16 dicembre 2008    

«Un emendamento su cui riflettere» (di Antonio Borrello*)


Di segno positivo, per le risposte che   assicura alla Calabria, l’approvazione dell’assestamento di Il vice presidente del Consiglio regionale Antonio BorrelloBilancio/2008  in Consiglio regionale.
 Ma non aver voluto approvare l’emendamento n. 345 da me proposto, per introdurre una diversa ripartizione delle risorse finanziarie destinate alle 5 province,  è stata  un’occasione sprecata.
 La dimostrazione che la politica stenta a comprendere quanto sia necessario, soprattutto  oggi, cambiare schema. Non basta solo  fornire il “pronto soccorso” alle  fasce sociali in affanno, è urgente   tentare di ridefinire un nuovo  profilo della Calabria, aderente alle dimensioni sociali reali e  proprio partendo dai dati economici concreti di ciascun territorio. Abbandonando, cosi,   la logorrea recriminatoria che il più delle volte non aiuta la politica a stare al passo con i tempi  e   un modo di fare  politica nelle Istituzioni spesso  iterativo, di routine,  privo di idee forti. E oggi come mai, senza idee  nessun aggregato è in grado di ottenere risultati, né alcuna visibilità.
 Ho pertanto proposto che la Regione attui il principio della coesione sociale per lo sviluppo equilibrato dell’intero territorio regionale, non più in astratto, bensì  tenendo conto degli indicatori attestanti il livello di deficit strutturale delle singole province calabresi secondo i rilevamenti annuali dell’ISTAT e, insieme, che la Giunta regionale, per il periodo di vigenza del POR 2007-2013, in sede di programmazione delle risorse finanziarie rese disponibili da fondi comunitari, nazionali e regionali, assuma, quale prioritario parametro di riferimento, il Pil pro-capite riferito ad ogni provincia, che per l’anno 2007 presenta le seguenti risultanze: Crotone € 15.236,65; Vibo Valentia € 15.470,81; Reggio Cal. € 16.163,76; Cosenza € 16.755,03; Catanzaro € 18.897,10.-
 L’emendamento, com’è noto,  non è passato. Ma ha di sicuro aperto  varchi nell’appannata consuetudine di non discostarsi dalle impostazioni più tradizionali e di sicuro se ne riparlerà.  Perché come si può, ancora, proseguire nella ripartizione  delle risorse  comunitarie, nazionali e regionali, senza avere esatta  contezza della condizione reale delle 5 province calabresi?
Come si può ipotizzare una politica di coesione sociale, di intervento strategico  e di proficua  utilizzazione delle risorse e delle intelligenze di cui disponiamo, se non sincronizziamo il più rapidamente possibile   gli interventi pubblici  ai bisogni veri  dei territorio?
 Sono le domande alle quali l’emendamento, teso a far sì che gli interventi finanziari siano coerenti con il Pil e non in base a indefinite valutazioni o peggio  alla “forza” politica di ciascuna provincia, tentava di fornire una risposta a cui però l’Aula ha inteso  sfuggire.
 Dimostrando, così, che:
a) la politica è ancora distanze dal coraggio collettivo che i tempi richiedono di iniziare una valutazione meno approssimativa  delle condizioni in cui versano i nostri territori e ciò perché, essenzialmente, manca di un organico Piano regionale di sviluppo che, se ci fosse, obbligherebbe a non muovere un passo senza prima capire quali benefici si ottengano da qualsiasi provvedimento assunto;
b) il dibattito politico stesso, anche quand’è reattivo alle politiche discriminatorie  del Governo o quando reagisce all’azzeramento del rapporto tra i cittadini ed i propri rappresentanti politici, in Calabria stenta a superare la soglia della vacua imprecazione. Stenta a  diventare progetto incidente nella vita della gente, maturo  disegno economico supportato da dati e certezze, in una parola:  terapia  d’urto per una situazione che ha tutti i tratti della straordinarietà. 
Si dirà che  questi sono limiti strutturali ben noti e che  non sarebbe bastato  un emendamento a rimuoverli. Mi si accuserà di ottimismo: come sarebbe possibile che un contesto disgregato come quello in cui ci muoviamo, di colpo possa riflettere su se stesso e, a dispetto di tutto, mettersi in gioco e rischiare la sua posta per andare incontro a una cosi radicale revisione dello status quo e a una riforma generale  dell’insieme?
 Sono delle verità anche queste. Perciò non biasimo i miei colleghi e nel contempo  non   considero sconfitto l’emendamento che, a breve,  trasformerò in progetto di legge. Non con l’intento di aggiungere una legge al già copioso  patrimonio legislativo, piuttosto per offrire alla politica, alle forze sociali, culturali, alla Calabria, l’occasione per capire che il federalismo ormai prossimo, la centralità dell’idea di politica legata al territorio, passano per la strada indicata da quell’emendamento.
Le risorse vanno investite in maniera adeguata alle esigenze dei territori, finalmente protagonisti di scelte concertate e non più subite; in questa logica le   province più svantaggiate, se non vogliamo che   soccombano, hanno diritto a una maggiore e più puntale  attenzione.  Non l’attenzione assistenziale di sempre, si badi, ma l’attenzione che una classe politica moderna, capace di stare nel dibattito nazionale e di capire   le sfide che abbiamo dinanzi, deve riconoscere alle potenzialità insite nelle diverse aree del sistema - Calabria. Soltanto cosi, d’altronde, la politica riguadagna prestigio ed  autorevolezza.


* Vicepresidente del Consiglio regionale
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