28 marzo 2008    

Il ''Caso Calabria'' alla Bocconi (di Romano Pitaro)


“Non inseguite le regioni del Nord” mi disse Roberto Bin, professore di diritto costituzionale a Ferrara. Eravamo a ottobre del 2000.
Dopo 30 anni di regionalismo, per via della legge costituzionale n. 1 del 1999 che introduceva l’elezione diretta del presidente, le Regioni stavano per dotarsi dei nuovi Statuti. Da quella sfida, secondo Bin, sarebbe dipeso il rilancio o il de profundis delle Regioni come enti di governo. Palazzo Campanella sede a Reggio, del Consiglio regionale della Calabria
Una stagione costituente si apriva, lasciando intravedere grandi speranze; e la Calabria la visse con entusiasmo e intensa partecipazione. Disse ancora il professore: «Se fossi meridionale sarei orgoglioso di esserlo e di trovare la mia strada alle riforme delle istituzioni politiche. Per essere utile, la nuova Carta delle Regioni non può essere il contenitore di principi su cui tutti siamo d’accordo: la democrazia, la pace e la giustizia universale Anzi, su un punto gli esperti di varie scuole concordano: il nuovo Statuto regionale, se non vuole essere carta straccia, deve porre regole che rimettano in funzione il circuito decisionale e dei controlli».

A più di 30 anni dalla loro nascita le Regioni, quasi tutte, hanno oggi nuovi Statuti. La Calabria scommise molto sulle nuove regole. E vi giunse per prima, in Italia. Approvando il suo Statuto. Soprattutto, suscitando interesse per una certa formula che sembrava potesse sradicare il principio del simul stabunt simul Cadent.  Infine provocando sconcerto, quando fu chiaro l’epilogo, tra tutti gli avversarsi dei pieni poteri in capo  al presidente e della sua inamovibilità. Accadde, com’è noto, che lo Statuto calabrese fu impugnato dal Governo e, successivamente, dichiarato illegittimo dalla Corte costituzionale (sentenza2/2004).
Quel tentativo di affievolire il ruolo del presidente eletto direttamente, attraverso la costruzione geniale di una vicepresidenza titolata a mandare avanti la legislatura in caso di dimissioni volontarie, incompatibilità sopravvenuta, rimozione, impedimento permanente o morte del presidente della giunta, ora è diventato il “caso Calabria” nel testo di diritto costituzionale per gli studenti della facoltà di giurisprudenza della Bocconi. Autori i professori Roberto Bin e Giovanni Pitruzzella (G. Giappichelli editore - Torino).
Una pagina intera del VI capitolo dedicato a Regioni e governo locale è intitolata il “caso Calabria” che, deducono i due professori, “ha consentito alla Corte di consolidare la riforma della forma di governo regionale basata sull’elezione diretta del Presidente della Giunta, ponendo un consistente ostacolo all’adozione di soluzioni diretta a limitare o temperare il ruolo del presidente eletto”.
All’epoca le tensioni fra consiglieri regionali e presidenti eletti direttamente, in tutt’Italia, si tagliavano a fette. In realtà, i consigli regionali perdevano il “potere della crisi” spiegano Bin e Pitruzzella, cioè il potere di fare cadere i governi regionali revocando loro la fiducia. Vero è che il presidente può essere sfiduciato, ma in tal caso si scioglie automaticamente anche il consiglio.
Nella ricerca di soluzioni che salvassero l’elezione diretta del presidente e la facoltà dei consigli di cambiare il presidente senza decretare il loro scioglimento ed il ricorso a nuove elezioni, la Calabria.escogitò la formula del ticket (presidente e vice) da eleggere direttamente, assieme all’elezione del consiglio regionale. E ottenne il plauso di quasi tutti i consiglieri regionali rappresentali nella conferenza dei presidenti dei consigli, che seguiva, tifando per la formula della governance duale, il percorso indicato dalla Calabria.

Naturalmente quella formula proposta, che sembrava per tantissimi il modo più nobile per evitare l’azzoppamento dei consigli e per altri il tentativo di reintrodurre dalla finestra ciò che la riforma costituzionale aveva cacciato dalla porta, ossia i giochi di palazzo, venne bloccato dalla suprema Corte per violazione dell’articolo 122 della Costituzione.
Tutto sembrava dimenticato, a distanza di qualche anno. Masticando amaro, la stragrande maggioranza dei consiglieri regionali del Paese e tantissima parte della classe politica hanno accettato il nuovo corso. Dimenticata per tutti quell’esperienza, tranne che per gli studiosi di diritto.
Per loro i legislatori calabresi meritano una segnalazione per gli studenti dell’autorevole università di Milano, mentre ricordano, seppure di striscio, che la Corte, con quella sentenza, non ha messo fine alla discussione. Nel senso che, spiegano i due costituzionalisti, lo Statuto può anche adottare una forma di governo diversa da quella che prevede l’elezione diretta del presidente. Soltanto se lo Statuto sceglie il sistema dell’elezione diretta del presidente deve essere consequenziale, accettando quell’odiato/amato “simul stabunt simul cadent”.  

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