18 marzo 2011    

Unità d’Italia valore assoluto e assolutamente irrinunciabile (di Agazio Loiero *)


Un ringraziamento al Presidente per questa occasione che ci ha dato di partecipare di fronte a tante autorità, agli ospiti, ai sindaci con la fascia, a questa importante iniziativa perché ritengo l’Unità degli italiani, così come sancita nell’art. 5 della Costituzione – “La Repubblica una e indivisibile” – rappresenti un valore assoluto per tutti gli italiani, dalla Valle d’Aosta a Lampedusa.

Ma per noi meridionali rappresenta qualcosa di più. Con i venti impetuosi che soffiano sull’Italia, quel valore diventa assoluto ed assolutamente irrinunciabile.

Non sfugge a nessuno che esistono forze politiche che stanno al governo del Paese che irridono ai nostri simboli identitari, alla bandiera, che snobbano le ricorrenze, che interpretano l’Unità del Paese come un disvalore.

Sarebbe quindi un disvalore quell’ideale visionario che da Dante in poi (ed anche prima) ha accomunato, lungo l’arco dei secoli, il sogno di scrittori, musicisti, poeti.

Sono di ieri le ultime prodezze antiunitarie consumate in Lombardia e in Veneto. Non le enumero perché come italiano provo vergogna.

Si tratta delle stesse forze politiche che spingono per ricacciarci fuori dal perimetro italiano verso il Nord Africa.

Quelle stesse forze che in passato hanno usato la minaccia della secessione per ottenere sempre più risorse e che oggi, che sono al governo, la usano ancora in una forma apparentemente mite, che porta il nome di federalismo fiscale.

Uno strumento legislativo che, una volta approvato in Parlamento, apparirà come provvedimento ineccepibile sul piano istituzionale, ma dagli effetti devastanti sui territori deboli.

Mi domando come siamo potuti arrivare a questo punto.

Ci siamo arrivati inculcando, quasi scientificamente, specie durante gli ultimi venti anni, nel Paese una cultura demonizzante nei confronti del Sud. Come se tutto il male del mondo trovasse solo in questo territorio terreno fertile per germogliare.

Una cultura che, complice questa stagione non più ideologica, cosi carica di egoismi individuali, fa ogni giorno nuovi proseliti, anche in aree insospettibili. Una cultura però che ha bisogno, per potersi compiutamente realizzare, di un’operazione preliminare. Ha bisogno della cancellazione radicale della memoria collettiva del paese. Ha bisogno di sciogliere, cioè, ogni residuo vincolo col nostro passato di italiani. Con la nostra storia. Sono queste le forze politiche che oggi tengono il campo, che dettano l’agenda del governo, si dicono portatrici di presunte novità, e che basano il proprio successo sulla pubblicità e la televisione.

Sono questi i nuovi mostri di una immaginaria modernità.

Intendiamoci.

Non voglio affermare che esiste oggi nel nostro Paese un Nord prevaricatore ed un Sud innocente.

Sono convinto che il Sud, una parte della sua classe dirigente, per quello che sono diventati negli ultimi decenni, appaiono indifendibili.

Criminalità, degrado ambientale, malaffare dominano spesso la scena meridionale.

Ma uno Stato attento, che conservasse nel suo codice genetico, come in uno scrigno, il costo  e il valore dell’Unità, si batterebbe per farsi carico dei problemi aiutando i territori in difficoltà, a sollevarsi dallo stato di prostrazione in cui versano le famiglie, i giovani, gli anziani.

Concludo, Presidente. Per ricordare che cosa ha rappresentato l’unità per tanti italiani del XIX secolo, riporto qui una notizia raccontata dal grande storico Lucio Villari, nostro corregionale di Bagnara Calabra, in un convegno sul federalismo fiscale, cui abbiamo insieme partecipato qualche anno fa proprio a Reggio Calabria. Villari ricordò che all’interno di una lettera indirizzata ad un suo congiunto da parte dello scrittore siciliano Giovanni Verga si leggeva questa frase: “Se fossi un giorno posto di fronte all’alternativa libertà o unità, non esiterei a scegliere l’unità e rinunciare alla libertà”.

Sono sicuro che nel sentire queste parole ognuno di voi, indipendentemente dall’appartenenza politica, avverte lo stesso brivido che ho avverto io nel sentirla.

Signor Presidente, so bene che questi sentimenti forti non si riscontrano più negli italiani di oggi.

So bene che quel desiderio di vivere insieme che Renan pone alla base della vita delle nazioni è evaporata e che esiste una parte del Paese che si chiude nel proprio egoismo.

Di fronte a questo rischio noi meridionali abbiamo una sola risorsa. Stringerci attorno alla nostra Costituzione. È quello il nostro usbergo, la nostra difesa.

* ex Presidente della Giunta regionale
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