6 dicembre 2010    

La prima volta nella storia delle due Regioni (di Romano Pitaro )


Milano, Lombardia, ricca locomotrice del Paese. 2 dicembre 2010, ore 10.30. La puntualità è la cifra di un’Istituzione democratica che funziona. Ci sono tutti, e c’è ressa di giornalisti ed operatori televisivi. Forse in Calabria l’evento non ha destato grande  scalpore ma a Milano si. Anche troppo forse.
E’ la prima volta nella storia delle due Regioni che si realizza un incontro ufficiale e solenne che ha come oggetto la ‘ndrangheta. 
Nessuno dice più che la ‘ndrangheta  è una bolla di sapone. O che sia  un affaire dei calabresi. C’è, lo sanno tutti. Ci riguarda e riguarda tutti.  Adesso si vuol capire cosa/come  fare per arginarla. Si gettano le basi per una collaborazione istituzionale  che ha tutta l’aria di risultare proficua e concludente, ma questo si vedrà da qui  a breve.
Alle 10 e 35, il Presidente del Consiglio regionale lombardo, il leghista Davide Boni (tra l’altro coordinatore dei Presidenti dei Consigli regionali d’Italia) dà inizio ai lavori. Per far capire  che non si è trattato di retorica a buon mercato, ecco l’opinione del vicepresidente del Consiglio, Filippo Penati (Pd) espressa subito dopo l’incontro: “Si sta sviluppando tra la Calabria e la Lombardia un gemellaggio non simbolico, ma fatto di lavoro concreto”.
L’inserto del Corriere della Sera (“Sette”) fa bella mostra di sé su sedie e tavoli. Proprio il 2 dicembre, infatti,   esce con un titolo dirompente: “'VI RACCONTO LA ‘NDRNAGHETA DEL NORD”. Trent’anni di criminalità, tra Calabria e Lombardia, rivelati dal pentito Giuseppe Di Bella nel nuovo libro-choc di Nuzzi e Antonelli (‘Metastasi’). Droga, racket, rapporti con la politica. Sette anticipa le pagine più dure
Quando finisce di parlare il presidente Boni, l’aula della Commissione ‘Affari istituzionali’ della Regione Lombardia è gremita. E’ la volta del presidente della Commissione antimafia della Calabria Salvatore Magarò. Parla a braccio, ma non perde mai il filo. A voce bassa quasi, ma sicura. Una mezz’ora di intervento seguito con estrema attenzione.
Racconta cos’è stata e cos’è la ‘ndrangheta nella terra dov’è nata, e snocciola  tutto ciò che la Commissione antimafia della Calabria sta facendo. A volte con notevoli difficoltà e sempre facendo i conti con la scarsità di risorse. La collaborazione proficua  con gli altri poteri dello Stato, e poi  il punto forte: l’imminente istituzione dell’Agenzia regionale per la confisca del patrimonio dei mafiosi in sintonia con gli auspici dell’Agenzia nazionale che ha sede a Reggio Calabria.
Subito dopo tocca al presidente della Commissione lombarda, Sante Zuffada: segnala  quant’è divenuta pericolosa  la ‘ndrangheta in Lombardia   e quali danni produce nella regione dove si è sviluppata e radicata.
Si apre un dibattito a più voci che, dicono i giornalisti dell’Ufficio Stampa del Consiglio lombardo, non s’era mai sentito. Due pregiudizi sono stati gettati alle ortiche, il primo: non è vero che la ‘ndrangheta cresce e ingrassa nelle terre socialmente afflitte ed economicamente depresse; il secondo: la ‘ndrangheta e le mafie non sono un problema del Sud ma dell’Italia nella sua interezza.
E scusate se è poco. Se è poco che un giornale come la Padania (la voce del Nord) il giorno dopo (3 dicembre) ospiti un lungo articolo con questo titolo: "LOMARDIA E CALABRIA PER COMBATTERE LA 'NDRANGHETA". Se è poco, in tempi cosi convulsi,  l’impegno di un’alleanza strategica contro la criminalità organizzata, assunto da due Istituzioni cosi dissimili per ‘pil’, storia e prospettive, ma oggi  accomunate dagli effetti drammatici della ‘Malapianta’.  Se è poco il coordinamento dei Dipartimenti delle due Commissioni contro la mafia. Certo, è poco rispetto all’obiettivo di affrancare il Paese dalle mafie.
Ma da quel poco, se nessuno scantonerà dagli impegni assunti; da quel poco che è stato concordato l’altro giorno nel Nord opulento, può nascere altro. Dipenderà dalla coerenza di ciascuno dei soggetti istituzionali coinvolti. Le basi su cui lavorare sembrano solide. E forse la situazione, giunta a un punto di estrema gravità,  obbligherà le due Regioni a non deflettere. In questo senso, la società  civile ha un ruolo importante, vigilare, partecipare, stimolare. Chiedere, sempre più, che i Palazzi di pasoliniana memoria diventino, come sostiene il presidente del Consiglio regionale della Calabria Francesco Talarico, la Casa dei cittadini onesti. 

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