8 novembre 2005    

Caro Franco, io, tuo amico, ti saluto così (di Giuseppe Bova*)


E’ l’intervento che il Presidente del Consiglio regionale ha svolto durante la messa funebre del vicepresidente del Consiglio regionale Franco Fortugno il  19 ottobre nel Duomo di Locri


Eccoti qui, Franco. Senza vita.GIUSEPPE BOVA

Negato ormai per sempre ai nostri occhi, a quelli di Maria Grazia, tua moglie, di Giuseppe ed Anna, i tuoi figli, di Fabio, di Mario, tuo suocero, dei tuoi fratelli, dei tuoi parenti, dei tuoi amici.

Sei qui senza vita perché ti hanno assassinato; la tua mitezza, la tua integrità, la politica come missione per dare opportunità alla nostra terra, ai nostri giovani, sono diventati, per taluni, colpe imperdonabili.

Un killer mascherato ti ha tolto la vita domenica scorsa, di prima sera, a pochi passi da qui, a Palazzo Nieddu, dove in tanti pacificamente andavano a votare nel seggio elettorale delle “Primarie” dell’Unione.

Era, ricordiamolo, il 16 ottobre del 2005: qui a Locri, in Calabria. Quei cinque lampi che ti hanno distrutto la vita segnano l’inizio di un terribile evento.

Evento sconvolgente, ma nessuno dica, oggi, che era inimmaginabile.

Dal 2002 ad ora, in Calabria, trecento attentati; uno ogni tre giorni, senza pause né esitazioni, ad amministratori, a sindaci, ad eletti dal popolo. Ancor più da qualche tempo a questa parte; negli ultimi mesi, se guardiamo solo ai consiglieri regionali, minacce ed intimidazioni a Doris Lo Moro, ad Occhiuto, più volte al Presidente Loiero, poi ad Aiello, ad Acri, ora Franco.

Però a Fortugno, al Vicepresidente del Consiglio Regionale, niente avvertimento. L’avvertimento diventa lui stesso; le ‘ndrine, la ‘ndrangheta manda a dire che può colpire chiunque e in qualsiasi momento. Che chiunque osi decidere contro o senza di lei non lo può fare. Ne va della vita.

Uomini delle istituzioni, autorità dello Stato italiano che siete qui, questo è il macigno che ci è stato, che vi è stato scagliato addosso.

Dentro quella bara ci sono le spoglie di un uomo giusto, che è stato la vittima innocente, l’agnello sacrificale di una sfida infernale, senza precedenti, alla convivenza civile, alle prerogative democratiche, allo stato di diritto e all’unità della Nazione.

La ‘ndrangheta ha questo ardire, è dentro un parossistico delirio di onnipotenza e ci sfida e vi sfida qui e a questo livello.

E’ già diventata una sfida mortale, per questo, malgrado fossimo annichiliti dal dolore, abbiamo immediatamente convocato il Consiglio Regionale con gli stati generali della democrazia calabrese. Per questo abbiamo voluto che Franco fosse con noi nell’aula dell’Assemblea. Per questo l’appello urgente all’autorità suprema dell’unità dello Stato, al Presidente Ciampi, che con estrema sensibilità e lucidità, in un battibaleno, è accorso. Grazie, Presidente. Grazie davvero.

La Calabria è Italia; i figli di Franco, i nostri figli, noi vogliamo che crescano con gli stessi diritti, le stesse opportunità, le stesse libertà che hanno gli altri giovani italiani. Noi vogliamo che il futuro, il sogno europeo di un mondo migliore, appartenga anche a loro.

Caro Franco, io, tuo amico, ti saluto così.

Non posso più farlo come sabato scorso. Là, nella nostra stanza di lavoro, a Reggio, nella casa del Consiglio. Io e gli altri consiglieri abbiamo deciso di chiamare col tuo nome l’aula dell’Assemblea. Entro dicembre voteremo nello Statuto che la Calabria ripudia la mafia. Non dimenticheremo, non possiamo dimenticare.

I tempi urgono e richiedono un vero e proprio risorgimento delle nostre comunità contro un nemico mortale, insidioso perché parla la nostra lingua, perché abita nei nostri paesi, perché all’apparenza sembra uno di noi, ed è capace così di mimetizzarsi e di nascondersi.

Sai, Franco, le strade di Locri in questi giorni, stamattina quelle di Reggio, erano piene di giovani che gridavano il tuo nome e ti onoravano.

Io, noi, chiameremo quei giovani in Consiglio Regionale, faremo, avvieremo un forum con un unico obiettivo: dare scacco e ostracismo perpetuo alla ‘ndrangheta.

Sai, Franco, Maria Grazia, tua moglie, teme che fra una settimana, scemata l’emozione, tutto si chiuda.

Io ti giuro qui, di fronte a lei, ai tuoi figli, ai tuoi fratelli, ai tuoi parenti, ai tuoi amici, al cospetto dell’opinione pubblica del Paese, che noi faremo di tutto, proprio di tutto, perché non sia così.

Noi ribatteremo colpo su colpo. Ne faremo la ragione prima del nostro agire. Da qui chiediamo all’Italia intera di non essere lasciati soli.

 

* Presidente Consiglio regionale Calabria
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