6 luglio 2005    

Un reportage di Alvaro sulla Parigi degli anni ‘50 (di Giuseppe Bova*)









Il 19 maggio scorso, a Parigi, all’Istituto di Cultura è stato presentato un volume, tratto da una selezione di testi giornalistici sulla Parigi degli anni Cinquanta, pubblicati da Corrado Alvaro sul quotidiano “La Stampa” di Torino, di cui era inviato speciale.

Si tratta di un’opera pregevole, frutto dell’impegno e degli studi condotti dall’Università di Caen e della collaborazione dell’Istituto di Cultura di Parigi. La prefazione del volume è di Anne-Cristine Faitrop Porta; il titolo è “Corrado Alvaro: ‘Paris sans fard’. Un reportage italien de 1950”.

Tutto ciò è stato possibile perché un piccolo editore calabrese, Giuseppe Falzea, ha concesso i diritti di pubblicazione dei testi italiani. Lo stesso sta preparando un’edizione italiana degli articoli in questione, che sarà pubblicata con il titolo: “Colore di Parigi”.

La notizia finirebbe qui, se non fosse per alcune considerazioni che discendono spontaneamente dall’evento considerato.

Anni Cinquanta. “Paris sans fard”: Parigi senza trucco. A descriverla è un inviato meridionale, calabrese di San Luca. Non c’è ancora l’Unione e nemmeno la Comunità europea. Ma gli europei ci sono, eccome. Come c’è un’Italia curiosa e aperta, che vuole capire, conoscere, informare. Oggi l’Unione c’è; ma l’esito del referendum sulla nuova Costituzione, in Francia ed in Olanda, ci dice che di europei e di europeismo ce n’è meno di allora. Anche in Italia, laddove la notizia dell’evento parigino, determinato dalla presentazione del volume sugli articoli di Alvaro, non è stata colta da nessun quotidiano nazionale. Lo stesso dicasi per i quotidiani calabresi, nessuno dei quali ha trovato spazio per quattro righe d’informazione su quanto avvenuto.

Tutto ciò simboleggia, più di tanti altri accadimenti, la situazione della nostra regione: caratterizzata dall’assenza di una vera ricerca e di un interesse positivo sulla propria identità; ci sono, purtroppo, poca memoria e scarsa curiosità ed anche per questa via emerge una nostra forte perifericità e una marcata marginalità rispetto all’Europa di oggi.

Dire che non va bene è davvero troppo poco e soprattutto non risolve nulla. Ciascuno di noi dovrebbe interrogarsi per vedere cosa si può fare, come può impegnarsi direttamente per contribuire ad un mutamento vero e sistematico.

Nel nuovo Statuto abbiamo scritto che la Regione Calabria ispira la sua azione alla valorizzazione ed alla disciplina del sistema locale delle comunicazioni, al fine di garantire il pluralismo e la concorrenza. Da tempo giacciono in Consiglio proposte di legge sull’editoria cosiddetta “minore”: tirarle fuori dagli scaffali, rifletterci sopra, adeguarle e poi approvarle sarebbe una prima risposta e soprattutto un buon inizio.

* Presidente Consiglio regionale Calabria
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