18 ottobre 2006    

on. Morrone (*): «Delitto segnale di onnipotenza e sfida alle istituzioni»



Signor Presidente, Presidente della Giunta, consiglieri regionali, autorità, sono visibilmente emozionato perché, per la prima volta, ritorno in quest’Aula non più da consigliere regionale, ma come ospite, anche se parlamentare, poi sono doppiamente emozionato perché palare del mio amico Fortugno ogni volta mi riempie di commozione, per questo ho preferito per la prima volta in quest’Aula scrivere e non parlare a braccio, come di solito facevo.


Per me non è facile, senza rischiare di ripetere cose già dette, ricordare Franco Fortugno, del quale in quest'anno che è trascorso dalla sua morte tutti hanno parlato, ricordando le sue indiscusse doti umane e professionali e ricostruendo e commentando il tragico attentato di cui è stato vittima.


Partiamo dal giorno dell'omicidio, che era cominciato, per noi dell'Unione, come un dì di festa ed un importante banco di prova – peraltro chiaramente positivo fin dalle prime ore del mattino – per coalizione considerato il coraggioso esperimento delle primarie, partito proprio in Calabria nelle precedenti elezioni regionali. Questo era il nostro stato d'animo, fin quando, come un fulmine a ciel sereno, è giunta la terribile notizia e tutta l’Italia puntò gli occhi sulla Calabria, insanguinata dall'ennesimo delitto di mafia.


Non era una novità, non è stata certo la prima volta, ma l’omicidio di Franco Fortugno è, fin da subito, sembrato un fatto eccezionale, diverso dagli altri tanti assassini cui la ‘ndrangheta ci ha costretto ad assistere negli ultimi anni, negli ultimi decenni, e per più d'una ragione, innanzitutto per il luogo in cui il crimine è stato commesso: nella piazza centrale di Locri, davanti a centinaia di persone e, soprattutto, davanti al seggio delle primarie dove Fortugno, fedele al suo dovere di cittadino ed illustre esponente della Margherita calabrese, stava andando a votare.


Che in Italia si possa uccidere un uomo in pieno giorno, mentre sta per compiere un gesto tanto significativo, in particolar modo in una regione come la Calabria, è un fatto terribile, la cui gravità nessuno ha mancato di sottolineare fin da subito. E’ evidente che chi ha compiuto lo spregevole gesto, oltre a ritenersi così forte da poter sfuggire a qualsivoglia indagine – per fortuna, non è stato così – ha voluto lanciare un chiaro segnale di onnipotenza e sfida alle istituzioni, unico baluardo dei cittadini onesti contro gli abusi e le violenze della criminalità organizzata.


Ma a colpire è anche la personalità della vittima: se, infatti, sul piano umano tutti i morti hanno lo stesso peso, è evidente che su quello politico, certamente meno importate, non è affatto così. Franco Fortugno, al momento della sua uccisione, oltre ad essere – come ho già detto – illustre rappresentante della Margherita calabrese, era anche il Vicepresidente del Consiglio regionale, quindi uno degli uomini più rappresentativi della nostra martoriata regione. Chi ha commesso l'infame delitto, dunque, ha deciso di colpire le istituzioni in una duplice maniera, scegliendo un luogo rappresentativo di un bel momento della democrazia italiana e uccidendo un alto rappresentante delle istituzioni regionali.


Di grande importanza per ricordare la figura di Franco e, forse, anche per capire meglio i perversi meccanismi che hanno portato alla sua uccisione, è il suo trascorso lavorativo, i suoi anni di lavoro prima di entrare in politica. L’istinto farebbe ritenere che vittime della criminalità organizzata siano soprattutto imprenditori, giudici e pubblici amministratori, invece il caso Fortugno smentisce questa tesi. Egli, infatti, era primario del pronto soccorso dell'ospedale della stessa Locri e, nel nosocomio oggi oggetto di vive polemiche, aveva speso tante e tante energie lavorative, sempre impegnato in un settore di difficilissima gestibilità.


Il pronto soccorso è, infatti, il reparto dell'urgenza, quello dove si salvano le vite in immediato pericolo e dove nei paesi del Sud capita, non di rado, di cercare di salvare qualche vittima di agguati che nessuno ha il coraggio di denunciare. Ma, a quanto sembra dalle indagini che vanno avanti ed hanno portato all'arresto degli esecutori materiali dell'infame gesto, l'ospedale di Locri, come forse anche altri della Calabria, è anche un centro dove si scontrano quanti vogliono fare sporchi affari ai danni della sanità pubblica e di pochi, come Franco Fortugno, che nell'interesse dello Stato, dei cittadini e dell'onestà, fanno di tutto per combattere queste realtà, ed impedire che, come purtroppo avviene anche in altre regioni del Mezzogiorno, la malavita organizzata lucri sulla salute degli italiani.Autorità e giornalisti al termine della seduta


Franco Fortugno, dunque, aveva per anni operato con diligenza, impegno, grande coraggio e determinazione in questa difficile realtà prima di prendere la decisione di mettersi in aspettativa e dedicarsi alla politica, dove, oltre a portare la sua grande esperienza maturata nel difficile contatto con il pubblico calabrese, aveva cercato di portare la sua onestà e la sua intransigenza, scelta che, come purtroppo sappiamo, gli è stata fatale.


Come si è detto e come tutti sanno, gli autori materiali, quelli che hanno materialmente sparato, sono stati arrestati e ci auguriamo che, naturalmente nel rispetto della giustizia, vengano condannati a pene severe, esemplari.


Il problema, comune a molti altri delitti, è che, però, i cosiddetti pesci grossi, i mandanti, quelli che impiegheranno ben poco a trovare altri killer, non vengono neanche identificati. Il muro d'omertà e di paura che li difende, infatti, non si riesce a buttarlo giù con facilità, così i veri assassini di Fortugno, quelli che hanno deciso la sua morte e che, magari, quand'era in vita avevano tentato di ostacolare il suo esemplare e limpido operato di medico e uomo politico, sono liberi, liberi di vivere quella vita che a Fortugno è stata strappata via e liberi di continuare a delinquere ed ostacolare il riscatto della Calabria.


Sì, perché dietro a questi atroci fatti di sangue, che riempiono le prime pagine dei giornali prima di cadere nel dimenticatoio, c’è la difficile realtà calabrese, una realtà fatta di povertà, mancanza di infrastrutture, oppressione della malavita che rende oscuro e carico di paure il futuro dei giovani, sfiducia nei confronti della Stato.


Il calabrese è sempre, sfiduciato, fa fatica a credere nello Stato e nella reale possibilità di una rinascita della sua regione e nel momento in cui si presenta la possibilità, decide di abbandonare, ma non perché non la ami, no, il calabrese che emigra, la Calabria se la porta sempre nel cuore, ma è costretto a partire perché nella sua terra non intravede facili possibilità di lavoro.


La criminalità organizzata incide su questa realtà in due modi diversi: da un lato, infatti, soffoca ogni possibilità di sviluppo economico e fa fuggire gli imprenditori, dall'altro fa sembrare lo Stato lontano ed incapace di risolvere i secolari problemi del Sud. A quei parlamentari del centro‑destra che hanno parlato di “Questione del Nord” bisognerebbe rispondere regalandogli un biglietto ferroviario che li porti in giro nel Mezzogiorno, perché possano rendersi conto della difficile situazione in cui sono costretti a vivere i calabresi, i siciliani, i pugliesi, i campani.


Ma forse il sacrificio di Franco Fortugno a qualcosa è servito: il movimento e l’'impegno dei ragazzi di Locri, ai quali guarda con interesse ed affetto tutta l'Italia, sembra davvero aver smosso qualcosa, sembra che finalmente i calabresi abbiano avuto la forza di dire basta e che tutta l'Italia sia pronta ad ascoltarli. In questo senso, infatti, va giudicata la nomina a Prefetto di Reggio dello stimatissimo De Sena, simbolo della lotta alla criminalità organizzata e dello Stato che funziona e difende i cittadini.


Bisogna, dunque, nel ricordo di Franco Fortugno, continuare a sperare e a lottare per il futuro della Calabria e di tutto il Mezzogiorno, sconfiggendo i tanti stereotipi che, negli anni, si sono creati.


L’unico rammarico è che Franco Fortugno non può essere con noi a condividere questo grande impegno.

* Segretario della Camera dei Deputati

 segnala pagina ad un amico
 CHIUDI