Il Chi è di Corrado Calabrò
L’animo umano sfugge allo sguardo più penetrante”. Napoleone, che di uomini s’intendeva, non aveva dubbi. Il calabrese Corrado Calabrò, classe 1935, timoniere dell’Authority per le comunicazioni, ne è un esempio. Appena lo ficchi in un ruolo, oplà!, sguscia via. Non a caso a Roma dice di sentirsi “come un pesce nell’acqua”. Confessa, però, che la mattina, quando spalanca le imposte, avverte un senso di privazione: “Sul momento non realizzo, ma poi capisco: mi manca il mare, che vedevo dalle finestre di casa mia, a Reggio”. Dove, negli Anni ’40 ha fatto “studi severi” (laureato in legge a Messina in tre anni e mezzo) grazie ai quali ha vinto più concorsi, fino a quello selettivo al Consiglio di Stato. Luogo di libertà la Calabria per il giovane
Corrado: “Nelle vacanze estive facevo una vita da selvaggio, nuotando, uscendo con i pescatori la notte, andando a caccia. Da ragazzino vivevo solo per parecchi giorni alla settimana, con una dozzina di cani da caccia che circolavano per casa e col fucile carico accanto al letto”.
Vita selvaggia, ma con letture furiose: romanzi, storia, poesia, ma anche fisica e astrofisica, “che era la materia che avrei voluto prendere all’Università. Ma mio padre mi disse che le condizioni economiche della nostra famiglia, avevamo avuto un dissesto, non me lo consentivano”.
Fratello minore di don Italo, non un prete e basta. In trincea accanto ai minori difficili, le ragazze madri, i disabili. E a muso duro contro la ‘ndrangheta. Disse una volta : “I mafiosi sono uomini senza onore”. Ma Calabrò è anche il giurista talentuoso, presidente del Tar del Lazio, il giurisperito accanto a politici di rango come Aldo Moro a Palazzo Chigi.
Se però lo pensi di ghiaccio, alle prese con sentenze e codici, hai toppato. Adesso incede il Calabrò poeta mediterraneo. E scrittore capace di scandalizzare. La sua opera tradotta in 13 lingue. Quindici raccolte di poesie e un romanzo finalista allo Strega. Che ha fatto sobbalzare dalla sedia chi lo reputava potente e pudico esponente della lobby delle toghe amministrative. Frasi erotiche di “Ricordati di dimenticarla” hanno suscitato inquietudini. Dietro Alceo, il protagonista ossessionato dal sesso, s’intuisce lo sguardo divertito dell’autore che svela la “mediocrità istituzionalizzata” della borghesia romana. E usa il sesso, di cui niente è taciuto, come il ritorno alle origini.