4 agosto 2009    

Depositate le motivazioni della sentenza per l'omicidio del vice presidente del Consiglio regionale
Fortugno ''un delitto politico-mafioso''


Uno dei fatti di sangue in assoluto più gravi della storia recente calabrese. Un delitto politico-mafioso. L’eliminazione di un personaggio “scomodo”. Lo affermano i giudici della Corte d’Assise ricostruendo punto per punto le fasi del delitto del vicepresidente del Consiglio regionale Francesco Fortugno e analizzando il movente che ha armato i killer.

Le motivazioni delle condanne arrivano sei mesi dopo il verdetto del 2 febbraio scorso che ha condannato all’ergastolo per l'omicidio Alessandro e Giuseppe Marciano', Salvatore Ritorto e Domenico Audino (e Vincenzo Cordi' e Carmelo Dessi', rispettivamente a dodici e quattro anni di reclusione, per il reato di associazione mafiosa). Franco Fortugno nello scranno di palazzo Campanella nel corso di un suo intervento


Le motivazioni della sentenza

rafforzano l’impianto accusatorio


Le valutazioni dei giudici sono raccolte in circa mille e duecento pagine (esattamente 1.117) che “CalabriaInforma” propone integralmente. Si tratta di un documento di eccezionale valore giuridico e civile.

Il vice presidente del consiglio regionale venne ucciso nell'agguato del  16 ottobre 2005 – scrivono i magistrati – “in attuazione di un programma predeterminato al fine della eliminazione dello scomodo personaggio cosi' individuato da subito dal Marciano' e dai soggetti che lo stesso supportava o unitamente ai quali destinava la sua attivita' elettorale”.

“D'altronde, come si e' piu' volte accennato, le modalita' del fatto – proseguono i giudici - e la simbologia della quale era rivestito per il soggetto colpito, per il luogo prescelto, dove era in corso lo scrutinio per la scelta del candidato premier dello schieramento di centrosinistra in vista delle elezioni politiche nazionali, nel rispetto delle regole di democrazia, la tragica platealita' dell'azione commessa in pieno giorno, a distanza ravvicinata dalla vittima, sono tutte esemplificative dell'attualizzazione, in quello scenario, di un chiaro metodo mafioso”. “Tanto si afferma - concludono - gia' sotto un profilo obiettivo, essendo recepita la violenza e la grave prevaricazione nell'azione scellerata da tutti i consociati, in particolare in un contesto territoriale in cui e' certa l'esistenza di associazioni mafiose”.

 

Ricostruito il contesto

in cui è maturato d’agguato


Nelle motivazioni della sentenza i giudici della Corte D'Assise di Locri illustrano il contesto nell'ambito del quale maturo' il delitto. In occasione delle elezioni regionali del 2005 i due mandanti del delitto, Alessandro e Giuseppe Marciano', si impegnarono per l'elezione a consigliere regionale di Domenico Crea che pero' risulto' il primo dei non eletti mentre Fortugno riusci' ad essere eletto. Crea, che aveva interessi nel mondo della sanita', subentro' al posto di Fortugno dopo l'omicidio ma e' stato arrestato successivamente nell'ambito di una inchiesta della Dda di Reggio Calabria per associazione mafiosa. ''La protratta insistenza dell'idea delittuosa - proseguono i giudici della Corte D'Assise di Locri - e' dimostrata dalla predisposizione di una serie di appostamenti e controlli finalizzati alla individuazione del momento favorevole per il compimento del gesto delittuoso. Dunque, e' da escludersi anche per ragioni logiche che tale gesto possa essere ricondotto a una deliberazione momentanea, ma e' stata accuratamente studiata mantenendo il ruolo di regista proprio il Marciano' Alessandro, soggetto che unitamente al figlio era maggiorente interessato all'evento''.

Il ruolo e la credibilità

dei collaboratori di giustizia


Salvatore Ritorto, ritenuto il killer di Fortugno, dopo l'arrestoAnche i “pentiti” hanno aiutato le indagini. Sono credibili, per i giudici della Corte D'Assise di Locri, i due collaboratori, Bruno Piccolo e Domenico Novella, che, con le loro dichiarazioni, sono riusciti a far individuare gli autori ed i mandanti dell'omicidio Fortugno. Su Piccolo, che si e' suicidato mentre si trovava in una localita' protetta in Abruzzo, i giudici della Corte D'Assise di Locri affermano che  “il giovane e' apparso sin da subito spontaneo e preciso nelle sue dichiarazioni. Si evidenzia che in considerazione di alcune vicende personali che lo avevano indotto all'uso di sostanze alcoliche e in alcuni casi di stupefacenti, la difesa ha revocato in dubbio la capacita' del Piccolo di deporre e la sua attendibilita' intrinseca. L'attendibilita' dello stesso non puo' dirsi affatto inficiata dovendosi evidenziare come il fatto che egli abbia avuto la capacita' di attendere ad una stabile attivita' lavorativa denoti indiscutibilmente il superamento da parte sua delle predette problematiche''.

Su Domenico Novella e' evidenziato che ''la sua collaborazione si e' dimostrata piu' sofferta rispetto a quella del Piccolo avendo superato delle resistenze oltre che interiori anche esterne tanto da porre in essere un percorso progressivo in cui le sue dichiarazioni a mano a mano hanno assunto maggiore ricchezza di particolari e si sono arricchiti da ulteriori fatti. Si deve soffermare l'attenzione per valutare l'intrinseca credibilita' del dichiarante soprattutto riguardo alle affermazioni ammissive del proprio diretto coinvolgimento nel gravissimo episodio omicidiario posto in essere ai danni di Fortugno''.


Un delitto-spartiacque

di evidente valore “eversivo”


Un anno di indagini, venti mesi in Corte d’Assise con 112 udienze, 300 testimoni, due “pentiti”, sei mesi, infine, per stendere le motivazioni delle condanne. La via giudiziaria alla verità sull’omicidio di Francesco Fortugno, medico ospedaliero prestato alla politica e vicepresidente del Consiglio regionale calabrese, si è rivelata impegnativa e piena di colpi di scena.

Delitto-spartiacque, venne subito qualificato. Perchè l’assassinio avviene il pomeriggio del 16 ottobre del 2005 all’interno di Palazzo Nieddu, sede quel giorno delle elezioni primarie dell’Unione in vista delle Politiche del 2006. E’ domenica e Fortugno, esponente della Margherita, presenzia alle operazioni elettorali quando cade sotto i colpi del killer.

Il profilo della vittima, le modalità, la data e il luogo scelto per l’agguato denotano un livello criminale mai espresso prima in Calabria. Si è parlato anche di “terrorismo mafioso” perchè a Fortugno si arriva al culmine di una pesante campagna intimidatoria contro amministratori e personalità politiche regionali. “Delitto politico-mafioso” disse Piero Grasso, capo della Direzione nazionale antimafia. E poi precisò:”Un omicidio politico eseguito dalla ‘Ndrangheta”.

Evidenti  le connotazioni simboliche dell’omicidio. Come credere che il vicepresidente del  Consiglio regionale possa essere stato ucciso da un’isolata combriccola di paese? Avrebbe mai osato, da sola, organizzare e compiere così platealmente l’uccisione del vicepresidente dell’Assemblea regionale, esponente del partito alla guida del governo della Calabria?

Difficile fina da principio, insomma, catalogare il delitto come un omicidio di periferia, con matrice, mandanti e movente di livello esclusivamente criminale e di piccolo cabotaggio.

Delitto di valore eversivo, quello di Francesco Fortugno. Due anni prima della strage di Duisburg scompagina vecchie analisi, costringe ad aggiornare studi e ricerche. Forse solo l’allora presidente Carlo Azeglio Ciampi, che è sceso subito in Calabria ad abbracciare la famiglia della vittima e il Consiglio regionale, e i Ragazzi di Locri sono stati tempestivi nell’acquisire consapevolezza del livello della sfida, nel cogliere l’agghiacciante messaggio lanciato con l’eliminazione di Fortugno.

G.Man.



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