24 settembre 2010    

Il documento dell'Udc consegnato al ministro Maroni


Da alcuni mesi in Calabria si registra una preoccupante e minacciosa escalation della criminalità organizzata nei confronti della società civile: magistrati, esponenti delle istituzioni, imprenditori e giornalisti.

La ‘ndrangheta, con tali azioni, sembra volere riaffermare il proprio radicamento e il predominio sullo Stato quale elemento imprescindibile della propria strategia di espansione nazionale ed internazionale.  E’ dunque sul territorio calabrese che lo Stato, per essere efficace, deve concentrare il massimo sforzo unitario attraverso un Piano Straordinario contro la criminalità e per la legalità, che coinvolga tutte le istituzioni e le organizzazioni sociali.

Va dato atto ai magistrati ed alle forze dell'ordine operanti in Calabria, e dunque al Governo, di aver conseguito negli ultimi mesi importanti successi sul piano della repressione e della confisca dei beni mafiosi. Ma non è sufficiente, occorre fare di più, soprattutto per dimostrare che lo Stato c'è ed è determinato come mai prima in Calabria.

La 'ndrangheta è tanto più resistente e radicata, quanto minore è la fiducia dei cittadini nello Stato. Infatti, il lavoro encomiabile degli inquirenti e delle forze dell'ordine in Calabria è spesso vanificato dalla scarsa collaborazione della società locale, che ha paura di denunciare i mafiosi perché ritiene i mafiosi più forti e più presenti dello Stato.

Il problema della criminalità organizzata in Calabria è una questione nazionale, per il potere pervasivo che la 'ndrangheta sta dimostrando anche in altre regioni del Nord, che forse oggi rappresentano il suo vero terreno di conquista economica, e perché con la sua enorme capacità finanziaria derivante dai traffici illeciti rappresenta un ostacolo insormontabile allo sviluppo di una parte del Paese.

Occorre avere consapevolezza che è in atto una sfida di eccezionale gravità: la ‘ndrangheta, all’elevarsi del livello di contrasto delle forze dell’ordine e della Magistratura che ne colpiscono le enormi ricchezze accumulate e gli affari che si svolgono nelle aree più sviluppate del Paese, deve riaffermare la propria soffocante presenza e il predominio territoriale.

Così, la magistratura calabrese pare oggi al centro di un attacco del tutto inedito nelle forme, nell'intensità e nell'estensione territoriale. In pochi mesi, dall'inizio dell'anno, sono stati oggetto di minacce o veri e propri attentati: la sede della Procura Generale di Reggio Calabria e le persone fisiche del Procuratore Generale e di un suo Sostituto; il Procuratore di Reggio Calabria ed alcuni dei suoi Sostituti; i Procuratori di Palmi, Lametia Terme e Vibo Valentia; un magistrato della Procura di Crotone.

Senza contare la sfida lanciata dalla 'ndrangheta allo Stato in occasione della visita a Reggio Calabria del Presidente della Repubblica Napolitano, nel gennaio scorso (quando fu rinvenuta, non lontano dal percorso del corteo presidenziale, un auto con armi ed esplosivi).

A questa devastante strategia si contrappone, purtroppo, un'azione di contrasto non sempre e non adeguatamente efficace: magistratura e forze dell'ordine patiscono patologiche carenze di organico e di strumenti operativi; l'apparato burocratico si rivela inefficiente e diseconomico.

In Calabria occorre una immediata strategia corale dello Stato contro l’antistato che,  talvolta, si annida negli apparati pubblici e nella politica, in mancanza peraltro di una credibile e sana reazione civile.

Clamorosi esempi di questa incredibile realtà sono sotto gli occhi di tutti: dall’indecente vicenda del cemento depotenziato nelle opere pubbliche gestite anche da primarie aziende Statali, alla devastante questione della Sanità Calabrese. Nel primo caso si è addirittura assistito, davanti alla commissione parlamentare antimafia, alla negazione dell’esistenza stessa del problema da parte dei massimi vertici delle aziende. Nel secondo, invece, il Ministro dell’economia si è visto costretto a dichiarare pubblicamente che la contabilità della Sanità in Calabria è tenuta in “forma Omerica”.

Pare assurdo ritenere che nessuna Pubblica Istituzione si sia accorta che, per due lustri consecutivi, la contabilità del 70% delle risorse di una Regione sia stata tenuta in forma orale secondo l’aulica definizione del Ministro Tremonti.

Il mio partito è deciso a sollevare la questione ineludibile ed urgente di un deciso, forte e visibile intervento che riaffermi in  Calabria il diritto alla sicurezza, allo sviluppo ordinato, alla trasparenza dell’azione pubblica. Abbiamo piena consapevolezza della complessità dell’azione da intraprendere. In questa sfida ciascuno deve metterci del suo: per parte nostra, siamo decisi ad impegnare su questa partita tutte le nostre forze nazionali e locali, chiedendo al Governo di fare la propria parte.

E’ del tutto evidente, infatti, che l’azione della magistratura e delle forze dell’ordine non è in grado, da sola, di creare solide basi su cui costruire il riscatto che i cittadini calabresi attendono da decenni e cui lo Stato non può permettersi di rinunciare, dichiarando la propria sconfitta.

Serve invece costruire un progetto di ampio respiro, serio e condiviso che sotto la guida dei migliori uomini dello Stato, ricerchi il sostegno dei cittadini, delle grandi organizzazioni sindacali e del tessuto imprenditoriale, e sia in grado di riunire gli sforzi collettivi in un'unica direzione di contrasto a 360° della criminalità organizzata.

Se lo Stato dimostrerà così di volersi riappropriare della Calabria non tollerando zone d’ombra, distinguo e interessi di parte, la società civile calabrese farà la propria parte in termini di sostegno e di consenso.

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