Pubblicato il 24/01/2020
N. 00600/2020REG.PROV.COLL.
N. 10129/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10129 del 2010, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato xxxxx xxxx, con domicilio eletto presso lo studio dell'avvocato xxxxx xxxx in Roma, alla via xxxxxxx, n....;
contro
Comune di -OMISSIS-, non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l'Abruzzo, Sezione Prima, n. 508/2009, resa tra le parti

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 ottobre 2019 il Cons. Giovanni Grasso e udito per la parte appellante l'avvocato xxxxxx;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO
1.- Con ricorso dinanzi al TAR per l'Abruzzo, OMISSIS - nella qualità di dipendente di ruolo del Comune di -OMISSIS- con qualifica C2 - esponeva di aver superato nell'anno 2001, unico partecipante, il concorso per titoli riservato al personale dipendente per il conferimento di un posto di istruttore direttivo amministrativo (area amministrativa demografica), cat. D1 ex VII qualifica funzionale.
Precisava che, dopo la determina dirigenziale approvativa dell'esito della procedura, era stato inserito, con decorrenza 1.6.2001, nella conseguita qualifica, stipulando di conserva il nuovo contratto individuale di lavoro in data 3.7.01.
Ciò posto, lamentava che - con provvedimento in data 15.4.02, la Giunta comunale avesse disposto l'annullamento, in sede di autotutela, della procedura concorsuale de della propria nomina, con conseguente risoluzione del contratto stipulato e rientro nel profilo professionale C2, inopinatamente assumendo: a) che la procedura fosse stata concretamente priva di effettiva selettività; b) che la Commissione giudicatrice aveva operato con solo due dei prescritti tre componenti; c) che il periodo di prova aveva avuto esito negativo.
A sostegno del gravame, criticamente evidenziava: a) l'incompetenza (anche ai fini della valutazione del periodo di prova, peraltro in tesi non previsto dal contratto collettivo) della Giunta civica, trattandosi di determinazione rimessa, in forza dell'art. 107 d. lgs. n. 267/2000 e del sotteso canone della separazione tra attività di indirizzo e digestione, alla competenza gestionale del Dirigente (e, nella specie, del Segretario comunale); b) la ritualità formale della caducata procedura, che aveva visto ridurre a due i componenti della Commissione giudicatrice sol perché il terzo componente di diritto era rappresentato dallo stesso appellante, che aveva, naturalmente, dovuto astenersi; c) la correttezza sostanziale del concorso, nel quale la commissione si era, come da regolamento di settore, limitata alla verifica dei titoli culturali e di servizio, in assenza di valutazioni comparative non giustificate dalla mancanza di altri concorrenti; d) la tardività della determinazione demolitoria, rispetto al termine di 45 giorni fissato dal Segretario generale per l'eventuale revisione della procedura.
Nel rituale contraddittorio delle parti, con la sentenza epigrafata il primo giudice respingeva il ricorso.
Con atto di appello, notificato nei tempi e nelle forme di rito, il sig. -OMISSIS- impugna la ridetta determinazione, di cui assume la complessiva erroneità ed ingiustizia, invocandone l'integrale riforma.
Il Comune di -OMISSIS- non si è costituito in giudizio.
Alla pubblica udienza del 24 ottobre 2019, sulle reiterate conclusioni del difensore dell'appellante, la causa è stata riservata per la decisione.
DIRITTO
1.- L'appello è infondato e va respinto.
Osserva, in via preliminare, il Collegio che il "principio di selettività" connota l'essenza e la sostanza delle procedure concorsuali, quand'anche preordinate alla mera progressione interna all'interno della medesima area a fascia di appartenenza, al segno da condizionare, per il pubblico impiego privatizzato, la contrattazione collettiva, abilitata, sul punto, a derogare alle disposizioni contenute nel d.p.r. n. 487 del 1994 (Cass., sez. lav., 8 gennaio 2018, n. 214).
A maggior ragione, il principio (che ha diretto fondamento costituzionale: cfr. artt. 3, 51 e 97 Cost.) deve operare nei casi, come quello di specie, in cui si è in presenza di una procedura selettiva preordinata alla progressione verticale ed alla conseguente attribuzione di una qualifica superiore, con novazione oggettiva del rapporto di lavoro: procedura che impone al candidato che auspichi il transito in un'area o una fascia di livello superiore una concreta ed effettiva verifica delle attitudini e delle capacità richieste dal nuovo profilo professionale.
In tale prospettiva, la circostanza, di natura formale, che il concorso fosse riservato al solo personale interno all'ente e il fatto, occasionale, che l'appellante fosse l'unico partecipante non appaiono idonee ad appannare la logica della effettiva selettività dell'accesso alle qualifiche superiori, che non può operare in virtù di un mero riscontro del possesso dei titoli di ammissione, con una valutazione "trascurabile e marginale del percorso culturale e professionale" dell'unico candidato, in luogo di una procedura selettiva mirata "ad evidenziare l'idoneità del candidato all'effettivo svolgimento dell'insieme delle funzioni plurispecialistiche che allo stesso dovevano essere affidate", come correttamente ritenuto dall'Amministrazione nella delibera oggetto di impugnativa.
Del resto, è questa la ragione che in più occasioni ha indotto la Corte costituzionale a stigmatizzare la prefigurazione di procedure selettive interne, non aperte all'effettivo confronto concorrenziale ed idonee ad avallare abusive prassi di scivolamento automatico verso posizioni superiori "senza adeguate selezioni e verifiche attitudinali" e senza accorgimenti idonei ad "assicurare comunque che il personale assunto abbia la professionalità necessaria allo svolgimento dell'incarico" (cfr., ex permultis, Corte cost. 11 luglio 2012, n. 177).
Il principio vale, importa precisare, anche nelle ipotesi di concorso per soli titoli: i quali, rilevando in una prima fase come meri requisiti di ammissione, non possono essere sottratti, pena un merito ed acritico meccanismo promozionale, al vaglio selettivo (se non propriamente comparativo) preordinato alla concreto ed effettivo apprezzamento di idoneità allo svolgimento dei nuovi compiti professionali. In difetto di che, come esattamente evidenziato dal primo giudice, la procedura selettiva, tradendo la sua natura e finalità, si risolverebbe, in presenza di un unico candidato, nella mera ed implausibile certificazione di una sorta di "vittoria annunciata".
Orbene, nel caso di specie, per ammissione dello stesso appellante, la procedura annullata si era, di fatto, risolta, nella riscontrata assenza di competitori, in un mero riscontro dei titoli di ammissione dell'unico concorrente, legittimando, per tal via, la rimozione in autotutela dei relativi esiti.
2. - Sotto distinto profilo, non ostava all'annullamento officioso l'allegato superamento del termine di 45 giorni che il Segretario comunale, con propria "comunicazione del 14.12.2001", aveva fissato, facendo salve motivate esigenze di proroga, per la conclusione della "revisione" del procedimento concorsuale: termine il cui superamento, nel critico assunto dell'appellante, ridonderebbe in inesorabile tardività del disposto annullamento.
In disparte il rilievo che la fissazione dei termini di cui all'art. 2 della l. n. 241/1990 (anche ai fini della predeterminazione della tempistica dei procedimenti di secondo grado in funzione di riesame) non può essere rimessa se non ad atti a valenza regolamentare e non alla mera prefigurazione concretamente prefigurativa del responsabile del procedimento, è assorbente, in diverso senso, il rilievo della natura pacificamente ordinatoria del termine di cui all'art. 21 nonies della l. cit., nella formulazione operante ratione temporis acti, operando il decorso del tempo solo quale ragione di progressiva maturazione e consolidamento degli affidamenti degli interessati.
3.- A fronte dei rilievi che precedono, che complessivamente legittimano e giustificano il tempestivo intervento demolitorio sugli esiti della procedura selettiva, non appaiono rilevanti le ulteriori censure incentrate sulla pretesa incompetenza della Giunta comunale e sulla insussistenza dell'obbligo di superare il periodo di prova nelle nuove funzioni: di là da ogni latro rilievo, il canone antiformalistico scolpito all'art. 21 octies l. n. 241/1990 impedisce comechessia la valorizzazione di profili di ordine formale, le quante volte, come nella specie, la sostanza decisionale appare sostanzialmente corretta e, in presenza delle riscontrate illegittimità, ad esito doveroso e vincolato (Cons. Stato, sez. V, 14 maggio 2013, n. 2602).
4.- In definitiva, l'appello deve essere respinto.
In difetto di costituzione del Comune appellato, nulla deve disporsi in ordine alle spese di lite.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Nulla per le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 24 ottobre 2019 con l'intervento dei magistrati:
Francesco Caringella, Presidente
Raffaele Prosperi, Consigliere
Angela Rotondano, Consigliere
Giovanni Grasso, Consigliere, Estensore
Elena Quadri, Consigliere


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Giovanni Grasso Francesco Caringella





IL SEGRETARIO