19 febbraio 2009    

Ripartono i flussi migratori. (di Luisa Lombardo)
Torna ad impoverirsi una regione che perde la sua ricchezza maggiore.


Emigrazione: ci risiamo. Dopo le stagioni che avevano fatto registrare una pausa, il fenomeno torna a riproporsi ed ancora una volta, sono protagonisti i meridionali. I calabresi, restano sempre attestati ai primi posti. E l’inquietudine cresce. I dati di cui si dispone sono eloquenti, confermando l’ampiezza del fenomeno che coinvolge i giovani del Sud. Ovviamente non è pensabile un accostamento con quel passato davvero spaventoso, che vide uomini e donne di Calabria, partire anch’essi sui “vascelli della morte” dai porti di Genova e di Napoli. Anche nel lontano 1870, fra i 100 mila (contadini, braccianti ed artigiani) a cercar Un piccolo centro abitato calabrese, svuotato dall'emigrazionefortuna, i calabresi erano numerosi. Su 4 milioni e 700 mila italiani che hanno lasciato il Paese fra il 1901e il 1913, ben 3 milioni e 400 mila venivano dal Mezzogiorno.
Sono pagine dolorose della storia del nostro Paese. L’odissea di uomini e donne espulsi dalla miseria e dall’abbandono: un fiume che si riversò ovunque. Come detto (per dimensioni, cause, e conseguenze), non è possibile alcun accostamento fra il fenomeno migratorio del passato, e l’emigrazione che coinvolge i giovani di oggi.
Mentre un accostamento, anzi, quasi una corrispondenza, per dimensione e numeri, è ravvisabile tra l’emigrazione attuale e quella che caratterizzò gli anni ’60. “Oggi si emigra come negli anni ’60”: testuali parole dello Svimez nel rapporto 2007 pubblicato dal principale quotidiano economico italiano Il Sole 24ore. E la matrice è sempre la stessa: un Sud sempre più pessimista rispetto alla prospettive di lavoro, rese ancor più ‘amare’ dalla recessione in atto che da noi rischia facilmente di scivolare in depressione.
“Nel 2004 - rileva lo Svimez – in base agli ultimi dati disponibili, sono stati circa 270mila i trasferimenti Sud-Nord (stabili, 120 mila); (temporanei, 150 mila). Numeri molto elevati – si osserva – se si pensa che negli anni di massima intensità migratoria 1961- 63, la quota raggiunse i 295 mila”.  
Il dato certo quindi è che la Calabria si ritrova ancora una volta in fuga e che bisogna saper fronteggiare subito la nuova emergenza. Secondo i calabresi, le colpe vanno ricercate fra la classe dirigente locale, ma anche più in alto, in uno Stato che spesso è stato assente.
Vero è – dice la gente – che, mentre l’Italia (tradizionale terra di emigrazione) si è trasformata, capovolgendo la vecchia realtà, in terra di immigrazione, la Calabria continua a mandare fuori dalla propria, i suoi giovani, sua maggiore ricchezza.


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