6 agosto 2010    

“Recuperare la politica come servizio per la collettività”. A colloquio con il capogruppo Pd Principe (di Cristina Cortese)


Dai bisogni per la nostra regione alle aspettative di un futuro migliore; dal compito personale di regia all’interno del Pd al confronto più allargato con gli altri partiti.
In mezzo, una passione che non lo ha mai abbandonato neanche nei momenti più difficili. L’on. Sandro Principe disegna un percorso a tutto campo della politica che considera un’arte nobile e che diventa momento di riflessione per tanti giovani, candidati ad essere la classe dirigente del futuro.  
Lei è capogruppo del Pd. Quale tipo di impegno intende dispiegare nello svolgimento del suo ruolo?
“Il mio primo impegno è quello di far funzionare bene il gruppo del Partito Democratico che ha un compito difficilissimo in questa legislatura; quello, cioè, di portare avanti una opposizione rigorosa ma, nello stesso tempo, essendo il PD un partito con una cultura di governo che vuole essere autenticamente riformista, propositiva e costruttiva. Per raggiungere tale obiettivo è mia intenzione coinvolgere tutti i membri del gruppo consiliare in una gestione sostanzialmente collegiale per dar vita ad una efficace azione di carattere legislativo nelle commissioni ed in Aula ed anche ad una costante presenza sul territorio regionale. Il Partito Democratico, inoltre, è anche il più grande partito della opposizione;  è mia intenzione, quindi, lavorare per rendere possibile un coordinamento di tutte le forze di opposizione presenti in Consiglio regionale”.
A proposito di opposizioni. Come sono i rapporti con gli altri partiti, IDV in testa?Il capogruppo del Pd Sandro Principe
“La comune battaglia che stiamo conducendo in Consiglio regionale ha stemperato le differenze che si erano manifestate in campagna elettorale.
Su tantissimi provvedimenti tutti i gruppi, compresa Italia dei Valori, si sono trovati in sintonia per condurre una battaglia di opposizione rigorosa ma costruttiva. Naturalmente alla ripresa, dopo le ferie estive, vogliamo incentivare e rafforzare questa azione di coordinamento e, a tal proposito, il 10 settembre prossimo i capigruppo dei partiti e dei movimenti di opposizione si incontreranno per concordare l’agenda dei punti più qualificanti da porre all’attenzione del Consiglio regionale nei prossimo mesi e per stilare una piattaforma che, successivamente, sarà sottoposta alla valutazione dell’assemblea di tutti i consiglieri regionali dei gruppi di opposizione”.
Quarant’anni di regionalismo, considerati per lo più negativamente. Quale è il suo giudizio?
“Non vi è alcun dubbio che il progetto di avvicinare il cittadino alle istituzioni e, quindi, al momento decisionale, che costituiva la ratio del decentramento amministrativo che trovava la sua fase realizzatrice nell’istituzione delle Regioni, in questi quarant’anni se non è proprio fallito ha lasciato molto a desiderare.
Soprattutto le regioni meridionali hanno evidenziato una grande difficoltà  a gestire con efficienza ed efficacia i settori di propria competenza.
Lo Stato, è vero, storicamente è sempre stato lontano e assente dal Mezzogiorno.
Ma se lo Stato ci ha trascurato soprattutto per quanto riguarda infrastrutture e sicurezza, dobbiamo ammettere che, per quanto attiene le materie di nostra competenza, noi non abbiamo mai fatto fino in fondo la nostra parte.
Basti pensare alla condizione del sistema sanitario delle regioni meridionali per capire che la loro competenza diretta su alcune questioni importanti per la vita dei cittadini qui non ha offerto gli stessi servizi realizzati altrove.
Nei prossimi anni, pertanto, soprattutto le classi dirigenti delle regioni del Mezzogiorno, pur non condividendolo, dovranno prendere atto  del Federalismo Fiscale e fare un salto di qualità, gestendo  al meglio servizi importanti di propria competenza come sanità, ambiente, Fondi strutturali europei, trasporto locale etc.
Sintetizzando, potremmo dire che una delle cause fondamentali del ritardo accumulato soprattutto dalle regioni meridionali risiede nel fatto che, spesso, la Regione si è sostituita allo Stato centrale  diventando, anch’essa, a sua volta centralista, tenendo ben strette le competenze gestionali e disattendendo, quindi, i compiti di legiferazione, programmazione, indirizzo e controllo che la Costituzione le assegna. Pertanto, se si vuole realizzare il salto di qualità  auspicato, bisogna ‘alleggerire’ i compiti delle Regioni, trasferendo funzioni, compiti, risorse e uomini a favore del Sistema delle Autonomie locali”.
Quali sono le priorità per rilanciare definitivamente la Calabria?
“Le priorità riguardano settori che sono di competenza dello Stato ed altri che sono di competenza della Regione. Lo Stato deve, finalmente, rompere l’isolamento della Calabria ed attivare, quindi, un’adeguata politica delle infrastrutture, ammodernando la Salerno-Reggio Calabria e la SS 106 ionica, velocizzando la linea ferroviaria tirrenica, raddoppiando ed elettrificando quella ionica, creando dei bypass fra lo Ionio ed il Tirreno, da Lamezia a Catanzaro e da Paola a Sibari e rilanciando il porto di Gioia Tauro.
Ammodernando, insomma, l’intero sistema regionale dei trasporti e rilanciando il porto di Corigliano che può diventare la ‘porta’ verso i Balcani e verso l’estremo oriente europeo. Lo Stato, inoltre, deve assicurare al territorio calabrese il massimo della sicurezza; sino a quando sui nostri territori ci sarà la presenza oppressiva della delinquenza organizzata solo pochi coraggiosi imprenditori verranno ad investire nella nostra regione.
Sicurezza e collegamenti rapidi sotto il profilo infrastrutturale sono precondizioni necessarie ed urgenti per creare sviluppo.
Insieme allo Stato, però, anche la Regione deve fare la sua parte, realizzando un sistema sanitario moderno ed efficiente, con ospedali distribuiti nelle varie province e creando delle vere e proprie eccellenze, almeno una per provincia, al fine di arginare il grave fenomeno dell’emigrazione sanitaria, difendendo il patrimonio ambientale, riportando il nostro mare allo splendore e alla pulizia di un tempo, realizzando reti fognarie in grado di proteggere i nostri fiumi, grandi collettori capaci di salvaguardare le nostre coste, attivando depuratori adeguati ed efficienti.
Bisogna uscire definitivamente dall’emergenza rifiuti che interessa soprattutto la Calabria settentrionale, realizzando al più presto termovalorizzatori o impianti in grado di smaltire l’enorme massa dei rifiuti che quotidianamente viene prodotta.
Va assicurato un trasporto locale efficiente, attraverso la realizzazione delle metropolitane di Cosenza-Rende, Catanzaro-Germaneto e Reggio Calabria-Villa San Giovanni-Melito Porto Salvo, rilanciando le Ferrovie della Calabria, che possono interconnettersi con il sistema delle metropolitane e creare addirittura un collegamento, per fare un solo esempio, tra Germaneto di Catanzaro e, quindi, tra l’Università Magna Graecia e Arcavacata di Rende e, quindi, con l’Unical.
Vanno gestiti poi, in modo adeguato, i Fondi strutturali europei che rappresentano per noi forse l’ultima, grande opportunità, per uscire dal tunnel dell’arretratezza e del sottosviluppo.
La giunta di centrosinistra ha già ben programmato gli obiettivi da raggiungere con queste importanti risorse. 
Ora occorre diventare operativi in settori importanti come la cultura, la ricerca, l’università, l’innovazione tecnologica, il sostegno alle imprese, l’incentivazione degli investimenti per realizzare una maglia di piccole e medie industrie, nel settore della tutela dell’ambiente e nel rilancio delle aree urbane.
L’attuazione del Piano Operativo Regionale può regalarci, fra cinque anni, davvero una Calabria migliore e diversa”.
La sua è una storia politica ricca ed importante. Quali valori le ha trasmesso?
“Il valore più importante che ho acquisito sin dalla mia giovinezza, respirando un clima culturale e politico, a mio avviso, di altissimo livello è quello di concepire la politica come un servizio verso la collettività.
Oggi la politica viene spesso e giustamente demonizzata; è difficile trovare giovani qualificati che intraprendono quest’attività.
Nella considerazione della gente comune la politica è enormemente scaduta perché, purtroppo, in questa epoca di decadenza, è venuto completamente meno lo spirito di servizio ed il cittadino ha l’impressione che chi fa politica spesso lo fa per raggiungere obiettivi di carattere personale.
L’attività politica, invece, dovrebbe essere l’arte più nobile, perché chi fa politica gioca con gli interessi dei cittadini, soprattutto con quelli delle giovani generazioni e, pertanto, va fatta con passione ed entusiasmo, mettendosi a disposizione degli altri per raggiungere obiettivi comuni”.
Lei spesso parla di un rapporto diverso con la maggioranza: non da nemici, ma da avversari rispettosi…
“Abbiamo parlato prima della cultura di provenienza. La mia è una cultura laico-socialista, autenticamente riformista. Il pensiero riformista non ha mai privilegiato l’aspetto ideologico delle questioni. Abbiamo sempre distinto fra ideologia ed ideali. Due, in particolare, sono gli ideali che la nostra cultura ha sempre affermato: aumentare gli spazi di libertà del cittadino e inserire nella società elementi corposi di giustizia sociale.
Facendoci guidare nel nostro cammino, da queste due stelle polari, noi riformisti siamo portati ad essere pragmatici, a mettere in atto programmi sostenibili per raggiungere, giorno dopo giorno, obiettivi concreti di miglioramento delle condizioni di vita dell’uomo e della società.
Al cittadino non si può promettere il Paradiso fra 50 o 100 anni, ma bisogna garantirgli un miglioramento costante, ‘hic et nunc’, ‘qui ed ora’, delle sue attuali condizioni di vita.
E’ chiaro che chi è portatore di questa cultura e di questi principi non può vedere mai nell’interlocutore un nemico da combattere e/o da demonizzare ma, al massimo, un avversario, un ‘competitor’ con cui confrontarsi e, se necessario, scontrarsi con rigore, ma sempre nell’alveo di un grande rispetto reciproco”.


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