23 febbraio 2011    

Primi significativi passi contro la 'ndrangheta (di Salvatore Magarò *)


“Quella di oggi è certamente da annoverare tra le sedute storiche del Consiglio Regionale, di quelle che da sole qualificano una intera legislatura e apportano valore aggiunto ai lavori della massima assise legislativa calabrese. E’ la prima volta che una intera seduta del Consiglio viene dedicata alle iniziative di contrasto alla ‘ndrangheta, ed è per me un vero onore essere chiamato ad illustrare il senso politico ed etico di questa giornata.
Su questi temi in passato il Consiglio è stato chiamato a confrontarsi, anche in momenti che hanno drammaticamente segnato la vita politica regionale, come all’indomani della tragica scomparsa del Vice-Presidente Franco  Fortugno, che ricordiamo con commozione in questa particolare occasione. Ma è certamente la prima volta in assoluto che si arriva alle procedure di approvazione di un pacchetto organico di norme, leggi regionali, disposizioni amministrative ed ordini del giorno, che sanno concretizzare in disposizioni cogenti, e non solo in intenzioni prive di spessore giuridico e normativo, gli orientamenti politici di contrasto alla ndrangheta. Iniziative che senza adeguati strumenti di intervento, sarebbero altrimenti destinate a rimanere mere dichiarazioni di intenti non suffragate da azioni concrete, e quindi del tutto demagogiche e teoriche.
Oggi dunque il Consiglio Regionale è chiamato ad esprimersi, in una sorta di seduta monotematica, che potrebbe costituire anticipo di una prassi da consolidare in seguito per i lavori consiliari, su ben cinque proposte di leggi regionali e su altri provvedimenti politici rappresentati da mozioni ed ordini del giorno, a partire dall’adozione del  Codice etico di autoregolamentazione che da tempo tutti auspicano ma che nessuno finora ha concretamente attivato.
A questa giornata siamo giunti interpretando la volontà unanime del Consiglio, oltre ogni divisione ideologica e di partito, attraverso un percorso sostenuto dal governatore Scopelliti e dal presidente Talarico che fin dal loro insediamento, con le loro dichiarazioni programmatiche, hanno espresso con chiarezza la volontà di affrontare con priorità ed urgenza i temi della lotta contro la ‘ndrangheta, testimoniando che l’impegno contro la ndrangheta in Calabria è un patrimonio costitutivo dell’istituto regionale. A questa volontà oggi daremo testa e gambe, lanciando un messaggio chiaro agli ambienti malavitosi rispetto all’intenzione di puntare con decisione ai gangli vitali di influenza della strategia della ‘ndrangheta.
Perché la ‘ndrangheta da noi c’è, è presente ed esercita un profondo condizionamento sociale fondato sia sulla forza delle armi, sia sul ruolo economico raggiunto soprattutto con il riciclaggio di denaro sporco ed il traffico della droga, attività queste che le hanno permesso di controllare ampi settori dell’economia.
Secondo autorevoli osservatori sarebbe ormai un potere criminale paragonabile al terrorismo. La ‘ndrangheta da noi c’è e condiziona anche la vita politica. Per questo siamo consapevoli che la sfida è gigantesca, perché la ‘ndrangheta ha più facce e conta su una fitta rete di relazioni sul territorio, nonché sulla presenza di pericolose zone grigie che agiscono indebolendo l’integrità dello Stato e favorendo i fenomeni corruttivi e degenerativi della pubblica amministrazione.
Ma siamo altrettanto consapevoli che, come diceva Falcone, si tratta di un fenomeno umano e che come tutti i fenomeni umani ha un principio, una sua evoluzione e avrà quindi anche una fine.
Siamo anche convinti che se insieme, la società civile calabrese – la quale ha già dato dimostrazioni di reattività anche importanti, com’è accaduto durante la grande manifestazione organizzata lo scorso anno a Reggio Calabria – e la parte innovativa della politica, sapranno fare il loro dovere senza cedere a polemiche e strumentalizzazioni, i poteri criminali potranno essere fermati.
In questa battaglia non mancano gli elementi positivi che è giusto e doveroso sottolineare: penso al lavoro dei magistrati, delle forze dell’ordine, ma anche a quello di associazioni, gruppi, segmenti della Chiesa, uomini e donne che si spendono tutti i giorni senza chiasso e senza rumore, per dare dignità e vita alle persone.
Dobbiamo considerare anche i recenti successi registrati nella lotta alla mafia da parte del governo centrale, i processi celebrati, le condanne inflitte, i gruppi criminali sgominati, i boss catturati in Italia e all’estero, i patrimoni sequestrati.
Accanto agli arresti, ai processi, alle confische di patrimoni, servono però altri strumenti di contrasto. Occorrono politiche sociali, del lavoro, dell’istruzione.
In questo ambito la nostra regione può svolgere un ruolo determinante. Ai primi posti dell’agenda politica devono trovare spazio adeguati interventi finalizzati a ridimensionare i fenomeni di disuguaglianza e marginalità delle classi sociali. Dobbiamo creare condizioni di emancipazione per i calabresi. Perché laddove sono più ampie le fasce del bisogno, la ‘ndrangheta prospera, corrompe, affascina, esercita un più incisivo potere di attrazione.
Mettono i brividi le parole intercettate qualche tempo fa, pronunciate da un capocosca, che parlava quasi con fastidio di eccessive richieste di affiliazione e della necessità di imporre il numero chiuso (manco fosse una università!). A questo fenomeno dobbiamo rispondere con una politica di investimenti e di sostegno al sistema economico e produttivo – così come sta facendo il governo Scopelliti - che spalanchi le porte a nuove e durature opportunità occupazionali. 
Anche la scuola deve mettere in campo strumenti di contrasto alla ‘ndrangheta attraverso la crescita culturale. La mafia teme più la scuola della giustizia, amava ripetere l’indimenticato giudice Caponnetto. L’istruzione in generale confisca terreno alla cultura mafiosa. L’argomento ‘ndrangheta poi potrebbe essere affrontato durante le ore di lezione. Bisogna parlare di storia della’ ndrangheta durante l’ora di storia, di ecomafie nell’ora di scienze e magari di droghe e di doping nell’ora di ginnastica. La scuola è uno dei territori privilegiati in cui attivare gli strumenti della prevenzione. Occorre allenare i ragazzi alla democrazia ed al rispetto delle regole (la ‘ndrangheta conta quando le regole non ci sono).
E’ chiaro che in questa battaglia vitale per la Calabria molto deve fare lo Stato. Deve colpire la ‘ndrangheta nei suoi interessi, sottraendole patrimonio e risorse. Deve unire ciò che la ‘ndrangheta divide, deve restituire fiducia attraverso i diritti, deve creare le condizioni per mostrare che sono diritti ciò che le mafie concedono come un favore.
Servono istituzioni che fanno il loro dovere, in cui si applicano buone pratiche di governo, azioni corrette e comportamenti esemplari, in cui la politica viene vissuta come servizio e non come vantaggio, in cui ci si basa sulle regole e non sul favore, sulla raccomandazione, sull’arbitrio. Perché attraverso ogni comportamento scorretto e con ogni particolarismo e favoritismo, con ogni privilegio, cresce quell’erba di cui poi si nutre e che fa prosperare la ‘ndrangheta.
Cari colleghi,
la seduta odierna del Consiglio qualifica questa prima parte della legislatura e dà il senso del rinnovato modo di concepire l’impegno politico ed istituzionale. Offre una risposta legislativa che ha anche un impatto sociale e culturale finalizzato a raggiungere i giovani attraverso il potenziamento della cultura della legalità.
A questa seduta del Consiglio, la Commissione Antimafia che presiedo (che appena approvata la modifica normativa si chiamerà “Commissione contro la ‘ndrangheta”) lavora da un pezzo, avvalendosi dell’apporto di idee e di contributi operativi del partenariato sociale e delle tante associazioni, cooperative e soggetti che da quando ci siamo insediati, assistono quasi quotidianamente la Commissione, con contributi di alto profilo e di grande utilità.
Abbiamo promosso un’ampia sinergia tra l’istituzione regione e questo microcosmo che coraggiosamente incarna l’antimafia sociale sul territorio, che deve essere apprezzato e valorizzato come uno dei più importanti modi per colpire al cuore la ‘ndrangheta e le sue strategie. Traiettoria analoga - molti lo ricorderanno – alle sinergie di recente attivazione con il Consiglio regionale della Lombardia.
Consentitemi anche di ringraziare per la professionalità e l’impegno profuso nel varo di questi provvedimenti il Direttore Generale della Giunta Regionale Francesco Zoccali, il Capo Gabinetto della Presidenza del Consiglio Pasquale Crupi, il dirigente della Commissione Modafferi ed i suoi collaboratori.
E se mi si consente di stressare il concetto, niente orticelli, miopie bandite, presidente della Giunta e presidente del Consiglio concordi, pronti a rimediare al tempo perduto, a imprimere una accelerazione. Ecco l’altra questione politica fondamentale: il tempo. Tempo economico, tempo etico. Qualche esempio velocissimo a mo’ di paradigma: i ritardi di pagamento non solo strangolano le imprese ma producono anche debito, alle imprese stesse e alle pubbliche amministrazioni.  Secondo le stime della Banca d’Italia, nel 2009 le PA hanno accumulato una massa di debiti per ritardati pagamenti di circa 40 miliardi di euro. Generano frustrazione i tempi di confisca, di ripristino e assegnazione dei beni, i tempi di erogazione del sostegno alle vittime della ndrangheta a volte generano disperazione. Sempre e comunque una lotta contro il tempo.
In questa sede esamineremo diverse leggi, proposte e provvedimenti che porranno un argine alla capacità indiscussa della criminalità di penetrare nei settori economici e produttivi con grande nocumento per l’economia sana e per le potenzialità di sviluppo della regione.
Le proposte di legge oggi sottoposte all’attenzione di noi tutti, rappresentano dunque i primi passi di un percorso contro l’illegalità che intendiamo portare avanti nel corso della consiliatura. Sostanziano le linee programmatiche redatte dalla commissione e da me già precedentemente espresse e vanno a intervenire direttamente o indirettamente sul contrasto del fenomeno ndranghetistico. 
“Indirettamente” tra molte virgolette, se pensiamo a quanto possano risultare dirette e efficaci le iniziative tese a aumentare la trasparenza degli atti amministrativi, il tentativo di correggere i ritardi dei pagamenti alle imprese che lavorano con la Pubblica Amministrazione. Ritardi che nella maggioranza dei casi mettono le imprese a rischio di usura e d’infiltrazioni.
Mi permetto di sottolineare – anticipandone il senso – che il più delle volte si tratta di iniziative molto semplici ma particolarmente innovative, di facile attuazione e senza oneri per l’amministrazione regionale. E’ il caso ad esempio dell’obbligo di apertura per le imprese di un conto bancario dedicato ai lavori finanziati dall’ente regionale.
Si tratta dunque di un insieme di proposte di legge, mozioni e ordini del giorno, tutti inanellati, integrati e integrabili, a prescindere da logiche di schieramento, come già positivamente si è verificato nei lavori della commissione.
I passaggi fondamentali della strategia politica e legislativa che abbiamo messo in campo riguardano il sostegno alle imprese vittime dei reati di ‘ndrangheta fortemente voluto dal Governatore Scopelliti. L’obiettivo è premiare le imprese virtuose che non scendono a patti con la criminalità organizzata e che per questo devono godere di un concreto sostegno istituzionale.
Per dirla con Giuseppe Pignatone, gli imprenditori devono trovare antieconomico stringere alleanze con la ‘ndrangheta e, di conseguenza, essere premiati per la loro fedeltà allo Stato. In questa ottica un ruolo centrale potrà svolgere anche la Stazione Unica Appaltante che certamente sarà potenziata per meglio assolvere ai propri delicati compiti.
Un’altra iniziativa è dedicata alle misure per garantire la legalità e la trasparenza dei finanziamenti erogati dalla Regione Calabria. Si tratta di un provvedimento semplicissimo: per gli importi superiori ai diecimila euro, tutti i beneficiari (pubblici o privati) devono utilizzare un conto corrente unico, dedicato all’accredito e all’utilizzo dei fondi. L’obiettivo evidente è la trasparenza delle operazioni e la tracciabilità dei flussi finanziari. S’intenderà come si tratti di un provvedimento che fa il paio con l’istituzione della Stazione Unica Appaltante: un solo soggetto appaltante, un solo conto bancario.
Ancora, verranno introdotte misure in favore di testimoni di giustizia, collaboratori di giustizia, delle vittime della criminalità organizzata e delle loro famiglie, attraverso l’attribuzione di riserve o di punteggi di premialità e di preferenzialità nei concorsi pubblici e nelle procedure selettive di personale comunque attivate dalla Regione e dagli Enti sub-regionali.
Discuteremo sulla modifica del nome,  da “commissione consiliare contro il fenomeno della mafia” in un più asciutto e preciso “contro la ‘ndrangheta”. Non appaia questione di secondaria importanza o puramente nominalistica. Occorre dare un buon esempio e cominciare a dare alle cose il loro nome. La ‘ndrangheta è l’organizzazione criminale più potente e ramificata, non è la mafia o la camorra. ‘Ndrangheta, mandamento, ‘ndrine, famiglie: dobbiamo imparare a nominarle senza esitazioni. Di passaggio annoto che, oltre che nei testi giornalistici e sociologici, “ndrangheta” è termine che si affaccia anche in un contesto squisitamente giuridico, vale a dire nell’articolo 416 bis del codice penale.
Più soldi ai comuni ed alle associazioni da investire sui beni confiscati e a loro assegnati, per farli fruttare. E’ quanto prevede la proposta di istituire un’Agenzia regionale dei beni confiscati. La confisca dei beni alle organizzazioni criminali e la restituzione di tali beni alla collettività sono tra gli strumenti di contrasto alla ‘ndrangheta più efficaci. Rappresentano un’arma formidabile per minare le basi del potere mafioso e colpire quel capitale economico costruito sul sangue, sulla violenza, sullo sfruttamento e sulla corruzione. Il riuso sociale dei beni confiscati disturba notevolmente i mafiosi  perché li tocca nel portafoglio, e perché il fatto che vengano scacciati da luoghi in cui un tempo esercitavano la propria egemonia, arreca un danno alla loro immagine di potere e di prevaricazione. Non mancano, purtroppo, gli elementi di preoccupazione, perché è ancora minima la percentuale dei beni recuperati rispetto a quelli che, per motivi diversi, rimangono inutilizzati. L’istituzione di un’agenzia nazionale ad hoc ha impresso una accelerazione al processo di sburocratizzazione delle pratiche di affidamento dei beni alle associazioni. Attraverso questa legge la Calabria si doterà, senza costi aggiuntivi, di una struttura regionale simile, dotata di personale e mezzi adeguati alla complessità delle procedure. La missione di questo organismo sarà quindi quella di sottrarre alla ‘ndrangheta le ricchezze accumulate illegalmente e trasformarle in altrettanti segni concreti di ripristino della legalità, di giustizia sociale e di lavoro pulito, nella convinzione che sia un dovere restituire in tempi brevi alla collettività, alla gente quello che è stato tolto con il sopruso, la morte, l’arroganza, tanto  più se terreni e immobili possono essere utili ai giovani ed alla loro crescita nel segno della legalità.
Anche gli atti simbolici sono necessari per riaffermare la presenza dello Stato sul territorio, per lanciare un segnale forte alla società e ribadire da quale parte stanno le istituzioni: dalla parte dei calabresi onesti e laboriosi, di coloro che rispettano le regole e che non vengono mai meno alla propria dignità e alla propria integrità.
Vanno in questa direzione l’iniziativa di costituirsi sempre e comunque parte civile nei processi ovunque incardinati, perpetrati a danno dei cittadini, delle istituzioni pubbliche, dei loro rappresentanti o qualunque altro soggetto pubblico o privato vessato o colpito da condotte delittuose riconducibili al cosiddetto “metodo ndranghetista” e di adottare un codice di autoregolamentazione sulla trasparenza dei candidati alle elezioni, degli eletti ed amministratori pubblici per contrastare ogni forma di collusione con la ‘ndrangheta. Su questo punto vorrei sottolineare che fin dal mio primo insediamento in Consiglio Regionale, nel maggio 2005, ho avviato una battaglia per l’introduzione di un codice etico che disciplinasse i requisiti degli aspiranti alle cariche elettive, poiché ritengo sia fondamentale che nelle liste non figurino persone che intrattengano significativi rapporti con l’area mafiosa o condannate per aver commesso quei reati tipici dell’area mafiosa.
Non ho dubbi che con l’impegno dei partiti e della classe dirigente è possibile contrastare l’infiltrazione della criminalità nelle istituzioni, attraverso un’attenta selezione dei candidati, sulla cui trasparenza e moralità pubblica non deve aleggiare alcuna ombra. In tal modo daremo un importante esempio di quel comportamento virtuoso che in politica è necessario per sbarrare la strada alle cosche nell’accesso alla pubblica amministrazione.
Tra le iniziative simboliche vi è anche quella di dotare i comuni calabresi di una targa, da affiggere sui portoni di ingresso di ogni sede municipale, recante la dicitura: “Qui la ‘ndrangheta non entra”. Un enunciato che dovrebbe essere indicativo (il modo dell'azione reale) ma che è ancora oggi ottativo, il modo del desiderio. Un'asserzione che dovrebbe rappresentare un presupposto scontato o una constatazione, ma che purtroppo nasconde un congiuntivo esortativo o forse un precativo, il modo della preghiera. “Qui la ‘ndrangheta non entra”: un enunciato che ha già scatenato – nel solo dare l’annuncio dell’iniziativa – una bella dialettica, composta da tantissime e-mail e molte reazioni sulla stampa.
Da sottolineare anche la mozione sul consumo critico contro il pizzo, attraverso la quale il Consiglio regionale intende privilegiare i punti vendita che non sono collusi con la ‘ndrangheta e non cedono alle richieste estorsive. Un ruolo importante in questo progetto però spetterà anche ai cittadini a cui ci appelleremo affinché sostengano la rete di negozi che esibiscono il bollino antiracket.
Inoltre proponiamo di dare spazio alla rete di cooperative, associazioni culturali e di volontariato che lavorano al riutilizzo per finalità sociali dei beni confiscati alla ‘ndrangheta, promuovendo anche interessanti modelli alternativi di sviluppo sociale ed economico nella legalità. Con questi soggetti ci avviamo a perfezionare un percorso che porterà alla commercializzazione dei loro prodotti attraverso una Bottega della legalità che sarà ospitata a Palazzo Campanella, così che la sede del Consiglio Regionale sarà anche un luogo simbolicamente destinato al contrasto delle attività illecite e dove troveranno spazio le sane iniziative condotte in quei luoghi un tempo simbolo del potere e del dominio esercitato dalle ‘ndrine, trasformati in una opportunità di crescita economica e sociale. La presenza di una Bottega della legalità nella stessa sede che ospita il Consiglio Regionale inoltre, non potrà che restituire la giusta dignità alla massima istituzione calabrese.
Attraverso questo elementi visibili e tangibili, vogliamo trasmettere ai calabresi l’impegno della classe politica e dirigente calabrese nelle attività di contrasto alla criminalità organizzata, nella consapevolezza che tutti indistintamente devono fare la propria parte affinché la sconfitta della criminalità organizzata, da concetto utopistico diventi una realtà.
Nel complesso credo fermamente che questo sia un buon dispositivo, che alterna azioni di informazione e sensibilizzazione, sostegno, incentivi e premialità, deterrenti e azioni di contrasto.
In ogni caso, si tratta insomma non di un punto di arrivo ma di un punto di partenza.


* Presidente della Commissione contro la 'ndrangheta
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