17 ottobre 2006    

Il presidente Bova: «Verità, tutta, e fino in fondo»


Uomini del Governo nazionale, Onorevoli parlamentari, Autorità civili e religiose, signor Presidente della Regione, colleghi,
 
siamo riuniti qui, nell’aula del Consiglio regionale intitolata al compianto Vicepresidente Franco Fortugno e a tutte le vittime di mafia in Calabria.
Siamo qui per ricordarli ed onorarli, per riflettere assieme su quali ulteriori iniziative assumere, perché su quel delitto politico-mafioso e sugli altri delitti di mafia nella Locride e nell’intera regione sia fatta verità, tutta e fino in fondo.Il Presidente Giuseppe Bova apre la seduta del Consiglio regionale dedicata a Francesco Fortugno
Adesso, come segno del nostro profondo rispetto verso Franco e tutte le altre vittime di mafia, vi chiedo di alzarvi in piedi tutti e di osservare un minuto di raccoglimento.
 
Sia questo gesto, per tutti noi, simbolo di unità e di impegno comune per l’accertamento della verità, per sollecitare un sommovimento delle coscienze che ripudi la ‘ndrangheta e che abbia l’obiettivo prioritario di sradicare dalla nostra terra la malapianta mafiosa.
 
Manca ormai solo qualche giorno al compiersi di un anno da quella terribile sera del 16 ottobre, quando a Locri, in pieno centro, a palazzo Nieddu, un killer mascherato stroncò la vita di Franco con cinque colpi di pistola.
Allora giurammo di fronte a sua moglie, ai figli, ai parenti, agli amici, al cospetto dell’opinione pubblica del Paese che seguiva attonita i funerali, che avremmo fatto di tutto, proprio di tutto, perché la verità fosse accertata.
Non ci illudevamo che sarebbe stata una battaglia dagli esiti scontati, né tanto meno breve o facile, ma anche di fronte a nuove e scellerate azioni di mafia, ci impegnammo a ribattere colpo su colpo; a fare di questo e dell’accertamento della verità la ragione prima del nostro agire.
Per questo abbiamo chiesto all’Italia di non essere lasciati soli.
In quel momento due eventi straordinari determinarono un vero e proprio sussulto. Da un lato la spontanea mobilitazione degli studenti locridei, che con quel loro striscione bianco furono capaci di esprimere un senso profondo di ribellione che emozionò l’Italia intera; dall’altro l’alta sensibilità civile del Presidente Ciampi, che accorrendo immediatamente in Calabria rese onore a Franco Fortugno, espresse piena solidarietà alla famiglia, sostenne ed incitò le istituzioni e i calabresi a resistere ed a reagire.
Indicò chiaramente qual era la missione che ci affidava e si affidava.
Senza questo, difficilmente avremmo potuto fronteggiare le difficoltà assai pesanti che si sarebbero frapposte al nostro cammino.
Così un anno è passato: alcuni risultati sono venuti; il Vice Capo della Polizia Prefetto De Sena è stato chiamato a ricoprire delicate funzioni in Calabria, su cui ci sono già riscontri positivi; le indagini hanno dato un volto al presunto killer e ai mandanti di primo livello.
Ma sul resto è buio fitto.
Il senso di questa giornata e di questa adunanza, allora, non è solo, come è certamente doveroso, ricordare e onorare, assieme a Franco, tutte le vittime della mafia in Calabria, come Gianluca Congiusta, i cui cari chiedono a gran voce giustizia, giustizia sino ad oggi negata.
 Noi siamo qui soprattutto per mettere a fuoco e rilanciare la missione indicataci da Carlo Azeglio Ciampi, tutta imperniata sulla capacità di resistere unitariamente alla sfida lanciata dalla ‘ndrangheta e di infliggere alla stessa un colpo mortale con l’accertamento della verità, tutta e fino in fondo.
Non è un caso che proprio “resistenza e verità” siano le parole d’ordine affidate ai giovani di Locri attraverso il forum “Fo.re.ver.”.
Così l’invito che sento il dovere di rivolgere a tutti i presenti e, attraverso loro, alle istituzioni che rappresentano, è quello di rinnovare un patto e rilanciare la sfida contro il nemico mortale della democrazia e della convivenza civile nella nostra regione, che è la ‘ndrangheta.
Una sfida che le istituzioni e la politica debbono assumere apertamente e senza tentennamenti.
Il settore dell'aula riservato alle autoritàLa ‘ndrangheta e poteri oscuri e deviati, attraverso l’uccisione di un politico mite ed onesto, hanno lanciato un messaggio inquietante: quello che nella Locride e in Calabria nulla può nè deve cambiare, pena la morte.
E cosa sono, ancora, se non la prosecuzione per altre vie del medesimo terribile messaggio, la denigrazione e la delegittimazione preventive delle istituzioni calabresi e dei suoi uomini.
Come dire, hanno tentato di ucciderci due volte: prima con l’agguato di palazzo Nieddu, e poi cercando di colpire al cuore la possibilità di cambiare la società calabrese radicalmente e nel profondo attraverso la politica.
Ormai non passa giorno che qualcuno non insinui il sospetto dei venti e più consiglieri regionali “indagati”, senza che ci si sforzi di dire chi siano, per che cosa vengono perseguiti o a quali partiti o coalizioni, di maggioranza o minoranza, appartengano.
Ora si parla degli “indagati”, ieri del ritiro dei passaporti, salvo poi averne pubblica ed autorevole smentita da parte del procuratore nazionale antimafia Piero Grasso, che ha bollato quella notizia come una vera e propria “bufala”.
 Occorre, invece, rimboccarsi le maniche e testimoniare nella vita pubblica, come sostengono i vescovi calabresi, “una maggiore robustezza amministrativa e legislativa”.
La risposta da dare sta nell’assolvere ciascuno al proprio compito, facendo fino in fondo il proprio dovere. La politica regionale il suo, ma lo Stato pure. Questo significa sapere quali cosche hanno autorizzato l’omicidio Fortugno e soprattutto chi lo ha ordinato, impiegare le professionalità più alte e preparate nel delicato lavoro di intelligence, investire risorse umane ed economiche nella sicurezza e nella giurisdizione in Calabria.
Signor Viceministro dell’Interno, signor Presidente della Regione, quanto affermo, qualora non ci siano in Finanziaria le risorse necessarie, dovrà costituire oggetto di uno specifico Accordo di Programma Quadro da definire ed attuare con urgenza.
Quella calabrese, allora, potrebbe non essere una missione impossibile. A tal fine il Consiglio deve puntare su un’attività legislativa di qualità, alta ed inedita, ripartendo da una attenta verifica dello stato d’attuazione del “progetto d’urto” per la Locride.
Assieme a questo, nuove leggi regionali finalizzate a determinare un moderno sistema di incentivi alle imprese sane, fondati su criteri oggettivi ed automatici, su meccanismi sicuri quali il credito d’imposta.
Ed ancora, leggi che prevedano norme assai rigorose in materia di appalti pubblici, centralizzando, a livello regionale e in ogni singola provincia, la stazione appaltante e prevedendo l’istituzione di un osservatorio regionale con la funzione di monitorare le imprese e garantire che ditte in odore di mafia non si introducano nei cantieri anche attraverso i subappalti.
Serve, in pari luogo, produrre una legislazione a sostegno della confisca dei beni ai mafiosi, anche attraverso adeguate poste in bilancio, agevolando poi percorsi che favoriscano il riutilizzo dei beni da parte della comunità calabrese nel più breve tempo possibile.
In questo quadro, tuttavia, il primo passo è quello di rafforzare percorsi di educazione alla legalità, intesi non solo come esercizi didattici condotti nelle scuole di ogni ordine e grado – che pure sono importanti – ma, soprattutto, come processi di apprendimento permanente per gli adulti, al fine di rafforzare la consapevolezza in ciascun calabrese del proprio essere cittadino, titolare di diritti garantiti dalla legge.
Dagli uffici regionali all’accoglienza negli ospedali, ai tempi e ai modi di risoluzione di una pratica, le cose dovranno cambiare nella forma e nella sostanza. Ed i calabresi dovranno percepire questo cambiamento.
Un fiume di diritti che travolga gli argini dell’omertà e della mentalità mafiosa.
La politica, dal canto suo, dovrà ulteriormente cambiare registro e farlo subito, tagliando in modo drastico i propri costi ed investendo con forza sulle nuove generazioni, sui giovani talenti calabresi, ancora troppo spesso costretti ad emigrare in cerca di fortuna lontano dalla nostra terra.
Non v’è dubbio che la ‘ndrangheta ed altri poteri illegali abbiano assestato alla politica un colpo durissimo. Ma noi non ci siamo arresi e d’ora innanzi la nostra risposta alla sfida in atto dovrà essere ancora più avveduta, più incisiva, più sistematica e più radicale. A tal fine l’investimento più efficace riguarda tutti quegli obiettivi in grado di far rinascere la speranza e di alimentare un clima di fiducia. Per questo serve chiarezza e verità, tutta e fino in fondo, a partire dall’omicidio Fortugno.
Ma questa, come abbiamo già detto, non è più la battaglia della sola Calabria: è la guerra di un Paese per difendere un pezzo di sé stesso.
Bisogna crederci, avere fiducia.

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