5 dicembre 2006    

Un secolo di Cgil. Bova: «Una storia di lotte ancora attuale»


L'INTERVENTO DEL PRESIDENTE


DEL CONSIGLIO REGIONALE DELLA CALABRIA


GIUSEPPE BOVA ALLE CELEBRAZIONI PER


IL CENTENARIO DELLA CGIL


 
Cari fraterni amici della CGIL, siamo così arrivati a cento.
Cento anni sono davvero tanti; non ci si arriva se non si gode di buona salute e non si ha dentro una spinta grande, straordinaria. Questo vale per le persone, ma ancor più per le associazioni di donne e di uomini.
Non basta. A volte ci si arriva, ma nessuno se ne accorge. Magari si ha un grande passato dietro le spalle, ma nel presente si è poco o nulla. E di futuro manco a parlarne. 
Beh, che voi esistete se ne sono accorti tutti, anche in tempi assai recenti; siete una forza grande, parte assai importante del sindacalismo italiano di progresso, che vi vede uniti a CISL e UIL.
Anche nel Sud ed in Calabria, il sindacato è stato ed è parte significativa ed attiva di quel sommovimento democratico che nel dopoguerra ha cambiato l’Italia, trasformandola in un Paese moderno con una maglia assai fitta di diritti.  Il Presidente del Consiglio regionale della Calabria Giuseppe Bova
Ma il cielo dell’inclusione, dello sviluppo sostenibile, della piena occupazione, della liberazione del lavoro, della compiuta realizzazione dei diritti di civiltà è davvero assai alto, quasi un orizzonte che si sposta in avanti, man mano che gli obiettivi positivi si realizzano.
Non solo, a volte non si riesce a far avanzare piattaforme e contratti, si è fermi al palo come il grande Paese in cui si vive, insomma, si presentano ostacoli più ardui del previsto e assai difficili da superare.
Questo è vero in generale; perché qui da noi, in aggiunta, permangono ritardi assai seri nella struttura economica e sociale che rappresentano una vera e propria palla al piede nel cammino verso un futuro positivo e per l’inserimento delle giovani generazioni nel mondo delle attività e delle intraprese.
E’ ancora vero, purtroppo, quanto ha scritto tanti anni fa un poeta nostro conterraneo:
Siamo i marciapiedi più affollati.
Siamo i treni più lunghi.
Siamo le braccia, le unghie d’Europa.
Il sudore diesel.
Siamo il disonore, la vergogna dei governi.
Qui. Nei luoghi dove è più forte il “nemico interno”, in cui quella malapianta che è la ‘ndrangheta ha assassinato, poco più di un anno fa, il Vicepresidente del Consiglio regionale, Francesco Fortugno. Lanciando così una sfida, un attacco senza precedenti, che sono un vero e proprio atto di guerra verso quello che noi siamo, che voi siete, verso quello che ciascuno di noi e la parte sana e attiva della società calabrese si propone di fare.
Qui, dove l’attacco continua ad essere pervasivo, da Locri a Gioia Tauro, da Crotone a Vibo, da Parghelia a Lamezia Terme.
Qui, dove sono state più pesanti e inique le conseguenze del mito fallace iperliberista, che prometteva benessere materiale, in cambio del “ciascuno per sé” e della disponibilità a mettere in discussione e a rischio tante, troppe cose.
Malgrado questo, la vostra organizzazione, la nostra società, insomma, la democrazia, hanno tenuto e sono cresciute. Certo, con tanta fatica, tante lotte, tanti e troppi accadimenti dolorosi e luttuosi. E’ la nostra storia: da Giuditta Levato all’eccidio di Melissa, dagli scioperi a rovescio all’imponibile di mano d’opera e, poi, la risalita degli anni Sessanta, ricordate, gli anni delle lotte contro le gabbie salariali, per le pensioni dignitose, per una nuova scuola dell’obbligo, per un accesso eguale agli studi universitari. I nuovi contratti, i delegati, il diritto all’assemblea nei luoghi di lavoro, lo Statuto dei Lavoratori. Anni segnati dalle battaglie delle raccoglitrici d’ulivo e da tante lotte per la difesa del suolo.
E poi gli anni Settanta, i fatti di Reggio; Nord – Sud uniti nella lotta, l’impegno contro l’eversione, per lo sviluppo e la democrazia. E ancora, gli anni Ottanta. Il disegno del governo sul porto di Gioia Tauro come terminale carbonifero, come sito per insediarvi una mega-centrale a carbone. Ricordo ancora l’ironia di Luciano Lama - noi dirigenti sindacali calabresi, seduti con lui attorno ad un tavolo per una colazione, dopo una grande manifestazione sindacale - quando rivolgendosi a me, che ero contro quella centrale, mi domandò se vedevo il futuro della Calabria illuminato da tante candele.
Palazzo «Campanella»Qualche anno dopo, quasi ventuno anni fa, le popolazioni dei comuni attorno a Gioia Tauro, non ebbero paura di quelle candele, fecero un referendum, con noi protagonisti, per difendere, assieme all’ambiente di quella Piana, il futuro del porto. Certo, il dopo, il miracolo del porto di Gioia Tauro, è dovuto anche ad un imprenditore lungimirante, come Ravano, a maestranze assai qualificate. E’ tutto vero; ma senza quel coraggio, quel protagonismo, quel referendum, la storia sarebbe stata davvero un’altra.
Ma arriviamo a noi, ad ora. Alcuni mesi fa i calabresi sono stati protagonisti di una straordinaria partecipazione e di un risultato ancor più straordinario in quel referendum contro la devolution che, se avesse avuto un altro risultato, avrebbe accentuato la divisione del Paese e la discriminazione verso le Regioni del Sud. Allo stesso modo, straordinari sono stati i consensi che i calabresi hanno dato alle forze dell’Unione alle Regionali, poi alle Politiche, infine alle recenti Amministrative. Parimenti forte è la resistenza, per ultimo con lo sciopero dei commercianti a Lamezia, che molti nostri corregionali stanno mettendo in campo, in maniera sempre più aperta, contro l’agire malavitoso.
Sì, da questo punto di vista, in quest’anno e mezzo, tutto è stato inedito. Da un lato, l’attacco, una vera e propria guerra, delle ‘ndrine contro la società sana, fino all’assassinio preventivo di Franco Fortugno, cosa che non ha precedenti nella storia della Calabria contemporanea. Dall’altro, una capacità nuova di reazione da parte di professionisti, imprenditori, amministratori locali e gente comune.
La domanda è: come fare, ora e qui, per essere parte del grande progetto teso ad invertire il declino competitivo dell’economia italiana e rilanciare la crescita? Noi sappiamo qual è la risposta possibile. Proprio il Mezzogiorno e la Calabria, a partire dal porto di Gioia Tauro, sono le grandi risorse che possono essere messe a valore nell’interesse del Paese.
Il futuro sta nel ruolo strategico che quest’area ha nel Mediterraneo, al centro di grandi traffici commerciali tra l’Asia, il Nord America, l’Europa. Assumendo come precondizioni la legalità e la coesione sociale; indicando come priorità: sicurezza, diritti forti, effettive pari opportunità; il tutto attraverso una valorizzazione originale del territorio, il potenziamento della sua armatura, la sottolineatura della sua storia, del suo paesaggio, delle sue peculiarità, della sua messa in rete, utilizzando pienamente il suo capitale umano.
Ma per questo ciascuno di noi, come persona e più in generale come soggetto sociale, culturale, politico o, infine, istituzionale, deve cambiare registro. Al Senato sta per concludersi l’iter parlamentare di una Finanziaria molto dura, che, però, dopo tanti anni, metterà a disposizione del Paese e del Sud circa venti miliardi di euro per lo sviluppo e per modernizzarne l’impianto infrastrutturale. Siamo alla vigilia dei nuovi programmi di investimenti europei, che consentiranno a Regioni come la Calabria di utilizzare, per superare il loro ritardo, altri miliardi di euro. L’operazione da fare presenta un quadro di difficoltà senza precedenti anche per il tempo assai breve che ci è concesso per mettere a regime la macchina burocratico-amministrativa.
Il rompicapo, però, qui da noi, rimane quello di sempre. Fino ad ora è stato quasi impossibile mettere su, per la Calabria, un progetto degno di questo nome. E l’unica volta in cui lo si è fatto, come col Por del 2000 -2006, poi esso è stato sbriciolato ed annullato da un meccanismo regolatore ipercentralistico e dal mantenimento del vecchio sistema di incentivi che hanno contemporaneamente provocato, per un verso, incapacità di spesa, per l’altro, mano libera a “prenditori” spregiudicati e truffaldini, spesso in odor di mafia.
Nello stesso tempo venivano sprecate o cancellate misure, quali gli Accordi di Programma su sicurezza e diritto allo studio, che avrebbero reso meno esposta la realtà calabrese rispetto alla mafia, più forte ed efficace l’impegno sul terreno della legalità, più inclusiva la nostra società.
Così oggi, con un terzo di legislatura ormai consumato, il problema si ripresenta in tutta la sua crudezza, con l’aggiunta di uno scontro drammatico sul terreno della sicurezza, con mille emergenze che non danno respiro, con un passato che ha prodotto una miriade di carrozzoni che, sistematicamente, anno dopo anno, chiedono il conto e, nei fatti, impediscono un uso corretto e proficuo delle risorse disponibili.
Quello che ha denunciato ieri il magistrato della Corte dei Conti, Giuseppe Ginestra, sullo stato degli enti della Regione, era già tutto scritto nell’aggiornamento del programma votato, in Consiglio regionale, nello scorso settembre. Lì erano contenuti pure tempi ed obiettivi per un cambiamento radicale.
Una stampa di Giuditta Levato eroina delle lotte delle lotte contadine in CalabriaMa un tale cambiamento non può ormai essere solo enunciato, o praticato col contagocce, o, infine, con una legge deciso e con un’altra negato.
Ora però basta con gli indugi. Il mandato dei calabresi è stato chiaro: cambiare, cambiare, cambiare. Cioè, rottamare senza indugi la vecchia Regione, facendo di essa solo un centro di programmazione e di controllo, senza nuovi orpelli o appesantimenti di alcun tipo, affidando il compito della gestione ai vari livelli sub-regionali, a partire dalle Province ed accompagnandolo con una rivisitazione radicale, per aggiornarlo, semplificarlo ed unificarlo, del sistema legislativo calabrese.
Per questo è necessario un patto esplicito tra tutte le forze positive della società, dell’economia, della cultura, delle istituzioni, calabresi.
Un patto che abbia, poi, sedi permanenti di confronto, di interazione, di concertazione, dentro i nuovi strumenti previsti dallo Statuto regionale, quali il Consiglio regionale delle Autonomie e quello dell’Economia e del Lavoro.
Su questo, il lavoro nelle commissioni consiliari è in fase avanzata e fra poco il Consiglio regionale licenzierà i progetti di legge esaminati.
Un patto e un progetto per progredire. Questa è la posta in gioco. Privilegiando le ragioni dello sviluppo sostenibile, della ricerca, della conoscenza, della integrazione sociale, della responsabilità collettiva, di una grande apertura ai Paesi extraeuropei del Mediterraneo.
Un patto che vi veda fino in fondo partecipi e protagonisti, come avviene per ogni forza che sia essenziale per la crescita sociale, economica e civile della società in cui agisce.
Come vedete, avevo cominciato col parlare dei cento anni della CGIL in Calabria e ho finito col ragionare di tutto il contesto attuale.
Ma la sfida per tutti – e nel tutti ci metto anche voi – è quella di affermare una nuova ardita visione del futuro, all’altezza delle sfide poste dalla società globale, in alternative a vecchie, affannate, utopie e frontiere.
In bocca al lupo e buon lavoro, carissimi amici della CGIL, anche per i prossimi cento anni. O, come recita una vecchia, amata canzone:
Su fratelli, su compagni…


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