N. 00445/2014 REG.PROV.COLL.

N. 01696/2013 REG.RIC.

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 1696 del 2013, proposto da:
xxxxxx, rappresentato e difeso dall'avv. xxx xxx, con domicilio eletto presso xxxx in Venezia, xxxxx;

 

contro

Ministero della Giustizia;

 

per l'annullamento

dei provvedimenti, del giudizio e del verbale di annullamento della prova scritta e conseguente non ammissione alla prova orale, giusta verbale di adunanza n. 103 in data 20/3/2013 della Corte d'Appello di Venezia - Commissione per gli esami di avvocato -, nella parte in cui " la Commissione, dopo l'apertura del bustone n. 445 e della busta contenente il parere su questioni in materia regolata dal Codice Civile, constata che questa contiene, oltre all'elaborato, alcuni fogli di "brutta"..."; nonchè di ogni atto annesso, connesso o presupposto;

 

 

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 26 marzo 2014 il dott. Claudio Rovis e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;

 

 

 

considerato

che, come affermato dalla giurisprudenza, nei concorsi a pubblici impieghi - ma il principio si applica anche agli esami abilitativi ad una professione, ed in particolare alla professione di avvocato (cfr. gli artt. 22, II comma e 23, u.c. del RD n. 37 del 1934) - la regola dell'anonimato degli scritti - che costituisce il diretto portato del principio costituzionale di uguaglianza e di buon andamento e di imparzialità della Pubblica amministrazione (cfr. CdS, Ap, 20.11.2013 n. 26), la quale deve operare le proprie valutazioni senza lasciare alcuno spazio a rischi di condizionamenti esterni e dunque garantendo la par condicio tra i candidati - deve essere intesa nel senso che gli elaborati non devono recare alcun segno che sia in astratto e oggettivamente suscettibile di riconoscibilità. Certo, non un qualsiasi segno o scritta possono considerarsi idonei a consentire il riconoscimento del candidato, ma solo quelli che, per la loro particolarità, assumano una fisionomia oggettivamente ed inequivocabilmente inabituale rispetto alla normalità: al fine del rispetto della regola dell'anonimato, infatti, "ciò che rileva non è tanto l'identificabilità dell'autore dell'elaborato attraverso un segno a lui personalmente riferibile, quanto piuttosto l'astratta idoneità del segno a fungere da elemento di identificazione, e ciò ricorre quando la particolarità riscontrata assuma un carattere oggettivamente e incontestabilmente anomalo rispetto alle ordinarie modalità di estrinsecazione del pensiero e di elaborazione dello stesso in forma scritta, in tal caso a nulla rilevando che in concreto la Commissione o singoli componenti di essa siano stati o meno in condizione di riconoscere effettivamente l'autore dell'elaborato" (CdS, V, 11.1.2013 n. 102; cfr., in tal senso, anche TAR Palermo, I, 25.7.2013 n. 1550). Donde il carattere invalidante di quelle disomogeneità formali che sono suscettibili di arrecare un vulnus al principio di anonimato, rendendo oggettivamente riconoscibile la provenienza dei testi. Orbene, venendo al caso in esame deve osservarsi che le espressioni aggiuntive utilizzate dall'odierno ricorrente - che pur tenta di disconoscere una circostanza di assoluta evidenza, e cioè la sicura identificabilità della provenienza degli elaborati in base alla (originale) indicazione inserita in capo alla "brutta copia" del proprio elaborato - giustificano ampiamente la fondatezza giuridica del dubbio sulla non difficile riconoscibilità degli scritti e, quindi, la fondatezza giuridica della disposta esclusione. Nè possono contrastare il carattere invalidante della violazione del principio dell'anonimato considerazioni di mero fatto, quali la possibile buona fede dell'artefice o l'eventuale non conoscenza del fatto che andavano consegnate anche le brutte copie degli elaborati: come si è detto, infatti, ciò che rileva è non già la prova (impossibile da fornire) dell'intenzionalità di rendere riconoscibile l'elaborato attraverso un determinato segno, ma la mera suscettibilità del segno a comportare la riferibilità dell'elaborato a un determinato soggetto. Quanto, poi, alla necessità di consegnare anche le brutte copie, ciò deriva - oltre che, in via generale, dalla puntuale disposizione contenuta nell'art. 12, V comma del DM 9.9.1957 - dalla circostanza che ai sensi degli artt. 20, II comma e 22, II comma del RD n. 37 del 1934 i fogli (senza alcuna distinzione), che sono consegnati al candidato muniti "del sigillo della commissione e della firma del presidente o di un commissario da lui delegato" e che egli deve usare in via esclusiva, debbono essere inseriti "nella busta grande";

che, dunque, per le suestese considerazioni il ricorso è infondato e va respinto, le spese potendo essere compensate in ragione della particolarità della controversia;

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 26 marzo 2014 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Bruno Amoroso, Presidente

Claudio Rovis, Consigliere, Estensore

Roberto Vitanza, Referendario

 

 

 

 



L'ESTENSORE IL PRESIDENTE




DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 01/04/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)