24 ottobre 2005    

Colpita la volontà di rinnovamento (di Agazio Loiero*)




“La ringrazio, Presidente, di aver voluto convocare qui oggi, in questa giornata di lutto, difficile da digerire, in seduta straordinaria, il nostro Consiglio regionale,loiero su fortugno la nostra massima istituzione calabrese e la ringrazio anche di farci trovare qui non da soli, con tanti sindaci con la fascia tricolore, a dimostrazione di un’autorità cittadina istituzionale importante, di avere qui tanti parlamentari, tante forze sindacali importanti, i Presidenti delle Province, di avere un po’ un cordone quasi di solidarietà e poi anche un pubblico delle grandi occasioni, che si vede quando si elegge una Giunta, ma si vede anche nei momenti così segnati, così difficili com’è quello che oggi viviamo. Quindi un grazie sentito.
Davvero ho quasi la paura di non avere le parole giuste per descrivere i sentimenti che provo dentro, che ho provato ieri sera a Locri, a contatto con la famiglia di Franco, che ancora oggi sento in maniera molto forte e vibrante. Lo dico perché è così, perché la tragedia umana che si è consumata ieri, in quel rituale che lei descriveva come un perfetto rituale mafioso, di ‘ndrangheta, ci sono tutti gli elementi: il sicario che entra e spara davanti a tutti, in pieno giorno, in una sede dove si vota e che poi se ne va senza neanche correre, se ne va a trovare la macchina del complice e dileguarsi. E’ tutto un rituale che, purtroppo, abbiamo visto troppe, troppe volte in Calabria.
Quindi, nel porgere ancora una volta la solidarietà ai figli, alla famiglia, vorrei parlare brevemente dello scempio delle istituzioni che si sta consumando oggi in Calabria e che dobbiamo cercare di fronteggiare.
La morte di Franco Fortugno è un fatto gravissimo e senza precedenti, perché è vero che in Calabria sembra addirittura paradossale che, davanti ad un omicidio, si dica ‘senza precedenti’,  ma anche quelli che la stampa definisce omicidi eccellenti che si sono consumati in questo territorio in passato, sono tutti omicidi che i processi, successivamente, ci hanno dimostrato, per quanto efferata, folle, omicida, avere una logica. Anche qui c’è una logica, ma è preventiva, un messaggio chiaro, leggibile nella sua ferocia.
Non dico una cosa retorica né enfatica, se affermo – come tutti sapete qui dentro – che Franco Fortugno era un uomo mite, buono, disponibile. Non lo dico perché, di fronte al cadavere ancora caldo, non si può dire che questo; no, lo dico perché questa è la verità! Ed è stato fatto fuori così, come si uccideva un animale un tempo. Una persona sempre pronta a dare una risposta a tanta gente che gliela chiedeva, in un territorio che ha una gamma infinta di risposte eluse, sempre pronto a lenire una difficoltà, un bisogno. Era un medico, un cattolico, lo conosciamo tutti qua dentro. Era una persona, come tanti di noi, divorata dalla passione politica. Si muore anche per questo in Calabria! In un territorio in cui sono davvero innumerevoli le maniere per morire, si muore anche solo perché si ha una passione politica, si muore per un nonnulla o anche se si coltiva una passione forse troppo grande.
Io lo voglio qui dire, nel rinnovare il sentimento di vicinanza, di cordoglio, di solidarietà alla famiglia, alla moglie, ai figli, a Fabio, a Mario, alla famiglia tutta, vorrei concentrare in questi brevi minuti il discorso sullo stato delle istituzioni in Calabria, per dare un messaggio che interessa tutti noi, nessuno escluso, senza differenze ideologiche, senza maggioranza od opposizione, dico tutti.
In quell’agguato c’è una simbologia feroce che ci suggerisce, con i rituali che sono propri di certe organizzazioni criminali, che qui in Calabria nulla può cambiare, tutto deve restare fermo, imbalsamato, sotto il giogo dei poteri criminali, i poteri dell’anti-Stato. Questo assassinio segna lo spartiacque tra la Calabria che era e che molte generazioni hanno fatto in tempo a conoscere e quella che sarà. E’ come se la criminalità organizzata avesse varcato un confine, avesse intrapreso un viaggio senza ritorno. La vecchia Calabria che abbiamo conosciuto non esiste ormai più, la vecchia Calabria mite, schiva, laboriosa, orgogliosa, anche un po’ contadina che abbiamo fatto in tempo, io l’ho fatto anagraficamente, ho fatto in tempo a conoscere, non esiste più perchè è avvenuto uno sconvolgimento tremendo nelle viscere di questo territorio, che appare irriconoscibile, devastato.
Il vecchio codice della solidarietà che aveva impregnato di sé per secoli la nostra terra e che ci aveva fatto sopravvivere ai terremoti, agli smottamenti, alle frane, alle alluvioni, insomma alla furia dell’ingiustizia naturale, quella Calabria sembra non esserci più e sembra prevalere, con la forza prorompente di mezzi immani, una Calabria affaristica, mercantile, dedita alla cocaina, alla droga, al riciclaggio, alle estorsioni e, in mezzo, la Calabria onesta, che è la grandissima maggioranza, indifesa, tramortita. Tutto quello che resiste va in direzione opposta, viene intimidito, oltraggiato e le istituzioni o vengono assimilate o annientate e compresse – almeno il tentativo è questo – in un territorio, invece che in un altro di più o di meno, ma questo è il tentativo ed è di tutti i giorni.
Per chi sa leggere, è un ammonimento feroce quello cui ci troviamo di fronte. Un ammonimento a chi? A me, a voi, sindaci, a Callipo, ai parlamentari, a tanti, tanti di noi e segna il culmine di un escalation: atti intimidatori a consiglieri comunali, a sindaci, imprenditori, sindacato. Tutto deve restare sotto un cappa perché il governo molecolare del territorio non può appartenere allo Stato, ma all’anti-Stato. Qui – lo diremo oggi al ministro Pisanu – c’è un bisogno disperato di Stato che il calabrese fa una fatica del diavolo ad incontrare, fa fatica, specie negli ultimi anni ad incontrare.
C’è sconforto, sarebbe una bugia dire il contrario, c’è uno sconforto crescente, si ha l’impressione che le forze del male debbano davvero prevalere, aumenta il pericolo, l’insidia, ritorna la solitudine, l’isolamento, quell’isolamento che quarant’anni fa avevamo ritenuto che fosse ormai superato perché qui c’era l’autostrada, gli aeroporti, magari non dei grandi aeroporti, non delle grandi autostrade, ma c’erano, avevamo ormai trafitto quella barriera orografica che ci impediva il colloquio, il confronto con i territori vicini e non c’era neanche più, sembrava non esserci neanche solitudine sotto l’aspetto dei modelli, degli stili di vita. Oggi ritorna, paradossalmente, una sorta di insularità, così almeno è vista la Calabria, come un modello insulare che non ha come fattispecie neanche la Sicilia oggi e che ha improntato quella condizione di insularità la vita di tanti calabresi.
Che dobbiamo fare? Noi dobbiamo reagire con forza. Se non c’è l’idea di una rivolta interiore forte, non c’è speranza di salvezza e a noi per avventura, proprio a noi che siamo stati eletti in questo Consiglio, ai parlamentari che sono stati eletti ed ai sindaci, oggi è posto con forza questo compito che è gravissimo. D’altra parte, il tasso di democrazia di una classe dirigente si misura dal livello di indignazione, di reazione che ha di fronte a un’ingiustizia troppo forte, ad una violenza troppo forte. Qui maggioranza, opposizione, queste linee di confine oggi e per domani devono sparire; nessuno si chiami fuori, insieme dobbiamo fare questa battaglia. Lo so, c’è un grande rischio – lo dico – che, passato il clamore, come è già avvenuto tante e tante volte, tutto ritorni come prima, tutto, anche le cose più efferate diventino ordinarie in Calabria. E’ avvenuto tante volte, c’è il rischio che avvenga ancora, ma noi dobbiamo tentare di impedire questa deriva ordinaria.
Approfitto del grande coinvolgimento emotivo per fare due osservazioni amare, ma molto calabresi, che rendono forse più acuta la nostra solitudine. Nessuno vuole occuparsi di Calabria, diciamo la verità, lo dico con franchezza e, se permettete, anche con un pizzico di coraggio: questo è un territorio che, nel migliore dei casi, appare da Roma, da Milano, come un territorio conflittuale, individualistico, rissoso, questo nel migliore dei casi, ma negli altri casi, che sono la maggioranza, appare come un territorio fetido. Fuori di qui così appare, lontano, con una sua connotazione di alterità, anarchico, violento, qualcosa che ci spinge fuori dal consorzio civile, fuori anche dall’ordinamento unitario.
Possiamo accettare una cosa del genere? Questa è una vecchia storia. State attenti, anche nella prima Repubblica i capi partiti non volevano interessarsi quasi mai di Calabria, perché dava problemi; la Calabria non era una risorsa, era un problema, un grande problema. E’ capitato nei partiti e, se posso fare una provocazione, capita oggi anche nei giornali. State attenti, i direttori fanno fatica ad occuparsi… sì, magari è utile, perché un omicidio ti fa vendere, ti mettono in prima pagina, una bella prima pagina – come dicono i giornali – magari feroce, senza storia, tutti in un titolo, senza antefatto, poi via. Mai una positività che si registri, un territorio che sembra non potersi redimere. Poi il resto lo fa la semplificazione mediatica, che predilige le brutte notizie, le notizie crudeli, feroci. Molte iniziative positive, che pure ci sono, che investono tanti giovani qui non hanno più audience in questo Paese.
Veda, Presidente, noi abbiamo avviato, come Giunta, un tentativo di forte cambiamento, era giusto, l’hanno trovato giusto anche le opposizioni, di fronte all’ampiezza della vittoria che abbiamo conseguito, ma sono cambiamenti necessari: avesse vinto il centro-destra, anche loro avrebbero dovuto farlo rispetto al consenso ricevuto. Eppure, malgrado ci si sia avviati, malgrado una stampa, se posso dirlo, per una volta che ha guardato con attenzione, anche senza cipiglio alcuni nostri gesti, poi magari anche qui, a livello locale, talvolta anche a livello nazionale, ci sono state polemiche, c’è stata ironia, praticamente si è creata anche qui una condizione paradossale di solitudine, e voi sapete che la solitudine – lo dico anche qui con un brivido – nei vecchi rituali che abbiamo importato in anni lontani dalla Sicilia, era un’anticamera pericolosa per chi la subiva. Noi abbiamo gestito, abbiamo visto che in questi giorni, in questi mesi, abbiamo visto tanta stampa estera, paradossalmente, occuparsi di noi, avere qualche difficoltà di più in Italia.
Ho voluto dire queste due parole quasi come uno sfogo a voce alta insieme a voi. Noi abbiamo una scommessa molto grande, che interessa tutti quanti, interessa la società civile che, paradossalmente, rispetto alla società che delinque, si è irrobustita in Calabria, ma interessa anche una scommessa che è di più ampio spessore, di un profilo più alto, che si compendia in una domanda sola: se questo territorio deve restare all’interno di un ordinamento unitario, come dicevo prima, o deve essere sganciato via verso il Mediterraneo. E’ questa la vera scommessa e dobbiamo farcene carico per primi noi, però deve farsene carico anche lo Stato, il Governo, perché questo problema non può interessare solo noi.
Con questa consapevolezza, chiudo e aspetto da questo confronto di oggi momenti di unione e di unità, di forza, di coesione, perché il momento è davvero il più difficile della nostra storia”.
 

* Presidente della Regione
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