà il termine entro il quale le Province ed i Comuni saranno obbligati ad approvare o adeguare i loro piani.

8. Copia integrale del Q.T.R. approvato è depositata per la libera consultazione presso il competente Assessorato regionale ed è trasmessa agli Enti  di cui al comma 3. L’avviso dell’avvenuta approvazione è pubblicato sul B.U.R. e su almeno un quotidiano a diffusione regionale.

9.  Il Q.T.R. entra in vigore dalla data di pubblicazione dell’avviso di approvazione sul B.U.R..

10. Il Q.T.R. può essere periodicamente aggiornato ed adeguato anche in relazione a modifiche della normativa e/o della programmazione comunitaria, statale o regionale ed è comunque soggetto a verifica, con scadenza decennale, in ordine alla sua attuabilità, congruenza ed adeguatezza. Tale verificazione è compiuta dal Consiglio regionale, su proposta formulata dalla Giunta, anche in relazione all’evoluzione degli obiettivi di sviluppo da perseguire, dandone adeguata pubblicità nella forme previste al precedente comma 5.

Articolo 26 
Formazione ed approvazione del Piano  Territoriale di Coordinamento Provinciale (P.T.C.P.)

1.  Il P.T.C.P. ha valore di piano urbanistico territoriale ed in relazione ai valori paesistici ed ambientali, di cui al decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490., si raccorda ed approfondisce i contenuti del  Q.T.R..

2.  Il procedimento per l’elaborazione e l’approvazione del P.T.C.P. e delle sue varianti, nonché dei piani settoriali provinciali con valenza territoriale, per i quali non sia prevista una specifica disciplina, si svolge secondo le disposizioni di cui ai commi seguenti.

3. Il Consiglio Provinciale elabora il documento preliminare del P.T.C.P., sulla base degli atti regionali di programmazione e pianificazione, ove esistenti o, in mancanza, sulla base delle linee guida di cui al precedente art.17.

4.  Il Presidente della Provincia convoca la Conferenza di pianificazione ai sensi dell’articolo 13 per l’esame congiunto del documento preliminare, invitando la Regione, le Province  contermini, i Comuni, le Comunità montane, le autorità di bacino e gli Enti di gestione dei parchi e delle aree naturali protette, le forze economiche e sociali ed i soggetti comunque interessati alla formazione degli strumenti di pianificazione.

5. Entro trenta giorni dalla convocazione della Conferenza, gli Enti e le associazioni intervenuti formulano le proprie osservazioni e le eventuali proposte anche su supporto magnetico sul documento preliminare.

6.  Il Consiglio Provinciale, conclusa la Conferenza di cui al precedente comma 4 ed anche sulla base delle osservazioni e proposte ivi formulate, adotta il P.T.C.P. che, in copia, viene trasmesso alla Regione, alle Province contermini, ai Comuni, alle comunità montane, alle autorità di bacino ed agli Enti di gestioni dei parchi e delle aree naturali protette ed agli Enti e soggetti intervenuti alla Conferenza di pianificazione.

7.  Il P.T.C.P. adottato è depositato presso la sede del Consiglio provinciale e degli Enti territoriali di cui al comma 4 per sessanta giorni dalla pubblicazione sul B.U.R. dell’avviso dell’avvenuta adozione. L’avviso deve contenere l’indicazione degli Enti territoriali presso i quali il P.T.C.P. è depositato e dei termini entro cui se ne può prendere visione. Notizia dell’avvenuta adozione del P.T.C.P. è data, altresì, sui quotidiani a diffusione regionale ed  attraverso qualsiasi forma ritenuta opportuna dalla Giunta Provinciale. 

8.  Nel medesimo termine di cui al precedente comma 5 possono formulare osservazioni e proposte:

a) gli Enti e gli Organismi pubblici; 

b) le forze economiche e sociali e quelle costituite per la tutela di interessi diffusi;  

c)  i soggetti nei confronti dei quali le previsioni del P.T.C.P. adottato sono destinate a produrre effetti diretti.

9.  Il competente dipartimento regionale, entro il termine perentorio di centoventi giorni dal ricevimento del P.T.C.P., è tenuto a dare riscontro rilevando gli eventuali profili di incoerenza del P.T.C.P. medesimo  con gli esiti della Conferenza di pianificazione di cui al precedente comma 4 ed  a  individuare eventuali difformità con i contenuti prescrittivi del Q.T.R. e degli altri strumenti della pianificazione regionale, ove esistenti. Decorso infruttuosamente il termine di cui al primo capoverso la giunta provinciale predispone il P.T.C.P. nella sua veste definitiva rimettendolo al consiglio per la prescritta approvazione.

10. Il Consiglio Provinciale, nei novanta giorni successivi al ricevimento del riscontro da parte della Regione, si determina in merito alle osservazioni pervenute ed adegua il P.T.C.P. alle eventuali prescrizioni da questa formulate. Nello stesso termine  si esprime in ordine alle osservazioni e alle proposte formulate dai soggetti di cui al precedente comma 6. La mancata determinazione nel termine indicato da parte della Giunta provinciale dei dovuti riscontri alle prescrizioni regionali ed ai contenuti delle osservazioni al P.T.C.P., comporta l’automatico accoglimento,intendendosi quale silenzio-assenso, di quelle chiaramente identificabili sulle tavole di piano e/o nell’apparato normativo.

11. Successivamente all’approvazione del P.T.C.P. da parte del Consiglio provinciale, copia dello strumento è depositata per la libera consultazione presso la Provincia ed è trasmesso alle Amministrazioni di cui al comma 4. L’avviso dell’avvenuta approvazione del piano è pubblicato nel B.U.R.. Dell’approvazione è data altresì notizia con avviso sui quotidiani a diffusione regionale. 

12.  Il piano entra in vigore dalla data di pubblicazione dell’avviso della approvazione sul B.U.R..

13.  Il P.T.C.P. è soggetto a verifica, con scadenza decennale, in ordine alla sua attuabilità, congruenza ed adeguatezza. Tale verifica è compiuta dal Consiglio provinciale, su proposta formulata dalla Giunta. I parametri di verificazione devono correlarsi ai contenuti della programmazione economica e della pianificazione territoriale regionale, nonché all’evoluzione delle esigenze e dei fabbisogni della regione.

Articolo 27 
Formazione ed approvazione del Piano Strutturale Comunale (P.S.C.)

1.  Il procedimento disciplinato dal presente articolo si applica all’elaborazione ed all’approvazione congiunta del P.S.C. e del R.E.U., nonché alle relative varianti.

2.  Il Consiglio Comunale elabora il  documento preliminare del piano e del  regolamento, sulla base degli atti regionali e provinciali di programmazione e pianificazione in vigore. Il sindaco, convoca la Conferenza di pianificazione ai sensi dell’articolo 13 per l’esame congiunto del documento preliminare invitando  la Provincia; i Comuni contermini e quelli eventualmente individuati dal P.T.C.P. ai sensi del comma 3 dell’articolo 13; la Comunità montana e gli Enti di gestione dei parchi e delle aree naturali protette territorialmente  interessati; le  forze economiche e sociali ed i soggetti comunque interessati alla formazione degli strumenti di pianificazione. 

3.  La Conferenza si conclude entro il termine di dieci giorni dalla sua convocazione e,  nei dieci giorni successivi, gli Enti ed  i soggetti intervenuti possono presentare proposte e memorie scritte, anche su supporto magnetico, che il Comune valuta in sede di adozione del P.S.C., ove risultino pertinenti all’oggetto del procedimento. Degli esiti della Conferenza il Comune redige apposito verbale.

4. Successivamente,  il Consiglio comunale adotta il P.S.C. che, in  copia, viene trasmesso alla giunta provinciale ed agli Enti di cui al comma 2. Il P.S.C. adottato viene depositato presso la sede del consiglio comunale per sessanta giorni dalla data di pubblicazione sul B.U.R. dell’avviso dell’avvenuta adozione. L’avviso deve contenere l’indicazione della sede presso la quale è depositato il P.S.C. e dei termini entro cui se ne può prendere visione. Notizia dell’avvenuta adozione del P.S.C. è data, altresì, su almeno un quotidiano a diffusione regionale ed attraverso qualsiasi forma ritenuta opportuna dalla giunta comunale. 

5. Entro la scadenza del termine di deposito di cui al precedente comma possono formulare osservazioni e proposte:

a) gli Enti e Organismi pubblici o di interesse pubblico; 

b) le forze economiche,  sociali e professionali e quelle costituite per la tutela di interessi diffusi; 

c)  i soggetti nei confronti dei quali le previsioni del piano adottato sono destinate a produrre effetti diretti. 

6.  Il competente ufficio provinciale, entro il termine perentorio di novanta giorni dal ricevimento del P.S.C. è tenuta a dare riscontro formulando osservazioni ovvero individuando eventuali difformità del piano rispetto ai contenuti prescrittivi del P.T.C.P. e degli altri strumenti della pianificazione provinciale. Decorso infruttuosamente il termine di cui al primo capoverso il Consiglio Comunale predispone il P.S.C. nella sua veste definitiva rimettendolo al consiglio per la prescritta approvazione.

7. L’eventuale adeguamento del P.S.C. alle prescrizioni della Provincia, ovvero l’accoglimento delle osservazioni, non comporta una nuova pubblicazione del P.S.C. medesimo.

8. Successivamente all’approvazione del P.S.C. da parte del consiglio comunale, una copia integrale del piano approvato viene trasmessa alla Provincia e depositata presso il Comune per la libera consultazione. L’avviso dell’avvenuta approvazione del piano viene pubblicato sul B.U.R.. Della stessa approvazione è data altresì notizia con avviso su almeno un quotidiano a diffusione regionale. 

9.  Il piano entra in vigore dalla data di pubblicazione sul B.U.R. dell’avviso dell’approvazione.

10. L’eventuale accertata inadeguatezza del P.S.C., qualora non sia superabile attraverso l’adozione di variante, impone l’avvio immediato della procedura di formazione di un nuovo piano.

Articolo 28 
Intervento sostitutivo provinciale 

1. Sono obbligati a dotarsi di P.S.C. tutti i Comuni della Regione.  

2. Qualora non vi provvedano entro il termine previsto dalla presente legge, provvederà in via sostitutiva la Provincia territorialmente competente a mezzo di commissari ad acta appositamente nominati per l’adozione.

3.  Il detto intervento sostitutivo sarà attuato con il seguente procedimento:

a) constatata l’inottemperanza da parte di un Comune, la Giunta Provinciale, delibererà di diffidare il Comune ad adempiere nel termine di 60 giorni;

b) trascorso infruttuosamente tale termine, verificata la mancata giustificazione del ritardo, la Provincia nominerà i commissari ad acta con l’incarico di adottare il piano nell’ipotesi in cui lo stesso fosse già completo di ogni suo elemento;

c) nella ipotesi in cui gli elementi progettuali e/o procedimentali non fossero completi, la  Provincia darà mandato ai commissari di procedere per quanto mancante anche previa la nomina, se occorrente, di nuovi progettisti e/o di conferimento di incarico a quelli già nominati. La Provincia assegnerà inoltre ai commissari modalità e termini per l’espletamento dell’incarico che dovrà concludersi con l’adozione dello strumento urbanistico;

d) per ogni intervento sostitutivo sarà nominato un collegio di tre commissari.

Articolo 29 
Formazione ed approvazione del Piano Operativo Temporale ( P.O.T.) 

1.  Il procedimento disciplinato dal presente articolo  trova applicazione per l’elaborazione e l’approvazione del P.O.T. e delle sue modifiche ed integrazioni.

2.  La giunta comunale procede all’elaborazione ed all’approvazione del P.O.T. secondo quanto stabilito da P.S.C., dal R.E.U. e nel rispetto delle norme della presente legge.

3.  Il P.O.T. è adottato dal Consiglio e successivamente depositato presso la sede  comunale per i sessanta giorni successivi alla data di pubblicazione dell’atto di adozione sul B.U.R.. L’avviso deve contenere l’indicazione della sede presso la quale il piano è depositato e dei termini entro cui se ne può prendere visione. Notizia dell’avvenuta adozione del P.O.T. è data, altresì, su almeno un quotidiano a diffusione regionale ed attraverso qualsiasi forma ritenuta opportuna dalla giunta comunale. 

4. Osservazioni al P.O.T., entro i termini di deposito di cui al comma 3, possono essere presentate dai soggetti nei confronti dei quali le prescrizioni del piano sono destinate a produrre effetti.

5. Successivamente all’adozione, il P.O.T. viene trasmesso alla Provincia che, nel termine perentorio di sessanta giorni dalla data di ricevimento, è tenuta a dare riscontro formulando osservazioni ovvero individuando eventuali difformità del piano rispetto ai contenuti prescrittivi del P.T.C.P. e degli altri strumenti della pianificazione provinciale. Decorso infruttuosamente il termine di cui al primo capoverso la giunta comunale predispone il P.O.T. nella sua veste definitiva rimettendolo al consiglio per la prescritta approvazione.

6.  La giunta comunale, entro i sessanta giorni successivi all’eventuale ricevimento del riscontro da parte della Provincia, si determina in merito alle osservazioni formulate al P.O.T. e lo invia al consiglio per l’approvazione.

7. L’adeguamento del P.O.T. alle prescrizioni della Provincia, ovvero l’accoglimento delle osservazioni, non comporta una nuova pubblicazione del piano.

8. Successivamente all’approvazione del P.O.T. da parte del Consiglio comunale, una copia integrale del piano viene trasmessa alla Regione ed alla Provincia e depositata presso il Comune per la libera consultazione. L’avviso dell’avvenuta approvazione del piano viene pubblicato sul B.U.R.. Della stessa approvazione è data altresì notizia con avviso su almeno un quotidiano a diffusione regionale.  

9.  Il piano entra in vigore dalla data di pubblicazione sul B.U.R. dell’avviso dell’approvazione.

Articolo 30
Formazione ed approvazione dei Piani Attuativi Unitari ( P.A.U.)  

1.  Il procedimento disciplinato dal presente articolo  trova applicazione per l’elaborazione e l’approvazione dei Piani Attuativi Unitari (P.A.U.) e delle loro modifiche ed integrazioni.

2.  La Giunta comunale procede all’elaborazione ed all’approvazione del P.A.U. in esecuzione di quanto stabilito dal P.S.C., dal R.E.U., o nel caso, dal P.O.T. e nel rispetto delle norme della presente legge.

3.  Il P.A.U. è adottato dal Consiglio e successivamente depositato, corredato dai relativi elaborati, presso la sede  comunale per i venti giorni successivi alla data di affissione all’albo pretorio dell’avviso di adozione del piano. Entro lo stesso termine, il Comune provvede ad acquisire i pareri, i nulla osta e gli altri atti di assenso comunque denominati previsti dalle leggi in vigore per la tutela degli interessi pubblici. A tal fine il responsabile del procedimento può convocare una Conferenza dei servizi ai sensi del precedente articolo  14.

4.  Il deposito è reso noto al pubblico mediante avviso affisso all'albo pretorio del Comune e a mezzo di manifesti murari affissi sull'intero territorio comunale.

5. Osservazioni ai P.A.U., entro i termini di deposito di cui al comma 3, possono essere presentate dai soggetti nei confronti dei quali le prescrizioni dei medesimi P.A.U. sono destinate a produrre effetti.  

6. Successivamente alla scadenza dei termini di deposito, il Consiglio Comunale decide sulle eventuali osservazioni; provvede, ove queste implichino modifiche, ad adeguare i P.A.U .alle determinazione della Conferenza dei servizi di cui al comma 3 e rimette gli atti al consiglio per la relativa approvazione, che deve avvenire entro e non oltre 60 giorni dalla data di scadenza del termine per la presentazione delle osservazioni, inviandone una copia alla Provincia.

7. Nell’ipotesi che non vi siano variazioni, non è necessaria la riapprovazione del P.A.U. da parte del Consiglio Comunale; lo stesso diventa esecutivo scaduti i termini del deposito di cui al comma 3.   

8.  Non appena gli atti di approvazione dei P.A.U divengono esecutivi, i relativi provvedimenti devono essere notificati a ciascuno dei proprietari interessati, secondo le modalità di cui al D.P.R. 8 giugno 2001 n. 327.

9.  Gli strumenti di iniziativa pubblica o privata possono essere approvati in variante al P.S.C. o al P.O.T., con le procedure previste dal presente articolo, a condizione che le modifiche riguardino:

a) adeguamenti perimetrali modesti e comunque non superiori al 20%;

b) modifiche alla viabilità che non alterino il disegno complessivo della rete;

c) l’inserimento di servizi ed attrezzature pubbliche che risultino compatibili con le previsioni del P.S.C. o del P.O.T;

d) miglioramenti all’articolazione degli spazi e delle localizzazioni;

e) l’inserimento di comparti di edilizia residenziale pubblica nei limiti di cui all'articolo  3 della legge 18.4.1962 n. 167.

10. Il presente procedimento si applica anche per le opere aventi rilevanza pubblica ai sensi del D.P.R. 8 giugno 2001 n. 327 e agli strumenti già adottati alla data di entrata in vigore della presente legge.

11. Il P.A.U. sostitutivo della lottizzazione di cui al precedente articolo 24 conserva i contenuti ed il procedimento di cui alla normativa statale.

Articolo  31
Comparti edificatori

1.  Il comparto edificatorio costituisce uno strumento di attuazione e controllo urbanistico, nonché momento di collaborazione della pubblica amministrazione e dei privati per lo sviluppo urbanistico del territorio.

2. Anche per l’attuazione delle finalità di perequazione, il P.S.C. e gli altri strumenti attuativi delle previsioni urbanistiche generali individuano o formulano i criteri per l’individuazione nel proprio ambito di comparti edificatori la cui proposizione, predisposizione ed attuazione è demandata ai proprietari singoli, associati o riuniti in consorzio degli immobili in essi compresi, a promotori cui i proprietari stessi possono conferire mandato, del Comune in qualità di proponente o mandatario esso stesso.

3.  Gli strumenti sovraordinati che individuano i comparti devono stabilire:

a) l’estensione territoriale e la volumetria complessiva realizzabile;

b) le modalità d’intervento definendo il modello geologico-tecnico del sottosuolo individuato mediante le opportune indagini di cui all’art. 20, comma 4, lett. b); 

c) le funzioni ammissibili;

d) le tipologie d’intervento;

e)  i corrispettivi monetari od in forma specifica; la quantità e la localizzazione degli immobili da cedere gratuitamente al Comune per la realizzazione di infrastrutture, attrezzature e aree verdi;

f) gli schemi di convenzione da sottoscriversi da parte dei partecipanti al comparto unitamente agli eventuali mandatari ed all’Amministrazione comunale, in forza dei quali vengano stabiliti i criteri, le formule ed i valori per le operazioni di conferimento dei beni, il loro concambio e/o le eventuali permute tra beni conferiti e risultati finali dei derivanti dalla realizzazione del comparto. Detti schemi provvedono anche alla ripartizione, secondo le quote di spettanza, delle spese generali da suddividere tra i soggetti partecipi, gli oneri specifici e quelli fiscali, per i quali comunque si applicano le agevolazioni di cui alla legge 21 dicembre 2001, n. 448.

4.  In caso d’inerzia ingiustificata dei privati, trascorso il termine d’attuazione del programma pluriennale, l’Amministrazione può procedere all’espropriazione delle aree costituenti il comparto e, se del caso, le assegna mediante apposita gara.

5.  Il concorso dei proprietari rappresentanti la maggioranza assoluta del valore dell’intero comparto in base all’imponibile catastale, è sufficiente a costituire il consorzio ai fini della presentazione , al Comune, della proposte di attuazione dell’intero comparto e del relativo schema di convenzione. Successivamente il Sindaco , assegnando un termine di novanta giorni, diffida i proprietari che non abbiano aderito alla formazione del consorzio ad attuare le indicazioni del predetto comparto sottoscrivendo la convenzione presentata.

6. Decorso inutilmente il termine assegnato, il consorzio consegue la piena disponibilità del comparto ed è abilitato a richiedere al Comune l’attribuzione della promozione della procedura espropriativi  a proprio favore delle aree e delle costruzioni dei proprietari non aderenti. Il corrispettivo, posto a carico del consorzio.

Articolo 32
Strumenti di pianificazione negoziata

1. Sono strumenti di negoziazione della pianificazione territoriale ed urbanistica:

a)  i programmi integrati di intervento, di cui all’articolo  16 della legge 17 febbraio 1992, n. 179;

b)  i programmi di recupero urbano, di cui all’articolo 11 del D.L. 5 ottobre 1993, n. 398, convertito con legge 4 dicembre 1993, n. 493;

c)  i programmi di riqualificazione urbana, di cui all’articolo  2 della legge 17 febbraio 1992, n. 179; 

d)  i programmi di recupero degli insediamenti abusivi ai sensi dell’articolo 29, legge 28 febbraio 1985, n. 47;

e)  i comparti edificatori;

f)  i programmi speciali d’area.

2. L’utilizzazione degli strumenti di cui al precedente comma deve comunque essere ricondotta alle norme della pianificazione territoriale ed urbanistica regionale comprese nella presente Legge, alla disciplina statale vigente in  materia in quanto applicabile e non modificata dalle norme dei successivi articoli.

Articolo 33
Programma integrato d'intervento (P.I.N.T.)

1.  Il  programma integrato d’intervento disciplina un sistema complesso di azioni e misure sulle strutture urbane, attivando strumenti operativi di programmazione economica e territoriale e si attua mediante progetti unitari di interesse pubblico di dimensione e consistenza tali da incidere sulla riorganizzazione di parti di città. I suoi caratteri sono:

a) pluralità di funzioni, di tipologie, di interventi, comprendendo in essi anche le opere di urbanizzazione, e  di idoneizzazione e di infrastrutturazione generale;

b) pluralità di operatori e di corrispondenti risorse finanziarie, pubbliche e private.

2. L’ambito territoriale oggetto del programma tiene conto del degrado del patrimonio edilizio, degli spazi e delle aree verdi, della carenza e dell’obsolescenza delle urbanizzazioni e dei servizi in genere, della carenza o del progressivo abbandono dell’ambito stesso da parte delle attività produttive urbane, artigianali e commerciali e del conseguente disagio sociale.

3.  La formazione del programma avviene con particolare riferimento a:

a) centri storici caratterizzati  da fenomeni di congestione o di degrado;

b)  centri storici in fase di abbandono o comunque privi di capacità di attrazione;

c) aree periferiche o semi-periferiche carenti sul piano infrastrutturale e dei servizi e che presentino nel loro interno aree o zone inedificate o degradate;

d) insediamenti ad urbanizzazione diffusa e carente privi di servizi e di infrastrutture dove sia assente una specifica identità urbana;  

e) aree con destinazione produttiva o terziaria non più rispondenti alle esigenze sociali e del mercato, e di conseguenza dismesse o parzialmente inutilizzate o degradate;

f) aree urbane destinate a parchi o giardini degradate; aree prospicienti corsi d’acqua parimenti degradate classificate a verde pubblico dagli strumenti urbanistici.

4.  Il programma può contenere una quota di funzioni residenziali non inferiori al 35% in termini di superficie complessiva degli immobili da realizzare o recuperare e non può estendersi comunque alle aree definite come zone omogenee E dal DM 1444 del 1968, a meno che tali ultime non siano strettamente connesse, funzionali o di ricomposizione del tessuto urbano da riqualificare. 

5.  Il P.I.N.T. deve essere accompagnato da uno studio di inserimento ambientale e da una relazione finanziaria che valuti l’entità dei costi di realizzazione confrontandola con la disponibilità di adeguate risorse economico-finanziarie.

6.  La documentazione allegata alla proposta dei P.I.N.T. contempla:

a) lo stralcio dello strumento generale di riferimento in cui verrà delimitato l’ambito di applicazione del P.I.N.T..;

b) l’estratto delle mappe catastali con l’individuazione degli immobili interessati, distinti a seconda della proprietà;

c)  i titoli atti a certificare la proprietà degli immobili da parte dei promotori e l’adesione degli altri proprietari coinvolti;

d) lo stato di fatto dell’edificazione e la planivolumetria degli edifici (da mantenere, da trasformare, da demolire o da ricostruire) nella scala 1/500;

e)  il piano della viabilità ed il piano delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria;

f) una relazione tecnica illustrativa;

g)  il programma di attuazione degli i di interventi;

h) la bozza di convenzione;

i) il piano delle tipologie d’intervento ed il piano dell’arredo urbano;

j) la tavola di azionamento funzionale con la specificazione dell’eventuale edilizia sociale;

k) la cartografia tematica che descrive le condizioni di rischio geologico, idraulico e sismico e definisce una normativa d’uso per la messa in sicurezza del patrimonio edilizio esistente e di nuova programmazione;

l) le norme specifiche di attuazione.

7.  Il Consiglio comunale approva i singoli P.I.N.T. e la delibera di approvazione, corredata dai relativi elaborati tecnici, è depositata per la pubblica visione presso gli uffici comunali per un periodo di trenta giorni. Il deposito è reso noto al pubblico mediante avviso affisso all'albo pretorio del Comune e a mezzo di manifesti murari affissi sull'intero territorio comunale.

8. Osservazioni ai P.I.N.T., entro i termini di deposito di cui al comma 7, possono essere presentate dai soggetti nei confronti dei quali i contenuti dei PINT sono destinati a produrre effetti diretti.

9. Successivamente alla scadenza dei termini di deposito, la Giunta comunale decide sulle osservazioni ed approva definitivamente i P.I.N.T..

10. Sono abilitati a proporre i P.I.N.T. sia soggetti pubblici che privati che dispongano del diritto di proprietà delle aree o degli immobili ovvero di un titolo che ne accerti la disponibilità e che qualifichi la posizione del soggetto stesso allo specifico fine del permesso di costruire.

Articolo 34
Programma di recupero urbano (P.R.U.)

1.  Il programma di recupero urbano è  finalizzato prevalentemente al recupero, non soltanto edilizio, del patrimonio di edilizia residenziale pubblica e costituisce un insieme coordinato d’interventi:

a) urbanizzativi, finalizzati alla realizzazione, manutenzione ed ammodernamento delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria;

b) ambientali, finalizzati al miglioramento qualitativo del contesto urbano;

c) edilizi, finalizzati prevalentemente al recupero di edifici pubblici o di edilizia residenziale pubblica con opere di manutenzione ordinaria e straordinaria, restauro, risanamento conservativo e ristrutturazione.

2.  La realizzazione dei P.R.U. prevede il coinvolgimento dei privati ai quali è consentito di effettuare nuovi interventi edilizi, compensativi  o premiali, all’interno delle aree oggetto di programma.

3.  Le tipologie di intervento edilizio ammesse nel P.R.U. sono:

a)  il recupero degli edifici pubblici nell’ambito degli insediamenti di edilizia residenziale pubblica anche realizzando volumi edilizi aggiuntivi di completamento e di integrazione;

b)  il completamento degli insediamenti di edilizia residenziale pubblica con interventi di nuova edificazione abitativa e non abitativa da realizzare al loro interno, accompagnati dal recupero contestuale degli edifici esistenti nonché dal potenziamento delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria;

c) l’integrazione degli insediamenti di edilizia residenziale pubblica con interventi di nuova edificazione abitativa e non abitativa da realizzare su aree contigue o prossime,  accompagnati dal recupero contestuale degli edifici esistenti nonché dal potenziamento delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria;

d) la realizzazione, su aree esterne agli insediamenti di edilizia residenziale pubblica ma in funzione del loro recupero, di nuovi edifici abitativi e non abitativi a condizione che quelli abitativi siano utilizzati quali “case parcheggio” nell’intesa che a fine locazione essi tornino nella piena disponibilità dell’operatore.

4.  Nel caso il P.R.U. costituisca variante agli strumenti urbanistici sovraordinati si applicano le procedure della variante urbanistica.

5. Sono privilegiati, a tutti i livelli istituzionali,  i P.R.U. che destinano ai lavoratori dipendenti una congrua parte degli alloggi in locazione e che tengono in particolare riguardo le categorie sociali deboli.

6.  Il progetto di P.R.U. è composto da:

a) lo stralcio dello strumento generale di riferimento in cui verrà delimitato l’ambito di applicazione del P.R.U.;

b) una relazione geologico-tecnica che delinei le modalità d’intervento in funzione delle condizioni di rischio del comparto definita mediante le opportune indagini di cui all’art. 20, comma 4, lett. b);

c) la tavola delle destinazioni d’uso presenti nell’ambito d’inervento;

d) la tavola o la relazione descrittiva dello stato degli immobili e degli eventuali vincoli che gravano sulla zona d’intervento;

e) l’elenco catastale degli immobili oggetto del P.R.U.; 

f) le tavole di progetto del P.R.U. che evidenzino le tipologie d’intervento, edilizie, urbanizzative ed ambientali;

g) l’eventuale tavola di variante dello strumento operativo sovraordinato;

h) la planivolumetria degli interventi edilizi;

i) i progetti di massima delle singole opere;

j) il piano della viabilità ed il piano delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria;

k) una relazione tecnica illustrativa che, fra l’altro, contenga la stima analitica dei nuclei familiari interessati dal P.R.U. e, qualora si realizzino alloggi parcheggio, descriva le modalità dell’alloggiamento temporaneo e della sistemazione definitiva;

l) una relazione sui costi di realizzazione, sulle fonti di finanziamento, sulla convenienza dell’intervento e sui benefici finali che esso produrrà;

m)  il programma di attuazione degli interventi;

n) atto o atti d’obbligo e la eventuale  bozza di convenzione;

o)  il piano delle tipologie d’intervento ed il piano dell’arredo urbano;

p) le norme specifiche di attuazione. 

7.  Il Consiglio comunale approva i P.R.U. e la delibera di approvazione, corredata dai relativi elaborati tecnici, è depositata per la pubblica visione presso gli uffici comunali per un periodo di trenta giorni. Il deposito è reso noto al pubblico mediante avviso affisso all'albo pretorio del Comune e a mezzo di manifesti murari affissi sull'intero territorio comunale.

8. Osservazioni ai P.R.U., entro i termini di deposito di cui al comma 6, possono essere presentate dai soggetti nei confronti dei quali i contenuti dei P.R.U. sono destinati a produrre effetti diretti.

9. Successivamente alla scadenza dei termini di deposito, il Consiglio Comunale decide sulle osservazioni ed approva definitivamente i P.R.U..

10.  Per quanto non previsto dal presente articolo, trova applicazione quanto disposto dall’articolo 11 del D.L.5 ottobre 1993, n. 398, convertito nella legge 4 dicembre 1993, n. 443.

11.  I P.R.U. approvati prima dell’entrata in vigore della presente legge continuano ad essere regolati dalla disciplina statale previgente.

TITOLO VI
TUTELA E RECUPERO DEL PATRIMONIO EDILIZIO E URBANISTICO

Articolo 35

Programmi di riqualificazione urbana (RIURB)

1.  I programmi di riqualificazione urbana (RIURB) sono finalizzati a promuovere il recupero edilizio di ambiti della città appositamente identificati e delimitati, fruendo di finanziamenti pubblici e dell’eventuale concorso di risorse finanziarie private. Comporta un insieme coordinato d’interventi che mirano a riqualificare aree degradate o dimesse risanandone l’edificato e potenziandone le dotazioni attraverso la previsione di nuovi servizi e/o spazi verdi, a promuovere azioni produttive e terziarie di livello elevato e di servizi urbani pubblici o di interesse collettivo, in grado di contribuire allo sviluppo del territorio in un quadro complessivo che miri a finalità strategiche appositamente individuate in una relazione a cura del proponente che entra a fare parte del  programma stesso.

2. Considerato che le aree da assoggettare a RIURB debbono essere strategicamente importanti per l’assetto urbano complessivo, presupposto necessario perché si possa procedere alla proposta di RIURB è l’adozione da parte del consiglio comunale del documento sulle aree urbane di crisi con il quale si possono anche impegnare quote del bilancio alla realizzazione degli stessi RIURB.

3.  La proposta di RIURB è di esclusiva competenza delle Amministrazioni comunali che possono, nel processo di formazione, approvazione e realizzazione, coinvolgere gli Enti pubblici interessati alle iniziative ovvero privati singoli, associati o riuniti in consorzio.

4.  La formazione ed attuazione dei RIURB è affidata alla sottoscrizione di appositi Accordi di Programma fra la Provincia, l’Amministrazione proponente e gli altri Enti e/o soggetti coinvolti. La sottoscrizione dell’Accordo di Programma comporta le determinazioni degli effetti di cui al precedente articolo 15, nonché consente di ritenere automaticamente approvate anche le varianti agli strumenti urbanistici comunali che la realizzazione dei programmi eventualmente comportano.

5.  Il RIURB. deve:

a) specificare le condizioni generali di accessibilità (connessione dell’ambito d’intervento al sistema principale della mobilità ed ai principali collegamenti esterni) e di disimpegno interno (connessioni interne primarie);

b) evidenziare le aree e le attrezzature pubbliche o di uso pubblico e le grandi aree verdi destinati a parco urbano;

c) localizzare le funzioni strategiche non residenziali;

d) individuare il patrimonio edilizio pubblico da recuperare con interventi coordinati;

e) identificare gli edifici di proprietà comunale o pubblica funzionalmente collegabili al RIURB in quanto utili a facilitare la riqualificazione (fornendo gli alloggi di parcheggio);

f) delimitare le aree comunali e private destinabili ad edilizia residenziale pubblica e privata;

g) evidenziare le aree ed i fabbricati recuperabili attraverso idonei piani attuativi, come i P.I.N.T. ed i P.R.U.;

h) delimitare le singole sottounità d’intervento coordinato, specificando di ciascuna il peso insediativi esistente e quello previsto; il fabbisogno di aree di standard ed il missaggio funzionale (residenziale, non residenziale, produttivo) imposto (cioè non derogabile) oppure suggerito (e perciò modificabile nel caso di allocazione di funzioni strategiche o pregiate o di attuazione di importanti opere infrastrutturali pubbliche o di uso pubblico), l’articolazione dell’edificabilità residenziale tra le varie forme di utilizzo (libera, convenzionata, agevolata, sovvenzionata), anch’essa negoziabile nei casi di cui al punto precedente.

6. Successivamente alla sottoscrizione dell’Accordo di Programma, il Comune provvede al deposito del RIURB per la pubblica visione presso gli uffici comunali per un periodo di trenta giorni. Il deposito è reso noto al pubblico mediante avviso affisso all’albo pretorio del Comune ed a mezzo di manifesti murari affissi sull’intero territorio comunale.

7. Osservazione ai RIURB, entro i termini di deposito di cui al comma 6, possono essere presentate dai soggetti nei confronti dei quali i contenuti dei RIURB sono destinati a produrre effetti diretti.

8. Successivamente alla scadenza dei termini di deposito, il Consiglio comunale decide sulle osservazioni ed approva definitivamente i RIURB.

9.  La Giunta regionale, sentite le Amministrazioni Provinciali, in occasione della formazione del bilancio di previsione annuale, individua le quote di finanziamento da destinare ai soggetti pubblici ed alle istituzioni pubbliche per i  RIURB, i criteri per l’ammissibilità delle domande di finanziamento dei programmi e quelli per la selezione delle proposte, fermo restando che le priorità nell’attribuzione delle risorse vanno agli interventi di recupero e di riuso del patrimonio edilizio esistenti in ambiti urbani degradati, anche attraverso la loro riconversione ai fini della realizzazione di interventi di edilizia residenziale pubblica e relative opere di urbanizzazione primaria e secondaria e, se necessario, di infrastrutturazione generale.

Articolo 36
Programmi di recupero degli insediamenti abusivi (P.R.A.)

1.  I programmi di recupero degli insediamenti abusivi (P.R.A.) sono finalizzati al reinserimento nel contesto urbano di parti della città, attraverso interventi di riqualificazione urbanistica, architettonica ed ambientale, realizzati senza aumento di volumetria, ad eccezione dei volumi edilizi da destinare a servizi caratterizzati da opere di:

a) realizzazione, ammodernamento e manutenzione delle urbanizzazioni primarie e secondarie;

b) miglioramento del contesto ambientale;

c) recupero degli edifici con opere di manutenzione ordinaria e straordinaria;

d) risanamento conservativo e ristrutturazione;

2.  I programmi devono tenere conto dei seguenti principi fondamentali:  

a) realizzare un’adeguata urbanizzazione primaria e secondaria;

b) rispettare gli interessi di carattere storico, artistico, archeologico, paesistico, ambientale, idrogeologico;

c) garantire un razionale inserimento territoriale ed urbano dell’insediamento.

3.  Le aree da assoggettare ai P.R.A. sono identificate dall’Amministrazione comunale in sede di redazione del P.S.C., o di altri strumenti attuativi, in considerazione della presenza, negli ambiti da delimitare, di edifici condonati ovvero in attesa di perfezionamento del condono presentato ai sensi delle leggi statali vigenti.

4.  Nel delimitare le aree di cui al comma 2 le Amministrazioni prendono in considerazione zone della città in cui la presenza di edifici, o parti di essi, condonati è causa di accentuato degrado e/o di deterioramento di contesti ambientali rilevanti dal punto di vista storico, architettonico, paesaggistico.

5. L’attuazione dei programmi può essere affidata in concessione a Imprese, o ad Associazioni di imprese, o a loro consorzi, che dimostrino di avere i requisiti tecnici e finanziari per il programma proposto, ai sensi della legge 11 febbraio 1994, n. 109 e successive modificazioni ed integrazioni. Il permesso di costruire fa riferimento all’apposita convenzione nella quale sono precisati, tra l’altro, i contenuti economici e finanziari degli interventi di recupero urbanistico. Eventuali accordi preliminari o proposte di soggetti privati finalizzati all’attuazione del programma devono essere parte integrante della documentazione del programma stesso.

6.  I nuclei di edificazione abusiva ai fini del loro recupero vengono delimitati e definiti, per quanto riguarda densità ed indici territoriali, nel P.S.C. di cui all’articolo 20.

7.  Nel caso in cui il piano interessi aree sottoposte a vincolo paesistico, ambientale o idrogeologico, ovvero a qualsiasi altro regime vincolistico, preventivamente  all’approvazione il Comune acquisisce il parere dell’autorità competente alla tutela del vincolo.

8.  Per assicurare la fattibilità economica degli interventi la convenzione di cui al comma 4 prevede l’utilizzo anche di risorse finanziarie derivanti dalle oblazioni e dagli oneri concessori e sanzionatori dovuti per il rilascio dei titoli abilitativi in sanatoria relativi agli edifici compresi nell’ambito territoriale del programma. Lo stesso deve essere accompagnato da un’accurata relazione finanziaria con individuazione delle risorse pubbliche e private necessarie all’attuazione degli interventi di recupero dell’insediamento.

9.  Le tipologie d’intervento edilizio ammesse nei P.R.A. sono:

a)  il recupero o la riqualificazione di edifici da destinare a servizi nell’ambito delle aree delimitate;

b)  il completamento delle zone comprese nelle aree delimitate, accompagnati dal recupero contestuale degli edifici esistenti nonché dal potenziamento delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria;

10. La formazione ed attuazione del P.R.A. è affidata alla sottoscrizione di appositi Accordi di Programma fra la Regione, l’Amministrazione comunale e gli altri Enti e/o soggetti coinvolti. La sottoscrizione dell’Accordo di Programma comporta gli effetti di cui al precedente articolo 15.

11. Il progetto di P.R.A. è composto da:

a) lo stralcio dello strumento generale di riferimento in cui verrà delimitato l’ambito di applicazione del P.R.A.;

b) la tavola delle destinazioni d’uso presenti nell’ambito d’intervento;

c) la tavola e/o la relazione descrittiva dello stato degli immobili e degli eventuali vincoli che gravano sulla zona d’intervento;

d) l’elenco catastale degli immobili oggetto del P.R.A.;

e) le tavole di progetto del P.R.A. che evidenzino le tipologie d’intervento edilizie, urbanizzative ed ambientali;

f) l’eventuale tavola di variante dello strumento urbanistico sovraordinato;

g) la planivolumetria degli interventi edilizi;

h)  i progetti di massima delle singole opere;

i) il piano della viabilità ed il piano delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria;

j) la relazione tecnica illustrativa che, fra l’altro, contenga la stima analitica dei nuclei familiari interessati dal P.R.A. e, qualora si realizzino alloggi parcheggio, descriva le modalità dell’alloggiamento temporaneo e della sistemazione definitiva;

k) una relazione geologico – tecnica per la valutazione del livello di pericolosità geologica in assenza ed in presenza della opere, definita mediante le opportune indagini di cui all’art. 20, comma 4, lett. b);

l) la relazione sui costi di realizzazione, sulle fonti di finanziamento, sulla convenienza dell’intervento e sui benefici finali che esso produrrà;

m)  il programma di attuazione degli interventi;

n) l’atto o gli atti d’obbligo e la eventuale bozza di convenzione;

o)  il piano delle tipologie d’intervento ed il piano dell’arredo urbano;

p) le norme specifiche di attuazione.

12. Successivamente alla sottoscrizione dell’Accordo di Programma, il Comune provvede al deposito del P.R.A. per la pubblica visione presso gli uffici comunali per un periodo di trenta giorni. Il deposito è reso noto al pubblico mediante avviso affisso all’albo pretorio del Comune ed a mezzo di manifesti murari affissi sull’intero territorio comunale.

13. Osservazione al P.R.A., entro i termini di deposito di cui al comma 11, possono essere presentate dai soggetti nei confronti dei quali i contenuti del P.R.A. sono destinati a produrre effetti diretti.

14. Successivamente alla scadenza dei termini di deposito, il Consiglio comunale decide sulle osservazioni ed approva definitivamente il P.R.A..  

15. La Giunta regionale, in occasione della formazione del bilancio di previsione annuale, individua le quote di finanziamento da destinare ai P.R.A., i criteri per l’ammissibilità delle domande di finanziamento dei programmi e quelli per la selezione delle proposte.

16. Non possono comunque entrare a fare parte del P.R.A. edifici od opere che, alla data di adozione del P.R.A. medesimo, non siano stati oggetto del provvedimento di sanatoria da parte del Sindaco, ai sensi della disciplina statale vigente.

17. I suoli che sono di fatto utilizzati come strade di penetrazione del comparto edilizio condonato, per effetto della presente legge sono acquisiti al patrimonio comunale senza corrispettivo finanziario e come tali sono trascritti nel registro del patrimonio indisponibile, in quanto opere di urbanizzazione.

Articolo 37
Interventi di bonifica urbanistica-edilizia

1.  I Comuni, singoli e associati, predispongono piano di rottamazione e recupero delle opere, manufatti ed edifici, già oggetto di condono o, comunque realizzati con modalità, materiali, carenze di impianti, assenza o assoluta carenza di opere di urbanizzazione o di smaltimento o/e trattamento delle acque di risulta e dei rifiuti, tali da determinare, in un quadro di interesse pubblico generale, la necessità di ripristino e bonifica dei siti territoriali interessati.

2. Entro 120 giorni dall’entrata in vigore della presente legge, la Giunta regionale, su parere della Commissione consiliare competente, predispone le linee guida ed il regolamento attuativo dei “ piani di rottamazione ”.

Articolo 38
Fondo per il risanamento e recupero dei centri storici

1.  La legge di bilancio annuale, a partire da quella approvata dopo l’entrata in vigore della presente legge prevede la costituzione di un fondo finalizzato alla copertura, anche parziale, degli interessi conseguenti l’accensione dei mutui od altre forme di finanziamento diretto ad interventi di risanamento e recupero dei centri storici calabresi.

2. L’allocazione delle risorse a favore dei Comuni richiedenti o loro consorzi è preceduta da apposito accordo di programma che coinvolge i Comuni, singoli o consorziati, la Regione e le istituzioni bancarie e finanziarie interessate.

3. Entro 60 giorni dall’entrata in vigore della presente legge, la Giunta regionale, su proposta dell’Assessore all’Urbanistica, sentita la Commissione consiliare competente, emana apposito regolamento attuativo.

Articolo 39
Finalità dei programmi d’area

1.  La Regione Calabria, al fine di accrescere l'integrazione fra gli Enti locali, il coordinamento delle iniziative, l'impegno integrato delle risorse finanziarie, promuove la predisposizione di programmi  d'area.

2.  I programmi d'area costituiscono una ulteriore modalità di programmazione intercomunale negoziata, coerente con le previsioni indicate dagli strumenti regionali e provinciali di programmazione economico­territoriale.

3.  I programmi d'area sono promossi dalla Giunta regionale soltanto nel caso in cui gli Enti locali ricompresi nell'ambito territoriale interessato diano il loro assenso e partecipino alla predisposizione e realizzazione.

4.  La programmazione negoziata di cui al comma 2, si svolge tra Regione, Enti locali e altri soggetti pubblici o a partecipazione pubblica, con la partecipazione della parti sociali e dei soggetti privati interessati, ed è tesa a realizzare le condizioni per lo sviluppo locale sostenibile, in coerenza con gli strumenti della programmazione regionale e sub regionale.

Articolo 40
Programmi d'area

1.  II programma d'area rappresenta un complesso di interventi finalizzati alla valorizzazione di aree territoriali caratterizzate da peculiari situazioni economiche, sociali, culturali ed ambientali, nonché di aree urbane per le quali appaiono necessari rilevanti interventi di riqualificazione o di recupero, per la cui realizzazione sia necessaria l'azione coordinata ed integrata di più soggetti pubblici o privati.

2.  Le aree oggetto del programma d'area ricomprendono il territorio di uno o più Comuni della Regione, anche appartenenti a province diverse.

3.  Il programma d'area è finanziato con risorse proprie dei soggetti partecipanti e/o con eventuali contributi statali e comunitari. I contributi regionali alle imprese previsti dal programma d'area sono stabiliti nella misura massima consentita dalla Unione Europea per l'ambito territoriale considerato, anche in deroga alle norme regionali vigenti.  

Articolo 41
Modalità di predisposizione

1.  AI fine della individuazione dei programmi d'area, la Giunta regionale promuove il concorso degli Enti locali e delle parti sociali interessati e, sentita la Commissione consiliare competente, provvede alla prima definizione del territorio interessato e degli obiettivi generati del programma, anche sulla base delle disponibilità di risorse finanziarie locali per il cofinanziamento.

2.  Con lo stesso atto di cui al precedente comma, la Giunta regionale provvede altresì alla costituzione di un gruppo di lavoro, cui partecipano i soggetti interessati, con il compito di elaborare la proposta dì programma d'area.

Articolo 42
Procedimento di approvazione

1.  II Presidente della Giunta regionale o un suo delegato convoca una Conferenza preliminare, per accertare il consenso dei soggetti pubblici e privati interessati sulla proposte di programma d'area.

2. Qualora il programma d’area comporti la variazione di uno o più strumenti di pianificazione urbanistica, sì applica quanto previsto dalla presente legge.

3.  Un accordo dì ulteriori soggetti dopo l'approvazione dell'accordo richiede il consenso unanime dei partecipanti.

4.  Ove l'adesione operi nel rispetto di tutte le disposizioni contenute nell'accordo, il consenso è espresso dalla Conferenza di programma.

Articolo 43
Contenuti dell'accordo

1. L'accordo configura le azioni di competenza dei soggetti partecipanti dirette a dare attuazione , in modo coordinato ed integrato, agli interventi oggetto del programma d'area. Con l'accordo i soggetti partecipanti si vincolano altresì ad impegnare le risorse finanziarie occorrenti e ad assumere le iniziative necessarie per l'acquisizione di eventuali contributi nazionali e Comunitari.

2. L'accordo deve:

a) prevedere una dettagliata descrizione degli interventi, nonché degli obiettivi e dei risultati che si intendono perseguire con la realizzazione del programma d'area;

b) contenere gli obblighi assunti da ciascun soggetto partecipante;

c) definire le diverse fasi di realizzazione degli interventi;

d) individuare le risorse finanziarie occorrenti per la realizzazione dei singoli interventi e la ripartizione dei relativi oneri fra i soggetti partecipanti;

e) prevedere gli effetti derivanti dall’inadempimento degli obblighi assunti   dai soggetti partecipanti, compresa l’eventuale attivazione di interventi sostitutivi;

f) individuare i contenuti non ritenuti sostanziali dalle parti che possono essere modificate con il consenso unanime espresso dalla Conferenza di programma;

g) individuare e designare l'Autorità di programma;

h) individuare le varie fasi temporali del programma;

i) prevedere il diritto di recesso, di uno o più soggetti partecipanti, stabilendone le condizioni.

Articolo 44
Soggetti attuatori

1.  I singoli soggetti partecipanti provvedono alla realizzazione ed alla gestione degli interventi previsti dal programma d'area in relazione agli obblighi assunti.

2. Entro trenta giorni dall'approvazione dell'accordo, ciascuno dei soggetti partecipanti individua il responsabile del programma di propria competenza, che svolge i seguenti compiti:

a) cura l'esecuzione degli interventi, promovendo e coordinando lo svolgimento di ogni attività necessaria per la loro completa e sollecita realizzazione;

b) fornisce all'Autorità di programma tutte le informazioni necessarie per l'esercizio dei suoi compiti.

Articolo 45
Autorità di programma

1. L'Autorità di programma, costituita con decreto del Presidente della Giunta regionale, da emanarsi entro 90 giorni dall’emanazione della presente legge, sulla base degli atti e documenti del P.O.R Calabria e relativi complementi:

a) coordina l'attività dei responsabili nominati dai soggetti partecipanti;

b) vigila sul rispetto dei tempi di realizzazione del programma e del corretto e razionale svolgimento delle procedure;

c) opera il monitoraggio sui livelli di prestazione e di qualità, degli interventi e la valutazione della congruenza dei risultati conseguiti agli obiettivi programmatici definiti;

2. L'Autorità riferisce periodicamente sull'attuazione del programma d'area alla Conferenza di programma e propone alla stessa l'assunzione dei provvedimenti di competenza, curandone l'esecuzione.

Articolo 46
Conferenza di programma

1.  Con decreto del Presidente della Giunta regionale è istituita la Conferenza di programma con il compito di sovrintendere alla realizzazione del programma d'area e di vigilare sul tempestivo e completo adempimento degli obblighi assunti dai partecipanti.

2.  La Conferenza è composta da un rappresentante per ognuno dei partecipanti e presieduta dal Presidente della Giunta regionale o un suo delegato.

3.  La Conferenza svolge i seguenti compiti:

a) verifica il rispetto degli obblighi assunti dai contraenti nei termini previsti; 

b) mette in mora il soggetto partecipante inadempiente e assume i successivi provvedimenti previsti dall'accordo, ivi compresa l'attivazione dei poteri sostitutivi;

c) tenta la composizione in via amichevole delle eventuali controversie insorte in ordine al rispetto delle clausole dell'accordo;

d) provvede agli adempimenti conseguenti;

e) approva le adesioni all'accordo;

f) valuta i risultati del programma d'area.

4.  La Conferenza è convocata dal suo Presidente almeno due volte l'anno, nonché su richiesta dell'Autorità di programma. La Conferenza assume i provvedimenti dì cui alle lettere d) ed e), del comma 3, all'unanimità dei suoi componenti.

Articolo 47
Approvazione regionale dei programmi d'area

1.  La Giunta regionale propone annualmente al Consiglio l'approvazione dei programmi d'area ed individua con il medesimo atto i capitoli ordinari di spesa, al fine di garantire la copertura finanziaria della quota regionale di partecipazione al programma, fissando una priorità per l'attuazione dei relativi interventi nell'utilizzo delle risorse previste dagli stanziamenti già autorizzati dalla legge di bilancio o dalla legge finanziaria, con riferimento alle leggi di spesa settoriali vigenti.

2.  II Consiglio regionale con un unico provvedimento approva il programma d'area ed il relativo programma finanziario. La delibera consiliare di approvazione del programma d'area ha la medesima efficacia degli atti settoriali di programmazione economico-finanziaria, ai finì dell'individuazione degli interventi e degli stanziamenti di bilancio da impegnare. Alla stessa consegue direttamente la fase di attuazione degli interventi da parte delle competenti strutture regionali.

Articolo 48
Insediamenti urbani e storici

1. Entro 120 giorni dall’entrata in vigore della presente Legge, la Giunta regionale adotta un organico strumento normativo sulla identificazione dei centri storici, disciplinando gli interventi negli stessi che tenga conto dei seguenti principi:

a) ai fini della valorizzazione delle risorse immobiliari disponibili e della limitazione dell’uso di risorse territoriali si considera di preminente interesse regionale il recupero, la riqualificazione ed il riuso dei centri storici e degli insediamenti storici minori, rispettandone i valori culturali, sociali, storici, architettonici, urbanistici, economici ed ambientali;

b)  si considerano centri storici gli agglomerati urbani che conservano nell’organizzazione territoriale, nell’impianto urbanistico e ambientale, nonché nelle strutture edilizie, i segni di una formazione remota e di proprie originarie funzioni abitative, economiche, sociali e culturali, comprendendo inoltre ogni struttura insediativa anche extra urbana che costituisca eredità significativa di storia locale;

c)  è prevista l’istituzione e l’aggiornamento a cura della Regione di un elenco dei centri storici riguardante gli insediamenti suscettibili di tutela e valorizzazione;

d) l’attuazione degli interventi nei centri storici può essere demandata ai comuni o altri enti pubblici, contraenti generali, cooperative di abitazione e loro consorzi, cooperative di produzione e loro consorzi, imprese di costruzione e di servizi e loro consorzi, privati proprietari, singoli o consorziati.  

Articolo 49
Miglioramenti tecnologici

1.  Al fine di migliorare la qualità tecnologica e di agevolare l'attuazione delle norme sul risparmio energetico degli edifici, nuovi o esistenti, non sono considerati nei computi per la determinazione dei volumi e dei rapporti di copertura:

a)  i tamponamenti perimetrali per la sola parte eccedente i trenta centimetri, per le nuove costruzioni, e fino ad un massimo di ulteriori centimetri venticinque;

b)  il maggiore spessore dei solai, orizzontali od inclinati, per la sola parte eccedente i venti centimetri se contribuisce al miglioramento statico degli edifici, e/o al miglioramento dei livelli di coibentazione termica, acustica o di inerzia termica;

c) le disposizioni del presente articolo  valgono anche ai fini del calcolo delle altezze massime, delle distanze dai confini, fra edifici e dalle strade, fermo restando le prescrizioni minime dettate dalla legislazione statale.

2.  Con l’obiettivo di contenere il consumo di nuovo territorio è consentito nei centri storici e nelle zone totalmente costruite dei centri abitati, il recupero ai fini abitativi dei sottotetti e l’utilizzo a fini commerciali dei piani seminterrati ed interrati così definiti:

a) sottotetti, i locali sovrastanti l’ultimo piano dell’edificio con copertura a tetto;

b) seminterrati, i piani la cui superficie si presenta entroterra per una percentuale inferiore ai 2/3 della superficie laterale del piano;

c) interrati, i piani la cui superficie si presenta entroterra per una percentuale superiore ai 2/3 della superficie laterale del piano;

purché siano rispettate le normali condizioni di abitabilità previsti dai vigenti regolamenti salvo le seguenti:

- requisiti di idoneità statica attestati mediante certificato di collaudo redatto da tecnico abilitato, corredato da prove di carico e certificazione di cui alla legge n. 1086 del 5.11.1971;

- altezza media ponderale di almeno metri 2,20, ridotta a metri 2,00 per i comuni posti a quota superiore a metri 800 slm, calcolata dividendo il volume della porzione di sottotetto di altezza maggiore a metri 1,50 per la superficie relativa;

- rapporti pari a 1/15 tra la superficie delle aperture esterne e superficie degli ambienti di abitazione, calcolata relativamente alla porzione di sottotetto di altezza maggiore a metri 1,50;

- di interventi per il collegamento diretto tra unità immobiliari e sovrastante sottotetto o fra locali contigui finalizzati alla migliore funzione di tali locali sono da considerarsi opere interne soggette a D.I.A.;

- la realizzazione di aperture, botole, scale, ed ogni altra opera interna idonea a perseguire le finalità di abitabilità dei sottotetti è soggetta a D.I.A.;

- gli interventi e le opere di tipo edilizio e tecnologico devono avvenire senza alcuna modificazione delle linee di colmo e di gronda e senza alterazione delle originarie pendenze delle falde di copertura e con l’altezza dei piani sottostanti ai sottotetti che non può essere ridotta ad un valore inferiore a metri 2,70;

- è consentita, ai fini dell’osservanza dei requisiti di areazione e di illuminazione dei sottotetti la realizzazione di finestre, lucernai, abbaini e terrazzi se consentiti, ovvero la realizzazione di impianti di ventilazione meccanica per un ricambio d’aria almeno pari a quello richiesto per la ventilazione naturale;

per i seminterrati e gli interrati:

- altezza interna non inferiore a metri 2,70;

- aperture per la ventilazione naturale diretta non inferiore ad un 1/15 della superficie del pavimento, ovvero la realizzazione d’impianto di ventilazione meccanici per un ricambio d’aria almeno pari a quello richiesto per la ventilazione naturale;

- gli interventi e le opere di tipo edilizio ammessi per conseguire l’utilizzo terziario e/o commerciale di piani seminterrati non devono, comunque, comportare modifiche delle quote standard di piano delle aree pubbliche e delle sistemazioni esterne già approvate;

- è consentito l’utilizzo dei locali ricavati con la suddivisione orizzontale dell’ambiente interrato o seminterrato esistente, che ha come fine l’integrazione e il miglioramento della funzione terziario commerciale, a condizione però che la presenza del soppalco non riduca l’altezza dell’ambiente al di sotto di metri 2,70;

- gli interventi per collegare vano e soppalco e per la sistemazione dei locali interrati e seminterrati finalizzati a migliorare la fruizione di detti locali e la loro funzione terziario/commerciale sono da considerarsi opere soggette a D.I.A..

3.  Gli interventi di cui al presente articolo comportano la corresponsione degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria, nonché del contributo del costo di costruzione ai sensi di legge, calcolati sulla volumetria resa utilizzabile secondo le tariffe vigenti di ciascun Comune per le opere di urbanizzazione.

4.  Il recupero a fini abitativi ed il riutilizzo ad uso terziario/commerciale dei piani seminterrati ed interrati è ammesso rispettivamente per le zone A e B come definite dal D.M. 1444/68. Nei sottotetti i volumi trasformabili non possono eccedere il 25% del volume urbanistico dell’edificio cui l’intervento si riferisce.

5. Qualora venga superato il limite del 25% dell’incremento volumetrico di cui al comma precedente e nella situazione d’impossibilità del rispetto dei limiti fissati dal D.M. 2 aprile 1968 è, altresì ammessa la possibilità del diretto conferimento, da parte dei richiedenti, di superfici idonee a compensare gli standards urbanistici mancanti, ovvero della loro monetizzazione attraverso idonea convenzione, in base ai costi correnti di esproprio all’interno dell’area considerata.

6.  Gli interventi di cui al presente articolo sono classificati come ristrutturazioni ai sensi dell’art. 31, comma 1, della legge 5 agosto 1978, n. 457.

7.  Con riferimento al precedente comma 5, i Comuni, con motivata deliberazione, di cui è necessario dare adeguata pubblicità, possono, nel termine di 180 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, disporre l’esclusione totale o parziale di zone territoriali omogenee e/o limitazioni degli incrementi volumetrici oltre il limite di cui al comma 5. 

TITOLO VII
PIANIFICAZIONE DEL TERRITORIO AGRO-FORESTALE

Articolo 50
Assetto agricolo forestale del territorio

1.  Gli strumenti urbanistici, nell’individuazione delle zone agricole, disciplinano la tutela e l’uso del territorio agro-forestale, al fine di:

a) salvaguardare il valore naturale, ambientale e paesaggistico del territorio medesimo e, nel rispetto della destinazione forestale del suolo e delle specifiche vocazioni produttive, garantire lo sviluppo di attività agricole sostenibili;

b) promuovere la difesa del suolo e degli assetti idrogeologici, geologici ed idraulici e salvaguardare la sicurezza del territorio;

c) favorire la piena e razionale utilizzazione delle risorse naturali e del patrimonio infrastrutturale ed infrastrutturale esistente;

d) promuovere la permanenza nelle zone agricole, degli addetti all’agricoltura migliorando le condizioni insediative;

e) favorire il rilancio e l’efficienza delle unità produttive;

f) favorire il recupero del patrimonio edilizio rurale esistente in funzione delle attività agricole e di quelle ad esse integrate e complementari a quella agricola;

g) valorizzare la funzione dello spazio rurale di riequilibrio ambientale e di mitigazione degli impatti negativi degli aggregati urbani.

2.  I Comuni, mediante il P.S.C. individuano zone agricole a diversa vocazione e vocazione e suscettività produttiva per promuoverne lo sviluppo.

3.  I Comuni qualificano, attraverso la sistematica definizione degli interventi edilizi ed urbanistici ammessi, le zone agricole del proprio territorio in:  

a) aree caratterizzate da una produzione agricola tipica o specializzata;

b) aree di primaria importanza per la funzione agricolo-produttiva, anche in relazione all’estensione, composizione e localizzazione dei terreni;

c) aree che, caratterizzate da preesistenze insediative, sono utilizzabili per l’organizzazione di centri rurali o per lo sviluppo di attività complementari ed integrate con l’attività agricola;

d) aree boscate o da rimboschire;

e) aree che per condizione morfologica, ecologica, paesistico-ambientale ed archeologica, non sono suscettibili di insediamento.

4. L’individuazione di cui al comma 2 deve essere preceduta da una rilevazione e descrizione analitica delle caratteristiche fisiche del territorio interessato e delle sue potenzialità produttive, elaborata sulla base di una relazione agro-pedologica e di uso dei suoli con particolare riferimento:

a) alla natura fisico-chimica dei terreni, alla morfologia ed alle caratteristiche idro-geologiche;

b) all’uso di fatto ed all’uso potenziale dei suoli finalizzato all’incremento potenzialità produttive;  

c) allo stato della frammentazione fondiaria;

d) alle caratteristiche socio-economiche della zona e della popolazione che vi risiede o la utilizza;

e) alla individuazione delle aree abbandonate o sotto utilizzate che richiedano interventi strutturali ai fini di garantire forme ed opere di presidio ambientale, sotto i profili ecologico-ambientale e socio-economico.

5.  Le previsioni del P.S.C., relativamente alle zone di cui al comma 2, devono indicare:

a) per ciascuna zona e con riferimento alle colture praticate od ordinariamente praticabili;

b) l’unità aziendale minima per l’esercizio in forma economicamente conveniente dell’attività agricola.  

6.  Nei Comuni tuttora dotati di  programma di fabbricazione, la destinazione a zona agricola si intende estesa a tutti i suoli ricadenti al di fuori dei centri abitati, salvo quanto disposto dai piani  sovraordinati.

7. Nell’ambito dei comprensori di bonifica i Consorzi di bonifica partecipano, tramite le scelte disposte con il Piano Comprensoriale di bonifica e di tutela del territorio, ove  approvato dal Consiglio regionale ed adottato dai Consorzi, alla formazione dei Piani territoriali ed urbanistici, nonché ai programmi di difesa dell’ambiente contro gli inquinamenti.

8.  Il Piano ha efficacia in ordine alle azioni di competenza del Consorzio di bonifica per la individuazione e progettazione delle opere di bonifica e delle opere pubbliche di bonifica e di irrigazione , nonché delle altre opere necessarie per la tutela e la valorizzazione del territorio rurale, ivi compreso la tutela delle acque di bonifica ed irrigazione. Il Piano ha invece valore di indirizzo per quanto attiene vincoli per la difesa dell’ambiente naturale ed alla individuazione dei suoli agricoli da salvaguardare rispetto a destinazioni d’uso alternative.

9.  I Comuni, le Comunità Montane e le Province, nell’approvazione dei propri strumenti di pianificazione devono raccordarsi con quanto disposto dal Piano di bonifica approvato dal Consiglio regionale. I Comuni si raccordano, altresì, nei propri strumenti urbanistici, con le proposte di tutela delle aziende e delle aree agricole in riferimento alla salvaguardia dell’uso agricolo rispetto a destinazioni d’uso alternative.  

Articolo 51
Interventi in zona agricola

1. Nelle zone a destinazione agricola come identificate dell’articolo precedente, il permesso a costruire sarà rilasciato con esonero dei contributi commisurati alle opere di urbanizzazione e ai costi di costruzione, solo se la richiesta è effettuata da imprenditori agricoli.  

2. Qualora la destinazione d’uso venga modificata nei dieci anni successivi all’ultimazione dei lavori i contributi di cui al comma precedente sono dovuti nella misura massima corrispondente alla nuova destinazione, determinata con riferimento al momento dell’intervenuta variazione (ai sensi dell’art. 19 ultimo comma del D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380).     

3. Nelle zone a destinazione agricola è comunque vietata:

a) ogni attività comportante trasformazioni dell’uso del suolo tanto da renderlo incompatibile con la  produzione vegetale o con l’allevamento e valorizzazione dei prodotti;

b) ogni  intervento comportante frazionamento del terreno a scopo edificatorio (già lottizzazione di fatto);

c) la realizzazione di opere di urbanizzazione primaria e secondaria del suolo in difformità alla sua destinazion.

4.  Il P.S.C. in riferimento a quanto disposto nelle linee guida, nel Q.T.R.  nonché nel P.T.C.P., avendo particolare riguardo ai loro contenuti di strumenti di salvaguardia e tutela dei valori paesaggistici, e tenendo anche conto dei piani e programmi di settore, in materia di agricoltura, individua gli interventi aventi carattere prioritario ed essenziale fissando gli indici ed i rapporti di edificabilità. 

5.  E’ consentito  l’asservimento di lotti non contigui ma funzionalmente legati per il raggiungimento dell’unità culturale minima, fermo restando la definizione in sede di P.S.C. dell’ingombro massimo di corpi di fabbrica edificabili e le caratteristiche tipologiche dell’insieme degli interventi a tutela e conservazione del paesaggio agricolo.

Articolo 52
Criteri per l’edificazione in zona agricola

1.  Il permesso di costruire per nuove costruzioni rurali, nei limiti ed alle condizioni di cui al precedente articolo, potrà essere rilasciato nel rispetto delle seguenti prescrizioni:

a) che si proceda in via prioritaria al recupero delle strutture edilizie esistenti;

b) che l’Azienda mantenga in produzione superfici fondiarie che assicurino la dimensione dell’unità aziendale minima.

2.  Le strutture a scopo residenziale, al di fuori dei piani di utilizzazione aziendale o interaziendale, salvo quanto diversamente e più restrittivamente indicato dai P.S.C., dai piani territoriali o dalla pianificazione di settore,  sono consentite entro e non oltre gli standards di edificabilità di 0,013 mq su mq. Per le sole attività di produttività e di trasformazione e/o commercializzazione di prodotti agricoli, l’indice non può superare 0,1 mq su mq. Il lotto minimo è rappresentato dall’unità aziendale minima di cui agli articoli precedenti.

3.  I vincoli relativi all’attuazione dei rapporti volumetrici e di utilizzazione residenziale o produttiva devono essere trascritti presso la competente conservatoria dei registri immobiliari a cure e spese del titolare del permesso di costruire.

TITOLO VIII
DISPOSIZIONI ORIZZONTALI

Articolo 53
Standards  urbanistici

1.  Al fine di assicurare una diversa e migliore qualità urbana, gli standards debbono contribuire ad elevare il livello quantitativo e qualitativo del sistema delle infrastrutture per l’urbanizzazione degli insediamenti residenziali e produttivi in genere, mirando a migliorare il livello delle attrezzature e spazi collettivi, idonei a soddisfare le esigenze dei cittadini.

2.  Gli standards di qualità, in particolare, si esprimono attraverso la definizione:

a) della quantità e della tipologia di tali dotazioni;  

b) delle caratteristiche prestazionali, in termini di accessibilità, di piena fruibilità e sicurezza per tutti i cittadini di ogni età e condizione, di equilibrata e razionale distribuzione nel territorio, di funzionalità e adeguatezza tecnologica, di semplicità ed economicità di gestione.

3.  La Giunta regionale, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sentiti i rappresentanti dall’A.N.C.I., dell’U.P.I., dell’A.N.C.E., dell’A.N.P.C. e delle federazioni degli ordini professionali degli architetti-pianificatori-paesaggisti-conservatori, degli ingegneri e dei geologi, specifica  gli atti ai fini della predisposizione dei piani urbanistici comunali:

a)  i limiti di utilizzazione territoriale;

b)  i valori per il calcolo della capacità insediativa dei suoli destinati all’espansione ed al completamento degli immobili da sottoporre a riqualificazione, rifunzionalizzazione e sostituzione;

c)  i rapporti tra gli spazi destinati alla trasformazione urbanistica e gli spazi pubblici, di uso pubblico o aperti al pubblico destinati al soddisfacimento delle esigenze di mobilità, sosta e ricovero degli autoveicoli, del tempo libero ivi compresi gli spazi verdi naturalizzati ed attrezzati per il giuoco, lo sport, le attività singole o collettive, lo spettacolo all’aperto, e le occasioni culturali musicali collettive, l’istruzione di primo e secondo grado, l’assistenza agli anziani, le strutture sanitarie di base;

d)  i criteri attraverso cui il soddisfacimento dei fabbisogni di standard debba essere valutato secondo requisiti prestazionali delle attrezzature e dei servizi la cui rilevazione e valutazione dovrà accompagnare quella strettamente quantitativa.

4.  La possibilità di soddisfare la percentuale di standards urbanistici  anche con servizi ed attrezzature private, purché definitivamente destinati ad attività collettive e previo convenzionamento con il Comune.

5.  La Giunta regionale, previo parere vincolante della Commissione consiliare competente, nel medesimo provvedimento, connota, altresì, le forme di surrogazione di natura tecnologica o contrattuale attraverso le quali i citati fabbisogni potranno essere comunque soddisfatti, comprendendo anche forme di monetizzazione, di prestazione in forma specifica ovvero interventi compensativi inquadranti o comprensivi diversi da quelli direttamente interessati

Articolo 54
Perequazione urbanistica

1.  La perequazione urbanistica persegue l’equa distribuzione dei valori immobiliari prodotti dalla pianificazione urbanistica e degli oneri derivanti dalla realizzazione delle dotazioni territoriali.

2.  La quantità di edificazione spettante ai terreni che vengono destinati ad usi urbani deve essere indifferente alle specifiche destinazioni d’uso previste dal Piano Strutturale Comunale (P.S.C.) e deve invece correlarsi allo stato di fatto e di diritto in cui i terreni stessi si trovano al momento della formazione del Piano stesso. A tal fine, il Piano Strutturale Comunale (P.S.C.) riconosce la medesima possibilità edificatoria ai diversi ambiti che presentino caratteristiche omogenee, in modo che ad uguale stato di fatto e di diritto corrisponda una uguale misura del diritto edificatorio.

3. Ogni altro potere edificatorio previsto dal Piano Strutturale Comunale (P.S.C.), che ecceda la misura della quantità di edificazione spettante al terreno, è riservato al Comune, che lo utilizza per le finalità di interesse generale previste nei suoi programmi di sviluppo economico, sociale e di tutela ambientale.  

4.  Le aree le quali, secondo le regole stabilite dal Piano Strutturale Comunale (P.S.C.), non sono necessarie per realizzare le costruzioni e gli spazi privati a queste complementari, entrano a far parte del patrimonio fondiario del Comune, che le utilizza per realizzare strade ed attrezzature urbane nonché per ricavarne lotti edificabili da utilizzare sia per i previsti programmi di sviluppo economico e sociale sia per le permute necessarie ad assicurare ai proprietari dei terreni destinati dal P.S.C. ad usi pubblici, la possibilità di costruire quanto di loro spettanza.

5. L’attuazione della perequazione urbanistica si realizza attraverso un accordo di tipo convenzionale che prevede la compensazione tra suolo ceduto o acquisito e diritti edificatori acquisiti o ceduti.   

6.  Il Piano Operativo Comunale (P.O.T.) ed i Piani urbanistici Attuativi (P.A.U), nel disciplinare gli interventi di trasformazione da attuare in forma unitaria, assicurano la ripartizione dei diritti edificatori e dei relativi oneri tra tutti i proprietari degli immobili interessati, indipendentemente dalle destinazioni specifiche assegnate alle singole aree. 

7.  Il Regolamento edilizio ed urbanistico (R.E.U.) stabilisce i criteri e i metodi per la determinazione dei diritto edificatorio spettante a ciascun proprietario, in ragione del diverso stato di fatto e di diritto in cui si trovano gli immobili al momento della formazione del P.S.C.

Articolo 55
Società di trasformazione urbana

1.  I Comuni, i loro consorzi, e le loro unioni possono promuovere la costituzione di società per azioni al fine di progettare e realizzare interventi di trasformazione urbana in attuazione degli strumenti urbanistici vigenti secondo quanto previsto dell’articolo 120 del D.lgs. 18 agosto 2000 n. 267. E’ facoltà dei promotori chiamare a far parte delle S.T.U. anche la Regione, le Province ed i privati.

2. Entro sei mesi dalla data dell’entrata in vigore della presente legge, la Giunta regionale, previo parere della Commissione consiliare competente, approva il regolamento contenente i criteri e le modalità per consentire la partecipazione alle S.T.U. dei soggetti proprietari degli immobili compresi nei perimetri interessati dalle trasformazioni di cui al comma 1 e le ulteriori precisazioni per il funzionamento delle società stesse.

3.  I programmi che vengono attivati attraverso le Società di cui al comma precedente devono prevedere interventi destinati alla edilizia residenziale pubblica in misura non inferiore al 15% delle risorse pubbliche e private impegnate per la loro attuazione.

Articolo 56
Vincolo di inedificabilità

1. All’atto del rilascio del permesso di costruire, per le costruzioni da realizzare ai sensi del Titolo VII, viene istituito un vincolo di non edificazione relativamente alla sola superficie agraria asservita, da trascriversi presso la conservatoria dei registri immobiliari.

2.  Le abitazioni esistenti in zona agricola alla data di entrata in vigore della presente legge estendono sul terreno dello stesso proprietario un vincolo di non edificazione fino a concorrenza della superficie fondiaria necessaria alla loro edificazione. La demolizione parziale o totale di tali costruzioni, corrispondentemente, riduce od elimina il vincolo.

Articolo 57
Disciplina del mutamento delle destinazioni d’uso degli immobili

1.  Il P.S.C. individua, per ambiti organici del territorio pianificato o per singoli episodi edilizi quando questi assumano particolari dimensioni o caratteristiche, le destinazioni d’uso specifiche, quelle ricomprese in gruppi omogenei e quelle da escludere, nonché la possibilità di destinazioni temporanee, convenzionate o scorrevoli a seguito di rifunzionalizzazione degli immobili.

2.  Le condizioni per le localizzazioni delle destinazioni ammissibili, i loro rapporti con l’eventuale formazione di comparti edilizi e quelle relative al soddisfacimento delle esigenze di perequazione fondiaria sono stabilite dal R.E.U. che fissa, altresì, i requisiti tecnici degli immobili in relazione alle diverse destinazioni.

3.  Le destinazioni d’uso sono definite sulla base del rapporto tra funzionalità e qualità urbana, ai fini della formazione di centri di aggregazione di funzioni, di riordino e di riequilibrio delle strutture insediative ed in coerenza con il piano del traffico e delle mobilità e con il programma urbano dei parcheggi.

4.  Le destinazioni d’uso sono suddivise nei seguenti raggruppamenti:

a) residenziale, turistico-ricettiva e direzionale, sanitaria;

b) produttiva (commerciale, artigianale, industriale nei limiti dimensionali stabiliti dalla normativa vigente in materia di piccole e medie imprese e di trasformazione);

c) industriale (nei limiti dimensionali stabiliti dalla legislazione vigente in materia di imprese maggiori);

d) servizi pubblici o di interesse pubblico a carattere generale o comprensoriale;

e) agricola.

5.  Le destinazioni d’uso di cui alla lettera a) possono essere insediate nelle zone di tipo  A), B) e C) di cui al Decreto Interministeriale n. 1444, del 2 aprile 1968,secondo le prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali.

6.  Le destinazioni d’uso di cui alle lettere b) e c) possono essere insediate nelle zone omogenee di tipo D) di cui al Decreto Interministeriale  n. 1444, del 2 aprile 1968, secondo la prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali.

7.  Le destinazioni d’uso di cui alla lettera d), possono essere insediate nelle zone omogenee di tipo F) di cui al Decreto Interministeriale  n. 1444, del 2 aprile 1968, secondo le prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali.

8.  Le destinazioni d’uso di cui alla lettera e) possono essere insediate nelle zone omogenee di tipo  E) di cui al Decreto Interministeriale n. 1444, del 2 aprile 1968, secondo le prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali. Gli esercizi commerciali di vicinato e piccole imprese artigiane non inquinanti, sono ammessi in tutte le zone omogenee ad eccezione di quelle E), di cui al Decreto Interministeriale n. 1444, del 2 aprile 1968, a destinazione agricola, secondo le prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali.

9. Costituiscono, ai fini della presente legge, modifica di destinazione d’uso il passaggio tra i diversi raggruppamenti di cui al precedente comma 4, nonché tra le zone omogenee del Decreto Interministeriale n. 1444,  del 2 aprile 1968, secondo le prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali.

10.   Si ha mutamento di destinazione d’uso quando l’immobile, o parte di esso, viene ad essere utilizzato, in modo non puramente occasionale e momentaneo, per lo svolgimento di attività appartenente ad una delle categorie di destinazione di cui al comma 4 diversa da quella in atto.

11.   La destinazione d’uso “in atto” dell’immobile o dell’unità immobiliare è quella fissata dalla licenza, permesso di costruire o autorizzazione per essi rilasciata, ovvero, in assenza o nell’indeterminatezza di tali atti, dalla classificazione catastale attribuita in sede di  accatastamento o da altri atti  probanti.

12.   Per i mutamenti della destinazione d’uso che implichino variazioni degli standards urbanistici, il rilascio del permesso di costruire è subordinato alla verifica del reperimento degli standards.

13.   Il mutamento di destinazione d’uso, anche se attuato senza la realizzazione di opere edilizie, comporta l’obbligo di corrispondere al Comune il contributo di costruzione di cui all’articolo 16 del DPR 380/2001, per la quota-parte commisurata agli oneri di urbanizzazione ed in misura rapportata alla differenza tra quanto dovuto per la nuova destinazione rispetto a quella già in atto, allorquando la nuova destinazione sia idonea a determinare un aumento quantitativo e/o qualitativo del carico urbanistico della zona, inteso come rapporto tra insediamenti e servizi. Per tutti gli immobili costruiti prima dell’entrata in vigore della legge 6.8.1967 n. 765 il mutamento e destinazione d’uso, pur non dovendo corrispondere al Comune alcun contributo di costruzione, è soggetto a denunzia di inizio attività (D.I.A.) nonché all’obbligo di denunzia di variazione catastale.

14.   E’ soggetto a Denunzia di Inizio Attività (D.I.A.) il diverso uso  all’interno dello stesso raggruppamento  tra quelli elencati al comma 4 e comunque il mutamento da cui non derivi la necessità di dotazioni aggiuntive di standards, servizi e spazi pubblici o privati.

15.   Gli immobili con le relative aree di pertinenza, realizzati o in corso di realizzazione, anche con concessione edilizie rilasciate attraverso conferenze di servizi ai sensi e per gli effetti dell’articolo 14 e seguenti della legge 241/90 e successive modificazioni ed integrazioni, sono da ritenersi inquadrati, secondo la loro destinazione d’uso, nella disciplina dei raggruppamenti di cui al precedente punto quattro.

TITOLO IX
MISURE DI SALVAGUARDIA

Articolo 58
Misure di salvaguardia

1.  A decorrere dalla data di adozione del Q.T.R. si applicano le misure di salvaguardia di cui alla legge 3 novembre 1952, n. 1902, e sue modificazioni ed integrazioni.

2. Sono nulli gli atti assunti in violazione delle misure di cui al primo comma.

3.  Le misure di salvaguardia decadono con l’adeguamento degli strumenti urbanistici comunali, a seguito dell’approvazione del Piano Strutturale, alle prescrizioni del Q.T.R o delle sue varianti e comunque decorsi cinque anni dalla loro entrata in vigore.

4.  In caso di mancato adeguamento dei P.T.C.P. oltre il termine stabilito dal Q.T.R, le prescrizioni del Q.T.R o delle sue varianti acquistano l’efficacia del Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale ovvero prevalgono su di esso, anche agli effetti della decorrenza dei termini per l’adeguamento degli strumenti urbanistici comunali alle previsioni del P.T.C.P.

5.  In caso di rinvio della capacità di trasformazione dei suoli alla preventiva predisposizione di un piano attuativo unitario di cui all’articolo 24, l’edificabilità dei suoli medesimi può essere esplicata alla scadenza del terzo anno decorrente dalla data di approvazione dello strumento generale .Per i piani vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge il termine di cui al comma precedente decorre dalla data di entrata in vigore della legge medesima. I privati possono, altresì, attraverso i P.U.R., proporre la realizzazione e/o la gestione diretta di aree ed attrezzature a destinazione pubblica, purché non se ne cambi la destinazione d’uso e le stesse siano utilizzate per servizi di pubblica utilità e/o interesse.

Articolo 59
Misure di salvaguardia del P.T.C.P.

1.  A decorrere dalla data di adozione del P.T.C.P. e fino all’adeguamento dei piani urbanistici generali comunali si applicano le misure di salvaguardia di cui all’articolo 12, commi 3 e 4 del D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 .

Articolo 60
Misure di salvaguardia del P.S.C..

1.  Il dirigente od il responsabile dell’ufficio tecnico del Comune, sospende ogni determinazione sulle domande di permesso di costruire, quando accerti che tali domande siano in contrasto con l’atto di pianificazione territoriale adottato dal Comune e con le misure di salvaguardia del Q.T.R. e del P.T.C.P.

2.  La sospensione opera fino alla data di approvazione e di efficacia dell’atto di pianificazione e comunque non oltre cinque anni dalla data di adozione dell’atto.

TITOLO X
DELEGA DI FUNZIONI E COMPETENZE

Articolo 61
Conferimento di funzioni in materia di urbanistica e di opere abusive

1.  Le funzioni di competenza della Regione ai sensi dell’Articolo 31, comma 8, e degli articoli 32, 39 e 40 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 sono attribuite alle Province .

2. L'autorizzazione a derogare ai regolamenti edilizi comunali per le altezze degli edifici destinati ad uso alberghiero, di cui al R.D.L. 8 novembre 1938, n. 1908 , è rilasciata dai Comuni unitamente al provvedimento di permesso di costruire.

3.  Il previo rilascio dei pareri paesistici ed ambientali, ai sensi dell’art. 151 del D.Lgs. 490 del 29 ottobre 1999 é delegato esclusivamente ai Comuni.

4.  Con atto successivo la Regione regolamenterà il conferimento di specifiche funzioni ai Comuni, in materia edilizia, finalizzate a consentire ai privati proprietari di completare opere edilizie realizzate con titolo giuridicamente valido ma non completate nei termini di efficacia del titolo abilitativo avviando il  miglioramento del decoro urbano e della qualità ambientale del patrimonio edilizio.

Articolo 62
Adempimenti della Regione

1. Entro un anno dall’entrata in vigore della presente legge, la Giunta regionale elabora il documento Q.T.R. con i contenuti di cui all’articolo 17 e lo trasmette al Consiglio regionale, alle Province ed ai Comuni, ai sensi dell’articolo 25.

2. Entro il medesimo termine di cui al primo comma, la Giunta regionale approva gli atti di indirizzo e coordinamento di cui all’articolo 66 e provvede a raccogliere in un unico testo l’intera legislazione regionale in materia urbanistica.

Articolo 63
Adeguamenti ed aggiornamenti

1.  Gli adeguamenti del Q.T.R. possono essere promossi dal Consiglio regionale , da una o più Province, dai Comuni la cui popolazione complessiva superi di 1/3 quella definita nell’ultimo censimento del totale regionale, qualora si verifichino modifiche alla normativa vigente, ovvero sopraggiungano motivi che determinino la totale o parziale inattuabilità dello stesso Q.T.R.

2.  Il Consiglio regionale provvede all'adeguamento ed all'aggiornamento del Q.T.R. con le procedure di cui al precedente articolo 25 ma con i termini ridotti della metà nel caso di modifiche inerenti disposizioni programmatiche o rese necessarie da variazioni della normativa vigente.

 

Articolo 64
Adempimenti delle Province

1.  I P.T.C.P. vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge conservano validità fino all’approvazione delle linee guida di cui al comma 5 dell’articolo 17. Le previsioni di detti strumenti vanno adeguate se in contrasto con le suddette linee guida nei termini indicati nel provvedimento di emanazione delle stesse linee.

2.  Per i P.T.C.P. adottati prima dell’entrata in vigore della presente legge continuano ad applicarsi le norme procedurali e di salvaguardia vigenti alla data di adozione con l’obbligo di recepimento, per lo strumento approvato, delle linee guida come indicato al precedente comma.

3.  I P.T.C.P. vigenti o adottati alla data di entrata in vigore della presente legge devono essere adeguati entro dodici mesi dalla entrata in vigore del Q.T.R..  

4.  Fino all’emanazione delle linee guida di cui al comma 5 dell’art. 17 le Province continuano ad adottare i P.T.C.P. applicando le norme procedurali vigenti prima dell’entrata in vigore della presente legge con l’obbligo di adeguamento alle suddette linee guida come indicato al precedente comma 1.

5. Decorso inutilmente il termine di cui al comma precedente, si applicano i poteri sostitutivi di cui al successivo articolo 67.

Articolo 65
Approvazione ed adeguamento degli strumenti urbanistici comunali
. In fase di prima applicazione della legge.

1.  I Comuni sprovvisti di piano urbanistico o con strumenti urbanistici decaduti, entro tre mesi dall’emanazione delle linee guida di cui al comma 5 dell’art. 17 devono dare avvio alle procedure di formazione e di approvazione del P.S.C. previsto dalla presente legge.

2.  Gli strumenti urbanistici generali vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge, conservano validità fino all’approvazione delle linee guida di cui al comma 5 dell’art. 17. A partire da tale data, le previsioni di detti strumenti riguardanti le aree esterne al perimetro dei suoli urbanizzati, come individuati dallo strumento urbanistico vigente purché non in contrasto con le suddette linee guida regionali, restano in vigore quali previsioni strutturali e ricognitive la cui attuazione è subordinata alla definizione di piani operativi e/o piani attuativi previsti dalla presente legge. Se lo strumento urbanistico generale risulti in contrasto rispetto alle suddette linee guida esso va adeguato nei termini indicati nel provvedimento di emanazione delle stesse linee. Fino all’approvazione dei nuovi strumenti urbanistici generali sono consentite variazioni agli stessi derivanti dall’approvazione di progetti di opere pubbliche o di interesse pubblico, da interventi previsti da strumenti di programmazione negoziata individuati dal POR Calabria 2000/2006, ovvero da contratti di programma, Patti Territoriali o da altri strumenti che prevedono l’utilizzazione in forma di cofinanziamento di risorse dell’Unione Europea, dello Stato e della Regione, e provenienti dal mercato. Nei casi da ultimo indicati, fino all’approvazione dei P.S.C., la Regione provvede, sentita la Commissione consiliare competente, in deroga alle prescrizioni di cui ai Titoli dal 1° al 5° della presente legge, a promuovere appositi accordi di programma territoriali ai sensi dell’art. 1, commi dall’1 al 4, della legge 26 dicembre 2001, n. 443 .

3.  Agli strumenti urbanistici o loro varianti, adottati dai Comuni prima della data di entrata in vigore della presente legge, continuano ad applicarsi le norme procedurali di applicazione e di salvaguardia vigenti alla data di adozione suddetta fermo restando l’obbligo di adeguamento dello strumento approvato, come indicato al comma precedente, se in contrasto con le linee guida di cui al comma 5 dell’art. 17 della presente legge.

4. Dall’entrata in vigore della presente legge e fino all’emanazione delle linee guida di cui al comma 5 dell’art. 17, i Comuni continuano ad adottare gli strumenti urbanistici generali optando per l’applicazione delle norme procedurali di approvazione e di salvaguardia di cui alla legge 1150/1942 sempre con l’obbligo di adeguamento dello strumento approvato, come indicato al comma precedente.

5.  I Comuni sostituiti con provvedimento regionale nell’approvazione del proprio strumento urbanistico e che alla data di entrata in vigore della presente legge il commissariamento non ha prodotto almeno l’adozione del piano, possono con delibera consiliare riacquistare i poteri di adozione ed approvazione dei piani nei propri Consigli comunali.

6.  In caso di adeguamenti resi necessari per errori materiali di trascrizione, grafici e/o legati a disfunzioni degli apparati telematici, elettromagnetici o di digitazione, vi provvede il dirigente responsabile del servizio preposto all’attuazione del piano.

7.  Le modifiche d’ufficio e le prescrizioni di cui al 2° comma dell’art. 10 L.U. n. 1150 del 1942 e successive modificazioni avranno ad oggetto anche l’osservanza delle norme della presente legge.

TITOLO XI
DISPOSIZIONI FINALI

Articolo 66
Atti regionali di indirizzo, coordinamento e attuazione

1.  Per assicurare lo sviluppo coordinato ed omogeneo delle attività di pianificazione territoriale e urbanistica, la Regione adotta:

a) atti di indirizzo e coordinamento delle funzioni pianificatori delle Province e dei Comuni;

b) atti di coordinamento tecnico, aventi per oggetto i necessari corredi che attengano, attraverso relazioni geologico-tecniche, le condizioni di rischio geologico mediante le opportune indagini di cui al D.M. 11.3.88  e successive modifiche ed integrazioni;

c) direttive relative all’esercizio delle funzioni delegate.

2.  Con gli atti di coordinamento tecnico, in particolare, la Regione:

a) detta indirizzi e direttive per l’attuazione della presente legge e per l’integrazione dei suoi contenuti con le disposizioni in materia di pianificazione territoriale e urbanistica previste dalle legislazioni settoriali;

b) specifica i contenuti essenziali del documento preliminare, del quadro conoscitivo, della relazione illustrativa, delle norme tecniche e delle tavole di progetto del P.T.C.P., del P.S.C., del P.O.T. e dei piani attuativi;

c) stabilisce l’insieme organico delle nozioni, definizioni, modalità di calcolo e di verifica concernenti gli indici, i parametri e le modalità d’uso e di intervento, allo scopo di definire un lessico comune utilizzato nell’intero territorio regionale, che comunque garantisca l’autonomia nelle scelte di pianificazione.

3.  Gli atti di cui al comma 1 sono assunti con delibera del Consiglio regionale, su proposta della giunta, sentite le Amministrazioni provinciali e le associazioni di Comuni. Tali atti sono pubblicati nel Bollettino Ufficiale della Regione.

Articolo 67
Poteri sostitutivi regionali e provinciali

1.  In caso di mancato rispetto dei termini perentori previsti dalla presente legge, il Presidente della Giunta regionale  o il Presidente della Provincia invita gli Enti inadempienti a provvedere entro trenta giorni, decorsi inutilmente i quali, al compimento dei singoli atti provvede direttamente la Giunta regionale o Provinciale, nominando un apposito commissario ad acta, con oneri a carico degli Enti inadempienti.

2.  In caso di inerzia di Province e Comuni, nell’esercizio delle funzioni amministrative ad essi delegate, rispettivamente la Giunta regionale o il Presidente della Provincia invitano gli  Enti sott’ordinati a provvedere entro sessanta giorni, decorsi inutilmente, i quali alla formazione dei singoli atti amministrativi provvede direttamente la Giunta regionale o quella Provinciale nominando un apposito commissario ad acta con oneri a carico dell’ente inadempiente.

3.  Le funzioni, le competenze ed i singoli atti per i quali è previsto il potere sostitutivo regionale, sono disciplinati con apposito regolamento da emanarsi, da parte della Giunta regionale, entro novanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge.

Articolo 68
Supporti tecnici e finanziari per la formazione di strumenti urbanistici

1.  La Regione assicura adeguato supporto tecnico a Province e Comuni per l'esercizio delle funzioni e dei compiti amministrativi demandati dalla presente legge. All'uopo gli Enti locali possono avvalersi dell'ausilio delle strutture tecnico-burocratiche degli uffici regionali competenti nelle materie dell'edilizia e dell'urbanistica.

2.  La Regione concede, inoltre, contributi ai Comuni ed alle Province per favorire la formazione degli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica previsti dalla presente legge.

3.  I contributi di cui al comma 2 sono concessi alla Province nella misura massima del cinquanta per cento della spesa ritenuta ammissibile ed ai Comuni nella misura massima del settanta per cento della spesa ritenuta ammissibile in ragione della popolazione dei Comuni ammessi.

4.  Le richieste di contributo sono inoltrate, dai Comuni e dalle Province interessati, al Presidente della Regione secondo le modalità ed i termini contenuti nel bando che sarà pubblicato nel B.U.R. Calabria entro il 30 aprile di ogni anno. In sede di prima applicazione la pubblicazione avverrà entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.

5.  La formulazione della graduatoria delle Province e dei Comuni beneficiari dei contributi di cui al comma 2 ,è effettuata dalla Giunta regionale, su proposta dell’Assessore competente, sulla base dei seguenti parametri:

a) l'inesistenza di strumentazione urbanistica generale;  

b) l'elaborazione del P.S.C. in forma associata;

c) la dimensione demografica del Comune, con precedenza ai Comuni di minore numero di abitanti per come rilevato nell’ultimo censimento ISTAT.

6.  Agli oneri derivanti dall'attuazione degli interventi di cui al presente articolo, la Regione fa fronte con l'istituzione di appositi capitoli nella parte spesa del bilancio regionale, che verranno dotati della necessaria disponibilità in sede di approvazione della legge annuale di bilancio.

Articolo 69
Qualificazione e valorizzazione professionale

1.  I soggetti titolari degli atti di governo del territorio, regolati dalla presente legge, perseguono gli obiettivi di cui alla presente legge, ai fini della redazione dei diversi strumenti di governo del territorio, mediante la valorizzazione di tutte le professionalità previste nel DPR 328/2001 e nel rispetto delle competenze nello stesso individuate. Sono da considerare esperti tutti i soggetti in possesso dei titoli di studio elencati negli articoli 17 e 47 del citato DPR 328 /2001.

2.  Al fine di elevare la qualità delle prestazioni professionali, anche incentivando il confronto e la concorrenzialità, gli affidamenti degli incarichi per atti di pianificazione e connessi, previsti dalla presente legge, devono prevedere, sempre, procedure concorsuali o ad evidenza pubblica, con avviso preventivo sul BUR Calabria.

3.  Ai fini delle analisi, delle relazioni e degli studi relativi ai beni archeologici, storici ed artistici ed ambientali, per le finalità della presente legge, sono considerati esperti i laureati in storia e conservazione dei beni architettonici ed ambientali e ogni altro professionista o esperto che possa dimostrare una specifica formazione ed esperienza nella materia.  

4.  Il professionista o i professionisti comunque associati, affidatari degli incarichi di cui al comma precedente sono obbligati a coinvolgere organicamente nella redazione dei progetti un professionista abilitato da non più di cinque anni all’esercizio della professione ed iscritto nel proprio albo professionale.

Articolo 70 
Società di certificazione urbanistica (S.C.U.)

1. Presso ogni Provincia è istituito l’elenco delle Società di certificazione urbanistica.

2.  Le Società di Certificazione Urbanistica, in presenza di richiesta dei Comuni e degli altri Enti preposti alla pianificazione del territorio, ivi compresi i proponenti di strumenti urbanistici, certificano la coerenza e conformità dello strumento urbanistico generale od attuativo, rispetto ai vincoli della strumentazione di livello superiore, nonché la sua conformità rispetto ai vincoli di rilievo pubblico e la concreta edificabilità e trasformabilità delle aree, impianti ed edifici.

3.  Il rilascio della certificazione urbanistica sostituisce ad ogni effetto gli atti di competenza degli organi ordinari.

4. Essa, tra l’altro, tiene luogo:

a) della verifica sull’adeguamento della strumentazione comunale al PTCP;

b) dell’atto di approvazione del P.S.C.;

c) delle osservazioni sul P.O.T. e sui P.A.U.;

d) della vigilanza sull’adempimento dell’obbligo di verifica delle strumentazioni urbanistiche di ogni livello la cui cadenza temporale sarà fissata dal regolamento di cui al successivo comma;

e) della congruenza dei contenuti dello strumento urbanistico alle vigenti norme dello Stato e della Regione.

5.  La certificazione, se rilasciata positivamente, dovrà essere trasmessa immediatamente alla Provincia che avrà il potere di annullarlo (in tutto o in parte) o di riformarlo nel termine di sessanta giorni dalla data di ricezione, con provvedimento motivato, con la indicazione delle censure specifiche e dei criteri ed elementi a cui dovrà uniformarsi l’Ente che avrà, conseguentemente, la facoltà di effettuare le necessarie modifiche e correzione riproponendo il Piano per la verifica conclusiva. Trascorso il termine anzidetto senza che la Provincia abbia esercitato i poteri di annullamento o di riforma, la certificazione produce  gli effetti di cui al precedente terzo comma.

6.  Con successivo regolamento, da adottare sentite le Giunte Provinciali, la Giunta regionale stabilirà i requisiti che dovranno possedere le Società di Certificazione Urbanistica (S.C.U.) e le modalità attuative per l’istruzione dell’elenco).

Articolo 71
Sportello unico

1. Le Amministrazioni Comunali, nell’ambito della propria autonomia organizzativa, provvedono anche mediante l’esercizio in forma associata delle strutture ai sensi del capo quinto titolo secondo del D.Lgs n. 267 /2000 a costituire un ufficio denominato Sportello Unico Per l’Edilizia che cura tutti i rapporti fra i soggetti privati, l’Amministrazione Comunale e ove occorra, le altre Amministrazioni tenute a pronunciarsi in ordine ad attività edilizie oggetto di permesso a costruire o di D.I.A.. Il funzionamento dello sportello è regolato, fino alla emanazione di appositi criteri da adottarsi da parte della Giunta regionale, dall’art.5, comma 2, 3 ,4, del D.P.R. n. 380 /2001.

Articolo 72
Sistema informativo provinciale

1.  Al fine di far confluire tutte le informazioni relative alla pianificazione del territorio che ricade sotto la loro giurisdizione le Province, entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, provvedono ad istituire il Sistema Informativo Provinciale per l’edilizia e l’urbanistica che ha il compito di interagire con il S.I.T.O. per le attività di cui al precedente articolo 8, comma 3, lettera e).

Articolo 73
Abrogazione di precedenti norme

1. Dalla data di entrata in vigore della presente legge sono abrogate tutte le norme in contrasto con essa. Quanto, poi, alle norme e disposizioni degli strumenti urbanistici, delle norme tecniche di attuazione e dei regolamenti edilizi che non siano conformi, si intenderanno sostituite da quelle della presente legge. Entro centoventi giorni dalla data di pubblicazione della presente legge, i dirigenti responsabili, con propri provvedimenti, adotteranno gli atti amministrativi di conformazione.

2. L’adeguamento alle disposizioni di cui alla presente legge è curato dai dirigenti responsabili

Articolo 74
Pubblicazione

1.  La presente legge regionale entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nel B.U.R. Calabria.

2.  E’ fatto obbligo, a chiunque spetti, di osservarla e farla osservare come legge della Regione Calabria.