21 maggio 2010    

«Un viaggio oggi irripetibile» Parla il prof. Plastino


“Lomax è in Europa dal 1950 al 1958 come collaboratore esterno della BBC per una serie di trasmissioni radiofoniche. Contemporaneamente, cura per la Columbia Records una serie di long playings sulle musiche del mondo. Il viaggio in Italia gli serve per effettuare registrazioni da utilizzare con la BBC e la Columbia, e per mettere a fuoco il suo lavoro sulla voce e il canto”. Spiega così l’idea del viaggio di Lomax   Goffredo  Plastino, professore associato di Etnomusicologia presso l’Università di Newcastle (Gran Bretagna) Il Prof. goffredo PlastinoA Plastino, che è nato a Catanzaro ed  ha curato per la Rounder Records l’edizione critica delle registrazioni effettuate in Italia nel 1954-55 da Alan Lomax e Diego Carpitella (attualmente sta finendo il suo libro Mafia Blues. Musica, violenza, ideologie che sarà pubblicato da il Saggiatore), chiediamo cos’è stato il Sud italiano per Lomax. “E’ stato la  conferma di un’ipotesi di ricerca, già elaborata in Spagna nel 1952, sul rapporto tra stile vocale e strutture economico-culturali, e la rivelazione di un mondo di suoni e culture inaspettato. È al Sud che Lomax effettua la maggior parte delle sue fotografie”. Sarebbe riproponibile un viaggio di quel tipo oggi? “No: quell’Italia non esiste più. Ci ha provato in parte il regista Rogier Kappers nel documentario Lomax the songhunter, con risultati secondo me non convincenti, proprio perché tende a rimuovere il cambiamento da allora a oggi. Io non sono un nostalgico e la tendenza a ritrovare l’arcaico o il passato nel presente mi lascia per lo meno perplesso. Va comunque osservato che il tema del viaggio “avventuroso” per e con la musica è riemerso recentemente nel cinema italiano: penso al bel film di Rocco Papaleo Basilicata coast to coast”. C’è in Calabria un’attenzione ai suoni “popolari” o non c’è più  né attenzione né musica? “Ascolto molto poco musica “calabrese”: mi piaciono i Quartaumentata, Turi (Calabro 9), mi piace come suona Paolo Napoli. Comunque, mi sembra che tutto sia appiattito sulla “tarantella”, su una ripetizione ossessiva delle stesse formule e degli stessi stili. Molti degli eventi musicali che vengono definiti “popolari” o “tradizionali” mi pare che rispondano soprattutto a un desiderio di identità rurale delle classi medie, calabresi e non. Certo, considerando la quantità di festival sulla “tarantella” e sulla cosiddetta “musica tradizionale” si potrebbe concludere che c’è molta attenzione per questa musica. Ma non so se queste manifestazioni riflettano davvero un gusto diffuso in tutta la regione”.

 

 

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