28 febbraio 2009    

La Calabria isolata dal Paese (di Romano Pitaro)


Se 45 o 75 muniti in più, come scrive l’Ansa, vi sembran pochi, provate voi a prenderlo quel treno. Prego, s’accomodi dottor Moretti, amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato. Faccia sapere se viaggiare così è un piacere o una punizione. 
Lamezia/Reggio in un’ora e quaranta (in tempi normali e se va bene)   è già uno scandalo. Per capirci: in due ore e mezza da Lamezia col nuovo treno s’arriva a Napoli. E non è il caso di citare esempi di efficienza ferroviaria e di tempi record fra città del  Centronord (in Spagna, poi, grazie a Zapatero sui treni  si va che è un incanto) per dire quant’è frustrante  viaggiare in Calabria.
Le città principali (Catanzaro/Reggio) col traffico che a Lamezia stazione   arriva da Cosenza diretto a Sud, dovrebbero essere raggiunte in meno di un’ora. Così s’accorciano le distanze. E  non solo quelle spaziali.
Ma  di normale qui non c’è nulla in tempi normali. Figurarsi oggi, con quella frana nel vibonese.Un convoglio fermo in una stazione
Tempi duri, dunque. Sia  per chi viene in Calabria, sia  per chi in Calabria  si sposta da un luogo all’altro.  Pensare  che c’è una letteratura mastodontica che del viaggio in Calabria ha fatto faville. Quasi non ci si capacita.  Oggi a chi crede nel viaggio come a una forma sublime di conoscenza, in Calabria non conviene venire.
Signore/i, il messaggio che trapassa i timpani e gli occhi degli italiani  è chiaro: non solo è indicata nelle mappe del Paese  come “hic sunt leones”.  D’ora in avanti, la Calabria è anche, se guardiamo l’intero spettro dei trasporti,  fisicamente sbaragliata. La ferrovia che unisce, adesso  quasi  suggella la divisione. Isolando la Calabria dal resto dell’Italia, la si tratta da terra indesiderata e i suoi cittadini sono di serie B.
Non ci puoi arrivare in aereo, se non hai tanti soldi da sborsare (il presidente dell¹Aeroporto di Lamezia ha pagato  un’andata/ritorno per Roma ben 440 euro). Anziché aumentare, la concorrenza tra compagnie è stata sfoltita con la nascita dell’ineffabile  Cai. L’Antitrust del presidente Catricalà dovrebbe dare una sbirciata.  
Non ci puoi arrivare con l’autostrada, colabrodo inzuppato di soldi pubblici, simbolo di un futurismo trasgressivo privo della benché minima idea di società moderna  e oggetto delle sparate  di ministri che mollano  date a casaccio sulla conclusione dei lavori.  Quando Ciampi, da presidente della Repubblica, venne in Calabria nel 2004  e  incontrò i vertici  dell’Anas, fu rassicurato così: «L’autostrada sarà terminata forse nel 2007». Lui, con enfasi, rispose:  «Bene, ma si tolga quel forse». Fece effetto, ma non sortì effetti.
Adesso il trauma ferroviario  incarognisce tutto. A volte viaggiare sui treni regionali, con le carrozze  fabbricate negli Anni ‘50 quando i calabresi erano alti un metro e quaranta,  è come fare un salto indietro nel tempo, l’Italia  in bianco e nero alla tv  e il confort da  viziosi impenitenti.
Da qualche giorno il traffico ferroviario è in tilt.  E Trenitalia, che veicola  la promozione della Calabria  con “Ringhio” testimonial  su due Eurostar che, guarda la combinazione, in Calabria sono interdetti, tratta l’argomento con il distacco di un lord che osserva con fastidio i poveracci per strada. Fa bene la Regione a incavolarsi. Se può la sbatacchi bene l’Azienda ferroviaria. Vendichi la dignità ferita degli utenti treniferi mortificati dal disservizio erogato  ogni santo giorno dell’anno.
S’inalberi la Regione. Ne vanno di mezzo non solo il viaggio sicuro in treno, e naturalmente  le comunicazioni da/per la Calabria con ciò che implicano, ma l’identità culturale stessa di una terra che, se passa anche  l’idea che sia irraggiungibile, può chiudere bottega.
C’è, infine, una nota sui nativi. Altro che “minoranze combattive”, come le definisce il patron del Censis  De Rita. Dinanzi al  caos tutt’altro che calmo, s’immaginerebbe la rivolta dei pendolari. Binari occupati, proteste e lanci d’uova in ogni  direzione. Invece niente. Bistrattato, preso per i fondelli, trattato come pezza vecchia, il pendolare  alza la voce quando non c’è nessuno in giro. Stoicamente sopporta. S’infila le mani nelle tasche, in attesa che il ghigno feroce evapori col primo sole che filtra dal finestrino sporco  del treno.
Sono fatti cosi i pendolari calabresi: non hanno coscienza di classe. Non s’infervorano, se in agosto viaggiano in carrozze senza aria condizionata e in inverno scoppiano dal caldo. O  se  in una galleria lunghissima come quella tra Castiglione e Paola con frequenza più che regolare viaggiano al buio.
Non  nutrono fiducia nella contestazione. Non credono che si possa cambiare. Sprofondano  nel loro “io”  e si  abbottonano  il cappotto dinanzi ai ritardi più osceni  che farebbero arrostire dalla rabbia un tedesco, uno scozzese, un inglese, un italiano del Nord.  Sperano solo  d’arrivare a destinazione.  Prima o poi.

 segnala pagina ad un amico
 CHIUDI