26 ottobre 2006    

Mons. Bregantini (*): «Appello alla concretezza e alla robustezza»


E’ con gratitudine che prendo la parola, per la prima volta vedo questo importante consesso, quest’Aula che rappresenta per la Calabria un luogo di grande dibattito democratico e, insieme, di grande impegno per lo sviluppo di questa terra. Sono grato dell’invito, saluto tutti voi e porgo in particolare alla famiglia la mia vicinanza, come sempre abbiamo fatto.

Questa giornata ci permette di riflettere e di ricordare, ma insieme anche di pensare i momenti di grande intensità emotiva, ma anche di grande reazione al male che c’è stato l’anno scorso nei fattori che hanno costituito allora un grande momento di rinascita per Locri: la realtà dei giovani non nata dal nulla, ma da un impegno che, in questi anni, abbiamo messo tutti insieme, scuole, chiesa, realtà sociale, cooperative e che ha dato frutti che vanno coltivati; la figura di Ciampi che ci ha dato chiarezza, la società civile, la chiesa, la realtà socio-politica.

Mi sono piaciute le tre parole che hanno detto i giovani, è stato un momento di indignazione, di determinazione e di coraggio. Per usare un’immagine, come sempre mi piace fare, in quei giorni, in quei momenti, proprio nel dolore, nelle lacrime, nel sangue, sono stati piantati molti semi. Ora a noi il dovere etico e spirituale politico di farli maturare. Tutti non possono, in un anno crescere, non possono tutti aver dato frutti immediati, però quanto è avvenuto è stato prezioso, per cui anche nella rilettura non diamo alle istituzioni o alle realtà delle indagini un’importanza più grande di quella che c’è; chiarezza se n’è fatta, non tutta, ma se n’è fatta, tocca ora invece coltivare i germogli piantati in quei giorni, in quei mesi.

Ecco perché, allora, rivolgo un rapidissimo appello prima di tutto alle realtà socio-culturali, dai giovani giustamente non si può pretendere ciò che non pretendiamo da noi, perché questo è il fatto: i ragazzi di Locri sono stato un segno, ora vanno accompagnati. E’ già un bel dono che siano rimasti presenti, attivi, capaci di camminare ancora. Certo, vanno rigenerati, il “Fo.re.ver.” va meglio seguito, bisogna produrre nuovi percorsi di liberazione, ci deve essere una maggiore vicinanza istituzioni-chiese-realtà sociali e società civile con loro, però una cosa emerge, e lo dico con chiarezza: è la scuola il futuro ed è lì il punto, a mio giudizio, uno dei punti più deboli della nostra terra è il poco impegno, ecco perché ho ascoltato la relazione del responsabile scolastico regionale con attenzione. Guardate che investire nelle scuole perché siano più belle, più luminose, più ariose, dai piccoli ai grandi, dalle realtà semplici alle università, è decisivo per noi ed è quello l’appello, perché la coscienza nuova è nata dentro questa realtà.Mons. Giancarlo Maria Bregantini

Certo, è avvenuta anche un’altra realtà: da tantissime parti d’Italia quest’estate sono venute schiere di giovani. Noi abbiamo notato circa quaranta-cinquanta gruppi, campi scuola, iniziative, scout, parrocchie, gruppi sociali che hanno voluto confrontarsi con la Locride, perché la Locride, pur nella sua fragilità, anzi dentro questa fragilità, ha creato proprio nelle lacrime e nel sangue un percorso che va continuato, seguito, accompagnato, migliorato.

E’ bellissima quella frase citata più volte oggi “ci siamo, ma non ci stiamo!”, questo è il nocciolo. Allora noi possiamo dire che proprio nel dolore è sgorgata una speranza, non senza, non fuori, ma è nel dolore – come sempre dico ai miei preti, alla mia gente – che nasce la speranza.

Certo, alcuni impegni dobbiamo prenderceli. I sindaci, a mio giudizio, avevano iniziato molto bene e, sotto la spinta anche di vostra eccellenza con impegni concreti, devono mantenere più unità e più concretezza, più efficienza nel loro esserci, pur nelle fatiche di chi guida un Comue, come abbiamo sentito; la grande trasparenza negli appalti e nell’uso del denaro, questi sono i punti nodali.

Allora vanno ricompattati. Guardate che, forse – permettete se faccio questo confronto – poco sono stati seguiti i ragazzi di Locri proprio dai sindaci – i sindaci sono rimasti, anche per gli appuntamenti elettorali che abbiamo vissuto in primavera – si sono un po' smembrati, ora vanno ricompattati in programmi precisi e organizzati.

Alla Regione – l’abbiamo già detto come vescovi qualche settimana fa – chiediamo più concretezza e più robustezza a livello legislativo, a livello di presenza, di lotta contro la ‘ndrangheta, la  massoneria, a livello di chiarezza e di vicinanza alla gente. Non si può, in questo luogo pure importante, non sentire la voce, non farsi voce, non dare voce. Ecco l’appello alla concretezza e alla robustezza che rivolgo a voi in questo nobile luogo e alla società civile: è decisivo riflettere di più, concretizzare di più, avere più fiducia, dobbiamo dare fiducia.

Spiegavo, in un paese che ha grossi problemi con la mafia che, quando una collina scivola, non basta mettere una muraglia forte ai piedi della collina, perché adagio adagio la collina la rompe, ma bisogna piantare sulla collina tantissimi alberelli che con le loro radici diffuse sanno reggere la terra e quindi infermare lo scivolare della collina. E’ quello che dobbiamo fare in Calabria, non bastano le istituzioni da sole, occorrono le coscienze, la scuola, le chiese, i gruppi, i sindacati, le cooperative, la realtà, per una normalità. Ecco, questa parola che ho sentito più volte oggi e anche ora nell’intervento del sindaco di Locri è ciò che io sempre chiedo. La Calabria non ha bisogno di cose strane, ha bisogno di vivere la sua normalità, come tutte le regioni d’Italia, come tutti i paesi, di avere strade adeguate, ecco perché allora anche l’appello che questi investimenti accelerino, finalmente, l’intervento per l’autostrada, non si può vivere così; le ferrovie, io mi sono battuto e ancora mi batto perché tante cose vadano a posto. E’ indegno un Paese che non ha treni collegati, non dignitosi, puliti. Le banche che siano veramente vicine ai giovani; le scuole – come ho detto – più belle e più incisive con un forte contenuto culturale; le chiese più coraggiose, sacerdoti più vicini, più aperti; i beni culturali che siano valorizzati, e ha fatto bene l’onorevole Loiero a darci anche i dati numerici, specialmente la Locride ha tantissimi beni, a cominciare da Gerace; un lavoro non assistito, ecco il problema dei forestali, degli Lsu, degli Lpu, cioè tutta una serie di interventi incisivi dove il sangue di Franco Fortugno deve diventare impegno sociale, civico, etico perché possa cambiare e trasformarsi questa nostra terra.

Ecco perché vorrei anche – mi permetterete – rilanciare un volume che abbiamo diffuso, ma che non ho visto citato oggi, perché è certamente fra tutti quelli in materia il volume più articolato e più documentato su tutti i fatti di Locri. Ho qualche copia e penso di darvela volentieri. Ha questo titolo che abbiamo usato subito, “Lacrime e coraggio”, recuperando uno slogan efficacissimo dei ragazzi: “C’è gente che spara e c’è gente che spera!”.

Bene, qui rileggo l’ultima frase della mia omelia dell’anno scorso, perché è tratta dalle lettere di San Paolo: “Siamo, sì, tribolati da ogni parte, ma non schiacciati; siamo sconvolti, ma non uccisi; siamo perseguitati, ma non abbandonati”. Io benedico di questo giorno, che sia non solo un momento di riflessione, ma soprattutto di incisività e di chiarezza. Se la politica saprà dare coerenza, trasparenza, soprattutto ascolto alle lacrime della gente, le lacrime sparse in quest’anno saranno feconde e daranno alla Calabria la grazia di essere realmente un giardino.

Grazie e buon cammino.



* Vescovo di Locri e Gerace
 segnala pagina ad un amico
 CHIUDI