10 luglio 2009    

G8/''Caritas in veritate'' e la Consulta per l'emigrazione a Reggio (di Romano Pitaro)


Felice coincidenza l’8 luglio: il G8 in Abruzzo e l’enciclica di Benedetto XVI che introduce nel dibattito global i temi del lavoro e della dignità della persona umana in un frangente particolarmente teso per il destino di milioni di persone vessati dalla Grande Recessione.  Romano Pitaro
L’intuizione  è del presidente del Consiglio regionale, Giuseppe Bova, ma io aggiungerei anche, senza tema di esagerazione, nella coincidenza felix l’incontro della Consulta per l’emigrazione della Calabria  con  i capigruppo del Consiglio regionale nonché, il pomeriggio della stessa giornata, l’approvazione della nuova legge sull’emigrazione. Un risultato, conseguito con l’unanimità degli orientamenti politici,  di tutto rispetto. 
Che dire? Da un lato i grandi (?) della terra ipotizzano strategie in difesa del capitalismo frastornato da bolle speculative e da truffe di arditi avventurieri, dall’altro il Papa, che  prova ad  indicare al mercato la via della solidarietà e della fiducia, e, nel profondo Sud dell’Europa continentale, una riunione fra esponenti di una regione in affanno provenienti da ogni lembo del mondo. 
Se fenomeno internazionale è il G8 e mondiale l’enciclica, la presenza dei delegati delle Calabrie sparse nel mondo assicura all’evento del 6/7/8 luglio di Reggio Calabria  una dimensione Un gruppo di ''consultori'' nel corso della riunione congiunta con la Conferenza dei capigruppoultranazionale. Cosi abbiamo ascoltato dalla bocca dei “consultori” quali esigenze si hanno nelle Americhe, in Australia, in Europa. Capito  quant’è radicato il senso dell’appartenenza, soprattutto dinanzi agli scricchiolii di un’economica che premiava l’internazionalizzazione ( e l’omologazione culturale e sociale) a scapito di ogni fattore local. 
Ora che la legge  sull’emigrazione è legge approvata, si dia   inizio, effettivamente, al “nuovo” ragionamento con i calabresi della diaspora che si è tanto invocato. In fondo, la sfida è stata sempre questa,  e lo è ancora più oggi che il bisogno di uscire dal ristretto confine geopolitico ed antropologico in cui la Calabria giace,  è avvertito con insistenza inedita. C’è, pertanto, un’esigenza a spingersi oltre gli orizzonti del Sud avvertita dalla Calabria e c’è, insieme,  l’esigenza dei calabresi che vivono all'estero d’ irrobustire il legame con la madre patria. 
In giro per il mondo i calabresi chiedono: “Dov’è la Calabria?”.  L’impressione è che  temano che la regione  sia sparita dalle mappe geografiche e viva esclusivamente nelle loro teste. Intrisa di ricordi antichi e nostalgie profumate. Ora s’insiste sul tema con energia. Magnifico; in Calabria, purtroppo,  è come se s’incominciasse ogni volta  da zero. Sarà per il piacere dell’analisi infinita o perché un virus  ha colpito la memoria collettiva.  A quanto pare, però, ora al   bilancio negativo  nelle relazioni mondiali della Calabria che  è sotto gli occhi di chiunque, segue una pagina meno grigia e senza dubbio più rassicurante.
La politica si è domandata, nella “tre giorni” di  Reggio,  e lo ha fatto assieme ai consultori di ogni nazione e continente, perché è cosi scarso il bilancio dell’internazionalizzazione della Calabria.  Dov’è il manico e dove il difetto? E’ vero che  dalla sera al mattino non  si può cambiare il corso delle idee che non sono state  mai partorite, ma  dopo le frasi di rito,  almeno  un’idea è giunta.
La legge va infatti oltre un abbozzo di segnale  e dimostra che si ha voglia di andare oltre le  buona intenzioni.  Tra l’altro, istituisce una Fondazione, da cui ci si aspetta molto, e che potrà dare tanto se non cederà alla tentazione (non rara) di rinchiudersi nel proprio spazio e non dare conto a nessuno.
 I  giacimenti  preziosi di Calabrie cresciuti a dismisura  in ogni continente, segnandone persino in profondità  la storia, com’è accaduto in Argentina dove Angela Aieta, da misera  calabrese  emigrante è divenuta per scelta intrepida  desaparecida (una delle 30 mila) in  coraggiosa  lotta contro i generali della “guerra sporca”,  sono  uno dei  tasselli decisivi per lo sviluppo della regione. Mancante, però. 
Ciò che, qualche anno fa, era  indicato dal Ministero degli Esteri, forse con linguaggio altisonante, come l’internazionalizzazione del Mezzogiorno, è ancora di là da venire. Fumo.  E si tratta dello  stesso  Mezzogiorno che oggi non solo non è diventato  global,  ma è come sparito dall’agenda del Governo. E che per giunta subisce le offese della Lega, che se affronta il tema del dualismo Nord/Sud, grave  strozzatura dell’Italia contemporanea  lo fa con leggerezza sconfortante. 
Che ora  le reti di comunicazione fra la Calabria e le Calabrie nel mondo  siano  corte o lunghe, conta fino a un certo punto. Decidere, ecco cosa attendiamo. Da dove incominciare una relazione autentica  col meglio delle Calabrie sparse per il globo: questo ci si deve dire. E come e quando. 
Il Consiglio regionale ha fatto sulla scacchiera di una partita lunga decenni,  costata fin qui lacrime e sangue sia a chi è partito che a chi è rimasto, una mossa duratura e profonda. Una nuova legge. Ora seguano i fatti.
La speranza è che i  politici che verranno dopo, al prossimo raduno di calabresi trapiantati  in un altrove remoto, non debbano ricominciare da zero.  La parola neanche in politica  può essere merce con cui riempire voragini di idee e progetti. Infine, abusandone, sia delle parole che delle leggi,  si  genera scetticismo e sfiducia che minano alle fondamenta la democrazia.

 segnala pagina ad un amico
 CHIUDI