10 febbraio 2011    

La Calabria ha bisogno di sguardi non superficiali (di Gianpaolo Chiappetta *)


"Il consigliere regionale del Pdl Gianpaolo Chiappetta La Calabria sembra essere stata creata da un Dio capriccioso che, dopo aver creato diversi mondi, si è divertito a mescolarli insieme”; mi è venuta in mente questa frase di Guido Piovene nel suo impareggiabile “Viaggio in Italia” leggendo le amare considerazioni di alcuni valenti direttori di testate giornalistiche. Mi sono tornate in mente le parole di Piovene perché possono essere usate come paradigma moderno - e più ampio rispetto alla loro originaria ed autentica formulazione – per indicare non solo il fascino di un territorio ma la sua complessità storica, sociale, antropologica ed economica.
Oggi come allora - ed anche ben prima (penso ai viaggiatori del Grand Tour) -  questo lembo di terra che chiude lo stivale necessita di occhi attenti a coglierne la realtà, di uno sguardo che non vede superficialmente ma osserva e scruta con la volontà prima di comprendere e poi di spiegare.
Non c’è dubbio che la Calabria si trovi oggi in una condizione di oggettiva marginalità, molti sono gli elementi che confortano questa affermazione e la lettura che della regione viene data contribuisce ad aumentarla; siamo in fondo alle classifiche ma primi della classe per tutto ciò che mediaticamente sollecita un’attenzione negativa. I fatti – qui da noi – non vengono presi in esame per ciò che concretamente sono e rappresentano ma solo ed unicamente per come essi contribuiscono a spiegare l’assioma secondo il quale entrando in Calabria si raggiunge il luogo delle ‘ndrine, della complicità mafiosa, del malaffare.
E’ una brutale sintesi ma spiega esattamente ciò che accade ogni giorno nella visione che della Calabria si ha a livello nazionale e ciò che della regione si sceglie di raccontare; hanno ragione taluni Direttori delle testate giornalistiche regionali nell’indicare questo atteggiamento come una scelta che caratterizza e rende uniforme il sistema dei grandi mezzi di comunicazione di massa; la marginalità non prevede
eccezioni, una storia di cronaca è tale in tutto il resto d’Italia, una storia di cronaca non è tale in Calabria se non è ammantata dal fascino criminale della ‘ndrangheta.
Ma c’è di più: spesso infatti anche nei racconti di cronaca che svelano i dettagli di fatti tragici non manca mai l’indicazione negativa delle origini territoriali dei presunti autori, ascoltiamo – all’indirizzo di chi ha commesso il reato  o ne è indiziato – e con l’evidente ed associata negatività “un albanese, un rumeno, un marocchino, un calabrese”.
Condivido in pieno – dunque – le premesse, lo spirito e gli obiettivi che da qualche tempo stanno emergendo dalle considerazioni che vengono espresse soprattutto quando indicano – per esempio – la civile reazione dei lametini alla tragedia dei ciclisti; è un fatto culturale, civile, sociale che è passato completamente sotto silenzio; la sfida dunque è presto indicata.
Oggi abbiamo la necessità di alimentare e sostenere un dibattito che abbia molteplici significati, dobbiamo ragionare su come e cosa fare per restituire alla regione un’immagine che allontani o riduca stereotipi - datati ma duri a morire -  ma anche confrontarci su quali siano i percorsi e le scelte per ridurre o eliminare tutti  quei fattori che – qui da noi – contribuiscono ad alimentare – altrove – una visione distorta e conveniente.
E’ un dibattito che riguarda tutti coloro i quali possono essere definiti come appartenenti ad una classe dirigente, quella che ha l’onere di guidare – nella diversità di ruoli e funzioni – un territorio verso il suo progresso civile, economico, sociale: ma è anche un dibattito che impone – a causa della sua urgenza – regole precise e metodi chiari che nulla hanno a che fare con il costante esercizio polemico di chi dalla Calabria costruisce le proprie fortune attraverso il discredito della sua regione, dei suoi cittadini, dei suoi protagonisti.
Alla Regione Calabria – comunque la si pensi – c’è di fatto un nuovo corso amministrativo impersonato da un giovane Presidente al quale manifestiamo quotidianamente una vicinanza non di semplice appartenenza, ma di comune destino; ed è il destino che non riguarda questo o quel politico, questa o quella formula di governo ma la Calabria intera chiamata a destarsi da quel torpore e da quell’arrendevolezza che hanno rappresentato il presupposto logico di ogni giudizio negativo.
Ritengo che alcune delle considerazioni, riportate e lette in questi giorni sui giornali, vadano esattamente in questa direzione, esse sono una frustata non tanto e non solo ai sistemi di comunicazione nazionale ma anche e soprattutto a chi – calabrese per nascita e per scelta – ha il dovere e l’obbligo di fare qualcosa.
E, a tal riguardo, non giova a nessuno infatti – nella logica di quanto affermato in precedenza – l’atteggiamento di chi – per forza – tende a descrivere in ogni “cosa calabrese” qualcosa di torbido, di sbagliato, di inenarrabile; il tema è quello che molti anni fa Sciascia individuò per la Sicilia, quello dei professionisti dell’antimafia.
In Calabria ce ne sono, professionisti dell’antimafia o più opportunamente soldati dell’antindrangheta che però non marciano a favore della Calabria ma – passatemi l’espressione – “ci marciano”; abbiamo necessità di un salto culturale, di una prospettiva che ci accomuni nell’interesse del sistema Calabria che ha – dentro di se ed in numero straordinariamente ampio  – elementi positivi di riscatto e progresso.
Concludo dicendo a quanti, soprattutto negli ultimi tempi, si ritengono autentici ed esclusivi interpreti della Calabria onesta che sono in molti – anche in politica – ad essere non dico di più ma almeno onesti quanto loro; ed è paradossale che a levare un grido di orgoglio – sulla marginalizzazione e sull’oscuramento mediatico della Calabria – siano professionisti  e intellettuali “non calabresi”.
“L'anticalabresismo è una forma particolarmente grave ed esagerata di antimeridionalismo….. Per loro la mafia è una questione da lasciare solo ai poliziotti, non c'è bisogno di sociologia o di psicologia, roba che con la Calabria, pensano è troppo di lusso”, considerazioni queste espresse nei giorni scorsi da un autorevole Direttore di testata indicano, purtroppo, una amara verità che non può non farmi ritornare alla premessa: abbiamo bisogno non di sguardi superficiali ma di osservazioni animate dalla volontà prima di comprendere e poi di spiegare.


* consigliere regionale del Pdl
 segnala pagina ad un amico
 CHIUDI