17 ottobre 2006    

Sculco (Margherita): «Colpito Fortugno per colpire il Consiglio regionale»



Signor Presidente, onorevoli consiglieri, un ringraziamento e un saluto a tutte le autorità di governo, civili e militari, e consentitemi un affettuoso saluto al Vescovo, sua eccellenza Giancarlo Bregantini.


In questi giorni in cui l'intera Calabria rende omaggio alla memoria di Francesco Fortugno, tornano intensi i momenti e dolorosi gli attimi di quella terribile domenica del 16 ottobre 2005. Franco veniva ucciso a Locri, nel seggio dove si stavano svolgendo le elezioni “primarie” dei partiti aderenti all’Unione. L'assassino sapeva di colpire un uomo giusto, inerte, pacifico.


Le modalità efferate di quel crimine hanno scosso l'Italia intera, tanto che ancor di più, a un anno di distanza, la barbarie di quel gesto che ha condannato a morte un cittadino onesto ci appare insopportabile, talmente grave e offensiva che non può essere né messa in ombra né dimenticata. Essa è il segno della mostruosità di un crimine, ma anche il monito alto e severo che insorge dal martirio e dalla testimonianza.


Come è stato detto – ed io voglio concordare – oggi non è giorno di polemiche, di inutili contrasti, ma di raccoglimento e di riflessione.


Il Presidente Bova a colloquio con il Questore Speranza ed il Prefetto De Sena



Un anno dopo, noi riteniamo che chi ha ucciso quel giorno sapeva bene che stava colpendo non un uomo solo, non un personaggio occasionalmente prestato alla politica, bensì un dirigente di una grande forza democratica, un rappresentante delle istituzioni, colui che aveva scelto di farsi carico dei problemi della sua terra e dell'intera Calabria.


Senza voler sminuire ogni altro aspetto, credo che in questa commemorazione sia necessario rimarcare con chiarezza che con l’omicidio di Franco si è voluto colpire direttamente proprio questo Consiglio regionale, questa assise democratica che, in quanto espressione della sovranità popolare, rappresenta tutta la Calabria, la sua unanime volontà di crescere e riscattarsi nella libertà e nella sicurezza democratica. Una voglia di riscatto, di cambiamento e di futuro che Fortugno aveva saputo trovare principalmente in mezzo ai giovani.


Esattamente pochi giorni prima della sua morte, il 30 agosto – io ero lì – era andato a parlare a Polistena e lì, in quel popoloso comune della Piana, egli tenne l'ultimo discorso della sua appassionata militanza politica. Sembrò, quello, un pomeriggio come gli altri, un giorno uguale a tanti di queste nostre estati calde e infinite. Sulla piazza di Polistena c'erano tanti giovani e tante ragazze, c'erano le bandiere della Margherita. Amici e simpatizzanti si erano radunati per aspettare il suo arrivo. Chi semplicemente per attenderlo, chi per salutarlo.


Confesso che, proprio in queste ore, ho riletto con commozione e rimpianto il testo completo di quel discorso. Specialmente adesso, il ragionamento e il significato morale di quell'intervento sono straordinariamente attuali e vibranti.


“Noi” – diceva Franco – “dobbiamo ritornare a fare politica, dobbiamo far sì che voi giovani crediate in noi che la facciamo tutti i giorni, in modo da invogliarvi, interessarvi e coinvolgervi direttamente, sempre di più, perché, vedete” – continuava Franco – “voi siete il futuro, il rinnovamento, i futuri amministratori di questa Calabria e di questa Italia. La Calabria ha bisogno di voi per rinnovarsi, per crescere, per andare avanti”.


Rileggere queste parole significa, per noi consiglieri regionali – penso – cogliere l’essenza del pensiero e la forza dell'azione del collega scomparso, Franco Fortugno, un medico che sapeva parlare alla ragione e al cuore di chi lo ascoltava.


Un democratico forte e libero, convinto che le idee, la passione, il confronto e il dialogo sono la vera, la più grande opportunità per riaccendere la speranza civile di questa Calabria.


Per questo i giovani lo apprezzavano, per questo gli studenti della sua amata Locri hanno immediatamente manifestato nelle strade, gridando coraggiosamente: “Ammazzateci tutti!”. E' stato un grido di dolore alto e pulito, un appello schietto e sincero a uno Stato spesso assente e lontano dai problemi della nostra gente.


Onorevoli colleghi, oggi a noi spetta il compito di raccogliere le parole di Franco Fortugno, per mettere a frutto la ricca testimonianza politica della sua militanza civile.


Forti dell'anelito di giustizia e di pace che è venuto anche in questo Consiglio, nei giorni della veglia funebre, noi non vogliamo né dobbiamo far sì che Franco venga trasformato in una sorta di santino, magari utile per qualche retorica liturgia d'occasione. Per noi Franco Fortugno, colui che è stato il Vicepresidente del Consiglio regionale della Calabria, è un simbolo, un simbolo autentico delle nuove battaglie di progresso e di crescita, per guidare la Regione verso un futuro degno dei valori democratici del nostro tempo.


Sono convinto che il suo esempio ha inciso proficuamente nel nostro modo di fare politica, nell'impegno di rinnovare la società calabrese.


La sollecitudine che sgorgava dal suo lavoro di consigliere regionale fu quella di resistere alla facile trappola di svilire la complessa e articolata “questione calabrese”, in quel sempre banale e fin troppo facile gioco delle contrapposizioni pregiudiziali e delle sterili polemiche di parte.


Tuttavia è evidente che, di fronte all'attacco destabilizzante della mafia, il solo impegno delle istituzioni non può bastare, se manca l'appoggio consapevole e la condivisione della società alla lotta contro la criminalità, nel comune superamento della rassegnazione e di ogni atavico fatalismo.


Dopo questo delitto, il nostro compito è stato e dovrà essere sempre più quello di moltiplicare gli sforzi per sconfiggere e rimuovere le cause economiche, sociali, culturali e morali in cui s'incunea la malavita organizzata. Lasciare campo libero alla criminalità significherebbe non solo generare ulteriore insicurezza e violenza, quanto condannare definitivamente questa regione ad una supina e secolare arretratezza.


Per questo non solo lo Stato centrale, quanto ancor di più le autorità regionali e locali, devono sentire l'appoggio di tutti i cittadini.


La Calabria è una regione dalle straordinarie potenzialità naturali, umane e artistiche, una regione ingiustamente sottostimata, marginalizzata e inutilizzata per colpa di una insicurezza diffusa che attanaglia ogni parte del territorio.Una seduta del Consiglio regionale


Secondo i più recenti documenti di intelligence, secondo i dati forniti dal Ministero degli interni, questa regione è stretta nella morsa micidiale di un pervasivo potere della ‘ndrangheta, che è oggi la più radicata e la più aggressiva delle organizzazioni criminali italiane.


Ovviamente la sola presa d'atto della pericolosità dell'impianto mafioso tanto attivo in Calabria non può più bastare, per cui l’azione che dobbiamo mettere in campo, che deve mettere in campo dello Stato non può più concludersi nella necessaria, quanto teorica esortazione al rispetto della legalità. Ciò che oggi ci attendiamo dallo Stato e dal Governo centrale è una politica autentica di cambiamento, un progetto attuabile di sostegno, sussidiarietà e promozione per rinnovare gli apparati della pubblica amministrazione, per adeguare la rete delle infrastrutture, per dare respiro europeo e mediterraneo all'economia regionale.


Ciò che noi aspettiamo è un programma di iniziative forti, ciò che noi vorremmo e vogliamo contribuire a costruire e a realizzare è un programma di iniziative forti, un insieme di scelte sostenibili e condivise in grado di convincere i calabresi che è iniziata per davvero la stagione del cambiamento, della modernizzazione e della crescita.


Solo così si può sconfiggere la sottocultura, che dice “qui non cambia niente”, della rassegnazione all'illegalità, alla vendetta, alla morte. Solo così possiamo cominciare a far giustizia e realizzare equità, esigendo tutta la verità su un delitto che tutta la Calabria sta subendo come una colossale e insopportabile ingiustizia.


In memoria dell'amico Fortugno, ciò che noi dobbiamo pretendere è che la Calabria non sia abbandonata a se stessa, non sia lasciata facile preda alla mercé di organizzazioni del crimine che, pure minacciosamente, hanno dimostrato una grande capacità di adattarsi ai processi evolutivi della società globalizzata, aprendosi a inquietanti traffici e affari illeciti, mantenendo, nel mentre, una struttura arcaica e un ferreo controllo del territorio d'origine.


Per sconfiggere la mafia, per estirpare la criminalità organizzata non servono leggi speciali, al contrario servono scelte e politiche vere che ci facciano superare la logica degli orizzonti del giorno per giorno, generando una vera e propria rivoluzione culturale nel modo di concepire sviluppo e legalità in questa Calabria.La targa che deica l'aula consiliare a


Questo sussulto delle coscienze è quanto mai necessario adesso per risolvere in modo nuovo e diverso, rispetto al passato, l'annosa “questione calabrese”, una questione che non si risolverà se non si ripristinano al più presto le dovute soglie e le attese condizioni di sicurezza e di legalità necessarie per far ripartire il motore dello sviluppo.


In questo quadro, sono del tutto condivise e da condividere le indicazioni e le proposte avanzate dal Presidente Loiero e dal Presidente Bova. Non è ancora tutto quello che servirebbe, ma tuttavia può essere un nuovo inizio che, proseguendolo, può costituirsi come una delle prime iniziative che la Giunta, come ha elencato il Presidente Loiero, ha messo in campo in questi mesi.


Penso che ridare attrattività ai nostri territori, permettere agli investimenti di riattivare i circuiti dell'economia locale siano obiettivi che si devono e si possono raggiungere al più presto. Tuttavia, per raggiungerli e superarli, occorre che in ogni Comune della nostra regione si metta fine allo stillicidio quotidiano e notturno degli attentati, delle intimidazioni, delle estorsioni, dei delitti e delle intromissioni nei più importanti settori economici e politico‑amministrativi.


L'alto esempio che viene da Franco Fortugno sta proprio in questa sua tenace volontà di far cambiare mentalità ad un tessuto sociale intriso di omertà, condiscendenza, connivenza e complicità di ogni genere. Ognuno deve far sì che sicurezza e legalità non restino per i cittadini semplici parole vuote.


Signor Presidente e onorevoli consiglieri, abbiamo scritto in un manifesto affisso su tutti i muri della nostra regione che Francesco Fortugno era uno di noi, un uomo forte e coraggioso che apparteneva a questa Calabria, apparteneva e appartiene alla Margherita.


Forti della sua memoria, carichi degli affettuosi ricordi di un amico di tutti, raccogliamo e vogliamo raccogliere la sua straordinaria testimonianza d'impegno perché diventi un patrimonio di valori e ideali, libertà e giustizia, offrendolo come alto esempio di virtù ai giovani calabresi.


Ora che la sua assenza è più sentita, a lui che è stato Vicepresidente del Consiglio regionale facciamo alta e solenne la promessa che non abbandoneremo questa travagliata terra al declino e al sottosviluppo. Noi ci siamo e intendiamo restare, per continuare la lotta contro la criminalità, per il riscatto e la crescita della Calabria.


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