2 marzo 2010    

Calabria: questione sicurezza (di Romano Pitaro)


Nel mirino, non uno e  non solo della carta stampata. Per ultimo  Giuseppe Baldessarro, qualche giorno  primaAntonino Monteleone, Filippo Maria Cutrupi, Michele Albanese.

Giornalisti acuti, osservatori intelligenti di una realtà angustiata da  contraddizioni lancinanti  in cui non solo bene e il male si sovrappongono infinitamente, ma spesso hanno confini assai labili il concetto di legalità e quello d’illegalità.

Fare giornalismo in Calabria, specie in alcune aree storicamente difficili, è un atto eroico. Fa bene, pertanto,  il Presidente Bova a sottolineare che in Calabria è in discussione, nelle condizioni date, la libertà di manifestazione del pensiero costituzionalmente garantito 

Le intimidazioni ai giornalisti - che trovano nella solidarietà espressa dal Presidente del Consiglio regionale l’eco più autorevole - sono un segnale preoccupante del clima pesante che si respira in Calabria.

E’ evidente che la criminalità  ha deciso di farsi sentire e di ricordare a chi, per un motivo o per l’altro, se ne fosse dimenticato, che in Calabria  e nel Sud (come tra l’altro rammentano i Vescovi nel loro corposo documento sul Mezzogiorno che per la sua importanza  pubblichiamo integralmente) la ‘ndrangheta è una realtà con cui fare i conti;  capillare, ramificata e presente (il giudice Nicola Gratteri asserisce che il 70 per cento delle attività economiche è sotto il controllo della mafia). L’attacco all’informazione che non è prona ai desiderata dei potenti, si somma alle intimidazioni  quotidiane rivolte agli amministratori comunali (quante? Centinaia e centinaia, non si contano più!), destinatari di ‘attenzioni’ non richieste né gradite. L’esercizio delle funzioni che derivano dal mandato popolare per governare diligentemente il territorio è diventato un rischio vitale. Qui non ti contestano duramente ‘se sbagli’ o la pensi diversamente, ti minacciano di morte. Naturalmente non manca la solidarietà della società civile calabrese. C’è la condivisione delle preoccupazioni di chi, in prima linea,  tenta non di fare l’eroe,  ma semplicemente e bene il proprio mestiere. Urgente, tuttavia, dinanzi ai dati  delle intimidazioni, alla loro mirata pericolosità e all’allarme sociale che destano, in una regione in cui la disoccupazione è galoppante e in cui  la crisi internazionale acuisce gli ‘atavici ritardi’, è che lo Stato italiano abbia lucidamente presente nella sua agenda  la ‘questione sicurezza’ in Calabria. E agisca di conseguenza, né più né meno che  nel solco degli impegni pubblicamente promessi ( anche a Reggio nel corso della seduta del Consiglio dei Ministri ) e della declamata volontà a debellare la mafia più potente.-

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