1 luglio 2009    

Emigrazione: servono idee e proposte (di Romano Pitaro)


Ben venga la nuova legge sull’emigrazione. Ma si dia  inizio, effettivamente, al “nuovo” ragionamento con i calabresi della diaspora.

In giro per il mondo i calabresi chiedono: “Dov’è la Calabria?”.  L’impressione è che  temano che la Calabria  sia sparita dalle mappe geografiche e viva esclusivamente nelle loro teste. Intrisa di ricordi antichi e nostalgie profumate. Una delegazione del Consiglio regionale alla Fairmont University in West Virginia

Ora s’insiste sul tema. Magnifico; in Calabria, purtroppo,  è come se s’incominciasse ogni volta  da zero. Sarà per il piacere dell’analisi infinita o perché un virus  ha colpito la memoria collettiva. Il  bilancio nelle relazioni mondiali della Calabria è sotto gli occhi di chiunque. Perché è cosi scarso? Dov’è il manico e dove il difetto? E’ vero che  dalla sera al mattino non  si può cambiare il corso delle idee che non sono state  mai partorite, ma orsù, dopo le frasi di rito,  almeno  un’idea. Un abbozzo di segnale che vada oltre la buona intenzione. 

I  giacimenti  preziosi di Calabrie cresciuti a dismisura  in ogni continente, segnandone persino in profondità  la storia, com’è accaduto in Argentina dove Angela Aieta, da misera  calabrese  emigrante è divenuta per scelta intrepida  desaparecida (una delle 30 mila) in  coraggiosa  lotta contro i generali della “Guerra sporca”,  sono  uno dei  tasselli decisivi per lo sviluppo della regione. Mancante, però.  Ciò che, qualche anno fa, era  indicato dal Ministero degli Esteri, forse con linguaggio altisonante, come l’internazionalizzazione del Mezzogiorno. Lo stesso  Mezzogiorno che oggi non solo non è diventato  global,  ma è come sparito dall’agenda del Governo. E che per giunta subisce le offese della Lega, che se affronta il tema del dualismo, grave  strozzatura dell’Italia,  lo fa con leggerezza sconfortante. 

 Che ora  le reti siano  corte o lunghe, pur riconoscendo che  è interessante capire per meglio decidere, conta fino a un certo punto. Decidere, ecco cosa attendiamo. Da dove incominciare una relazione autentica  col meglio delle Calabrie sparse per il globo: questo ci si deve dire. E come e quando. 
Guagliardi e Cersosimo, due personalità di spicco del Governo della Calabria, garantiscono che sì.  Lo faranno, se già non lo stanno facendo. Buon lavoro. La speranza è che i  politici che verranno dopo, al prossimo raduno di calabresi trapiantati  in un altrove remoto, non debbano ancora ricominciare da zero.  La parola neanche in politica  può essere merce con cui riempire voragini di idee e progetti. Infine, abusandone, si  genera scetticismo e sfiducia che minano alle fondamenta la democrazia. Così, per il rispetto che dobbiamo al sacrificio immane  di chi suo malgrado è fuggito,  se non si ha niente di tangibile  da mettere sul tavolo,  il silenzio non è un cattivo surrogato.


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