26 ottobre 2006    

Guerriero (Sdi):«Territorio ancora in mano alla 'ndrangheta»


Onorevole Maria Grazia Laganà, Anna e Giuseppe Fortugno, autorità civili, religiose e militari, onorevoli colleghi, devo parteciparvi, anzitutto, una mia commozione particolare. C'è chi asserisce che la politica è fredda, cinica e calcolatrice; ebbene, la morte del nostro collega, l'uccisione del Vicepresidente del Consiglio regionale Franco Fortugno il 16 ottobre a Locri, ha reso la politica più che umana. Ci ha ricordato che noi siamo uomini e donne fatti di carne e sangue, persone normali che hanno famiglie ed affetti, e l'uccisione di Fortugno ha improvvisamente svelato una carica di umanità che la politica possiede.

Per questo devo confessarvi, senza ipocrisia, la mia commozione nel prendere la parola in questa giornata particolare.

Franco Fortugno era uno di noi. Sedeva in questi banchi e frequentava le stanze di questo palazzo come oggi facciamo noi. Il fatto che oggi noi siamo qui a ricordarne la barbara uccisione, di per sé, provoca commozione.

Ho di Franco un ricordo sinceramente affettuoso. L'ho conosciuto nel palazzo del Consiglio regionale e ho avuto modo di apprezzare la sua capacità di ascolto e di interlocuzione mite ma decisa, il suo modo di parlare era sempre pacato, disponibile a capire le idee dei suoi interlocutori.Giuseppe e Anna Fortungo, figli del vice presidente del Consiglio regionale ucciso a Locri

Ho sempre apprezzato una definizione che è stata data tante volte dell'onorevole Fortugno e che mi piace ripetere: era una persona perbene, di quelle che si fanno stimare per lo stile e le opinioni, un politico che rimane un esempio di comportamento lineare e sono stato veramente contento di avere contribuito, col mio voto, all'intitolazione dell'Aula consiliare alla sua memoria.

Entrare in quest'Aula vuole anche dire, oltre ai segni della democrazia che sono evidenti e riconoscibili, essere antimafiosi, essere contro gli assassini di Franco, essere costruttori di democrazia sostanziale, dalla parte dei più deboli, dalla parte della legalità e della trasparenza amministrativa.

Ad un anno dall'omicidio di Franco, tracciare un bilancio delle cose fatte e di quelle da fare non è cosa agevole. Trascorsi i momenti successivi a questo clamoroso e orribile omicidio, allora quando sembrava, dalle dichiarazioni dei più importanti uomini di governo, che finalmente ci fosse la volontà diffusa di far cambiare rotta alla nostra martoriata terra, tutto è tornato come prima.

Si uccide ancora anche lì a Locri là dove il controllo delle forze dell'ordine dovrebbe essere asfissiante, ma soprattutto mi duole constatare che quasi tutti gli omicidi – penso al giovane Congiusta, per citarne un solo, ma emblematico caso – attendono di avere un colpevole.

Ad essere sinceri, tuttavia, sin da subito si è capito che, al di là delle lodevoli iniziative dei giovani di Locri e dei tanti calabresi onesti, dopo i tanti attestati di solidarietà e vicinanza che sono pervenuti alla famiglia Fortugno, in effetti nulla sarebbe cambiato.

Non a caso, mi permisi di evidenziare tale mia ipotesi, a cento giorni dall'omicidio Fortugno, e fui allora criticato da tanti, politici e non, che lessero nelle mia parole un segno di sfiducia nelle azioni di contrasto intraprese.

Oggi ribadisco quanto allora affermai, onorevole Maria Grazia Laganà, e lo voglio fare senza retorica come si farebbe dinanzi alla bara del proprio fratello, perché davvero la morte di Franco per tutti noi ha rappresentato la privazione di un affetto caro, di un amico, di un politico perbene.

E' trascorso un anno ed ancora non si conoscono i mandanti di tale vigliacco gesto e, ancora peggio, non si è riusciti a venire a capo delle ragioni per cui quell'omicidio è stato effettuato.

I ragazzi di Locri, la famiglia Fortugno, la società calabrese è stata ancora una volta tradita da chi aveva l'obbligo di dare a noi tutti risposte e speranze.

Diciamoci qualche parola di verità, poi magari attenueremo il senso delle denunce perché comprendo che ci sono tante difficoltà, evidentemente, che rendono problematiche le indagini, ma oggi, perlomeno oggi, partiamo da alcune verità incontrovertibili.

Le risposte attese erano, e sono, relative alla richiesta di sicurezza che ci perviene ormai da tutto il territorio regionale, basti pensare che, nonostante il significativo dispiego di forze di polizia su tutto il territorio regionale e nella locride in particolare, nei giorni immediatamente successivi, sino all'altro ieri, si è continuato a registrare una serie impressionante di attentati e morti ammazzati, quasi tutti rimasti senza un colpevole assicurato alla giustizia.

Questo ci dice, in maniera inequivocabile, che il territorio calabrese è ancora ben saldo in mano della ‘ndrangheta e, pertanto, l'impegno dello Stato centrale è risultato, di fatto, ancora oggi inadeguato.

Le speranze dei calabresi consistono nel fatto che tutti avevano creduto nel cambiamento, nell'opportunità magari di creare, sulla scia emotiva di tale evento, una possibilità di riscatto, confidando in una maggiore attenzione da parte di chi può dare occasioni di sviluppo economico e sociale alla nostra terra.

Tutto è stato disatteso e, ancora peggio, vi è stato chi ha giocato a porre gli uni contro gli altri, probabilmente per poter giustificare un proprio disegno, alimentando un clima già arroventato di cui spesso anche la Commissione che rappresento è stata vittima.

Faccio appello a lei, onorevole Viceministro Minniti, a voi rappresentanti delle forze dell'ordine e ai rappresentati istituzionali oggi presenti, affinché tutti insieme, indipendentemente dalle convinzioni e dall'appartenenza politica di ciascuno di noi, si faccia quadrato intorno alla nostra amata quanto martoriata terra di Calabria.

Le risposte da dare alla popolazione non sono difficili da fornire e con l’impegno di tutti noi, ciascuno nel proprio ambito, si possono raggiungere risultati che consentiranno in breve tempo il riscatto sociale ed economico della nostra regione.

Solo lavorando insieme, senza lacerazioni, il fenomeno della ‘ndrangheta potrà essere significativamente ridimensionato per dare a noi tutti e ai nostri figli la speranza di un futuro migliore, un futuro là dove la libertà, la certezza del diritto, l'equità sociale siano diritti acquisiti e non, come oggi avviene in Calabria, siano valori da conquistare.

La Commissione antimafia in Calabria, che mi onoro di rappresentare, seppur inizialmente tramortita dall'omicidio di Franco, ha ritenuto doveroso sin da subito dare una risposta a tale estrema prevaricazione, utilizzando l’unico strumento che ha a disposizione, quello legislativo.

In pochi mesi i membri della Commissione, senza distinzione partitica, in nome di Franco Fortugno hanno prodotto una serie di proposte di legge che mirano a colmare le mancanze di una politica nazionale, da troppo tempo complice disattenta verso le devianze del fenomeno mafioso. Sono nati, così, provvedimenti che non hanno precedenti per incisività e per qualità nella storia della nostra regione.

In pochi mesi siamo riusciti a divenire soci di Banca Etica, con lo scopo di contribuire alla diffusione di un modello di attività creditizia orientato al sociale, contrapponendo la nostra visione di economia a quello praticato dalla banche tradizionali che, rendendo difficile l’accesso al credito, contribuiscono di fatto al proliferare del fenomeno mafioso legato all'usura.

Abbiamo fatto stanziare dal Consiglio regionale alla Commissione per le cooperative che operano sui beni confiscati alla mafia 150 mila euro – poca cifra – che contribuiranno, per la prima volta, a creare occupazione e sviluppo nella legalità. Abbiamo fatto rifinanziare la cooperazione sociale, per dare risposte a tutti coloro che vivono ai margini della società.

Infine, la Commissione tutta si è prodigata per proporre una serie di Leggi che diano risposte al territorio in termini di risarcimento alle vittime della mafia, contrasto all'usura, realizzazione di un sistema integrato di sicurezza ed infine sarà presentata, a giorni, una proposta di legge che prevede contributi a garanzia per le associazioni e le cooperative che operano a favore delle persone disagiate e che si prodigano nel fattivo contrasto alla mafia secondo canoni di legge ben definiti.In raccoglimento in memoria di Francesco Fortugno

Questo è avvenuto, perché la Commissione ha da subito sposato la tesi secondo la quale la lotta alla mafia si fa agendo a favore degli ultimi, senza grandi clamori e su percorsi condivisi.

Ovviamente noi, seppur con i molti limiti insiti nella legge istitutiva della Commissione, abbiamo tentato di produrre il massimo risultato. Ora sta a voi, ed in particolare a chi ha responsabilità di Governo nazionale, sostenere le nostre azioni

Non voglio andare oltre, mi pare, però, altrettanto urgente, soprattutto in questa giornata, ricordare che non può esserci una battaglia contro la mafia se i magistrati sono lasciati soli, se non hanno mezzi a sufficienza per poter investigare, se non si approvano leggi decisive come la proposta Lazzati, se non ci convinciamo che la mafia è anzitutto un ostacolo alla democrazia ed allo sviluppo.

Ricordare oggi Franco Fortugno, al di là della retorica, allora per noi deve significare assumere impegni più stringenti e puntuali, fare in modo che la politica torni ad essere programmazione e che la gestione della cosa pubblica sia trasparente ed efficiente.

Ognuno di noi, dopo la morte di Franco, ha avuto modo di guardarsi dentro di sé e di riflettere, chi più chi meno, ognuno di noi ha capito che in Calabria l'uccisione di Fortugno ha rappresentato, in sintesi, un punto di caduta della civiltà e della democrazia.

Ecco, oggi, in questa giornata del ricordo, spero che ciascuno di noi torni a guardarsi dentro di sé e si chieda cosa, ciascuno di noi, ha fatto in questo lungo e per più versi terribile anno e capire perché non si è potuto fare di più, perché è chiaro che da tutti noi, indistintamente, maggioranza ed opposizione, la Calabria si aspetti più fatti e meno declamazioni.

 

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