29 luglio 2008    

Trematerra (Udc): «La Vice presidenza del Consiglio riguarda l'intera Assemblea»


La questione dell’elezione del vicepresidente del Consiglio regionale della Calabria - con la pretesa del Pdl di “scippare” la riconferma di un rappresentante dell’Udc in sostituzione dell’onorevole Roberto Occhiuto eletto in Parlamento - sta disvelando compiutamente un’innegabile valenza politica, tale da travalicare anche l’ambito regionale. La vicenda, che solo un’analisi superficiale e rozza può bollare con giudizi tranchant come “questione di poltrone”, offre invece, secondo me, spunti di riflessione che a vari livelli che s’intrecciano sia con l’attualità politica sia con le stesse prospettive future della Calabria.
Il primo aspetto, partendo, dall’ambito della minoranza, è relativo alle relazioni tra l’Udc e il Pdl. Alla luce dei fatti che si sono svolti nelle ultime settimane, non solo si rileva un atteggiamento di ingordigia e voracità nel voler pretendere di occupare a tutti i costi anche il ruolo di rappresentanza istituzionale che era attribuito all’Udc ma si staglia con nettezza il profilo di un Pdl colpito da sindrome da autosufficienza.
Siamo stati, infatti, praticamente sospinti a decidere di posizionarci come forza autonoma, come “altra” minoranza. Siamo stati obbligati a compiere tale scelta di fronte a un Pdl che anzichè dialogare ha preteso di far parlare solo la conta dei numeri, confermandosi, anche in Calabria, più che un partito, un cartello, figlio anche qui da noi di una frettolosa e precipitosa fusione tra Forza Italia e An. Questo cartello, ancora in cerca di identità, senza strumenti interni di partecipazione e con una gestione di tipo oligarchico-padronale, si è mostrato indifferente e sordo rispetto alle nostre legittime ragioni. Il capogruppo regionale Udc Michele Trematerra
Dimenticando che in politica i numeri si contano ma soprattutto si pesano (basti ricordare che alle elezioni regionali del 2005 siamo risultati il primo partito della coalizione e alle ultime politiche, da soli, abbiamo ottenuto l’8 per cento) la maggioranza dello schieramento d’opposizione è stata fermamente determinata - direi persino rude - nel negare rappresentanza istituzionale a una forza politica che esprime posizioni politiche e culturali autonome.
La Pdl tralascia pure, e disconosce, che gli organi di vertice istituzionale non sono ”orticelli” da lottizzare o privatizzare con logiche predatorie, bensì espressioni d’autogoverno di un’assemblea legislativa dalle quali le principali forze politiche non possono rimanere escluse. 
E’ con tale consapevolezza, perciò, che qualifichiamo la questione sul tappeto: lungi dall’essere un “affare interno” della minoranza, riguarda  tutta l’Assemblea e non solo un segmento ma l’intera politica regionale.  Mi pare, d’altra parte, che neppure la visione più assoluta del bipolarismo possa accettare modalità così brutali.
Atteggiamenti predatori, fagocitanti, e logiche di esclusione ci mettono angoscia ma non devono, evidentemente, preoccupare solo noi. Perciò ritengo quantomai opportuno aprire un confronto il più ampio possibile sulla vicenda. Un confronto franco e trasparente che affronti la questione contingente ma guardi anche ai prossimi scenari della politica regionale.
Per noi la critica serrata al bipolarismo - per non dire della versione sconcertante che se ne offre in Calabria - non può essere, infatti, cosa lontana e diversa dall’impegno a trovare soluzioni e rimedi ai problemi seri e impellenti che affliggono la nostra regione. La gravità della crisi calabrese che è la punta più acuta del disagio meridionale, per quanto ci riguarda, pone interrogativi di fondo sul suo futuro, sulla “tenuta” economica, sociale e democratica.
La Calabria, insomma, si conferma un significativo banco di prova. Il che induce a due domande ineludibili: a prospettive così drammatiche quali risposte ha saputo dare il bipolarismo? E l’alternanza che pure c’è stata, sia a livello locale che nazionale, quali efficaci rimedi ha potuto avvicendare?
Le risposte non sono favorevoli nè soddisfacenti. Ammettiamolo: finora, malgrado pure sforzi encomiabili, sia il bipolarismo che l’alternanza si sono mostrati gravemente insufficienti, inadeguati e impotenti. E’ perciò con forte senso di responsabilità, credo che un appello a tutta la politica regionale ma anche ai mondi dell’associazionismo civile e sociale, vada rivolto. Se intendiamo lavorare per il bene comune, che dovrebbe essere l’unica nostra vera missione, non pensate che nella realtà drammatica calabrese s’impone un rilancio e uno scatto della politica alla ricerca di soluzioni adeguate, senza che gli sviluppi debbano necessariamente essere ostaggi di schemi prefissati, senza, insomma, rigidi canovacci?
Siamo, del resto, in una stagione postideologica e sono sicuro che la Calabria e i calabresi meritino che si faccia ogni sforzo per non rinviare più importanti modernizzazioni e scelte riformatrici adeguate; in una parola, affrontare la profonda crisi della qualità, della incisività e della serietà di una politica di governo della regione.
La crisi economica, la situazione sociale e i rischi di tenuta democratica che la crescita esponenziale dei poteri criminali rende purtroppo tangibili,  non consentono di rassegnarsi più a subire percorsi prefissati tracciati altrove. Impongono, piuttosto, che si ricerchino e si intraprendano strade nuove.
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