19 settembre 2008    

Magarò: ''Riformare e modernizzare il sistema istituzionale''


Nel corso della seduta della Commissione del 26 febbraio scorso si è deciso di avviare un dibattito politico-istituzionale per favorire un disegno organico di revisione dello Statuto, del Regolamento interno e della legge elettorale regionale, chiedendo al Presidente di redigere un breve documento di base.

Nei momenti di crisi emergono talvolta le premesse per una rinascita. Guardare al futuro dell’istituzione con sguardo lungimirante, senza lasciarsi condizionare dall’esistente, è una sfida che la Commissione Riforme ha scelto di condurre fino in fondo.Il Presidente della Commissione Riforme Salvatore Magarò

Parlare, pertanto, di una nuova stagione di riforme non è velleitario ma quasi imposto dalla stessa crisi, perché è evidente che se non si procede sulla strada della modernizzazione, con lo sguardo attento tuttavia all’equilibrio dei poteri, sarà difficile risalire la china. Del resto, questa è un’esigenza che pare sia avvertita in tutte le forze politiche, a prescindere dagli schieramenti.

In questo lavoro non si parte da zero. Si può, infatti, fare tesoro dell’intensa esperienza riformatrice della scorsa legislatura, sia in termini di sforzi convergenti per pervenire a soluzioni il più possibile condivise, sia utilizzando contenuti culturali e proposte originali emersi nelle appassionate discussioni degli anni scorsi. D’altra parte, il nuovo Statuto conserva notevoli potenzialità e spazi per la sperimentazione, rimasta purtroppo bloccata. Si pensi al Consiglio delle autonomie locali ed alla Consulta statutaria, le cui leggi istitutive sono state emanate nel gennaio scorso ed ancora non sono state attivate le procedure per la loro costituzione.

In ogni caso, è solo sciogliendo i dilemmi statutari che è possibile andare alle conseguenti riforme del Regolamento e della legge elettorale, fermo restando che qualsiasi norma, anche la migliore, resta mero esercizio retorico se non viene attuata.


Lo Statuto

La questione dirimente di oggi, come del resto lo è stata per tutti gli statuti regionali, è la forma di governo. La sentenza della Corte costituzionale n. 2 del 2004, riguardante proprio la prima versione dello Statuto calabrese, con chiarezza indica che o si conferma l’elezione diretta del Presidente della Giunta, con tutti i suoi corollari, o si opta per l’elezione consiliare, ridisegnando a questo punto i rapporti tra Consiglio e Presidente della Regione e Giunta regionale.

Il tempo è maturo per riaffrontare la questione con maggiore consapevolezza e senza alcuna preclusione. Se è vero che l’elezione diretta conserva notevoli aspetti positivi, è altrettanto evidente che non garantisce in assoluto stabilità né è controbilanciata adeguatamente. Si pensi alla mancata riforma dell’articolo 126 della Costituzione in ordine allo scioglimento anticipato del Consiglio in caso di rimozione, morte o impedimento permanente del Presidente, o al potere concesso dall’articolo 37, comma 3, al Presidente della Giunta in ordine alla questione di fiducia.

Palazzo campanella sede, a Reggio, del Consiglio regionale della CalabriaRimane centrale in ogni caso il rapporto tra Esecutivo e Consiglio regionale, per i quale tuttavia non è proprio il caso di rivendicare spazi gestionali, dovendosi puntare piuttosto sull’aumento delle funzioni di indirizzo e controllo.

Circa la prima parte relativa ai principi, credo che il nuovo Statuto sia abbastanza ridondante. Piuttosto che aggiungere forse sarebbe il caso di asciugare.

Da assottigliare probabilmente sono anche taluni organismi che non hanno trovato e stentano a trovare concreto ruolo istituzionale. Non si disconosce che in teoria potrebbero avere un ruolo positivo ma è anche vero che nella realtà calabrese possono risultare poco incisivi se non inutili.

La mutata realtà del panorama politico, specialmente in vista di un Parlamento con pochissimi gruppi parlamentari, dovrebbe consigliare una rivisitazione dell’articolo 27, non solo per adeguarlo ma anche per sottrarre la normativa sui gruppi, normalmente di natura regolamentare, alla rigidità statutaria.

Anche se si tratta di un aspetto delicato, occorrerà affrontare nuovamente la questione del numero dei componenti del Consiglio regionale.

Restano alcuni punti da segnalare:

a) lo status del consigliere regionale, con l’esigenza di rafforzare le sue prerogative nell’esercizio delle attività di sindacato ispettivo, prevedendo la possibilità di adeguate sanzioni in caso di inosservanza;

b) lo spoil system, optando tra la conferma, rendendo allora più cogenti le norme, o il suo abbandono;

c) l’ampio tema dei controlli amministrativi interni, di fatto non esercitati anche perché mancano di un sistema sanzionatorio.

 

Veniamo, adesso, al Regolamento le cui modifiche sono direttamente legate a quelle statutarie. Tuttavia anche a Statuto vigente è possibile una rivisitazione delle norme a fine di rendere più rigorosa e puntuale la norma scritta, eventualmente assumendo in quest’ultima quanto di stratificato dalla prassi si ritenga possibile alla luce dello Statuto, depurare gli articoli da norme non propriamente regolamentari e semplificare le procedure per limitare le perdite di tempo.

Bisogna in ogni caso avere la consapevolezza che, in un’Assemblea legislativa, il regolamento interno non è solo il sistema regolatore delle procedure, e perciò superabile con prassi sanatorie, ma il segno stesso dell’autonomia che è tanto più garantita quanto maggiore è il rigore con il quale si applicano le norme scritte.

La legge elettorale richiama l’interdipendenza tra Statuto, specie per quanto concerne la forma di governo. Pertanto qualsiasi discussione sul tema non solo è inutile ma potrebbe creare più difficoltà che sostegni in un cammino riformatore. Ci si può esercitare con dotte dissertazioni su mantenimento o abolizione del listino, nuovi collegi, cause di incompatibilità ed ineleggibilità più o meno centrati, ma ad un certo punto occorrerà fermarsi e probabilmente nel frattempo si saranno registrare profonde lacerazioni tra le forze politiche. Meglio chiarire prima il quadro istituzionale e successivamente affrontare di slancio la questione della legge elettorale. In materia di legge elettorale, bisogna, infine, segnalare che manca nell’organizzazione regionale un ufficio elettorale che dovrebbe gestire un eventuale nuovo sistema, non potendosi ipotizzare che il Ministero dell’Interno con le Prefetture possa continuare a farlo al posto della Regione. Così del resto avviene in Sicilia ed in Toscana, le uniche regioni che hanno una legge elettorale organica e diversa da quella nazionale. 

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