PROGETTO DI LEGGE UNIFICATO

 

Norme per la tutela e la valorizzazione della lingua e del patrimonio culturale delle minoranze linguistiche e storiche della Calabria

 

Intervento del consigliere Damiano GUAGLIARDI

 

 

 

Signor presidente, colleghi consiglieri,

il rispetto nei Vostri confronti e il non volere utilizzare forme istrionesche della comunicazione mi inducono a parlare in questa aula con la lingua di sempre: l’italiano.

Confesso, perņ, che in occasione di questo provvedimento, che colma una storica lacuna legislativa verso le minoranze linguistiche di Calabria, forte č la tentazione di tenere un  intervento nella mia prima lingua: quella che da bambino ho appreso dalla bocca dei miei genitori; quella con cui ho giocato nelle mie gjitonie, quella che mi ha procurato grandi difficoltą negli studi, quella che parlo oggi nelle mie comunitą, quella che cerco di far apprendere alle mie figlie.

E’ la lingua di quei profughi che, in forme molto simili a quelle odierne, dall’Albania sono arrivati nelle regioni meridionali della nostra penisola tra il XV e il XVIII secolo, e che in cinquecento anni si č mantenuta viva nelle regioni dell’Italia meridionale costruendo nel tempo la sua diversitą nella letteratura, nella storia, nell’antropologia, nelle arti e nella musica.

 

1.       Oggi, finalmente, ci apprestiamo ad approvare una legge di tutela delle minoranze linguistiche di Calabria, a distanza di poco meno di tre anni dal progetto di legge presentato da me e dal collega Tripodi, grazie alla legge n. 482 approvata il 15 dicembre 1999, con la quale il Parlamento italiano, dopo mezzo secolo di attese, finalmente attua l’articolo 6 della Costituzione nel quale č sancita la tutela di tutte le minoranze linguistiche presenti nel territorio dello Stato italiano. Una legge che solo alla fine del secolo ventesimo colma una lunga assenza legislativa del Parlamento italiano e pone fine ad una storica disattenzione della classe politica italiana la quale per oltre mezzo secolo č stata colpevolmente silente ed inerte verso le minoranze linguistiche interne, o come oggi si afferma storiche.

Minoranze che si formarono nei secoli a causa di fenomeni migratori di popolazione straniera, o, anche, per lo svilupparsi in aree culturali e sociali, come quelle sarda e slovena, di processi endogeni che nel tempo hanno innescato processi linguistici, etnici e antropologici tali da far loro assumere caratteristiche di entitą nazionali, ma che si sono sempre sentite appartenenti alla nazione e allo Stato italiano.

 

2.       Ma perché il Costituente italiano, promotore di quella che sul terreno dei principi e dei valori, č la pił moderna Costituzione del mondo occidentale, ha tardato tanto nel realizzare compiutamente la tutela delle tante minoranze linguistiche interne disattendendo per lungo tempo l’attuazione del principio di uguaglianza di tutti i cittadini italiani sancito con l'articolo 3 della Costituzione? E perché ha operato con una legislazione di qualitą e di grande modernitą solo a favore di quelle regioni che, essendo confinanti con paesi stranieri, avevano gią ottenuto per obblighi internazionali l'attribuzione di regioni autonome a statuto speciale?

La risposta la troviamo in quello che fu l’orientamento statuale che si ipotizzava alla fine del fascismo, l’approccio culturale e il forte condizionamento politico che i nostri legislatori, compreso quelli costituenti dovettero subire. Infatti, il nostro legislatore, diversamente da quello spagnolo che alla caduta del franchismo scrive che la Spagna č composta da nazionalitą e da regioni le quali possono essere costituite in comunitą autonome qualora possiedano una lingua propria, č stato fortemente condizionato dai processi culturali e storici che avevano consentito la nascita dello Stato unitario italiano, dalla presa di Porta Pia, alla Prima guerra mondiale e alla caduta del regime fascista. Fu , dunque, l’evoluzione storica del nostro Stato a suggerire al costituente l’eliminazione sistematica dal testo della nuova Costituzione di tutte le espressioni etniche e/o nazionali che potevano determina­re l'affermazione di un principio di riconoscimento giuridico  dei gruppi nazionali, comunque esistenti in territorio italiano, determinando  una tutela delle minoranze italiane differen­ziata, non paritaria sul territorio nazionale. Le motivazione di questo atteggiamento dicotomico nei confronti di due segmenti della societą italiana repubblicana č sicuramente individuabile nella storia unitaria del risorgimento italiano, ma, soprattutto, al condizionamento politico sulla evoluzione storica dello status giuridico delle minoranze linguistiche che ebbe il legislatore in fase costituente.

 

3.       Storicamente, l'idea di una tutela delle minoranze nacque, per la prima volta, nel XVIII° secolo all'interno del movimento intellettuale che tendeva a controbilanciare le varie forme di intolleranza rivolte soprattutto verso i gruppi religiosi che si manifestarono in modo rilevante con l'affermazione del pensiero illuminista. Anche nel XIX° secolo il tema delle minoranze rimase confinato esclusivamente ai gruppi religiosi, con una particolare attenzione per gli ebrei, che cominciavano a subire discriminazioni e attacchi non solo per fattori religiosi, ma anche per il loro essere di comunitą nazionale ed economica. Con  la formazione della Societą delle nazioni all'indomani del primo conflitto mondiale, per effetto delle nuove dimensioni territoriali  che  si erano determinate tra i confini degli stati europei, si tese a  generalizzare la tutela delle minoranze di lingua e di razza oltre che di religione. L'Europa, che  aveva vissuto nel primo ventennio del Novecento la caduta e lo stravolgimento territoriale di grandi potenze imperiali, come  quello zarista e quello austro-ungarico, con la ridefinizione dei nuovi stati nazionali cominciņ ad avvertire le difficoltą e i conflitti che scaturivano da grandi gruppi sociali differenti per lingua, cultura e  razza  dalla popolazione maggioritaria del nuovo stato i quali, anche involontariamente,  esercitavano una spinta egemonica e dominante. Nacquero in quel periodo i grandi movimenti culturali protesi a difendere all'interno di uno stato nazionale le grosse aggregazioni sociali che si differenziavano per  lingua,  espressioni culturali, tradizioni e anche per razza dalla maggioranza della popolazione.

 

 

L'idea di nazionalitą oppresse come momento di contraddizione dello stato-nazione, dai cui potevano scaturire elementi di conflittualitą sociali diver­si da quelli puramente economici, iniziņ il suo percorso di conquista giuridi­ca  dentro le democrazie liberali  europee con l'affermazione degli stati vincitori e la penetrazione diffusa del sistema economico occidentale, che, gią  da allora, cominciava ad essere sensibilmente condizionato dall'economia americana. D’altra parte, in Italia i principi nazionalistici di tradizione risorgimentale condi­zionarono non poco l'affermazione della tutela dei gruppi linguistici ed etnici; anzi sulla tradizione della politica sabauda, di annessione pił  che di integrazione del  territorio nazionale, si tese a soffocare qualsiasi voce favorevole ai diritti delle minoranze che erano stati espressi nei trattati di pace della prima guerra mondiale e nella costituzione delle nuove province italiane. Successivamente, la politica del regime fascista appesantģ gli orientamenti nazionalistici imponendo alla burocrazia statale forme di italianizzazione anacronistiche che sfociarono in paradossali e ridicole  soluzioni come la modifica  forzata  dei cognomi stranieri o il divieto, soprattutto nelle province  di confine, di usare la lingua materna anche nelle  attivitą strettamente private e personali.

 

 

Alla fine della seconda guerra mondiale, gli obblighi internazionali determinati dalla sconfitta militare imposero la questione  della tutela delle minoranze nazionali ed etniche, sicché il legislatore della Costituente fu indotto a introdurre tra i principi fondamentali della Carta costituzionale l'urgenza della tutela delle minoranze linguistiche di confine, soprattutto per il rispetto degli obblighi derivanti da accordi, trattati e da convenzioni internazionali che intervennero e condizionarono la ricostruzione dello Stato italiano. Ma, i lavori dei costituenti furono condizionati in forma particolare dalla  tradizione liberale del risorgimento italiano che, soprattutto  durante il ventennio  fascista, aveva assunto una marcata definizione  dell'idea  di nazione, nella quale, di fatto, si era negato alle diversitą regionali ogni forma di integrazione nel processo di unificazione nazionale. Questa tradizione di fronte alla drammaticitą della situazione economica e sociale italiana all'indomani della vittoria del fronte repubblicano che, dal Sud al Nord, vedeva minacciata la stessa integritą nazionale, indusse  il legislatore  costituente ad assumere risolutamente ad immagine della nazione italiana uno Stato territorialmente integro, immune da frazionamenti e diversitą etniche, onde evitare ogni potenziale rischio di rottura dello stato nazionale, che, seppure sostenuto da notevoli sforzi unitari da parte dei parti­ti, delle forze partigiane e antifasciste, rischiava costantemente la rottura ideologica, economica e sociale. Per cui, nonostante in quel tempo una minoranza linguistica non fosse considerata altro che l'espressione di una minoranza etnica, se non nazionale, i lavori della Costituente cercarono di eliminare ogni formula, concetto  o terminologia quale razza, etnia, popoli e  nazioni che mettesse in discussione l'idea che lo Stato italiano potesse assume­re un assetto giuridico di stato plurinazionale, cosģ come andavano formandosi nell'Europa orientale. Soprattutto per bloccare fermenti irredentisti che potessero mettere in discussione gli equilibri internazionali sottoscritti nei trattati di pace.

 

 

 

 

La volontą  di garantire, al di sopra  di tutto, l’integritą del territorio nazionale, dunque, condizionņ fortemente il dibattito dei Costituenti anche durante la definizione dei principi generali di uguaglianza previsti nell'attuale articolo 3, quello sulla attribuzione dell’autonomia speciale alle regioni con presenza di popolazione plurilingue e la discussione sulla formulazione dell'articolo 6 sulla tutela delle minoranze linguistiche.

Tuttavia, il lungo ritardo nell’approvazione di una legge che applicasse “le apposite norme” annunciate nell'articolo 6, non č stato dovuto esclusivamente alla riduzione concettuale del termine minoranza, inteso come gruppo sociale confinato in una dimensione esclusivamente linguistica, pił vicina  alle  tendenze dialettali della variegata articolazione delle culture regionali o sub-regio­nali dello Stato italiano; e neppure alle capacitą della lingua delle minoran­ze di esprimere una storia di emigrazione, di patrimonio culturale e spiritua­le, di formazione e comunicazione sociale diversa da quella maggioritaria nel territorio.

E’ stata l'angustia politica culturale dei partiti della destra storica, sorretta dai partiti laico liberali di emanazione risorgimentale e dai filoni statalisti dell'Italia repubblicana, a porre forti ostacoli per molte  legislature  alla approvazione  di  una legge costituzionale sulle minoranze. E,  nonostante  la diversa sensibilizzazione della classe politica verso i gruppi linguistici espressione di minoranze etniche e storiche del territorio nazionale, lo Stato italiano, pur producendo una legislazione molto avanzata, anche se circoscritta solo a quelle minoranze di confine protette dai trattati di pace e dagli accordi internazionali, si č dimostrato impotente verso le cosiddette minoranze interne tacitando ogni iniziativa di tutela soprattutto attraverso una rigida imposizione della lingua italiana, come unica  lingua ufficiale nel rapporto burocratico e nella politica dell'istruzione di base, anche dopo l'emanazione degli stessi Decreti Delegati sulla scuola i quali prevedevano altri orientamenti sull'uso della lingua materna dei cittadini italiani.

 

4.       Sul piano dell’innovazione giuridica una conquista importante, che sblocca finalmente la stagnazione della paura politica di frantumazione dello Stato da parte delle minoranze, si ottiene nel novembre del 1992 quando il Consiglio  d'Europa conferisce al progetto di Carta europea delle lingue regionali e minoritarie la veste giuridica di Convenzione europea, e che, purtroppo, l'Italia ratificherą solo nel 2001. Nel preambolo della Convezione si  afferma che «lo scopo del Consiglio d'Europa č di realizzare un'unione  pił stretta tra i suoi membri, al  fine di salvaguardare  e di promuovere gli ideali  e i principi che  sono il loro patrimonio comune» e, sulla base  dei principi assunti nel tempo dalle varie istituzioni sovranazionali, ribadisce che parlare una lingua regio­nale o minoritaria nella vita privata e pubblica costi­tuisce un diritto imprescindibile. Si afferma, dunque, l’impegno che «la protezione e la promozione delle lingue regionali o minoritarie  nei differenti  paesi  e regioni d'Europa rappresentano un contributo alla costruzione di un'Europa fondata  sui principi della democrazia e della diversitą  cultura­le, nel quadro della sovranitą nazionale e  dell'inte­gritą territoriale» ed inoltre che la protezione «delle lingue regionali minoritarie storiche dell'Europa, di cui alcune rischiano sempre pił di sparire, contribuisce a mantenere  e a sviluppare le tradizioni e la ricchezza culturale dell'Europa».

 

 

Con questa risoluzione, superato finalmente il dibattito, quasi secolare, sul concetto di minoranza come segmento di nazionalitą interna ad uno  stato nazionale, si definiscono «lingue regionali o minoritarie le lingue usate tradizionalmente su un territorio di uno Stato da appartenenti di questo Stato che  costitui­scono  un gruppo numericamente inferiore al resto della popolazione  dello Stato, e diversi  dalla  lingua ufficiale di questo Stato». In questo modo le antiche minoranze interne assumono una dimensione e una collocazione pił universale, non necessariamente legata alla dimensione specificatamente territoriale.

Superato l’ostacolo storico-politico  che associava le minoranze linguistiche a segmenti di popolo in conflitto con la popolazione maggioritaria di uno stesso Stato nazionale che parla un’altra lingua ufficiale e il rischio di un possibile conflitto per nuove definizioni territoriali dello Stato medesimo, la Carta va oltre, sostenendo l’impegno del riconoscimento delle lingue  regionali  o minoritarie in « quanto espressione della ricchezza culturale» dell’ Europa; per cui c’č «la necessitą di un'azione risoluta di promozione delle lingue regionali o minoritarie al fine di salvaguardarle facilitando l'incoraggiamento dell'uso orale e scritto delle lingue regionali o minoritarie nella vita pubblica».

Gli organismi europei pervenendo al concetto di lingua quale veicolo dinamico della storia sociale, politica e intellettuale dell'uomo nella societą accantonano definitivamente la concezione classica che associa la lingua alla condizione di identificazione nazionale. E’ del tutto evidente che i legislatori europei abbiano avuto come ispiratori di tale affermazione i passaggi giuridici che sono stati avviati dai primi trattati internazionali stipulati alla fine della prima guerra mondiale, sulla tutela della minoranze di razza, di lingua e religione; sono poi passati per le varie costituzioni europee, in particolare  quelle nate dopo la seconda guerra, e seguendo i problemi giuridici conseguenti alla complessitą del processo dell'unione politica dell'Europa, sono, infine, pervenuti alla definizione «di lingua minoritaria quale bene culturale di un popolo», soprattutto per sancire alcune sintesi del diritto europeo, teso a tutelare all'interno del libero mercato e della liberalizzazione delle frontiere, l'individuo quale membro di un gruppo nazionale, pił o meno grande. Tale risultato consente di allargare la prospettiva della tutela linguistica liberandola quasi  integral­mente dai condizionamenti nazionalistici che avevano caratterizzato la storia dell’Europa nel Novecento e reso difficoltosa l'azione del legislatore per la presenza di una opinione pubblica ancora permeata in molti settori  da sentimenti nazionalistici.

Se ciņ risponde al vero, sul piano strettamente giuridico, il ricono­scimento di una minoranza come bene culturale rappresenta lo strumento adatto per risolvere i conflitti che nascono nell'intreccio tra la tutela degli interessi collettivi e la tutela degli interessi dei singoli. Qualsiasi principio giuridico che puņ essere adottato quale principio ispiratore di disciplina dell'uso della lingua, trova un fattore di unificazione, da una parte, nella difesa del libero sviluppo della personalitą  umana e, dall'altra,  nella diffusione dello spirito di solidarietą fra soggetti comunicanti. Ciņ comporta la libertą di usare la lingua  che si  ritiene propria, e questo atto non puņ essere assolutamente limitato se non quando esso č lesivo per la libertą altrui. Per cui il libero uso di una lingua presuppone l'attuazione del principio di uguaglianza sostanziale e non quello formale come in parte avviene nell'ordinamento italiano, per effetto della non attuazione dell'articolo 6 della Costituzione, nonostante la recente approvazione della legge 482 in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche.

Il  riconoscimento  di lingua come bene culturale, al pari di ogni  altro bene culturale, merita l’attenzione del legislatore e, per come gią dispone la Costituzione spagnola, diventa una pił ampia cornice di attuazione del principio pluralista, capace di procedere sulla strada della valorizzazione di qualsiasi particolaritą linguisti­ca-culturale.

Considerato che le differenze etnico e linguistiche non possono essere né motivi di discriminazione dei cittadini, né causa principale della contrapposizione politica dei gruppi sociali organizzati č evidente  che l'ampiezza del concetto di bene culturale, in cui rientra il provvedimento di tutela di una lingua, impedisce il nascere di conflitti di interessi particolari degli individui appartenenti al gruppo con quelli collettivi del gruppo stesso. Conflittualitą che, ovvia­mente, non puņ risolversi privilegiando una delle componenti, ma ricercando una soluzione equilibrata che assicuri al massimo la tutela degli interessi conflittuali. Questa  impostazione, che nella Carta europea non č estensiva alle espressioni  linguistiche minori, quali possono essere i dialetti, permette il rafforzamento dello spirito di compren­sione  e di solidarietą tra i popoli, proprio nella  affermazione che nessuna delle lingue, piccole o grandi, antiche o meno antiche, puņ essere migliore o peggiore delle altre, rimovendo, in questo, atteggiamenti di disprezzo e di ostilitą verso coloro che usano lingue diverse dalla nostra. In questo senso il binomio individualismo-nazionalismo viene sostituito da un  possibile altro binomio gruppo-unione, o forse ancor meglio comunione, necessario  al processo unitario europeo. Esiste tuttavia il rischio di una concezione passiva della tutela che porterebbe alla rappresentazione di una lingua come bene museale e documentario. La costituzione di musei, centri studi e culturali, scuole specializzate, archivi di documentazione non avrebbe alcun effetto positivo se la lingua oggetto di tutela non dovesse essere protagonista nella comunicazione sociale e nella produzione di nuova cultura. Solo consen­tendo alle lingue un uso continuo e un protagonismo quotidiano, si riafferma la convinzione della evoluzione dei codici di comunicazione e lingui­stici, rigettando la tesi di volere fermare il corso della storia mediante la conservazione forzata di una lingua. In conclusione, dall'acquisizione concettuale di minoranze linguistiche come espressione della cultura di un popolo, la politica di tutela di queste realtą, al di lą dell'enunciazione di principio dell'articolo  6,  in Italia deve essere riconducile all'altro principio espresso nell'articolo 9 della Costituzione che impone alla Repubblica di promuovere lo sviluppo della cultu­ra  e la difesa del patrimonio storico e artistico. In questo modo, partendo dal presupposto che una lingua č un bene culturale, la tutela delle minoranze linguistiche in Italia dovrebbe trovare una sede naturale nella legislazio­ne scolastica e in quella dei beni culturali.

 

5.       Con l’approvazione della Legge 482 recependo i valori della Carta europea delle lingue  regionali o minoritarie e delle precedenti Deliberazioni del Parlamento europeo, il Parlamento italiano ha, cosģ, superato il sofferto dibattito che vedeva nella tutela delle minoranze linguistiche non di confine un rischio per l’integritą dello Stato post-unitario, contribuendo attivamente alla costruzione di una Europa dei popoli che mette a  fondamento della sua democrazia il riconoscimento delle diversitą linguistiche, culturali, razziali e religiose. Con questa legge, anche in Italia si riconosce che le culture regionali minori e le minoranze linguistiche sono bene generale da tutelare e si legittima il principio che le lingue minoritarie sono un veicolo di unitą tra popoli e nazioni il cui patrimonio linguistico e culturale rappresenta una notevole risorsa economica.

Grazie a questo provvedimento le Regioni non a Statuto speciale possono finalmente tutelare le proprie minoranze regionali e anche la Calabria,  finalmente, si puņ rendere attuale la lettera r dell’articolo 56, del vecchio Statuto regionale che, pur nella dimenticanza della minoranza di lingua occitanica presente nel Comune di Guardia Piemontese (CS) e del variegato arcipelago linguistico dei nomadi di Calabria afferma che “nel rispetto delle proprie tradizioni, promuove la valorizzazione del patrimonio storico, culturale ed artistico delle popolazioni di origine albanese e greca; favorisce l’insegnamento delle due lingue nei luoghi ove esse sono parlate”.

Una affermazione solenne, culturalmente avanzata per quegli anni, che sul piano dei grandi principi sfidava l’egemonia culturale delle destre che qualche anno prima avevano dato vita alla RIVOLTA DI REGGIO, ma, purtroppo, non č stata sufficiente nel corso della sua seconda legislatura ad evitare la forbice dell’allora Commissario di Governo che bocciņ una legge di questo Consiglio a favore delle minoranze linguistiche. Nel tempo la politica si č dimenticata delle minoranze linguistiche e, nonostante le incessanti sollecitazioni delle comunitą linguistiche, non č stata in grado di intervenire adeguatamente né sul terreno legislativo né su quello della programmazione economica. La redazione dell’Asse 2 del POR Calabria č un segnale emblematico della sottovalutazione di questi beni verso una nuova politica dello sviluppo altro di gran parte della classe dirigente, non  solo politica, calabrese.

Con questa giornata si avvia una processo favorevole per le minoranze che il testo del  nuovo Statuto regionale ha gią voluto colmare. Mi riferisco al riconoscimento del popolo Rom come appartenente all’arcipelago delle minoranze storiche, oggetto di tutela; mi riferisco al riconoscimento di una rappresentanza dei Comuni di lingua minoritaria nell’ambito del Consiglio delle Autonomie locali.

In un momento cosģ qualificante della nostra azione legislativa mi sembra necessario anche puntualizzare con quale spirito e dentro quale dibattito abbiamo affrontato la discussione di merito della legge che stiamo per approvare.

Da appartenente alla comunitą linguistica albanese e, dentro una angolazione del tutto diversa da quella di voi tutti, nelle tante e anche vivaci discussioni nella Commissione e nelle comunitą interessate alla legge, ho intravisto due modalitą di approccio al problema: uno esterno alle minoranze e l’altro interno.

Due idee diverse di affrontare il problema che, conseguentemente, portano a due diverse modalitą di intendere la prospettiva della tutela della lingua e della valorizzazione del patrimonio etnico-linguistico.

E’ del tutto evidente che l’approccio esterno ha un carattere statico e passivo: pensa di gestire gli spazi che gli offre la legge nazionale, aggiunge qualcosa di suo a livello regionale, punta esclusivamente alla difesa della lingua, dentro una gestione del tutto istituzionale delle poche risorse disponibili. Ciņ comporta una sorta di imbrigliamento delle aspettative che in molti avevano riposto sulla 482. Non solo: favorisce i pił forti sul piano politico perché restringe in ambito centrale la distribuzione delle risorse, perché si regge sulla discrezionalitą e sulla mediazione, non sui diritti e sulle opportunitą. Ovviamente fanno parte di questa schiera coloro che sono pił realisti del re e non vedono nelle due leggi di tutela (nazionale e regionale) alcuna prospettiva di sviluppo futuro. Molti sono anche vecchie volpi alle quali l’arrivo di risorse finanziarie serve per rafforzare l’immagine di buoni sindaci.

Sicché  non appena la Terza Commissione del Consiglio Regionale ha licenziato a larga maggioranza il testo unificato dei tre progetti di legge in materia di tutela delle minoranze linguistiche di Calabria, siamo stati assaliti da roventi polemiche e  contestazioni  provenienti, soprattutto, da ambienti universitari, da qualche uomo politico arbėresh e da qualche associazione interessata. A loro dire la legge č un pateracchio perché di fatto non affida l’intervento di tutela alla scienza, soprattutto quella linguistica,  agli istituti e alle fondazioni.

E questi signori, titolari dei saperi e direttori di tanti cosiddetti istituti scientifici, quando hanno visto non raggiunto un loro piccolo interesse immediato hanno starnazzato a destra e a manca –e lo faranno per tanti mesi ancora- contro la classe politica di questo Consiglio accusata di approvare una la legge non  rappresentativa della omnia scienza albanologica o grecofona.

A loro dire, dopo due anni di inutili e ritardatarie polemiche, i consiglieri regionali avrebbero partorito un topolino rachitico e ammalato di consociativismo. Ma, quel che stupisce delle critiche  di questi censori č il venire a sapere che, mentre nella passata legislatura le convergenze unanimi in sede  Commissione erano sintesi unitarie dei suoi componenti, in questa legislatura ciņ non vale e le stesse convergenze sono ritenute uno scandaloso consociativismo trasversale.

Sed sicut tempora currunt, diremmo in latino maccheronico se noi, poveri eletti consiglieri regionali, fossimo insigniti di titoli accademici e dottorati di ricerca. Non lo siamo, e, pertanto, siamo costretti a ragionare con le volgari categorie politiche dei miseri mortali che siedono in Consiglio regionale.

A fronte di queste astiose e interessate polemiche penso che due sono gli aspetti prioritari da cui partire.

La legge regionale non si puņ sovrapporre alle norme previste da quella nazionale, che, fra l’altro, č legge costituzionale, per cui i principi e i soggetti attuatori in essa contenuti non possono essere messi in discussione da nessuna legge regionale. Mi pare giusto, dunque, rasserenare quanti sentono a rischio qualche titolo acquisito; mi sembra altrettanto giusto non riproporre ciņ che si č gią conquistato con la legge nazionale.

In seconda battuta č del tutto evidente che questa legge, che č possibile grazie alla 482 del 99, č impostata sullo spirito della Carta europea dei diritti delle minoranze regionali, la quale, superando la visione angusta dell’unitą linguistica dell’italiano come elemento fondamentale dell’integritą dello Stato, ha esteso alle minoranze linguistiche il concetto di bene culturale sul quale costruire l’Europa dei popoli e non quella dei mercati.

La lettura critica della legge regionale non puņ trascurare ciņ e non a caso il secondo articolo procede alla definizione del concetto di bene culturale di una minoranza linguistica che, va detto, č un’interessante innovazione nel sistema legislativo calabrese.  Non mi sembra poco il fatto che nell’art. 2, oltre alla lingua e al patrimonio letterario,  costituiscono bene culturale delle comunitą di minoranza il  patrimonio storico e archivistico, il canto, la musica e la danza popolare, il teatro, le arti figurative e l’arte sacra, le peculiaritą urbanistiche, architettoniche e monumentali, gli insediamenti abitativi antichi, le istituzioni educative, formative e religiose storiche, le tradizioni popolari, la cultura materiale, il costume popolare, l’artigianato tipico e artistico, la tipizzazione dei prodotti agro-alimentari, la gastronomia tipica, e qualsiasi altro aspetto della cultura materiale e sociale.

Si puņ anche fare sarcasmo dozzinale su questo articolo, ma ritengo al contrario che č questo passaggio lo strumento di rottura di un isolamento storico, in cui i cultori della letteratura, della lingua e della storia, avevano isolato per un’intera fase gli interessi di tutela.

Questa definizione, tra l’altro, č frutto non solo dei principi della Carta europea, ma del percorso faticoso e autonomo che il mondo arbėresh ha attraversato negli ultimi trent’anni nella ricerca faticosa di riempire di contenuti pił estesi la lotta per la difesa della propria identitą. Forse siamo immemori dei tanti incontri nei quali noi tutti constatavamo che il bilinguismo cosiddetto zoppo aveva rotto, nel processo della socializzazione infantile, gli argini della difesa monolinguistica che si limitava solo alle azioni della comunicazione orale: parola e ascolto. Ci siamo dimenticati della impotenza verso l’estensione delle nuove comunicazioni sociali della fine del secondo millennio che, nel processo di socializzazione primaria italo-albanese, era passato da soggetto monolingue a soggetto bilingue, da soggetto che comunicava in albanese senza poter  leggere e scrivere nella sua lingua madre a soggetto che era costretto ad usare il codice italiano perché dotato delle quattro facoltą della comunicazione: lettura e scrittura, ascolto e parola. E ci siamo ancora dimenticati che questo stato della socializzazione infantile, mentre era un grande privilegio per le altre fasi di socializzazione dell’arbėresh, purtroppo, indeboliva ineluttabilmente, nello stesso soggetto, la difesa emotiva e comunicativa della lingua della comunitą.

Dunque, in epoca di globalizzazione, di comunicazione a rete e in tempo reale per via satellitare, bisogna avere coscienza che difendere una lingua, appresa nei secoli dentro l’ambito familiare e della comunitą di villaggio, presenta compiti ardui e di non facile soluzione. L’insegnamento della lingua diventa quindi il compito pił gravoso, ma indispensabile e necessario. Bisogna convincere i bambini e le famiglie a far studiare la lingua materna, bisogna assistere e sollecitare questa esigenza, bisogna ricostruire una lingua che nel tempo ha perso la sua compattezza originaria. C’č, dunque, necessitą di formare insegnanti e docenti, di estendere con corsi di alfabetizzazione e aggiornamento gli operatori linguistici; c’č da ricostruire un codice linguistico sul piano lessicale, da portarlo dalla parlata locale all’albanese ufficiale. In questo senso c’č bisogno dell’universitą, dei suoi laboratori scientifici e dei suoi ricercatori. Nessuno, quindi, nega o vuole negare il ruolo determinante della ricerca e dell’universitą in questo campo.

Tutto questo aspetto va affidato alle universitą. Lo prevede la 482 e mi auguro che ciņ avvenga.

Ma isolandoci alla sola questione linguistica, le culture minoritarie verrebbero comunque tutelate? Due sono le possibili risposte: no qualora l’intervento si limitasse semplicemente all’insegnamento e apprendimento della lingua; si se l’intervento si estendesse a tutti gli aspetti della vita associativa e culturale della comunitą. In questo caso, perņ, avremmo un’estensione sovradimensionata dei compiti dell’universitą che andrebbe ad occupare spazi che competono ad altre istituzioni. Questo ragionamento, fatto con la logica del buon senso, del rispetto delle istituzioni locali e dei diritti di tutti i componenti delle minoranze linguistiche, ovviamente va esteso anche a tutti coloro che ritengono che la tutela e la salvaguardia delle minoranze di Calabria passi unicamente dai saperi scientifici di universitą, dalle fondazioni o dagli istituti vari; rispettabilissimi soprattutto perché sono scientifici. Ma il mondo scientifico nella storia delle nazioni ha mai scavalcato i compiti affidati alla politica? Puņ un istituto scientifico decidere per il risanamento di una gjitonia, per la valorizzazione del patrimonio religioso, per il dimensionamento scolastico, per un piano di intervento di uno o pił comuni?

Nella vita tutto č possibile; nella democrazia calabrese mi pare di no!

E, allora, se le minoranze di Calabria devono essere tutelate come bene culturale, in questa direzione bisogna tutelare la cultura materiale, quella architettonica e monumentale, il rito religioso, il patrimonio etnico e culturale, ovviamente con obiettivo  centrale la salvaguardia della lingua.

Questa legge, cosģ oltraggiata da qualche settore del mondo accademico e da alcuni fautori della scientificitą, sempre e ovunque, che si voglia o no, guarda a tutti i cittadini delle comunitą linguistiche e va letta attentamente se non si vuole correre il rischio di sembrare partigiani stizziti.

Ma, se critica deve esserci, essa lo sia nel merito della legge partendo dai bisogni della salvaguardia per entrare nel contesto delle inadempienze. Questo č il campo del confronto vero su cui nessuno vuole sottrarsi. I sarcasmi, i giudizi -anzi i pregiudizi- sommari, le bocciature pretestuose, le critiche sussurrate lasciano il tempo che trovano e non costruiscono nulla di buono. Anzi fanno pensare che in fondo si tratta sempre e soltanto di gestione pił o meno riconosciuta.

 

6.       Con grande serenitą penso che sia stata elaborata una legge che non č né pura gestione né solo affermazione di principi.

Due anni di ritardo e di aspro confronto sono stati determinati da questa dicotomia tra legge di gestione o legge di indirizzo e di principio.

Personalmente ho sempre pensato che per le minoranze di Calabria, oltre alla gestione di risorse che possono essere individuate, c’č bisogno di uno strumento legislativo che possa permettere alle loro amministrazioni comunali di utilizzarle in relazione con l’intera attivitą di governo del territorio calabrese, soprattutto sul terreno dell’economia e delle possibili risorse di sviluppo della regione. Non ho mai amato i ghetti, figuriamoci se posso permetterlo per quella che č la mia cultura madre e ho lottato perché ciņ non avvenisse e, forse, qualche risultato č stato ottenuto senza perdere neanche le risorse economiche.

Ma ciņ lo vuole, soprattutto, quel secondo gruppo arbėresh, diciamo quello dell’approccio interno, che da almeno vent’anni ha visto negli strumenti legislativi le strade per salvare il patrimonio linguistico, per uscire dall’isolamento territoriale, per arginare la crisi demografica, e quindi linguistica, delle comunitą, per sperare nel rilancio economico, per il recupero del patrimonio urbanistico ed architettonico, per il consolidamento del territorio e il potenziamento delle vie di comunicazione, per l’uso del turismo culturale come opportunitą economica.

E’ del tutto evidente che chi sostiene questa  legge non pensa, esclusivamente a  comunitą  che usano un codice linguistico diverso da quello standard. Guarda alla Calabria e all’opportunitą che viene offerta per ricordare all’Italia e all’Europa che in questa regione vivono segmenti di popolo che esprimono storia, cultura, relazioni sociali che fanno parte del patrimonio che ha costruito la democrazia italiana e rivendicano il diritto di essere particelle del grande popolo dell’Europa unita. Costoro non pensano solo alla lingua come codice di comunicazione, ma alla sua salvaguardia anche come uso economico della risorsa “bene culturale”.

Le due cose non si escludono, anzi si rafforzano.

Non ci vuole molto per capire che il dispositivo di tutela della lingua previsto dalla 482 č del tutto insufficiente al mantenimento del codice linguistico minoritario dentro un ambito cosģ vasto qual’č oggi la globalizzazione delle comunicazioni. E che la legge nazionale abbia subito qualche intoppo non č ravvisabile solo nella forma di gestione scandalosa che attua il comitato ministeriale, ma anche nella esperienza diretta nelle scuole  dell’obbligo come ha dimostrato un recente –anche se clandestino- convegno a Spezzano Terme nel quale sono stati aspramente criticati i dirigenti scolastici. Mi pare  del tutto evidente che oggi si salva la lingua se all’infante si offre un sistema di comunicazioni che renda appetibile e fruibile il codice linguistico materno. Si ha, perciņ, bisogno assoluto del ricorso alle nuove tecnologie digitali, che rendono semplice la conoscenza storica della comunitą, il suo patrimonio di tradizioni popolari e letterario, e nel contempo traducano nel codice linguistico materno tutto il prodotto comunicativo che essi consumano.  Senza sognare, ma calandosi nello spirito della Carta europea, la new economy, ma direi tutto il lavoro pulito che nasce dalla nuova era tecnologica, puņ diventare una grande opportunitą sia se viene finalizzata alla raccolta, catalogazione, studio della diversitą culturale, sia che venga destinata come servizio per la fruizione della ricchezza cultura in proiezione di  un progetto di sviluppo basato sul turismo culturale in relazione col turismo tradizionale.

Per arrivare a ciņ necessita una legge che sia un grimaldello, una leva, che consenta l’accesso alle altre leggi  regionali di sviluppo economico e di tutela dell’ambiente. I soldi servono ed č anche bene che i Comuni abbiano  un proprio finanziamento da gestire autonomamente. Ma serve soprattutto un autentico spirito di salvaguardia e di promozione che  attraverso una corsia preferenziale metta cittadini, operatori economici, istituzioni nelle condizioni di investire su questa risorsa.

Per concludere, se facciamo il bilancio su quanto ad oggi č stato percepito della legge 482 o quanti sanno che esiste una legge di tutela delle minoranze linguistiche, constatiamo, e lo dicevo poco sopra quando parlavo di clandestinitą, che sono in pochi ad avere consapevolezza che una legge č stata approvata alla fine del 1999 e questi sono esclusivamente gli addetti al lavoro. Ciņ č spiegabile per la natura della 482, che si ferma a pochi soggetti e non coinvolge altri cittadini. Questa legge regionale cerca di andare oltre i limiti della 482 nella ricerca di renderla pił diffusa, pił fruibile, pił gestibile, pił partecipata, altrimenti, č del tutto facile contribuire al fallimento delle finalitą istitutive della stessa legge costituzionale.

Uno strumento legislativo, quindi, che recupera ritardi e incomprensioni gettando le basi per un futuro da costruire insieme. Una sfida per tutti noi, Deputazione regionale, Universitą, Amministrazioni locali, Associazioni culturali e del volontariato, cittadini, per disegnare un vero progetto di salvaguardia delle culture minoritarie di Calabria.

 

PROJEKT LIGJIE NJĖESUAR

NORMAT PĖR  RUAJTIJEN  DHE VLERIZIMIT E GJUHĖS

DHE E PASURISĖ KULTURORE E PAKICAT GJUHĖSORE DHE HISTORIKE TĖ KALABRISĖ

NDĖRHYRJE E KĖSHILLTARI DAMIANO GUAGLIARDI

 

 

Zoti president, kolege kėshillere,

respekti ballafaqien pėr juve dhe panėvojėm tė utilizoj forma istrionike e komunikimit mė siellin tėflas nė kjo domė me gjuhėn e ēdokohė: italishtja.

Pranonjė, por, se me rastin e kėtij mosė, qė plotėson  njė mungesė histotike legljislativ drejt pakicat gjuhėsore tė Kalabrisė, e fortė ėshtė ngacmimin tė mbanjė fjalėn nė gjuhėn e mia tė parė: ajo gjuhė ēė  i vogėl kam marrė nga buzen e prindet e time; ajo me tė cilen kam luajtur mbrenda gjitonit e mia, dhe ēė mė ka dhėnė vėshtirėsi tė rrėnda nė studimet. Ajo ēė flas mbrėnda nė komitetet e mia, dhe ēė dua se mėsojin bijat e mia.

Ėshtė gjuha tė atyre profuge qė, me forma tamam siē tė atire e sotme, nga Shqipėrinė kan arritur nė krahinet jugore tė kasaj penishull nga shekulli XV deri shekulli XVIII, dhe ēė nė psėqindvjet u ka mbajtur e gjallė nė krahinet e Italisė jugore dhe ēė ka udėstuar nė kohė shumėllojshmėri e saj nė letėrsinė, nė historinė, nė antropologjinė, nė artet dhe nė musikė.

 

1)     Sot, gjitjasjtu, do tė pėrgatitemi pėr miratimin njėje ligje pėr ruajtjen e pakicat gjuhėsore e Kalabrisė, me njė vonim trevjeēare nga projekti il ligjes ēė unė kisha pėrgatitur bashk me kolegin Tripodi, ashtu si thirr ligja n° 442 aprovuar me 15 djetor 1999, me tė cilen Parlamenti italian, me mė se gjysmė shekul pritje, mė se fundi ka aktuar artikulli 6 e Kushtetutja, nė tė cilen ėshtė miratuar ruajtjen e tė gjitha pakicat gjuhėsore ēė ndoden nė token e Shtetit italian. Njė ligje ēė vetėm nė fundin tė shekullit njėzet plotėson njė mėngesė e gjatė legjisllative tė Parlamentin italian dhe perfundon njė habi e klasa politike italiane, e cila pėr mė se gjysmė shekull ka qėn fajshėmse e qetė ndej pakicat gjuhėsore e mbrendshme, ose si sot quhet, historike.

Pakicat ēė formohen nė shekujt me rastin e fenomenet e emigrimit e popullsia tė huaje, ose, edhe, pėr  zvillimit tė zonat kulturore dhe  shoqerore, si ajo  sarde e sllovene, pėr proēese tė saj ēė nė kohat  kan zvilluar proēese  gjihėsore, etnike  dhe antropologjike tė forta ēė i kanė dhėnė karateristike si grupe kombetare, por ēė u kan gjithėmonė tė lidhura  me Kombi e me Shtetin italiane.

 

2)     Por pse kushtetuesi italian, nxitės e ajo ēė mbi tereni e shkakt dhe tė vlerat, ėshtė Kushtitutja mė moderne e botės perėndimore, u ka vonuar kaq nė realizimit e tėrė pėr ruajtjen e tė gjitha pakicar gjuhėsore e mbėndėshme ture habitur pėr njė kohė e gjatė zbatimin e shkakt e harazi e tė gjithve qitetare italiane sanksionuar nga artikulli 3 e Kushtitutja? Dhe pse ka punuar me njė legjislacione me cilėsi dhe me njė modernizėm e madhė vetėm e pėr ato krahina ēė, ture e qėn kuficuara me Shtete tė huaj, kishin pasur pėr dėtyrime internacionale caktimin e krahina autonome me njė statut i posaēėm?

Pėrgjegja ėshtė mbrenda drejtimin e statutit ku quhej nė mbaramin e fashizmit, afrimin kulturale dhe njė kushtėzim politik ēė legjizlatoret tamė, edhe ata e kushtetusja ēė kan duruar. Nė fakt, legjizlatori jon, ndryshe nga ai spanjol ēė kur ka rat frankizmi, shkruan se Spanjia ėshtė e bėn me kombet dhe me krahina tė cila mund tė jen mbledhura nė komunitete autonņme kur se kan pasurinė e njėjė gjuhė e veēante, ka qėn me forcė kushtėzuar nga oriēeset kulturore dhe historike ēė kishin siellur  lindjen e Shtetit njėjėsh italianė, nga marrje e Porta Pia, deri Lufta tė Parė botėrore e mbarimin e regjimi fashistė. Ka qėn, porsi, zvillimin historikė s Shtetit jonė ēė ka kėshilluar kushtitientit pėrjashtimin sistematik nga teksti e Kushtitutja e re nga tė gjitha shpreje etnike e/o kombėtare ēė mund tė pėrcaktisin e shtirėt i njėji shkak i njohtimin gjuridik e grupave kombetare, sidoqoftė ēė esistojin nė tokėn italiane, pėrcatundur njė ruajtjen e pakicat italiane e ndryshme, jo tė barabartė mbi tokėn kombėtarė. Motibet e kėtij qėndrim dikotomikė nė krahasimit e dy segmente tė shoqėrisė italiane, por, edhe mė shum, pėr kushtėzimit politik mbi zvillimit historik e status gjuridik e pakicat gjuhėsore ēė ka pasur legjislatori nė fasat e kushtituendja.

 

 

3)     Nė historinė, mendimin e ruajtjen e pakicat ka lindur, p r herėn e parė, nė shekulli XVIII brenda e livizėn intelektuale ēė dej tė kundėrdrejtpeshoj format tė ndrysha e qė nuk durojin mė shum kundėr grupavet fetare qė mafestojin me manyra tė forta pohime e mendimin iluminist. Edhe nė XIX shekull temi e pakicat ka qėndruar kufizuar veēanterishtė pėr grupet fetare, me njė kujdes e veēante pėr ēifutet, ēė zėjin e hequr diskriminime dhe aulmime jo vetėm pėr faktore fetare, por edhe pėr manyra e tire tė jen njė komunitetė kombetare dhe ekonomike. Me formimin e Shoqėrisė e Kombet tė Bashkuara (ONUja) ditėn pas lufta e para botėrore, pėr efekt e masat tokėsore ēė u kishin determinuara ndėr kufit e shtete uvropiane, u ka gjeneralicuar rujtjen e pakicat gjuhėsore dhe rracė pėrveē ato fetare. Evropa, ēė kish jetuar nel njėzetvjetiri i parė e Njėjėqindit mbarimin dhe pėrdredhtimin toksore e forcat perandorake, si ai cariste dhe ai austro-ungarese, me ridefinimin e shtetet kombėtare tėrinj u qortoj vėshirėsin dhe konfliktet qė lindėshin nga grupet tė madhė shoqėrore tė ndrysha pėr gjuhė, lulture dhe rracė nga popullsia madhore e shtetit i ri, tė cila, edhe i pavullnetshėm, kan eserēituar njė shtytje hegjemonike dhe me mbizoterim. U kan lindur nė atij periudė leviza kulturore tė mėdha tė shtunura nė nbrojtjen mbrenda njėji shteti kombėtar shumicat shoqėrore ēė ndalohen pėr gjuhė, ekspresion kulturore, tradita dhe edhe pėr rracė nga shumica e popullsinė.

 

Idenė e kombit i shtypur si moment i kundėrtimin e shtetit-kombi, nga tė cilėn mund tė ndaloshin elemente konfiktuale shoqėrore tė ndryshma nga ata metėm ekonomike, ka filluar rrugėn e tij e pushtimim juridik mbenda demokracisė liberale evropjane me pohuėzėn e shtetet fitore e depėrtimin i hapur e sistemit ekonomikė perėndomore, ēė, dhe ēė ajo kohė, nisej tė ishte ndjeshmėri kondicionuar nga ekonomia amerikane. Edhe mė, nė Italianė kryet kombetarishte e traditen risorgjimentale kan condicionuar jo pak  pohuesmet e ruajtjen e grupavet gjihėsore dhe etnike; por si, mbi traditat e politiken sabaude, i aneksimin mė se i integrimin e tokat kombetare, u bė mė shum tė mbyt ēdo zėrė i volishmen pėr drjetat e pakicat ēė kishin qėnė konfirmuara nė traktatet e paqės tė lufta e para botėrore dhe nė kushtitutja e krahinat tė raja italiane. Mė vonė, politika e regjimit fashistė ka kuficuara orientamentet kombėtare ture e dėnė burokracisė shtetėrore forma tė italianiciacion anakronistike ēė kan dalė nė paradoksale dhe gazėmore zgjidhjet si modifikimin e forcuar e mbiemrat tė huaj ose ndalimin, edhe mė shum nė krahinat mbi kufit, tė pėrdoret gjuhėn e nėnės edhe nė aktivitet tė lidhura tė fort nė jetėn private dhe personalishte.

Nė fund e lufta e dyta botėrore, dėtyrat internacionale pėrcaktuara nga humbje ushtarake  erdhėrruan ēėshtja e ruajtjen e pakicat kombetare dhe etnike,  kėshtu qė legjislatori i Kushtetutja ka qėn nisur tė vėjė mbrenda parimet themelore e Kartės kushtitucionale urgjencėn e ruajtjen e pakicat gjuhėsore mbi kufit, edhe mė pėr respektuar dėtyret ēė vijin nga marrėveshat, traktatet dhe fjala interkombėtare ēė ndėrhytin dhe kushtėzuan rindėrtuesimit e Shtetit italiane. Por, punat e kushtituendet kan qėn kondicionuara me forma tė veēante nga traditat liberale e risorgjimenti italianė, ēė, mbi tė gjitha nė njėzetvjeciarin fashistė, kish marr njė difinim i kundėrshtar e mėndimin e kombit, nė tė cilen, nė faktė, u kish i papritur pakicavet krahinore cėdo forma e integrimin mbrėnda proēesin i unifikimin kombėtarė. Kėjo tradite pėrballė situata dramatike ekonomike dhe shoqėrore italiane  nė nesėren e fitoren i frontit republikanė ēė, nga Jugu deri nė Veriu, shih kėrcėnuame njėjten e tėrė kombėtare, mbushi legjislatori koshtituendė tė mirr me forcė siē njėdukje e kombit italianė njė Shtet me njė teritor i tėrė, i lirė nga fraksionė dhe shumėllojshmėri etnike, pėr mos tė  ēdo qė i pėrket fuqisė resikė ēarje e e Shtetit kombėtarė, ēė, edhe nėse imbėshtetur nga konsiderueshėm mundime tė njėshmė nga ana e paritet, forcat partisane dhe antifashiste, kishte rezikun gjithėmonė e njėjė tėēarje ideologjike, ekonomike dhe shoqerore. Pė tė cilėn, me gjithė se nė ajo kohė njė pakicė gjuhėsore nuk ishte konsideruar mė se njė shprehja e njėjė minoritet etnike, jo mos kombetare, punet e Kushtituendja kan kėrkuar tė pėrjashtoj ēdo formė o terminologji siē rracė, etniė, popull dhe kombė ēė mund tė vėj nė diskutimin mendimin i tij se Shteti italianė mun tė mirr njė mbarėshtrim gjuridik i Shtet plurikombėtar, ashtu si vejin formuar nė Evrop lindimore. Edhe mė shum pėr tė ngujoj fermente iredentiste ēė mund tė vėjin nė diskutim drejtpeshime internacionale nėnshkruatura nė traktatet e paqės.

Vulneta tėgarantuar, mbi tė gjitha, tė tėrja e tokėn kombetare, lidh, ka kondicionuar me forcė  diskutimin e Kushtituendet edhe ne pėrcaktimin e parimet i pėgjithshėm i barazi parashikuar nė tanishėm artikull 3, ai ēė mbi caktimin e autonomisė i posaēėm e krahinet me prani e njėjė popullsi plurigjuhėsore dhe diskutimin mbi formulizimi e artikulli 6 mbi ruajtjen e pakicat gjuhėsore. Gjithashtu, vonesa e gjatė nė miratim e njė ligje ēė ngjin “normat tė pasēme” lajmėruame nė artikull 6, nuk ka qėn i dashur vetėm pėr rikthemin konceptual e fjalen minoritet, konceptuar si grupė shoqėrore kufizuar nė njė masė e drejtėsuame gjuhėsore, mė afėr prirjet dialektale e laryshitr artikulimin e kulturat regjonale o sub-regjo­nale e Shtetit italian; dhe as vėllimin e gjuhės e minoritetet tė shpreh njė histori i emigrimin, i pasurinė kulturrore dhe shpirtarore, i formimin dhe i komunikimin shoqėrorė tė ndrysha nga ajo e shumicės nė tokėn.

Ka qėn e kuficuar nga politike kulturale e partitet tė djathta historike, ngushėlluar nga partitet laiko-liberal tė rrjedhuret risorgjimentale dhe nga drejta shtetėzuare e Italisė republikane, ēė ka vėnė pėngesa tė forta pėr humė  legjislature pėr apromimin e njė ligje kushtitucionale mbi pakicat. Dhe, me gjithėse njė ndjeshmėri e ndrisha e klasa politike drejt grupavet gjuhėsore shprehje minoritete etnike dhe historike e territorin kombėtarė, Shtetit italian, edhe ture prodhuar njė egjislacion shumė e pėrparuame, edhe se kufizuar vetėm pėr ato pakica e kufit e mbrojtur nga traktatet e paqės che nga akordet ndėrkombetare, u ka demostruar i pafuqishėm pė tė kėshtu thėna pakica e mbrendėshėm heshtunur ēdo nisje pėr ruajtjen edhe mė tėrthorin e njėjė endeme vėnie tė gjuhės italiane, si gjuha e vetme zyrtare nė raportin burokratik dhe nė politikėn e ushtrimin e basės, edhe pas burimin e njėjti Dekrete Delegate mbi shkollen nė tė cila parashikohen drejtimi e pėrdorimit e gjuhės e nėnės e qytetaret italiane.

 

4)     Mbi planin e pėtėritjen gjuridikė njė pushtim rėndėsishėm, ēė zbllokon nė fund pllaisimit e frikės politike e njėjė copėtimin e Shtetit nga ana e pakicat, do tė kehet nė nėntorin 1992 atė ēė Kėshili e Evropės  i jep projektit e Kartės evsopjane tė gjuhave krahinore dhe minoritare tėveshurat gjuridik i Konvencionėn evropjane, e qė, fatkeqėsisht, Italģa do tė ratifikoj vetėm nė vitin 2001. Nė parathėnie e Konvecionės thuhet se «qėllimin e Kėshilli i Evropės ėshtė ai i realizonjė unitetin e ngusht mbrenda  e anetaret e saj, nė qėllim e ruajtjen dhe tė nxit idealet dhe parimet ēė janė pasurinė e tire tėbashkuar» dhe, mbi basėn e parimet tė marra nė kohėn e stitucionet mbikombėtare tė ndrysha, pėrforcon se folmja e njėjė gjuhė krahinore ose minoritare nė jetėn provate dhe publike ėshtė njė drejt i pa shpėrfill. Afermohet , siē, detyrimin se «ruajtjen dhe ritjen e gjuhavet krahinore o minoritare nė kombet tė ndrysha dhe krahinat e Evropės pėrfaqojin njė kontribut pėr ndėrtimin e njėjė Evropė themeluar mbi parimin e demokracisė dhe e shumėllojshmėri kulturore, nė kadrin e sovranitetit kombetare e  tė integralitetin torritoriale» dhe, mė, qė mbrojtjen «e gjuhavet regionali e pakicat  historike e Evropes, tė cila dica rezikojin gjithėmonė mė shumė tė zdukem, kontribujon tė banjė dhe tėzvilluar traditat e pasurinė kulturrore e Evropės».

Me ki risolutim, kėrciar nė fund marrėveshėn shekullore, mbi konceptimin e minoritete si pjesė tė njėji shtet kombėtarė, pėrcaktohen «gjuha regjionale ose minoritare ato gjuha pėrdorura me tradita mbi njė teritor e njėji  Shtet nga njerze ēė bėjin pjaes kėtij Shtet qė formojin njė grup numerishtė mė i ngusht se mbetje e popolsinė e Shtetit, e tė ndryshme nga gjuha zyrtare e kėtij Shtet». Kėshtu minoritetet tė kashta e mbrendėshme marrin njė masė dhe njė kolokim mė i pėrgjithėshėm, jo detyrimisht e lidhur me njė masė e cilėsuar territoriale.

I kaluar pengesėn historiko-politik qė bashkoj minotetet gjuhėsore me pjesat e popullit nė luftė me popullsia mė shumte e njė dora vetė Shtet kombėtar ēė flet njė gjuhė tjatėr zyrtare dhe resiku tė njėjė i mundshėm kundėrtim pėr definimin i ri e tokavet e Shtetit i njėti, Karta vete pėpos, ture mbėshtetur detyrimin e njohja tė gjuhavet regjionale  ose minoritarje sepse « shprehja e pasurisė kultore» e Evropės; pėr tė cilėn ėshtė «nevojme e njėjė veprimė e vendosur e nxitit  tė gjuhat regjonale o minoritarje nėmbarimin e mbrojtes ture lehtėsuar tė dhenet i pėrdorimin gojore dhe shkruajtur e gjuhavet regjonale o minoritarje nė jetėn publike».

Organismet evropjane ture arritur nė koncepti i gjuhės si mjer mbartės dinamik e historinė shoqėrore, politike dhe intelektuale e njeriu mbrenda shoqerin shtien nė fund konceptimin klasike ēė lidhėn gjuhėn me situatėn i dientifikimin kombėtar. Ėshtė pėr tė gjithė i qartė se legjislatoret evropjane kan pasur si ispiratore e kėsaj pohuasme kalimet gjuridike ēė kan qėn drejtuar nga traktatet ndėrkombetare tė para tė shkruajtura nė fundin e lufta e para botėrore, mbi ruajtjen e pakicavet e rracės, e gjuhės dhe e feje, kan shkuar pė kushtutet tė ndrysha evropjane, posaēėm pėr ato ēė kan lindur pas lufta boterore e dyta, dhe ndjekur problemet gjuridikė pasmes e ndėrlikuamen e proēesit e bashkimin politik e Evropės, janq, nė fund, arritur nė pėrcakyimin «gjuhė minoritare si pasuri kulturale e njėji popull», mbi tėgjitha pėr miratuar ndonjė pėrbledhje e tė drejt evropjan, i tendosur tė ruajturit brenda markatin i lirė dhe e levizėn e kufit, njeri si anetar e njėji grupė kombetarė, mė ose tė paktėm i madhė. Ky resultat pranon tė zgjerohet prospektiven e ruajtjen gjuhėsore ture e liruar potjuashme i tėrė nga kushtėzimet kombetaristike qė kishin karaktericuar historinė e Evropės nė shekulli Nondėqind e bėnur tė rėndė akcioni i legjislatorin pėr prani e tė njė mendim publike edhe e mbushur nė shum sektore me sentimente kombetaristikė.

Nė ēė kėto jan nė vėrtetjen, mbi planin i gushtuluame gjuridik, njohja e njėjė pakicė si pasuri kulturore  pėrfaqon vegėlin i pėrshtatshėm kundėrtimet qė linden nė njė gėrshetim me ruajtjen e intersavet koletive me ruajtjen e interesavet e njerėzit. Ēdo fillim gjuridik ēėmund tė jetė e marr si parimin e frymėzorin e disiplinėn e pėrdorėmit e gjuhės, gjėn njė faktor i unifikimin, nga njė anė, nė mbrojtjen e zvillimin i lirė e personalitetin njerėzore e, nga ana e tjetėr,  nė pėrhapjen e shpirtit i solidaritetitja me njerėset ēė komunikojin.. Gjithėki pranon liria tė pėrdoret gjuha ēė kuptohet e vetė, e ky aftė nuk mund tė jetė absolutishtė kuficuar vetėm kur ai ėshtė dėntim pėr lirin e tjertėkujt. Pėr tė cilen pėrdorimin i lirė e njėjė gjuhė presuponohet kryrje e parimin e harazi tė bazuame e jo ai formal si bėhet nė pjesė nė ordinamenti italian, pėr veprimin e jozbatimin e artikullit 6 e Kushtituten, me gjithė se miratimin e legjes 482 i sotėme nė materjen e ruajtjen e pakicat gjuhėsore historike.

Njohja e gjuhen si mir kulturror, baraballė me ēdo mir kulturor tjetėr, meriton kujdesin e legjslatorin e, si tashme shton Koshtetutja spanjole, bėhet njė kornizė mė e gjerė e zbatimin e bazėn shumėllojshėri, qė nxė tė vazhduar mbi rrugėn e vlerizimit tė ēdo cilėsi gjuhėsore-kulturore.

Konsideruar se ndryshimet etnike dhe gjuhėsore nuk mund tė jen motive pėr diskriminimin e qytetaret, edhe nuk mun tė jen kauza e bazėn e kontraponimin politike e grupavet shoqėroė tė organizuara ėshtė e dukur se largėsinė e koncepti i pasuri kulturale, nė tė cilen hin masa paraprake i ruajtjen e njėjė gjuhė, ēė pengon linden e luftat pėr intereset e pakicen e njerzet ēė bėjin pjesė me grupin, me ato koletive e grupit dora vetė.

Konflikt qė, qartėsi. nuk mund tė zgjidhet ture privilegjuar njė komponent, por rikėrkuar njė zgjidhje ekujlibruame ēė siguronte nė maximumin ruajtjen e intereset luftarake. Ki themellim, ēė nė Karten evropjane nuk ėshtė zgjeruam e ekspresionet gjuhėsore i pakėt, tė cila mund tė jenė djalekte, lejon pėrfocimin e shpirtit i kuptimin dhe i solidaritet ndė popujit, si qofte nė vėrtetesimin se mosnjera gjuhė, e madhė ose e vogėl, mė e lashtė ose mė pakė, mund tė jetė mė e mirė ose mė e keqė e tjerat, huqur, nė kėtė, qendrimin me pėrbuzje dhe me armiqėsi kundėr ata qė pėrdorin gjuha ndrysha nga ajo jona. Nė kėtij

Kuptim dyemrimin individualizėm-kombetarizėm vjen zėvendosur nga njėtjetėr i  kundėshėm dyemrimi grupė-bashkim, ose mundet edhe mė si komunion, i dashur pėr proēesit bashkohore evropjan. Esikston gjithėmonė resiku i njėj konceptim johore e ruajtjen qė mund tė siell nė pėrfaqesimin e njėjė gjuhė si mir muzeale dhe dokumentarishtė.

Kryrja e musee, qėndra i studimet dhe kulturale, shkolla specialicuara, arkive e dokumentimet nuk mund kishin as njė verpim pohore nė ēė gjuhėn objekt e ruajtjen nuk do tė jetė protagoniste nė komunikimin shoqėrore dhe nė prodimin e njėjė kulturė e re.. Vetė ture pranuar gjuhavet nė pėrdorim vazhdueshėm dhe njė protagonizėm ditore, pohohet  bindje e evolutimin e kodet i komunikimin e gjuhėsore, rishtunur tesja se duhet njė pėngesė pėr kursin e historinė me ruajtjen e forcuar e njėjė gjuhė. Nė fund, nga mbjedja konceptuale e pakicat gjuhėsore si shprehje e kulturės e njėj popull, politika e ruajtjen e kėtire realitet, mė se shqiptimin e kryerit e artikulli 6,  nė Italģa do tė jetė risjellur kryerin tjetėr i thėnur nė artikullin 9 e koshtetutja qė urdhėron Republikės tė nisinjė zvillimin e kulturės e ruajtjen e pasurinė historikė dhe artistik.. Nė kėtu mėnyrė, ture nisur nga presupimin se njė gjuhė ėshtė njė pasuri kulturalė, ruajtjen e pakicat gjuhėsore nė Italinė dej tė gjėjė njė seli naturalisht nė legjislacio­ni sjkollore dhe nė ajo e pasuri kulturore.

 

5) Me aprovimin e Ligjėn 482 ture marr vlerat e Karta evropjane e gjuhave krahinore dhe minoritare e tė tė parat Deliberimet e Parlamenti evropjan, Parlamenti italian ka, kėshtu, kėrciar dibatim i vuajtur qė shih nė ruajtjen e pakicat gjuhėsore jo njė kufi me rezikė pėr sigurimin e Shtetit pas-unitar, ture kontribuhuar nė faktė nė ndertimin e njėjė Evropė e popojėvet qė vė nė bazat e demikrazis e saj ruajtjen e shumėllojshmėri gjuhėsore, kulturore, e racės dhe fetare. Me kjo ligje, edhe nė Italģ do tė ruhet se kulturat krahinore  tėvogėla e pakicat gjuhėsore janė pasuri gjeneralė ēė do tė ruhen dhe legjitimohet kryetin se gjuhėt minoritare janė njė mjet mbartės e unitetir ndėrpopullore dhe e kombet i tė cilin patrimon gjuhėsorė dhe kulturor ėshtė njė shfaqje e njėjė resorsė ekonomike tė madhė.

Pė tė mirin e kėtij masė parakrahė Krahinat jo me Statutin i veēantė mundet tė ruajin nė fund  pakicat e tyre regjonale e edhe  Kalabrģa, nė pėrfundim,  mundet tė bėhet aktualishtė gėrmėn r e artikullit 56, e Statuti i vjetėr regjonale qė, edhe nė harresėn e pakicėn me gjuhė oēitane e pranishėme npresente nė Bashkinė e  Guardjes Piemonteze (KS) e tė larystisur arkipelag gjuhėsore e endazaket e Kalabris thot se “nė rispekti e traditat e saj, shtyjė vlerėzimin e pasurinė historik, kulturore dhe artistik e popollėsinė me origjine arbėreshė dhe e greke; ndihėmon mėsimin e tė dy gjuha nė vendet ku ata janė tė folura”.

Njė vėrtėtim madhėshtor, kulturisht e pėrparime pėr ata vjeēe qė, mbi planin kryet tė mėdha ēė sfidoj egjemoninė kulturore e tė djathtėt ēė diēka vjetra para kishin dhėnė jetė KRYENGRITJE E REXHOS, por, fatkeqėsisht, nuk ka qėnė mjaftė nė kursin e legjislaturen e dytė pėr tė  mėnjanoj gėrshėrėn e nė ajo kohė Komisari i Qeverisė ēė ka refuzuar njė ligje e kėtij Kėshil nė deshmirėsin e pakicat gjuhėsore. Nė kohė politika u ka harruar nga pakicat gjuhėsore dhe, me tė gjithė se ēėdoherė shetėsimin e komunitetet gjuhėsore, nuk ka qėn nė nevojme tė intervenoj me i pėrshtatshėm as mbi tokėn legjislativ as mbi atė e programimin ekonomik. Redaksia e Asse 2 e POR Kalabria ėshtė njė sinjal emblematik e nėnvalutimin e kėsaj pasuri pėr njė politikė e re mbrenda zvillimin tjetėr e shumicėn e klasa dirigjent, jo vetėm politike, kalabrezė.

Me kjo ditė niset njė proēes volithshėm pėr pakicat qė tekstin e Statutin i ri regjonale ka tashi tė vlerėzohej.

Lidhi fjalėn njohjes e popullit Rom si merr pjesė nė arkipelagut e pakicat historike, prjekt e ruajtjen; lidhi fjalėn njohjes e njė rapresentancė e Bashkit me gjuhė moniritare mbrenda Kėshilli e Autonomisė lakale.

Nė njė kohė kėshtu e lart e akcioni legjislativ jona, mė duket edhe domosdoshėm puntulizimin mbi tė cili shpirt dhe mbrenda cili debat kemi pėrbaluar njė diskutimin i meritė mbi ligjes ēė jemi gati tė aprovojim.

Si pjesė e komunitetėn e pakicen gjuhėsore arbėresh dhe, mbrenda vizatimin e ndrysha ēė ju tėgjitha keni, nėtė shuma dhe edhe e gjallė i diskutimin nė Komisionė e nė komunitetet interesuame ligjės, kam parė dy modalitete i afrymin pėr problemin: njė i jashtėmė e pakicavet e jetrin mbrendėshme. Dy ide tė ndrysha pėr afruar problemin qė, nė fakt, siellin nė dy tė ndrysha modalitąete tė menduar prospektivėn e ruajtjen tė gjuhės dhe vlerėzimin e pasurinė etniko-gjuhėsorė.

Ėshtė i qartė se afrimin i jashtėm ka njė karakter ndėrpritur dhe pėsues: mendon tė mbarėshtronjė hapėsirėt ēė i jep ligja kombetare, shton ndonjė gjė e tė tijtė nė nivelin regjonale, mbėshtetėn veēantėrishtė ruajtjen e gjuhės, mbrebda njė administrim vetvetėm istitucionale e resorsat tė ngushta ēė ka. Kjo bėn njė shorte kapistrimė e shpresjet qė nė mė shumėt kishin vunur mbi ligjen 482. Jo vetėm: favorizon ata mė tė forta mbi planin politik sepse ngushton nė vendin qendror  nė shpėrndarje e risorsave pse mbėshtetisėt mbi kujdesėn dhe mbi ndėmjetėsinė, dhe jo mbi drejtat e mbi volin. I naturishėm, marrin pjesė e kėsaj rrest gjithata qė janė mė realiste e mbreti e nuk shikojin nė ligjat e ruajtjen (kombetare e regjonale) ndonjė prospektive i zvilimin i ardhshėm.

Shum jan dejpėrat tė lashta pė tė cilat arritja e resorsat financiare shėrben pėr pėrfocuar pasqyrja e kryetart e bashkiyė si tė mira.

Kėshtu se si Komisiona e Tretė e Kėshillit Regionale ka lėshuar me maxhorance tė largėt teksti njėezuar e tė tre projekte i ligjen nė lėndė e ruajtjen e pakicat gjuhėsore e Kalabrisė, kemi qėn tė sulmuara me tė ndezura polemike e kundėrshtime ēė vijin, pėr mė shumte, nga ambiente universitare, nga dica burra arbėresh e politikes e nga dica shoqata interesuar. Pėr tė thėnura e kėtire ligja do tė jetė njė shaka pėse, nė faktė, nuk ka i besuam ndėrhyrjen e ruajtjen nė vendin e shkencavet, mė shum atij gjuhėsore, institutet dhe fondacionat.

Kėta zoterinje, titullare e shkencavet dhe drejtore e shum kėshtu tė thėnura institute shkencore, kur kan parė i jo arritur  mikro interereset e tyre i drejtpėrdrejtė kan thėllėzuar nga djathtėt dhe nga majtė  –dhe do tė e bėjin pėr shum muaja edhe- kundėr klassa politike e kėtij Kėshil akusuar se ka aprovuar njė ligje jo e pėrfaqėsuame e tė omnia scienza albanologjike o grekofone.

Nė mendimet e tire, pas dy vjet pavlere e vonuashme polemike, kėshillert regjonal kan pjelur njė mi i vogėl rakitik e i sėmurtė e konsaēativizmit. Por, atė ēė ēuditėn e kritikat e kėtyre ēensore ėshtė ardurit tė njohim se, ndėrsa nė legjislaturen e shkuame ishten konvergjenca pėrbashkėta nė seli e Komision ishin sinteset unitare e komponentet e saj, nė kjo legjislatur ky nuk ka vlerė e dora vetė konvergjencat janė besuar njė konsoēativizmė i trasversal me skandallė.

Sed sicut tempora currunt, mund tė thomi nė latinisht makaronilė nė ēė ne,  tė varfta tė zgjedura kėshillere regjonale, dejim tė ishim tė pėrmandura me titole akademik e doktorate e kėrkimit. Nuk jemi kėshtu, dhe, prandaj, jemi tėdetyruam tė arsyetime tė rėndomtėt kategori politike e tė mjerat vdekatare ēė ulen ne Kėshilli regjonale.

Nė pėrballtė e kėtire mlefuame polemike tė interesuame mendoj se dy jan aspekte pėrparėsitė ēė do tė nisemi. Ligja regjonale nuk mund tė  vė sipėr mbi normat pėrbashkuara 

e asaj kombetare, qė, nė tjetėr, ėshtė ligje kushtucionale, pėr dikujt bazat dhe nėnshkruajturat ēė aktualizonin nė asaj tė vendosura nuk mund tė jen tė vunura  nė diskutimssere nga ēdo ligje regjonale. Mė duket mjaftė, pra, kthjllonjė ata ēė digjojin rezikun titujėtė pėrvetėsuame, mė duket edhe mė mjaftė i pa riproponuar etė qė u ka tashme pushtuar me ligjen kombetare.

Nė tė dytėn goditjen ėshtė tė gjitha i dukėshėm se kjo ligje, qė ėshtė e pasur me meritėe ligjes 442 e vitin ’99, ėshtė themėluar mbi shpirtin e Kartėn evropjane e tė drejtat e pakicat krahinore, e cila, ture kėrcier pikėpamjen  e ngushtė e unitetin gjuhėsore e italishten si elementė themelor e pandajtur e Shtetit, ka pėrhapur pakicavet gjihėsore koncepti i pasuri kulturorė dhe jo ajo e markatit.

Leximin kritike e ligjės krahinore nuk mund tė nuk pėrfilloj kėto dhe jo me fatė tė dytėn artikull vazhdon ne definimin e konēeptimin i pasurinė kulturore e njėjė pakicė gjuhėsore qė, do tė thohet, ėshtė njė interesantė novacion e sistemit legjslativ kalabreze. Nuk mė duket pakė fakti se nė artikulli 2, pas gjuhen dhe pasunirė letrarė, formojin pasurinė kulturale e komunitet e pakicavet edhe pasurinė historikė dhe arkivistikė, kėngat,  muzika e vallet popullore,, teatrin, artet figurative e’artet fetare,tė mirat urbanistike, arkitetonike e e monumentat, vendimet e banesavet tė lashtė, istitucionet edukative, i formimit dhe fetare historike, traditat poullore, kultura lėndore,tė veshurat popullore, artigjanati tipik dhe artistik, tipikimin e prodimet agro-alimentare, gastronominė tipike, dhe ēdo tjetėr aspektė e kulturės materiale dhe sociale.

Mund tė bėhet njė shaka i keqėsuar mbi ki artikull, por mendonjė nė tė kundėrt se ėshtė ki kalim vegėli pė tė ēarė ishullimin historikė ne tė cilėn kultoret e letėrsinė, e gjuhės dhe e historinė, kishin kuficuar pėr njė fazė e tėrė intereset e ruajtjen.

Ki pėrcaktim, nė tjetėr, ėshtė rezultatin jo vetėm e kryet e Kartėn evropjane, por si e udhėtimin i lodhėshme dhe autonom qė jeta arbėresh ka shkuar nė tredhjetvjeēarėn e fundit nė kėrkasėn tė mbjoj me  e pėrmjturat mė tė larg nė luftėn e mbrojtje e identitetin e saj. Mundet se jemi pamendime  e shum takime nė tėcilėt ne tė gjitha sbulojim se dygjuhėsimin kėshtuthėnur i ēalė kish ēajtur, nė procesin e socializimin fėminor, pendėminor, pendėt e mbrojtjen monogjuhėsore qė kufizohej vetėm nė komunikimin gojore: fjala dhe dėgjimin. U kemi harruar e pafuqishėm nė anė e shtirrjen e komunikimet tė reja e mbarimin e i dytėn mijėvjēarin qė, nė procesin i socializimit tė parė italo-arbėreshė, kishte shkuar nga nėnshstruar monogjuhore nė nėnshstruar dygjuhore, nga nėnshstruar qė bisedon nė gjuhėn shqiptare pa mundur tė lexoj dhe  tė shkruaj  nė gjuha nėnė nė nėnshstruar qė ishte detyruam ne perdorimin e njėjė kode italian sepse i pasur nga tė katėrta fakultete e komunikimit: leximin dhe shkronja, digjimin dhe folmja. Dhe u kemi edhe harruar se ki rreth e socializimin fėminorė, ndėrsa ishte njė privilegjė i madhė pėr fazat tjera e socializimin e arbėresh, fatkeqėsishtė, dobėsoj i pashmangshėm, nė atė nėnshstruar, ruajtjen emotive dhe e biseden e gjuhėn e komutetin e atij. Me kėtė, nė epoken e globalizimin, tė komunikimin mbi rethėn e nė kohė realisht pėr udha satelitare, duhet pasur ndėrgjegja qė mbrojti njė gjuhė, e marrė nė shekujtė mbrenda familien dhe mbrenda komunitetin e fshatin,  paraqen detyrėt tėvėshtira dhe i zgjidhje e pa lehtė. Mesimin e gjuhėn hėhet edhe zgjidhja mė i rėndė, por i domosdoshėm dhe i nėvojshėm. 

Do tė bindem fėmijėt e familiet pė studjuar gjuhėn e nėn e nėnės, do tė nxit kjo nėvojė, do tė rindėrtuar njė gjuhė qė nė kohė ka bjerr kompatesin e saj. Ėshtė, nė fundė, njė nėvojėme e formimin e mėsueset e doēentet, tė vashdohet me kurse i alfabetimin dhe e sotshme operatoret gjuhėsore; ėshtė nėvojme tė rindėrtohet njė kodė gjuhėsorė mbi planin e leksikut, i sjellur nga folmja lokale e gjuhė arbėreshė nė gjuhėn shqipe zyrtare. Me ki mendim ėshtė nėvojshėm universitetin, laboratoret shkencore dhe e kėrkashtare e saj. As njeri, nė fund, do tė mohonjė ose do tė mohojė rolin pėrcaktuar e kėrkesėn e universitetin nė kėtij vend.

Tė gjithė ki paraqitje do tė jetė i lėn nė dorė universitetevet. Si ėshtė i parashkuar nė ligjen 482 dhe urohem se kėtė do tė jetė i ardhshme.

Por ture u ishuluar vetėm nė fushė gjuhėsore, kulturat minotirate do tė vinte gjithashtu ruajtur? Dy janė pėrgjigjet tė mundshėme: jo nė qoftė ndėrhyrje do tė caktohej thjeshtėsi nė ushtrimin dhe i  mėsimin i gjuhės; po nė ēė ndėrhyrje shtrijė pė tė gjitha paraqitje e jetės e shoqėrisė dhe kulturale e komunitetėn. Nė kėtij, por, mund tė kemi njė zgjerim mbimasėn e dėtyrevet e universitetin ēė do tė shkonjė tė merr vendin e hapėsirėt qė i duhen pė institucione tė tjera. Ki arsyetim, i bėnur me logjikė e ndėnje tė mira, e respekti e institucionet locale dhe e tė drejtat e tė gjithėve komponentevet e pakicat gjuhėsore, ndreqėsishtė do tė zgjerohet edhe pė tė ghjthė ata qė mendojin se ruajtjen e mbrojtjen e pakicat tė Kalabrisė do tė shkoj vetėvetėm nga tė ditura shkencore e universitetin, nga fondacionet ose nga institutet tė ndryshura; shum tė respektuėshėm mbi tė gjitha pėse jan shkencore. Por jeta shkencore nė historinė e kombet ka diēka herė kėrcier detyrat tė besuame politikė? Mund njė institut shkencore tė vendosinjė pėr tė pėrmirėsoj njė  gjitoni, pėr vlerizimit e pasurinė fetare, pėr kufizimin shkollore, pėr njė planė i ndėhyrje tė njėjė ose mė bashki komunale? Nė jetėn tė gjithė ėshtė i mundėshėm; nė demokrazinė kalabreze mė duket jo!

E, edhe, nė ēė pakicat e Kalabrie do tė jen ruajtur si pasuri kulturore, nė kjo drejtėsi duhet brojtur kulturėn materiale, ajo arktetonike e monumentale, cerimoni fetare, pasurinė etnik e kulturale, ėshtė i qartė, si objektiv qentrore e ruajtjen e gjuhės.

Kjo ligje, kėshtu dhumėshuame nga ndonjė sektorakademikė e nga ndonjė pėrkrahės e shkencėtarimin, gjithėmonė dhe kudo, ēė duhet apo jo, ruan tė gjitha qyqetaret e komunitetet gjuhėsore dhe do tė jet e lexuame me kujdes e nuk do tė duhet  tė vaproj resikun tėduket partisane pezmatine.

Por, nė ēė kritikėn do tė jet, ajo do tė bėhet nė meritė e ligjes ture u nisur nga nevojėtė e ruajtjen pėhitur mbrenda  pėrbajtjen e tė kujit asnjeri do tė shpėton. Sarkazėmet, gjykimet – mė mirė paragjykimet – refuzimet pretekshtuazme, kritika pėshpėritme lėn kohėn qė gjėjin dhe nuk ndėrtojin as gjė tė mirė. Pėrkundrezi, bėjin tė mendohet qė nė fund ushtrihet ghithėmonė dhe vetė i mbarėshtrimin mė osė mė pak e njohur.

 

6)       Me qartėsi e madhe mendoj se u ka elaboruar njė ligje qė nuk ėshtė pastėr mbarėshtrim as vetėm tė shtirėt kryet.

Dy vjet vonesė dhe njė ashpėr krahasim kan qėnė pėrcaktuame nga kjo dikotoni ndėr ligja e mbarėshtrimin oso ligja e drejtimin e kryė.

Personalishtė kam gjithėmonė menduar se pėr pakicat e Kalabrisė, mė pas mbarėshtrimin e risorsavet qė mund tė jenė tė njohura, ėshtė         nėvojme e njėjė vegėl legjislativė qė mund tė lejojadministrimet komunale e tira tė pėrdorin nė raportin me aktivitetin e tėrė nė drejtimin e teritorin kalabreza, mbi tė gjitha mbi terenin e ekonomisė dhe e mubdėshm burimet e zvillimin e krahinės regjionale. Nuk kam askur dashur getet, parafytyroni nė ēė mund lejonjė pėr ajo ē’ėshtė kultura nėna e mia dhe ēė kam luftuar pė gjithė jetėn pse getizimin e saj nuk ndodhet e, ndoshta, ndonjė resultat ka qėn fituar pa bjerr as edhe burimet ekonomike.

Por ki e do, mė se gjithė, ai i dytė grupi arbėresh, thomi ai e afrymin i mbrėndėshme, qė nga sė paku njėzetėvjeēė ka parė nė vegėla legjislative udhėtė pėr shpėtuar patrimonin gjuhėsorė, pėr dalur nga ishullimin tokėsor, pėr penduar krisja demografike, dhe prandaj gjuhėsorė, e komunitet, pėr shpresuar nė hedhur ekonomik, pėr  rekuperimin e patrimonin urbanistik dhe arkitetonik, pėr konsolidimin e territorin dhe fuqizimin e udhėtė e komunikimin, pėr pėrdorimin e turizmit kulturore si voli ekonomikė.

Ėshtė i gjithė tė qartė se kush ndihmon kjo ligje nuk mendon veēanterishtė komunitete qė pėrdorin njė kodė gjuhėsor i ndryshėm nga ai standardė. Ruan Kalabrinė e oportunitetet  qė dhurohet pėr kujtuar Italisė e Evropės se nė kjo krahinė jetojin segmente e popullsia qė shprehin historia, kultura, marrėdhėnie shoqėrore ēė bėjin pjesė e pasurinė ēė ka ndėrtuar demokracnėa italiane dhe hakmerrin drejti tė jenė pjesa tė vogėla e popullit i madhė e Evropės e bashkuar. Kėta nuk mendojin vetėm gjuhėn si kodė e komunikimit, por ruajtjen e saj edhe si pėrdorim ekonomik e risorsat “pasuri kulturale”.

Tė dy gjėra nuk pėrjashtohen, por do tė pėrforcohen.

Nuk duhet shum pėr kuptuar se dispositivin e mbrojtjen e gjuhės parashikuara nė ligjėn 482 ėshtė tė gjithė paraftueshėm pėr ushqimin e kodin gjuhėsorė e minoritarė mbrenda njė hapėsirė kėshtu i gjerė si cili ėshtė sot globalicimin e komunikacionet. Dhe se ligja ka vuajtur diēka pėrplasje nuk ėshtė shquajtur vetė nė formen e mbarėshtrimin skandalosė qė zbaton komitetin ministerial, por edhe nė pėrvojėn direktė ė shkolla tetėvjeēare si ka demostruar njė kuvend i kohėve e fundit –edhe se klandestin- ēė u ka bėn nė Spezzano Terme nė tė cilin kan qėn me ashpėrsi kritikuar dirigjentet e shkolla. Mė duket shum tė qartė se sot shpėton gjuhėn nė ēė nxėnsit i jepet njė sistem i komunikimit qė prodhon ėndėndjesur dhe pėrdorur kodin gjuhėsorė i nėnės. Do tė kehet, sigurisht, nevojėn absolutisht e ankimin nė teknologjit digjitale tė reja, qė prodhojin e thjeshtė njohurinė e historinė e komunitetin, pasuria e traditavet popullore dhe letrarė e saj dhe, nė bashkėkohėn, pėrkėthejin nė kodin gjuhėsorė e nėnės tėgjithė prodimin komunikativ ēė ata pėrdorin. Pa ėndėrra, por ture zbrethur nė shpirtin e Kartė evropjane, new economynė, por thom gjithė ponėn i mirė ēė lindet nga koha ere e teknologji, mund tė jetė rastin i volitshėm e madhe qofte se nė ēė vjen pėrfunduar nė bledjen, katalogimin, studimin e shumėllojshmėri kulturorė, dhe nė ēė do tė jetė e caktuar si shėrbim pėr pėrdorimin e pasurin kultur nė hedhtimin e njėj/ projekt e zvillimin i themelluar mbi turizmi kulturorė me raport me turizmi tradicionalė.

Pė tė arritur nė kėtė ėshtė nevojmė njė ligje qė do tė jetė edhe njė kokrrizė, njė rekrutim, ēė pranon hyrja tė jetrat ligje regjonale pėr zvillimin ekonomikė e pėr ruajtjen e mjedisit. Parat shėrbejin, por dhe do tė jetė mir se bashkitė komunale do tė ken financėn e tire ēė mundet tė e mbareshtrojin me autonomi. Por ėshtė nevojmė mbitėgjitha njė shpirt i vėrtetėshėm i ruajtjen e kalimit qė nepėrmjet njė korsi parapėlqieme do tė vė qytetaret, operatoret ekonomike, institucionet nė gjėndje tė vendosinjė mbi kjo resorsė. pėr mbarim, nė ēė bėjim njė bilanē mbi qė deri sot ka qėn  ndjijuar mbrenda ligjėn 482 ose sa jan ata ēė din se esikstonte njė ligje e brojten e pakicat gjuhėsore, vėrtetojim, e e thoja pakė mė lart kur se flisnja mbi klandesinitet, se janė pak ata ēė kan vetėdijshėmja se njė ligje ka qėn aprovuar nė fundit e vitin 1999 e se kėta jan veēantėrishtė ata tė caktuar nė kjo punė. Ki shpjegohet pėr naturėn e saj e e ligjės 482, qė qėndron pėr pak nėnshtruara dhe nuk ndėrlikon mė qytetare tjera. Kjo ligje regjonale kėrkon tė vazhėdon tė shoj pas kufit e ligjės 482 nė mendimin t’e prodhoj mė pėrhapur, mė pėrdorur, mė mbarėshtruar, mė pjesėmarrė, ndryshe ėshtė pėr tė gjithė i lehtė ndihmoj dėshtimin e finalitetet themeluame nė e njėeti ligje konstitucionale.

Njė vegėl legjislativ, prandaj, qė pėrtėrinjė vonesėn dhe moskuptimet ture shtunur bazat pėr njė i ardhėshėm ēė do tė bashkėndėrtojim. Njė sfidė pėr tė gjith ė ne, Deputacion regjonale, Universitet, Administrime locale, Shoqate kulturore dhe e i vullnetshėm, qytetare, pėr tė vazatuar njė projekt i vėrtetė i mbrojtjen e kulturat minoritare e Kalabrisė

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