22 luglio 2008    

Lezione di Talento (di Romano Pitaro)


“Investire ingenti risorse finanziarie per la valorizzazione dei talenti è un’operazione formidabile. Lo è ancor di più se lo fa una regione  svantaggiata come la Calabria, perché l’intelligenza giovane e  operosa  aiuta la risoluzione di qualsiasi problema”.  Parola della professoressa newyorchese Carmela Franklin Vircillo,  direttrice dell’autorevole American Academy in Rome. Una che di talento se ne intende e che, grazie al talento, ha fatto carriera  nella vita. Carmela Frankiln Vircillo, da piccola assieme al padre

Nata, 59 anni fa, in uno di quei paesi a nido d’aquila della Calabria,  Santa Caterina Albanese, un borgo di 400 famiglie arbëreshë dell’Alta Valle dell’Esaro fondato nel XV sec. da profughi albanesi fuggiti dalla loro patria conquistata dai musulmani una volta sconfitto il mitico regno di Skanderbeg, oggi la professoressa (insegna alla Columbia Università latino medievale ed è un’esperta di manoscritti antichi)  è al timone della più prestigiosa Istituzione culturale degli Stati Uniti in Italia.

 Il più grande istituto straniero a Roma si regge non grazie a finanziamenti pubblici e non rifà il verso ai governi del momento, ma  conta esclusivamente su fondi privati: 10 milioni di dollari l’anno. Nelle sue stanze al Gianicolo (11 edifici costruiti su 4,4 ettari di terreno e distribuiti in piccoli appartamenti occupati da 67 artisti americani ma anche europei dell’Est) sono passati artisti che hanno rivoluzionato il senso comune, cultori delle arti, scultori, pittori, architetti famosi come John Russel Popo e scrittori del calibro di Gore Vidal.

 Un’istituzione che tra i suoi mecenati ha avuto  grandi tycoon come il petroliere John Rockefeller, il genio bancario che anticipò la nascita della Federal Reserve J. Pierpont Morgan, Andrei Carnegie, il re delle ferrovie William Vanderbilt e Henry Frick che fu “sinonimo dell’oppressione capitalistica” come riferisce Corrado Augias (“I segreti di New York”) ma che divenne uno straordinario collezionista d’arte.

Figlia di un maestro elementare emigrato in America, andata via dalla Calabria a 14 anni,    nei primi anni ’50 in una delle tre classi elementari di Santa Caterina Albanese, nella Calabria ancora preda del latifondo parassitario, la direttrice dell’American Academy  ha scoperto  la sua passione per la cultura. Successivamente, per poter fare le scuole medie,     da Santa Caterina Albanese, dove c’era soltanto la scuola elementare, col freddo dei mattini invernali, insieme a  un gruppo di coetanei attendeva l’arrivo della corriera per andare a Malvito, il  paese vicino al suo.  Spesso la corriera non arrivava e toccava andare a piedi.

Commenta la professoressa:“Incontrerò volentieri a Reggio Calabria  i 500 superlaureati calabresi che grazie all’iniziativa del Consiglio regionale avranno una chance per provare a restare nella loro terra. So bene che non si tratta di un intervento risolutivo,   ma senz’altro rappresenta un momento d’incontro positivo fra la politica che decide di investire sul futuro,  tentando di evitare la fuga dei cervelli,  e i giovani laureati col massimo dei voti”.  

 E’ sorprendente scoprire  nella sua efficiente  attitudine all’organizzazione dell’Istituto americano  i tratti  di una donna che ha radici nel profondo Sud italiano.  Ogni tanto, nella sua mente allenata alle lingue classiche, il latino e greco,  s’insinua quasi di soppiatto un verbo dialettale: il passato che riemerge come un fiume carsico. Il manifesto della convenzione

Aggiunge la calabrese dell’American Academy: “per me è  un orgoglio rappresentare in Italia la cultura delle belle arti e della ricerca umanistica americana. Questa è anche la dimostrazione di quanto gli italiani siano cresciuti in America e di quanto i tempi siano cambiati. I fondatori, nel 1893, erano tutti americani, un gruppo di artisti che la idearono all’Esposizione di Chicago, in occasione del 400mo anniversario della scoperta dell’America. Il fatto che oggi un’italiana rappresenti in Italia l’Accademia è il segno di un mutamento notevole. Il fatto che a occupare questa postazione sia una donna del Sud mi riempie di orgoglio perché ricorda al mondo intero i sacrifici compiuti dai meridionali in anni che non bisognerebbe mai dimenticare.

Dell’Italia del Sud e della Calabria cosa pensa?

“Vorrei – risponde -  che fosse meno povero, meno violento. La Calabria è un paesaggio bellissimo, una grande civiltà, però non mi sembra che si sia integrata in modo completo nel mondo moderno. Non si può rimanere abbarbicati al passato. Forse in Calabria ci sarebbe bisogno di più competizione tra le persone e un po’ di individualismo americano, c’è bisogno di più impegno da parte dei calabresi. E necessario valorizzare il merito, i talenti. Ecco perché l’iniziativa del Consiglio regionale della Calabria   mi trova concorde ed entusiasta. Bisogna creare più opportunità per quelli che sono bravi negli studi e che, purtroppo, ancora vanno via dalla Calabria, magari non più negli Stati Uniti, ma a Londra, a Milano.

 Cos’è la  Calabria per un’americana di successo come lei?  

“La mia idea della Calabria -  risponde la professoressa -  non è obiettiva. Per me la Calabria è stata la mia famiglia, il lessico familiare e  l’amore per l’unità della famiglia che è il punto di forza della Calabria e, insieme, il suo punto di debolezza”.


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