20 settembre 2006    

Come resistere alle statistiche (di Luigina Pileggi*)



C’è un filo rosso che collega Torre di Ruggiero, Fabrizia, Nardodipace e Dinami. È l’irreale solitudine che aggredisce la gente. Popolazioni che trascorrono la propria esistenza lontano da tutti e da tutto. Che sia un piccolo borgo nelle Preserre vibonesi o in quelle catanzaresi, non importa: il dramma è sempre lo stesso. La Vallata dell'Allaro sulle Serre vibonesiÈ quello dei paesi confinati nell’entroterra calabrese, spesso privi di adeguate infrastrutture, avvolti in una devastante solitudine ed un’innaturale povertà. Centri che in passato sono stati il vanto di una Calabria che stenta a progredire, che hanno dato i natali a professionisti e scienziati che si sono affermati in tutto il mondo, e che oggi rischiano di scomparire inesorabilmente. Simbolo dell’abbandono, la loro è una lenta e tormentata agonia, nonostante i loro pregi storici, paesaggistici e culturali.


A guidare questa lista nera dei paesi più poveri della Calabria è Torre di Ruggiero, nelle Preserre catanzaresi, che, secondo la classifica dell’imponibile Irpef medio per famiglia elaborata dal Centro Studi Sintesi di Mestre sulla base delle dichiarazioni fiscali del 2002 fornita dal ministero dell’Interno ed attualizzate al 2005 attraverso l’indice Foi dell’Istat, è l’ultimo centro urbano dell’entroterra: il più povero di una delle regioni più economicamente svantaggiate d’Italia. Qui risiedono le famiglie più povere, che sopravvivono con appena 6.362 euro all’anno. In Calabria su 409 Comuni, solo 395 hanno un reddito a famiglia fino ai 20.000 euro l’anno, 14 Comuni hanno un reddito fra i 20 e i 30.000 euro, nessuno ha redditi medi per famiglia superiori ai 30.000 euro.


Non meno felice la situazione se si considera l’imponibile Irpef per abitante: questo poco invidiabile primato si sposta di una manciata di chilometri, e va nelle Preserre vibonesi, precisamente a Fabrizia, terza nella graduatoria nazionale, dove il valore procapite è pari a 2.418 euro. Nella classifica regionale, al secondo posto si piazza Dinami, sempre in provincia di Vibo, con 2.433 euro, tallonata da Torre di Ruggiero, dove il valore si attesta a 2.473 euro, mentre al quarto posto si colloca Nardodipace con i suoi 2.491 euro procapite.


Torre di Ruggiero detiene un altro primato: negli ultimi 10 anni l’emigrazione si è attestata al 36%. Con le sue 1.446 anime il paese, se non fosse per lo splendido santuario mariano che attira una moltitudine di visitatori e pellegrini, sembrerebbe essere stato abbandonato anche da Dio. In questo piccolo centro, giovani non se ne vedono: sono tutti emigrati al Nord ed in Svizzera. Una realtà bellissima dal punto di vista ambientale e storico, ma al momento del tutto isolata dai circuiti economici e sociali. I problemi e le difficoltà sono tanti, eppure da queste parti non c’è più spazio per la rassegnazione. Un paese che fino agli anni ’70 è stato ricco di mestieri e attività commerciali, mentre oggi il problema economico diventa tristezza morale e psicologica: un punto importante del programma del neo sindaco Giuseppe Pitaro, che di restare a guardare non né ha proprio intenzione: “È dall’analisi dei dati economici e sociali che occorre partire per avviare una riflessione sulla parte della Calabria più emarginata”. Per non parlare del contesto urbano assolutamente desertificato ed impoverito oltre misura. “Oggi Torre è il simbolo di una Calabria che regredisce anziché avanzare – dice il sindaco – di una Calabria abbandonata, in cui può accadere di tutto nell’indifferenza generale. Il simbolo di una Calabria che si piega su se stessa e attende la morte. Come rimuovere antiche incrostazioni sociali, isolamenti ancestrali che generano solitudini umane e disperazioni? Questo è il punto.


Alla politica spetta la responsabilità delle risposte economiche, sociali, culturali. Prima, però, è urgente rimettere in piedi le migliori risorse umane del borgo disponibili all’impegno civile e sociale”. Il sindaco non ha dubbi: “A questa sfida siamo chiamati a dare risposte forti. La stessa solidarietà che la Calabria esige dallo Stato per il suo credito nei confronti delle aree ricche di un Paese diviso tra aree ricche ed aree povere, Fabrizia - centro storicola chiediamo al presidente della Regione Agazio Loiero per un suo piccolo centro urbano di meno di 2000 persone”. Da qui la richiesta dell’istituzione di una task-force che si appassioni alle problematiche sociali di un paesino calabrese senza opportunità, e lo aiuti a misurarsi con i problemi, dotandolo degli strumenti indispensabili per organizzare delle risposte. “La Calabria – aggiunge Pitaro – regione prediletta del Governo di Romano Prodi, deve adottare il suo paese più arretrato”. Tra le potenzialità del borgo situato alla falde del monte Cucco: la sua vicinanza al mare e la nascita di iniziative per l’accoglienza, come il prestigioso agriturismo “I Basiliani” che ospita tedeschi, scozzesi, olandesi.


Non meno facile la situazione a Fabrizia, popolata da meno di 3000 anime, immersa nelle Serre vibonesi, a mille metri dal livello del mare. Fondata dal principe Fabrizio Carafa di Caulonia nel 1591, ancora oggi mantiene forti legami con la Locride. Anche qui, la gente vive in un completo isolamento per l’assenza di vie di comunicazione dignitose, le uniche strade sono infatti quelle realizzate dai Borboni. Un centro distrutto dall’alluvione del 1953 e da quella, ancora più devastante, del 1973, che portò via metà del paese, insieme alla sua gente: in quell’anno si registrò la più grossa ondata di emigrazione. Anche qui, come a Torre, di giovani se ne vedono pochi. Ed anche qui, si combatte quotidianamente il disagio di una terra ai confini del mondo.


“Qui la povertà che si taglia a fette – spiega il sindaco Giuseppe Mario Aloi, che il prossimo anno finirà il suo mandato – all’ordine del giorno della mia amministrazione c’è il problema del lavoro e della solitudine del paese. Un problema che abbiamo sollevato in tutti i modi, ma che non ha mai trovato risposte. L’unica iniziativa positiva è stata quella della sperimentazione del reddito minimo di inserimento che per due anni ha dato sollievo a 100 famiglie, che hanno potuto così soddisfare i bisogni primari. Sperimentazione che si è però conclusa nell’aprile scorso. Da qui l’appello affinché venga prorogata la sperimentazione del reddito minimo che non è una forma di assistenzialismo ma una risposta tampone all’emorragia che viviamo. L’unico intervento serio da parte dello Stato, che fino ad oggi non ha dato risposte in termini di occupazione e servizi. Ecco perché almeno qualche risposta la deve dare con l’assistenza”. L’Amministrazione comunale di Fabrizia ha prodotto una dettagliata relazione nella quale vengono sottolineati i risultati soddisfacenti non solo dal punto di vista economico e funzionale, ma anche dal punto di vista umano. Le persone che hanno usufruito del reddito sono state impiegate per lavori di sistemazione della rete idrica, pulizia del paese e per l’assistenza agli anziani. Risultati che hanno portato una maggiore stabilità e sicurezza a 100 famiglie.


Un passo in avanti, dal punto di vista economico, è stato compiuto anche grazie al Fondo globale occupazione che ha portato alla stabilizzazione di 110 lavoratori, che oggi hanno uno stipendio sicuro e lavorano nel campo forestale. Un piccolissimo segnale confermato anche da un particolare fenomeno che si è registrato negli ultimi tempi: il ritorno di molti emigrati, soprattutto dalla Germania, che sono rientrati e ora lavorano nei boschi. Sono nate alcune iniziative industriali, soprattutto nel settore del legno, con piccoli artigiani che si sono specializzati nella lavorazione del castagno, tipico di Fabrizia, e che realizzano pregiati infissi, famosi in tutto il territorio nazionale.


Basta spostarsi qualche manciata di chilometri e la situazione è sempre la stessa. Stesso scenario: Nardodipace, per anni paese più povero d’Italia. Qui le anime sono 1600, sparpagliate in cinque frazioni, una delle quali distante dal centro 37 chilometri. Da 8 anni il Comune è amministrato dal sindaco Antonio De Masi che sottolinea la differenza abissale in cui si trovava il paese negli anni ’70, nella miseria più totale, rispetto ad oggi. Anche se i miglioramenti infrastrutturali e dei servizi non bastano: c’è ancora tanto da fare per rimuovere il senso di fragilità e precarietà che affligge questa gente. “I comuni piccoli e interni si trovano tutti nelle stesse condizioni di povertà – afferma De Masi – il problema non è di un sindaco ma di tutti: servono interventi strutturali, e anche di cultura economica e sociale, altrimenti di sviluppo vero non ne avremo mai. È indispensabile che si attui un Piano regionale che operi nei diversi settori e che comprenda e diversifichi l’offerta per ogni territorio al fine di valorizzare ogni singolo paese. Dinami. PanoramaUna legge regionale per i piccoli comuni, per evitare che scompaiono del tutto: la Regione deve prevedere delle agevolazioni e favorire determinati interventi, soprattutto nelle zone montane e più interne. Uno dei problemi che affligge questi centri è quello dei servizi, sempre più ridimensionati, che spingono le persone ad andar via. Una forte emigrazione che ha portato via le energie positive, le forze migliori, quelle più intraprendenti. Il nostro problema è che manca la massa critica capace di creare sviluppo. Mancano le risorse umane”. Nardodipace, in questi ultimi anni, un timido passo in avanti lo ha fatto: i disoccupati sono diminuiti, anche grazie all’avvio di alcune iniziative imprenditoriali, anche se rimane alto il tasso di disoccupazione femminile. “Bisogna utilizzare tutte le energie – conclude il primo cittadino – per fare impresa ci vuole ingegno e soprattutto passione. Accanto a ciò, comunque, non può mancare l’appoggio dello Stato che deve sostenere le iniziative, perché da soli non ce la faremo mai”.


Altrettanto difficile la vita a Dinami, ultimo paese della provincia di Vibo, diviso dal territorio reggino da un fiumiciattolo. Meno di 4000 abitanti, Dinami è famoso per il santuario della Madonna della Catena. Qui la gente vive con pochi euro al mese, impegnata nel settore dell’agricoltura e nel terziario. Nonostante la povertà, dice il sindaco Gregorio Ciccone, da 20 anni alla guida del Comune, “Dinami non è un paese arretrato: è dotato di molte attrezzature, di tanti servizi, ed i cittadini sono ossequiosi”. Un paese che non si differenzia dal punto di vista economico da molti altri centri calabresi, ma che sopravvive e va avanti.


“A Dinami – sottolinea il primo cittadino – il livello di vita non è peggiore di molti altri paesi. Gode di un ottimo funzionamento del sistema infrastrutturale, abbiamo nuove strutture scolastiche, scuolabus moderni e di qualità, per non parlare poi delle strutture sportive all’avanguardia. C’è una buona assistenza agli anziani, che stiamo portando avanti attraverso due progetti denominati Fiori d’acciaio. Non registro – ha affermato – una situazione negativa. Per quanto riguarda la presenza dei giovani, anche qui scarseggiano, perché vogliono maggiori opportunità, sia dal punto di vista lavorativo che sociale, e noi non possiamo soddisfarle le loro richieste. Ma questo accade in tutti i piccoli paesi”.


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