Pubblicato il 21/12/2016
N. 00535/2016 REG.PROV.COLL.

N. 00037/2016 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 37 del 2016, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato xxxxxx, con domicilio eletto presso il suo studio in xxxxx, xxxxx, n. ...;

 

contro

Provincia di xxxxxx in persona del Presidente p.t., rappresentata e difesa dall'avvocato xxxxx xxxx, con domicilio eletto presso il medesimo avvocato in xxxxxxxxxx, n. ...;

 

nei confronti di

-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato xxxxxx, con domicilio eletto presso il medesimo avvocato in xxxxx xxxx, n. ..;
-OMISSIS-, rappresentata e difesa dall'avvocato xxxx xxxxx, con domicilio eletto presso xxxxx Avv. in xxxx xxxxx, n....;
-OMISSIS-, non costituiti in giudizio;

 

per l'annullamento

della delibera di Giunta Provinciale n.141/2015 del 14.11.2015 ed avente ad oggetto l'attuazione della legge n.56/2014 con conseguente dichiarazione di soprannumero del personale nonché di tutti gli atti preordinati, connessi, collegati e consequenziali con particolare riferimento alla Deliberazione di Giunta Provinciale n.158/2015 e degli atti di conferimento degli incarichi dirigenziali n.121-122-123-124 del 18.12.2015 e del 21.12.2015 nonché della disposizione di assegnazione del personale n.126 del 30.12.2105; Disposizione Presidenziale n.127 del 31.12.2015.

 

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Provincia di xxxxx, di -OMISSIS-;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 ottobre 2016 il dott. Domenico De Falco e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 

FATTO e DIRITTO

Il ricorrente, dirigente di ruolo della Provincia di xxxxxxx ha impugnato i seguenti atti: 1) la delibera di Giunta Provinciale n. 141/2014, avente ad oggetto l'attuazione della legge n. 56/2014, con conseguente individuazione del personale soprannumerario; 2) la delibera di G.P. n. 158/2015 di riorganizzazione delle funzioni fondamentali della Provincia e gli atti di conferimento di incarichi dirigenziali nn. 121, 122, 123, 124 del 18 e 21 dicembre 2015.

Lamenta che, in conseguenza della adozione degli atti di riorganizzazione delle funzioni della Provincia, sarebbe stato illegittimamente collocato in soprannumero nel ruolo dirigenziale, dolendosi che la sua figura di architetto non può essere surrogata da altri nell'organico della Provincia con conseguente onere economico per l'ente.

A fondamento del ricorso ha dedotto, in particolare, i seguenti motivi di censura:

1. Violazione dell'art. 42 del d.lgs. n. 267/2000 per incompetenza ed eccesso di potere sotto diversi profili; violazione degli artt. 4 e 107 del d.lgs. n. 267/2000; violazione artt. 8 e 9 dello Statuto della Provincia di xxxxxxx.

Secondo il ricorrente la Giunta Provinciale avrebbe invertito la logica sequenza dei provvedimenti, individuando, con delibera di Giunta 141 del 14 novembre 2015, prima i dirigenti soprannumerari e poi approvando, con delibera di Giunta n. 158 del 15 dicembre 2015 n. 158, la macro organizzazione dell'ente individuando le funzioni fondamentali dell'ente in attuazione della legge n. 56/2014, il tutto, inoltre, in violazione della competenza del consiglio ad incidere sull'assetto organizzativo dell'ente.

2. Violazione della legge n. 56/2014 e del DPCM 26.9.2014 (decreto Madia). Violazione degli artt. 97 e 98 Cost. Violazione e falsa applicazione del d.lgs. n. 165/2001; violazione della l. n. 190/2014 (art. 1, co. 420); violazione d.lgs. n. 267/2000; violazione dello statuto della Provincia; violazione del regolamento provinciale degli uffici e dei servizi.

La delibera impugnata sarebbe stata promossa da soggetto politico nelle funzioni di Assessore al personale senza la previa ricognizione da parte dell'Osservatorio regionale prevista dal D.P.C.M. 26 settembre 2014 che non avrebbe ancora definito le procedure di mobilità del personale, i criteri fondamentali da applicarsi per il personale in eccedenza e definito gli elenchi del personale da mettere in mobilità. Il criterio dell'anzianità di servizio nel ruolo generale sarebbe stato definito in assenza del parere delle Organizzazioni sindacali.

3. Erroneità del criterio di scelta dell'anzianità nel ruolo dirigenziale per individuare il personale dirigente in soprannumero per violazione dell'art. 4 del D.P.C.M. 16.9.2014.

In base ai criteri posti dalla legge, per l'individuazione del personale interessato dal trasferimento, occorreva tenere prevalentemente conto dei compiti correlati alle funzioni oggetto di trasferimento svolti alla data di entrata in vigore della legge n. 56/2014 e, in ogni caso, di ulteriori criteri oltre a quello della maggiore anzianità di servizio nella qualifica dirigenziale. Applicando tali ulteriori criteri l'esponente avrebbe avuto diritto ad essere collocato in una delle due posizioni dirigenziali della dotazione organica provinciale.

4. Errata applicazione del criterio adottato dalla Provincia di xxxxxx riguardante l'anzianità complessiva.

La delibera avrebbe erroneamente limitato il criterio di anzianità solo a quella maturata nelle funzioni dirigenziali, dovendosi invece prendere in considerazione l'intero periodo lavorativo svolto presso la Provincia e/o presso altri enti, tenuto conto della contribuzione previdenziale secondo quanto previsto al comma 428 della l. n. 190/2014.

5. Violazione del d.l. 78/2015 convertito in l. 125/2015; violazione del DM del 30 settembre 2015.

Ai sensi dell'art. 4, co. 2 e ss. del predetto d.l. n. 78/2015, la messa in mobilità avrebbe dovuto riguardare prioritariamente il personale in posizione di comando o distacco alla data di entrata in vigore della legge, mentre la delibera gravata non opera alcun richiamo sul punto. In ogni caso la Provincia non ha mai definito la pianta organica in relazione alle funzioni fondamentali tra le quali rientrava anche la centrale unica di committenza a cui il ricorrente era preposto.

6. illogica e irragionevole sarebbe poi la delibera 158/2015 in quanto con essa non si determinerebbe alcun risparmio di spesa, tenuto conto degli aumenti immotivatamente attribuiti ad altre figure dell'organigramma provinciale.

Si sono costituiti in giudizio, la Provincia di xxxxxx ed i controinteressati -OMISSIS- e -OMISSIS-, chiedendo che sia dichiarato il difetto di giurisdizione e che comunque il ricorso sia dichiarato inammissibile ed infondato. Il ricorso unitamente al verbale dell'udienza del 24 febbraio 2016 è stato notificato agli altri controinteressati che non si sono costituiti.

All'udienza pubblica del 26 ottobre 2016 la causa è stata trattenuta in decisione.

In via preliminare il collegio deve rilevare il difetto di giurisdizione sulla contestazione degli atti di conferimento degli incarichi nn. 121, 122, 123 e 124 del 18 e 21 dicembre 2015 nonché delle disposizioni di assegnazione del personale n. 126 del 30 dicembre 2015 e n. 127 del 31 dicembre 2016.

Al riguardo, come già recentemente rilevato su analoga questione da questo Tribunale (TAR Molise 7 novembre 2016, n. 464), la previsione dell'art. 63, comma 1, del D. Lgs. n. 163 del 2001 devolve alla giurisdizione del giudice ordinario tutte le controversie di lavoro del personale alle dipendenze di pubbliche Amministrazioni, incluse quelle concernenti il conferimento e la revoca degli incarichi dirigenziali (cfr.: Cons. Stato III, 3.10.2016 n. 4054; idem V, 23.6.2016 n. 2815; Cass. civile, sez. unite, 30.9.2014 n. 20571).

Per analoghe ragioni, esula dalla giurisdizione del giudice amministrativo la cognizione della domanda, proposta dal ricorrente, nella parte in cui egli chiede la cancellazione del proprio nome dall'elenco del personale soprannumerario. Il giudice amministrativo non ha infatti cognizione sul diritto del lavoratore pubblico alla mobilità, né sul suo diritto ad essere escluso dalla mobilità (cfr.: Cons. Stato III, 14.7.2015 n. 3512), trattandosi di atto di gestione del rapporto di lavoro, sebbene attuativo di atti di macro organizzazione relativi al riassetto dei servizi e della organizzazione degli uffici della Provincia, la cui legittimità è stata contestata in via principale, dolendosi il ricorrente del non corretto esercizio del potere di organizzazione della Provincia nella attuazione del processo di riforma previsto dalla legge n. 56 del 2014.

Sussiste, invece, la giurisdizione del giudice amministrativo sulle impugnate deliberazioni di Giunta provinciale nn. 141/2015 e 158/2015, che sono evidentemente atti di macro-organizzazione della struttura provinciale. Di regola, la cognizione degli atti di macro-organizzazione delle pubbliche Amministrazioni rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo, in quanto nell'emanazione di atti organizzativi di carattere generale viene esercitato un potere di natura autoritativa e non gestionale, cosicché non trova applicazione la riserva di giurisdizione del giudice ordinario di cui all'art. art. 63 del D.Lgs. 165/2001 (cfr.: Cons. Stato III, 10.10.2016 n. 4172; idem VI 12.8.2016 n. 3627; Cass. civile, sez. unite, 31.5.2016 n. 11387).

Inoltre, stando al più consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa, appartiene alla giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo la controversia nella quale la contestazione investa direttamente il corretto esercizio del potere amministrativo mediante la deduzione della non conformità a legge degli atti macro-organizzativi, attraverso cui le Amministrazioni pubbliche definiscono le linee fondamentali della loro organizzazione (cfr.: Cons. Stato VI, 5.10.2016 n. 4098). Anche le Sezioni Unite della Cassazione civile concordano sul fatto che, in tema di lavoro pubblico privatizzato, la controversia nella quale un dirigente, a seguito del mancato conferimento di un incarico, prospetti un pregiudizio professionale derivante dall'adozione di atti di macro-organizzazione correlati all'esercizio di poteri autoritativi (nella specie, rivolti a ridefinire le strutture amministrative) al fine di ottenerne l'annullamento, la cognizione dell'esercizio del potere amministrativo e la rimozione degli effetti del provvedimento spettano alla giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo, in quanto implicano la deduzione di una posizione di interesse legittimo, rispetto alla quale il rapporto di lavoro non costituisce l'effettivo oggetto del giudizio e gli effetti pregiudizievoli derivano direttamente dall'atto presupposto di cui si contesta la legittimità (cfr.: Cass. civile, sez. unite, 31.5.2016 n. 11387; sulla rilevanza dell'atto presupposto quale fonte del pregiudizio veicolato con l'atto di gestione cfr. Cons. Stato, VI, n. 2707/2016).

Tale assetto divisato dal giudice del riparto giurisdizionale non contraddice al consolidato orientamento delle Sezioni Unite, a tenore del quale, con riguardo al rapporto di lavoro pubblico - ritenuto che la giurisdizione si determina in base al petitum sostanziale, da individuarsi con riferimento ai fatti materiali allegati dall'attore e alle particolari caratteristiche del rapporto dedotto in giudizio - rientra nella giurisdizione del giudice ordinario il potere di verificare, in via incidentale, la legittimità degli atti generali di autoregolamentazione dell'ente pubblico, ed eventualmente disapplicarli, qualora il giudizio verta direttamente sulle pretese attinenti al rapporto di lavoro e riguardi, quindi, posizioni di diritto soggettivo del lavoratore, in relazione alle quali i suddetti provvedimenti di autoregolamentazione costituiscono solamente atti presupposti; in relazione a ciò si è ritenuto che le controversie relative al conferimento (o mancato conferimento) di incarichi dirigenziali siano di pertinenza del giudice ordinario, in applicazione dell'art. 63, comma 1, del D. Lgs. 165 del 2001 (cfr.: Cass. civile, sez. unite, 8.6.2016 n. 11711).

Il discrimine che risolve l'apparente aporia tra le diverse pronunce delle Sezioni Unite (e di quelle del Consiglio di Stato sulla propria giurisdizione) risiede in tre aspetti, di cui due positivi e uno negativo, radicanti la giurisdizione del giudice amministrativo sugli atti di macro-organizzazione: 1) l'oggetto della contestazione deve investire direttamente il corretto esercizio del potere amministrativo, mediante la deduzione della non conformità a legge degli atti macro-organizzativi; 2) la prospettazione deve riguardare un pregiudizio derivante dall'adozione di un atto di macro-organizzazione, correlato all'esercizio di poteri autoritativi; 3) l'oggetto del giudizio non deve riferirsi direttamente, ma solo indirettamente e di riflesso, al rapporto di lavoro.

Nel caso di specie, con riguardo alle impugnate delibere di G.P. nn. 141/2015 e 158/2015, il Collegio rileva che la contestazione investe direttamente il corretto esercizio del potere amministrativo mediante la deduzione della non conformità a legge degli atti organizzativi, attraverso cui la Provincia di xxxxxx ha definito le linee fondamentali della propria organizzazione; inoltre, la controversia prospetta un pregiudizio derivante dall'adozione di atti di macro-organizzazione correlati all'esercizio di poteri autoritativi rivolti a ridefinire la struttura amministrativa; infine, l'oggetto del giudizio non è direttamente attinente all'incarico dirigenziale ricoperto (o a quello cui si aspira), bensì ai criteri generali con cui si è stabilito di ridimensionare la tecnostruttura e di metterne in mobilità i dipendenti.

Va rilevato, a tal proposito, che la delibera G.P. n. 158/2015 recante in oggetto "Legge 56/2014 - Macro-organizzazione relativa alla funzioni fondamentali", si autoqualifica come atto di macro-organizzazione e lo è anche da un punto di vista sostanziale atteso che ridefinisce la struttura degli uffici provinciali che passano da 4 a 2. La delibera G.P. n. 141/2015 recante in oggetto "Attuazione della legge 56/2014. Personale soprannumerario della Provincia di xxxxxx", anche se non si autoqualifica come atto di macro-organizzazione, di fatto provvede alla riorganizzazione delle risorse umane in dotazione alla luce dei risparmi di spesa imposti dalla legge di stabilità per il 2015 e del riassetto delle funzioni in via di definizione, fissando la dotazione organica ed i criteri generali per la formazione degli elenchi del personale soprannumerario da mettere in mobilità.

Alla luce di tali considerazioni, questo TAR ritiene la propria giurisdizione limitatamente ai menzionati atti deliberativi giuntali nn. 141/2015 e 158/2015.

Infondate sono le eccezioni sempre preliminarmente sollevate, secondo cui il fatto che il ricorrente sia stato inquadrato nei ruoli del Ministero dell'Interno - Ufficio Territoriale di xxxxx, con il profilo di dirigente di Area I, non lo priva dell'interesse a ottenere l'annullamento delle impugnate delibere di riorganizzazione della Provincia di xxxxxx, allo scopo di ripristinare lo status quo ante alla sua messa in mobilità che, in ipotesi, renderebbe possibile il suo rientro nell'organico della Provincia di xxxxxx.

Il controinteressato -OMISSIS- rileva poi che la mancata impugnazione della delibera 2 marzo 2015 n. 22 determinerebbe la improcedibilità del ricorso dato il rapporto di stretta presupposizione tra tale statuizione e quelle impugnate. Sennonché la delibera del 2 marzo 2015 si limita ad indicare l'obiettivo del tagli del costo del personale in attuazione della l. n. 190/2014, ma da essa non scaturisce alcun vincolo nell'individuazione delle specifiche posizioni su cui incidere e che, invece, costituiscono l'oggetto degli atti impugnati nel presente giudizio.

Sono dunque infondate le eccezioni in rito sollevate sul punto dai resistenti.

Pertanto, il ricorso è ammissibile e procedibile sotto il profilo dell'interesse a coltivare il gravame fino alla sua decisione.

Con l'ulteriore motivo, parte ricorrente si duole che l'individuazione del personale da mettere in mobilità avrebbe dovuto seguire la definizione delle funzioni da conservare in capo alla Provincia, mentre nella specie tale preliminare ricognizione sarebbe mancata anche per il ritardo con cui la Regione ha provveduto ad individuare le funzioni da conservare in capo alla Provincia nonché per l'urgenza di operare le riduzioni di spesa prescritte dalla legge n. 190/2014ma una tale inversione procedimentale inficerebbe i provvedimenti impugnati.

La dedotta violazione è infondata.

Non costituisce illegittimità il fatto che le impugnate deliberazioni giuntali siano state adottate in assenza della legge regionale di riordino, prevista dalla normativa "Del Rio" e dalle disposizioni di attuazione della medesima (art. 1 comma 95 della legge n. 56/2014; art. 7 comma 9-quinquies del D.L. n. 78/2015 e DPCM 14.9.2015). Se è vero che la ridefinizione degli assetti organizzativi e della pianta organica delle Province deve collocarsi nel più ampio quadro di riforma delle funzioni fondamentali di detti Enti, varato con la legge n. 56/2014 (cfr.: TAR Molise ord. n. 81/2015), è altresì vero che non sussiste un rapporto di stretta presupposizione tra gli atti legislativi regionali e la riorganizzazione degli Enti provinciali, tale da inibire la possibilità della riorganizzazione provinciale, nel caso di inerzia del legislatore regionale.

A tenore dell'art. 1, comma 95, della legge n. 56/2014, "La Regione, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, provvede, sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, a dare attuazione all'accordo di cui al comma 91. Decorso il termine senza che la regione abbia provveduto, si applica l'articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131". Tale norma, pur prevedendo il potere-dovere della Regione di legiferare in materia, non stabilisce un rapporto di stretta presupposizione tra la legge regionale e gli atti di auto-organizzazione delle Province.

L'art. 7, comma 9-quinquies, del D.L. n. 78/2015 prevede che "Al fine di dare compiuta attuazione al processo di riordino delle funzioni delle province disposto dalla legge 7 aprile 2014, n. 56, le regioni che, ai sensi dell'articolo 1, comma 95, della medesima legge, non abbiano provveduto nel termine ivi indicato ovvero non provvedano entro il 31 ottobre 2015 a dare attuazione all'accordo sancito tra Stato e regioni in sede di Conferenza unificata l'11 settembre 2014, con l'adozione in via definitiva delle relative leggi regionali, sono tenute a versare, entro il 30 novembre per l'anno 2015 ed entro il 30 aprile per gli anni successivi, a ciascuna provincia e città metropolitana del rispettivo territorio, le somme corrispondenti alle spese sostenute dalle medesime per l'esercizio delle funzioni non fondamentali, come quantificate, su base annuale, con decreto del Ministro per gli affari regionali, di concerto con i Ministri dell'interno e dell'economia e delle finanze, da adottare entro il 31 ottobre 2015. Il versamento da parte delle regioni non è più dovuto dalla data di effettivo esercizio della funzione da parte dell'ente individuato dalla legge regionale". Anche tale norma non inficia l'auto-organizzazione delle Province adottata in assenza di legge regionale.

Infine, il c.d. decreto "Madia" (DPCM 14.09.2015), agli artt. 2-11, prevede una procedura di mobilità del personale delle Province verso altre pubbliche Amministrazioni, che prescinde dall'avvenuta adozione di leggi regionali di riordino. Ciò conferma che dette leggi regionali non sono prodromiche né costituiscono condicio sine qua non per la riorganizzazione delle Province. In particolare, l'art. 3, commi 1 e 2, del detto DPCM prevede quanto segue: "1. Le regioni che, entro il termine ultimo del 31 ottobre 2015, previsto dall'art. 7, comma 9-quinquies, del decreto-legge n. 78 del 2015, hanno disciplinato il riordino delle funzioni ai sensi della legge n. 56 del 2014 ed hanno definito, in sede di osservatori regionali, procedure di ricollocazione diretta dei dipendenti in soprannumero addetti alle funzioni non fondamentali, entro lo stesso termine del 31 ottobre 2015 provvedono ad adempiere all'obbligo di comunicazione di cui al comma 424 mediante l'inserimento delle relative informazioni nel PMG con le modalità indicate nello stesso Portale. 2. Alle regioni che non procedono con le modalità e nei tempi di cui al comma 1 si applica l'art. 5". In sostanza, vi è un dovere delle Regioni di provvedere a legiferare, ma in assenza della legge regionale, si applica de plano la norma statale, secondo il principio di attrazione in sussidiarietà della competenza legislativa, di cui all'art. 117 Cost., nell'interpretazione datane dalla Corte costituzionale (sent. n. 303 del 2003).

Ne consegue che anche la previa definizione delle procedure di ricollocazione nell'ambito degli osservatori regionali non costituiva presupposto per l'adozione in via autonoma da parte delle province delle procedure medesime, secondo quanto ammesso dal legislatore al chiaro fine di privilegiare il raggiungimento dell'obiettivo prefissato.

Non risponde al vero, poi, quanto dedotto nel ricorso, che cioè le due delibere impugnate sarebbero state adottate in assenza di un'adeguata procedura d'informazione preventiva alle organizzazioni sindacali, rappresentative del personale dipendente della Provincia. In realtà, le deliberazioni hanno fatto seguito a un'intensa attività di concertazione, tenuta ai tavoli della Regione Molise e dell'Osservatorio regionale sulla finanza territoriale, con la partecipazione delle organizzazioni sindacali, fino all'ultimo incontro del 13 novembre 2015 - di cui si dà espressamente atto nelle giustificazioni della delibera n. 141/2015 -, nel quale si è registrata l'impossibilità di addivenire a una concertazione. In conseguenza di ciò, non si può ritenere che vi sia stata, nella detta procedura, una violazione dell'art. 6 comma 1 del D. Lgs. n. 165/2001.

Infondate sono anche le ulteriori doglianze, relative alla mancata acquisizione del parere dei dirigenti in ordine alla variazione delle dotazioni organiche, in quanto la legge n. 56/2014 e gli atti normativi attuativi rivestono carattere speciale e come tale derogatorio rispetto alle norme del d. lgs. n. 165 del 2001 e, in generale, rispetto alle norme che disciplinano il procedimento ordinario di determinazione e di variazione delle dotazioni organiche; trattandosi di una riforma di sistema è evidente che debbano trovare applicazione le norme speciali varate per governare il processo di riforma.

Destituita di fondamento è la censura secondo cui le qualifiche di cui il ricorrente disporrebbe avrebbero suggerito di non collocarlo in posizione di soprannumerario. E infatti la collocazione in discorso attiene alle funzioni dirigenziali, rispetto alle quali le abilitazioni tecniche del ricorrente non sono necessarie, svolgendo egli soprattutto compiti di coordinamento e stante la possibilità che anche altre figure professionali ricoprano lo steso ruolo, non influendo ciò sulla legittimità degli atti adottati.

Deve, invece, ritenersi fondata la censura riferita all'omesso coinvolgimento del Consiglio provinciale, competente a fornire i criteri generali per l'organizzazione degli uffici e dei servizi.

L'art. 42 comma 2 lett. a) del T.u.e.l. dispone che negli enti locali, la materia dell'organizzazione del personale spetta alla competenza funzionale della Giunta, ma sussiste una competenza del Consiglio a deliberare i "criteri generali" della riorganizzazione del personale. Nel caso di specie, benché si sia trattato di dare tempestiva attuazione a una norma di legge, l'assenza di un atto di indirizzo consiliare sui criteri generali di riorganizzazione inficia la legittimità delle due delibere giuntali impugnate (cfr.: TAR Molise 464/2016 cit.).

Non vale replicare in senso contrario che, trattandosi di attività vincolata, non sarebbe stato necessario che il Consiglio fornisse i criteri generali, atteso che la determinazione della dotazione organica, ridefinita con la delibera n. 141/2015, e la riorganizzazione delle funzioni fondamentali rimaste in capo alla Provincia, avvenuta con la delibera n. 158/2015, costituiscono certamente espressione di discrezionalità amministrativa in quanto atti di alta amministrazione.

Era infatti il Consiglio a dover fornire i criteri per la riduzione della spesa per il personale e per la rimodulazione della dotazione organica; e spettava al Consiglio fissare i criteri per la riorganizzazione degli uffici intorno alle funzioni fondamentali, stabilendo il numero dei settori (unilateralmente fissato dalla Giunta in 2) ed i criteri di ripartizione tra gli stessi delle funzioni e dei relativi procedimenti.

A tale riguardo il Collegio osserva che, come rilevato da parte ricorrente, la gravata delibera 141/2015 non reca menzione del criterio di cui all'art. 7 del D.P.C.M. 14 settembre 2014 secondo cui nell'individuazione del personale da collocare in mobilità occorre assegnare con priorità il personale in comando o fuori ruolo o altri istituti comunque denominati nei ruoli dell'amministrazione presso cui i medesimi prestano servizio.

Resta quindi fermo che la Provincia, dopo l'annullamento giurisdizionale, in parte qua, dei provvedimenti in esame, dovrà rideterminarsi, tenuto conto anche di quanto da ultimo rilevato, rinnovando le proprie deliberazioni giuntali con specifico riferimento alle posizioni dirigenziali, dopo avere acquisito l'atto di indirizzo del Consiglio provinciale.

In conclusione, il ricorso deve essere accolto, nei limiti e termini di cui in motivazione.

Sussistono eccezionali motivi per disporre la compensazione integrale delle spese di giudizio atteso che i provvedimenti impugnati sono risultati inficiati a causa dal palese disallineamento tra le previsioni della legge n. 56/2014 e la legge di stabilità 2015 che ha imposto alla Provincia rilevantissimi risparmi di spesa per il personale nella misura del 50% e a decorrere dal 1.1.2015, prima della definizione del procedimento di riallocazione delle funzioni e di redistribuzione delle risorse strumentali ed umane e quindi al di fuori di un disegno organico e razionale, determinando una quadro di grave incertezza, aggravato dal ritardo con cui la Regione Molise ha poi provveduto alla individuazione delle funzioni fondamentali da conservare in capo alle Province.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie, nei limiti di cui in motivazione, e per l'effetto annulla, in parte, le impugnate deliberazioni di G.P. nn. 141/2015 e 158/2015, limitatamente alla disciplina delle posizioni dirigenziali, per le quali sussiste l'interesse del ricorrente.

Declina la propria giurisdizione sulla impugnazione degli atti di conferimento di incarichi dirigenziali, con l'avvertenza che la causa potrà essere riproposta dinanzi al giudice ordinario, ai sensi dell'art. 11 comma secondo del c.p.a..

Compensa tra le parti le spese del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Campobasso nella camera di consiglio del giorno 26 ottobre 2016 con l'intervento dei magistrati:

 

 

 

Silvio Ignazio Silvestri, Presidente

Orazio Ciliberti, Consigliere

Domenico De Falco, Referendario, Estensore

 

 

 

 



L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Domenico De Falco Silvio Ignazio Silvestri




IL SEGRETARIO