4 maggio 2005    

Riforme costituzionali: il punto di vista dei Consigli regionali




Il punto di vista delle Assemblee legislative regionali sulla riforma costituzionale in atto nel Parlamento è stato espresso compiutamente con il documento che pubblichiamo nella sua interezza.

La Conferenza dei Presidenti dell’Assemblea, dei Consigli regionali e delle Province autonome, riunita a Milano lunedì 25 ottobre2004 presso il Consiglio regionale della Lombardia, nel riconoscere l’impegno che Governo e Parlamento hanno assunto per procedere verso riforme costituzionali considerate necessarie anche dal sistema regionale, ha esaminato la configurazione del p.d.l A.C. 4862, approvato dalla Camera dei Deputati, alla luce delle proprie precedenti proposte e mette in luce, indipendentemente da un giudizio di merito sull’intero p.d.l., le seguenti osservazioni. Approvato all’unanimità dei presenti, con l’astensione del Presidente del Consiglio regionale del Piemonte Roberto Cota.

Senato federale. La conformazione del Senato federale della Repubblica, pur inserita in un quadro di bicameralismo differenziato e in un assetto di ispirazione federale, non corrisponde pienamente alle caratteristiche di una camera rappresentativa degli enti territoriali, poiché non appare sufficientemente garantita l’emersione degli interessi territoriali delle Regioni e delle Province autonome. Risulta debole la pur affermata garanzia di ‘rappresentanza territoriale’ del Senato federale, genericamente considerata nell’art. 4 (modificativo dell’art. 58 Cost.) e rinviata semplicemente alla futura legge elettorale.
La Conferenza aveva proposto, con un proprio documento, che una parte dei componenti il Senato federale fosse eletta dalle assemblee regionali. La richiesta risulta parzialmente accolta nel comma 6 dell’art. 3 (modificativo dell’art. 57 Cost.) che prevede la partecipazione all’attività del Senato federale di rappresentanti delle Regioni, eletti dai Consigli regionali. A questi rappresentanti non è però attribuito il diritto di voto: ne risulta quindi una presenza politica depotenziata, certamente non rispondente né alle proposte della Conferenza né alle esigenze di un federalismo compiuto.
Sembra ridimensionata l’ipotesi di una ‘contestualità affievolita’ tra elezioni delle assemblee regionali ed elezioni del Senato federale: ma rimane ancora da verificare il contenuto reale di tale contestualità , anche se il testo dell’art. 6 (modificativo dell’art. 60 Cost.) sembra aprire la strada ad una piena contestualità, rimandando comunque ogni precisazione alla futura legge elettorale per il Senato federale ed ai meccanismi previsti dalle norme transitorie.
Va rilevata con apprezzamento la disposizione dell’art. 36 (modificativo dell’articolo 126, 3° comma), che ridimensiona la clausola ‘simul stabunt aut simul cadent’ nei rapporti tra Presidente di Giunta ed Assemblee, escludendo che si faccia luogo a dimissioni della Giunta ed a scioglimento del Consiglio in caso di morte o di impedimento permanente del Presidente della Giunta. Una norma transitoria stabilisce che tale nuova disciplina si applica transitoriamente anche nei confronti delle Regioni nelle quali, alla data di approvazione delle modifiche, sia già entrato in vigore il nuovo Statuto: sarà comunque necessario un adeguamento statutario per disciplinare la nomina del Presidente subentrante. La modifica dell’articolo 126 raccoglie una precisa proposta formulata ufficialmente dalla Conferenza.
Competenze legislative regionali. Premesso che la Corte Costituzionale, con successive sentenze, utilizza già da tempo clausole generali a difesa del sistema nazionale, recuperando sufficientemente per questa via la tutela dell’interesse nazionale; nell’affrontare i problemi posti dal potere legislativo concorrente, si è proceduto più che altro ad una serie di aggiustamenti, che rischiano di apparire superflui. La ‘clausola di supremazia’ prevista dall’articolo 36 del progetto di legge (modificativo dell’art. 120 della Costituzione), altera il quadro dei rapporti tra potere legislativo statale e potere legislativo regionale, con garanzie deboli dell’autonomia regionale.
La reintroduzione di un vero e proprio controllo di merito (art. 39) sulle leggi regionali e delle province autonome, da attivarsi in presenza di una supposta lesione dell’interesse nazionale, indebolisce le condizioni di autonomia fissate con la riforma del 2001, ed è, comunque, una soluzione di dubbia efficacia, data l’imprecisione e l’elasticità della nozione di interesse nazionale. D’altra parte la Corte costituzionale.
Ricorso diretto alla Corte costituzionale da parte degli enti locali. L’articolo 39/bis, approvato come nuovo art. 128 della Costituzione, consente ad ogni Comune, Provincia o Città metropolitana di ricorrere direttamente alla Corte costituzionale contro leggi o atti aventi forza di legge dello Stato e della Regione che ritenga lesivi delle proprie competenze costituzionalmente attribuite, salvo che il Consiglio delle autonomie locali della Regione dichiari la manifesta infondatezza della questione di costituzionalità. Questa disposizione appare assolutamente inopportuna, quanto meno considerata nel quadro dei rapporti tra Regioni ed enti locali, viste le rilevanti garanzie di partecipazione e di intervento offerte agli enti locali proprio dal Consiglio delle autonomie locali. Rischia di trasferire sul piano del contenzioso giuridico questioni che possono e devono essere risolte appunto attraverso il circuito tra Regione e Consiglio delle autonomie, al quale pressoché tutti i nuovi Statuti regionali riconoscono il potere di esprimere pareri condizionanti nei confronti della legislazione regionale. Lede l’autonomia statutaria delle Regioni, cui l’articolo 123 riserva la disciplina delle funzioni del Consiglio delle autonomie locali. Affida a tale Consiglio una funzione sostanzialmente giurisdizionale (la dichiarazione di manifesta infondatezza) che si estende addirittura a una forma di sindacato di costituzionalità su leggi statali o regionali.
Norme in materia elettorale. L’art. 36/bis, modificativo dell’art. 122 della Cost., attribuisce alla legge statale anche la determinazione ‘dei criteri di composizione’ degli organi elettivi delle Regioni. Questa norma costituisce una grave lesione dell’autonomia normativa in materia elettorale riconosciuta alle Regioni dall’attuale art, 122. Va inoltre ad incidere anche sulla autonomia statutaria, posto che gli Statuti regionali approvati o in corso di approvazione contengono già legittimamente indicazioni sulla composizione dei Consigli regionali.
Lo stesso articolo dispone inoltre che il Presidente della Regione ‘non è immediatamente rieleggibile dopo il secondo mandato consecutivo’. Anche qui siamo di fronte ad una lesione della autonomia statutaria, cui spetta disporre in materia di forma di governo, e ad una lesione della autonomia normativa regionale in materia elettorale. Va ricordato che l’art. 2 della legge 165/2004 (Disposizioni di attuazione dell’articolo 122, 1° comma, della Costituzione) attribuisce la facoltà di disporre questa particolare ineleggibilità alla normativa elettorale regionale.
Regioni a statuto speciale e Province autonome. Prende atto con soddisfazione che il testo approvato dalla Camera tiene in considerazione le osservazioni avanzate nell’ o.d.g. approvato il 3 agosto 2004, a Trieste, dai rappresentanti delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome. Sottolinea tuttavia la natura ‘pattizia’ dei rapporti tra le autonomie speciali e la Repubblica nel suo complesso: rispetto a tale esigenza si ribadisce la necessità di un ruolo paritario delle assemblee regionali e del Parlamento nell’elaborazione degli statuti speciali. La Conferenza, in via di principio, esprime la netta contrarietà delle autonomie speciali a qualsiasi riduzione del loro ruolo storico, garantito da vincoli procedimentali rafforzati e da precisi riferimenti internazionali.
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