5 novembre 2009    

La vita scriteriata di Cesare Lombroso (di Romano Pitaro)
Intervista a Luigi Guarnieri


Scavando nel cervello dei briganti calabresi

Chiudeva gli occhi  il 19 ottobre del 1909 (ricorre un secolo dalla sua morte)  uno strano tipo di scienziato che ha influenzato il suo tempo: Cesare Lombroso.  Che in Calabria andava a caccia, assieme ai soldati che li fucilavano senza tante cerimonie,  di briganti per dimostrare le sue stravaganti tesi.Una immagine d'epoca di Cesare Lombroso
Per comprendere meglio il peso che lo scienziato ebbe e il suo rapporto con la Calabria, torna utile una  biografia di successo (Bur Rizzoli  2007) sulla “scriteriata’ vita dello psichiatra veronese che voleva fissare scientificamente i caratteri del cosiddetto “tipo criminale, pazzo, mattoide e geniale”, traendone conclusioni eccentriche e infondate. Chi la sigla  è un calabrese che vive da tempo  a Roma, Luigi Guarnieri,  autore di alcuni  romanzi  tradotti nei principali paesi europei (Tenebre sul Congo, La sposa ebrea, La doppia vita di Vermeer).
Biografia tra il saggio e il romanzo. Avanti e indietro, per biblioteche e musei criminali, per mettere a fuoco le gesta di uno “stupido geniale”. Per sette anni. Alla ricerca forsennata delle gesta di un alienista famoso quale  fu Cesare Lombroso. Uno degli autori più tradotti all’estero, una personalità italiana tra le più celebri nel mondo (insieme a D’Annunzio, Caruso, Marconi), nella seconda parte del secolo lungo, l’Ottocento, ed all’inizio di quello breve, il Novecento.
Scienziato, fondatore dell’antropologia criminale, lo psichiatra veronese era uno che, quando si occupava di delinquenti incalliti, non ricercava le scorie del dissolto patto tra il reo o la società.
Imbevuto di positivismo, fiducioso nel dio progresso, ma fondamentalmente romantico, questo studioso dell’uomo delinquente, ricercava nel criminale e nel pazzo, non la molla della miseria da cui originava la disperata violenza del reietto. Piuttosto la fossetta occipitale mediana, il carnivoro ancestrale che Lombroso era sicuro d’intravedere nel fondale di quegli esseri perduti.
Per anni Guarnieri ha inseguito il fantasma dell’autore del Trattato antropologico sperimentale dell’Uomo delinquente (1876, il volume destinato a far conoscere lo psichiatra in tutto il globo e che comprende l’esame somatico completo di 832 delinquenti italiani e di 46 crani, oltre ad una targa raccolta d’aneddoti in cui si stabilisce la psicologia del delinquente, la sua morale, la sua intelligenza, i suoi costumi, il suo gergo ed una serie d’osservazioni per provare l’importanza che nell’eziologica del delitto hanno l’eredità, la razza, la religione, l’alcolismo”.
Guarnieri lo insegue dappertutto. Senza dargli tregua.  Esattamente come Lombroso aveva fatto con assassini seriali, briganti, anarchici, regicidi, mostri, grafomani. matti furiosi e spiritisti. Alla fine è sbocciata una biografia sulla “scriteriata vita di Lombroso” pubblicata prima da Mondadori  e successivamente da Rizzoli .
Un’impagabile immersione, siamo  nell’ultimo scorcio di un secolo contraddittorio e all’albeggiare del Novecento carico di drammatiche illusioni,  nella vita dl uno studioso che ha sfidato conformismi e pigrizie intellettuali e che di sé diceva “La mia vera passione è di nuocere ai miei interessi”.
“Attanagliato da una sete morbosa di sapere”, esattamente come lo psichiatra veneto, anche Guarnieri  scrittore  nato a Catanzaro 47 anni fa, ripercorre tutte le tappe importanti della vita del visionario e bizzarro scienziato. Che, nel suo libro più importante, per descrivere l’uomo reprobo, così favoleggia: “I più fra i delinquenti nati hanno orecchi ad ansa, capelli abbondanti, scarsa la barba, seni frontali spiccati, mandibola enorme, mento quadro o sporgente, zigomi allargati, gesticolazione frequente…”.
Ma proprio quando il verso di Lombroso rischia di farsi serioso, è lo stesso Guarnieri ad irriderlo. Quasi a dire “Suvvia, è vero che ha scritto quelle cose, ma non bisogna prenderlo sul serio, sono altri gli aspetti che rendono avvincente”.
Ma se lei lo considera il “peggiore scienziato del mondo”, com’è scritto nel risvolto di copertina del volume, perché una biografia su Lombroso? Non sarà che anche lei considera i meridionali una razza di delinquenti incalliti? La Lega di Bossi gongola…
No, innanzitutto la definizione di peggiore scienziato non  è mia. D’altronde, non è stato lo scienziato più credibile del mondo. Per quanto riguarda i meridionali, beh, Lombroso non li considerava delinquenti incalliti. Ha preso parte alle campagne contro il brigantaggio nell’Italia meridionale da cui ha tratto un libro in cui si sofferma molto sull’igiene delle Calabrie… In realtà, semmai, Lombroso era un democratico, non ha fatto mai nessun tipo di favoritismo nei confronti del crimine. Per lui i criminali appartenevano a qualsiasi regione, ha fatto studi su qualsiasi tipo di criminale da qualsiasi regione provenisse.
Ma perché l’opinione pubblica dovrebbe ancora appassionarsi ad uno scienziato che accostava la genialità alla pazzia, uno per cui l’equazione di base era genio, uguale a malattia. Uno che basa la tesi fondamentale del suo Genio e Follia sull’idea che il genio come il folle è una delle forme teratologiche della mente umana?
Secondo me la tesi sta alla, base di Genio e Follia, che e una gigantesca indagine sulla criminalità e sulla devianza, è modernissima: l’incontro tra genio e follia. In realtà l’equazione che egli ha stabilito è modernissima, perché sta alla base di tutta la letteratura del ‘900 in cui il genio è sempre malato. Lombroso ha creato con questo libro, tra l’altro un libro Una pagina di un trattato di Cesare Lombrosofortunatissimo che ebbe decine di edizioni, la figura dell’artista moderno. Nel ‘900 l’artista per definizione è sofferente. Spesso è anche psichicamente emarginato, ai margini della società e con gravi problemi psicologici. Più in generale io ho trovato la sua vita esemplare da un certo punto di vista, perché in realtà è la storia, in qualche modo, delle ambizioni, delle follie, dei fallimenti della scienza. Quindi una specie di avventura donchisciottesca, perciò lo considero un modello eterno, Lombroso è un uomo che ingaggia una battaglia gigantesca, anche spesso impopolare, sapendo che è destinata alla sconfitta e, nonostante tutto, la combatte in nome dei valori civili del progresso, anche se il più delle volte con risultati addirittura controproducenti.
Lei è anche calabrese, perché si è appassionato ad  uno scrittore che quando prende parte ad una spedizione contro il brigantaggio scrive un volumetto intitolato “Tre mesi m Calabria” e descrive quelle terre così: “terre primitive, imo dell’igiene e della medicina, abitate da uomini incolti, rozzi, in parte greci, in parte albanesi fieri, ed indomiti, che vestono ancora alla foggia de1l’Epiro, infestate di briganti che sembrano uscire dalle pagine de I misteri di Napoli di Mastriani”?
In parte, come dire?, questo è anche il fascino dell’uomo. Lombroso è affascinante perché in lui c’è, tutto. E stato un uomo che ha avuto dei lampi di genio impareggiabili, ma anche delle cadute in cui si sono mescolati, se vogliamo, il genio e il cretino, da un certo punto di vista. Quindi, come lui stesso aveva teorizzato, la compresenza nell’uomo di pulsioni diverse, così in lui stesso convivevano il genio e il sublime e anche il cretino, cioè un uomo capace di idiozie. Il suo è un caso che rievoca quello del dr. Jekyll e mr. Hyde, Lombroso ed il suo doppio in sostanza: da una parte lo scienziato folle che tentava di dimostrate teorie folli e dall’altra un uomo anticonformista e ribelle che sfidò, spesso con esiti disastrosi, il senso comune.
Questo è molto affascinante anche da un punto di vista narrativo, perché anche le castronerie più incredibili dette e collezionate da Lombroso risultano essere molto interessanti dal punto di vista romanzesco; basti pensare, per esempio, a tutte le biografie di criminali che ha scritto e che sono piene di teorie che oggi sono abbondantemente superate per forza di. cose, però sono interessantissime dal punto di vista del narrativo-romanzesco.
L’idea centrale, quando si pensa Lombroso, è che egli ritenesse il delinquente un pazzo atavico che riproduce gli istinti del nostri proavi. Quanto c’è di falso in questa rappresentazione?
Beh, naturalmente, è falso. Nel senso che si tratta di una teoria che va collocata dal punto di vista storico. Le teorie lombrosiane sono un prodotto della cultura dell’epoca e quindi del positivismo, che, nel tentativo di costruire un controllo sociale funzionante, aveva bisogno di organizzare delle vere e proprie griglie in cui incasellare la criminalità. Naturalmente è un tentativo destinato a fallire.. Perché non è possibile stabilire, in termini scientifici, in cosa consista realmente la criminalità, così come la follia.
Che cos’è esattamente la famigerata fossetta occipitale mediana che Lombroso riteneva di avere scoperto facendo a pezzetti il cranio del brigante Vitella?
E una cosa che non esiste. E un’anomalia, sarebbero quelle che venivano, definite dal positivismo stimmate dermatologiche. Ritenevano che il delinquente, o il pazzo, avessero dei segni fisici che li distinguessero dai cosiddetti normali. Naturalmente siamo in presenza di .una teoria molto difficile da dimostrare che, secondo i detrattori di Lombroso, sarebbe stata utile solo ai giudici istruttori: bastava vedere in faccia uno e riconoscerne i tratti delinquenziali, se li aveva poteva essere immediatamente arrestato. La fossetta occipitale mediana non è mai esistita, Lombroso ha creduto di scoprirla nel cranio di Vilella e poi di altri criminali, per esempio anche nel caso Verzeni, che è un altro di cui si parla nel libro. Lui cercò disperatamente di trovarla. Ma non la trovò. Perché in realtà esisteva solo nella sua mente. Era il suo disperato tentativo di trovare una prova alle sue teorie che non poteva esistere. Ma all’epoca per Lombroso i desideri, evidentemente, avevano più corpo della realtà.
In Calabria, fra il 1861 e il 1862 vengono fucilati 124 briganti;. 134 muoiono negli scontri armati ed oltre mille si consegnano alle autorità. Lombroso si occupa più che altro di prendere appunti e stilare suggerimenti per attuare una ‘radicale riforma fondiaria e migliorare le spaventose condizioni igieniche’ dei villaggi. Partecipa all’assedio ed all’incendio di Cotronei. Lei e Uno studioso, ma anche un calabrese, qual è la molla che l’ha spinta ad occuparsi di questo vituperato enciclopedista del crimine”?
Sono stato attratto dalla sua figura che trovo affascinantissima. Non saprei spiegare razionalmente, l’ho anche scritto, cosa mi abbia spinto. D’altra parte è come chiedersi se la vita abbia un senso, mentre siamo sulla terra. per i capricci di una legge imperscrutabile. Le passioni intellettuali a volte, sono come certi ricordi negli incubi, delle ossessioni di cui ci si affranca scrivendone. La vita di Lombroso, drammatica e, allo stesso tempo, ridicola ha esercitato su di me un fascino allucinatorio. E la vita più paradossale in cui mi sia imbattuto.. Di qualsiasi cosa si sia occupato Lombroso, in qualche maniera, è riuscito a renderla appassionante. Perché, in rèaltà, il tratto più caratteristico di Lombroso, è proprio la passione, una passione smisurata per la scienza che lo ha portato a non indietreggiare di fronte a nulla. Lombroso si è occupato di tutto, degli argomenti più disparati, come appunto dei criminali. Ha scritto sulle ginocchia dei criminali, sulle gobbe dei facchini, diciamo che ha tentato di occuparsi dell’intero scibile umano per trovare soluzione ai problemi fondamentali della società che sono appunto la criminalità, la pazzia, problemi che non hanno mai trovato soluzione.
Nel 1871. Lombroso  scoperchia il cranio del brigante Vilella, “un tristissimo uomo di anni 69, contadino di Simeri Crichi, circondario di Catanzaro, condannato tre volte per furto e, in ultimo, per un incendio ad un mulino, ipocrita, astuto, taciturno. Lei scrive che fin quando Lombroso non riesce a mettere le mani sul prezioso cranio del defunto, il giovane scienziato ha trascorso notti insonni, agitate. Qual’è l’occasione ghiotta che non vuole perdersi?
Quello che dicevo prima: scoprire la chiave di volta della criminalità. Lui si è convinto che, se scoprirà realmente l’esistenza di questa fossetta occipitale mediana, darà la dimostrazione al mondo della natura del criminale.
Alla luce di quanto poi è accaduto e visto che Lombroso sognava di scrivere drammi e novelle, non sarebbe stato meglio che si dedicasse alla scrittura?
Secondo me, in realtà, Lombroso si è dedicato alla scrittura, perché in fondo, per paradossale che possa sembrare,Lombroso è uno scrittore. Anche se è uno scrittore che non sa scrivere benissimo, però se uno legge le sue opere, la cosa che resta di lui è questa sua grande capacità narrativa. Mentre le sue teorie scientifiche ovviamente si sono rivelate caduche. Assolutamente prive di sostanza. Se uno legge Genio e follia, legge tutta questa serie di ritratti umani che sono deliziosi, cioè sembrano scritti a posteriori, a me ricorda Borges, a volte Baudelaire…
Scrittore fallito o “geniale cretino”?
Secondo me è uno scienziato fallito, senz’altro; come scrittore non è poi così disprezzabile. Io lo considero più grande come scrittore che come scienziato.
C’è un’attualità di Lombroso?
Da un punto di vista scientifico, ce n’è poca, anche se più di quanto possa sembrare, perché in America, per esempio, sono praticate alcune teorie fisiognomiche da parte della polizia. Scientificamente ritengo che Lombroso di attuale abbia poco. Quello che c’è di attuale è la passione per la scienza, la pulsione per la scienza e l’attitudine a investigare, a sempre cercare la spiegazione degli eventi e dei fatti. Quest’attitudine è attualissima, è il motore della scienza che porta l’umanità a progredire, in qualche maniera, comunque ad andare avanti. La parte che può essere ancora attuale di Lombroso, in qualche maniera, è tutta quella che riguarda il diritto penale e quindi l’antropologia criminale, la vita nei manicomi. Oggi Lombroso appare retrivo, come lo è tutta la  fisiognomica, però all’epoca Lombroso era all’avanguardia per tutta la questione delle carceri, dei manicomi, del diritto penale. Lui è stato il primo ad introdurre certe riforme nei manicomi e ha cercato in tutte le maniere di far riformare i manicomi. Da questo punto di vista era un progressista. Anzi, all’època era visto come una specie di personaggio pericoloso che voleva scardinare l’ordine sociale, perché voleva togliere i pazzi dalla prigione. Purtroppo succede quasi sempre così: quello che Lombroso ha fatto di buono è stato dimenticato, perso per strada, il peggio che ha fatto lo ha reso poi famoso. È questo è anche uno dei motivi per cui ho voluto fare il libro, è il motivo di fondo.


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