Pubblicato il 09/05/2019
N. 03029/2019REG.PROV.COLL.

N. 03819/2019 REG.RIC.

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3819 del 2019, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentati e difesi dall'avvocato xxx xxxx, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via xxxxxx n. ....;
contro

Comune di -OMISSIS-, Nona Sottocommissione Elettorale Circondariale di xxxx, Comune di xxxxx, non costituiti in giudizio;
Ministero dell'Interno, Ufficio Territoriale del Governo Verona, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti

-OMISSIS- non costituito in giudizio;
per la riforma

della sentenza del T.A.R. VENETO - VENEZIA - SEZIONE III n. 00551/2019, resa tra le parti, concernente la richiesta di annullamento della:

della deliberazione prot. n. 8567 del 28/04/2019 del Comune di xxxxx, adottata dalla IX sottocommissione elettorale circondariale di xxxxx, avente ad oggetto la "decisione relativa all'esame della candidatura alla carica di sindaco e della lista di candidati alla carica di consigliere comunale pervenuta dal segretario del comune di xxxxx il giorno 26/04/2019 avente il seguente contrassegno: "xxxx".

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno e dell'Ufficio Territoriale del Governo Verona;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella up speciale elettorale del giorno 9 maggio 2019 il Cons. Giulio Veltri e uditi per le parti gli avvocati xxxxx e l'Avvocato dello Stato xxx xxx;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

Oggetto della presente controversia è l'esclusione della lista denominata "xxxxx" disposta dalla competente Sottocommissione Elettorale, poichè "dall'esame del certificato del casellario giudiziale del candidato Sindaco Sig. -OMISSIS-...risulta una causa di incandidabilità prevista dall'art. 10 comma 1 lett. c) del d.lgs. 31/12/2012 n. 235; dal suddetto certificato del casellario giudiziale non risulta essere emessa sentenza di riabilitazione".

Secondo il sig. -OMISSIS-, parte ricorrente in primo grado e odierno appellante, il provvedimento sarebbe illegittimo per violazione/errata applicazione del combinato disposto dal I e III comma dell'art. 13 del DLgs n. 235/2012 ai sensi del quale "in ogni caso l'incandidabilità [alla carica di deputato, senatore e membro del Parlamento europeo], anche in assenza della pena accessoria, non è inferiore a sei anni.... Nel caso in cui il delitto che determina l'incandidabilità...è stato commesso con abuso dei poteri o in violazione dei doveri connessi al mandato elettivo, di parlamentare nazionale o europeo, o all'incarico di Governo, la durata dell'incandidabilità...è aumentata di un terzo", con conseguente cessazione dello status di incandidabilità in data 20.1.2015: tale norma, ancorchè dettata in funzione delle elezioni del Parlamento italiano ed europeo, sarebbe - secondo parte ricorrente - alla luce di una interpretazione costituzionalmente orientata, applicabile anche alle cariche elettive elencate dall'art. 10 del medesimo testo legislativo.

Il TAR ha respinto il ricorso. Ha ritenuto il primo giudice che " l'art. 13 del DLgs n. 235/2012 (che limita temporaneamente gli effetti dell'incandidabilità) è pacificamente riferibile - il dato testuale della norma è inequivocabile - ai soli ai candidati "alla carica di deputato, senatore e membro del Parlamento europeo": analogamente pacifico è che la citazione degli "incarichi di governo", contenuta nel III comma del richiamato articolo, si riferisce agli "incarichi di Governo nazionale" (cfr. il precedente, II comma)". In replica ai sospetti di incostituzionalità della norma, sollevati dal ricorrente, in relazione all'art. 3 , 4 e 51 Cost. "premesso, invero, che il fine perseguito dal legislatore è quello di allontanare dallo svolgimento del munus publicum i soggetti la cui radicale inidoneità sia conclamata da irrevocabili pronunce di giustizia, così che la condanna penale irrevocabile viene in considerazione come mero presupposto oggettivo cui è collegato un giudizio di inidoneità morale a ricoprire la carica elettiva (talchè la condanna stessa si configura, nel contesto della previsione contenuta nell'art. 51 Cost., quale requisito negativo ai fini della capacità di partecipazione alla competizione elettorale)", ha ritenuto non configurabile alcun profilo di irragionevolezza collegato alla mancata previsione, quanto alle elezioni comunali, di un limite temporale analogo a quello fissato dall'articolo 13 della normativa in esame con riferimento all'incandidabilità alla carica di deputato, senatore e membro del Parlamento europeo, posto che "la diversità delle elezioni e delle cariche non consentono di sindacare l'apprezzamento discrezionale operato dal legislatore nel quadro di una disciplina complessivamente eterogenea, anche sul piano sostanziale, delle fattispecie de quibus", osservando altresì come "la ragionevolezza complessiva della disciplina in tema di incandidabilità (con riferimento al limite temporale, escluso per le cariche di livello regionale e locale) è assicurata dal meccanismo di cui all'art. 15, II comma che rende possibile la rimozione del limite all'esercizio del diritto di elettorato passivo mediante l'istituto della "riabilitazione".

Avverso la sentenza ha proposto appello l'originario ricorrente. A supporto del gravame ribadisce di non aver avuto conoscenza del decreto penale di condanna di cui si discute, e di avere già avanzato istanza di rimessione in termini per proporre opposizione in quanto "dall'esame del fascicolo penale, non vi è la prova dell'avvenuta conoscenza, all'epoca dei fatti, dell'esistenza del decreto penale di condanna a carico del sig. -OMISSIS-" ed in quanto "non vi è la prova che il decreto penale di condanna gli sia stato consegnato personalmente, essendo egli assistito, in quel procedimento, da un difensore d'ufficio che non ha mai incontrato". Sul punto, l'appellante avverte che la giurisprudenza è ferma nel ritenere che "in tema di restituzione nel termine per proporre opposizione avverso il decreto penale di condanna, la notificazione dello stesso decreto effettuata al difensore di ufficio nominato domiciliatario in fase preprocessuale non può ritenersi di per sé idonea a dimostrare l'effettiva conoscenza del provvedimento in capo all'imputato (Cassazione penale, Sezione Prima, sentenza 11/10/2017, n. 6479; nello stesso senso Cassazione penale, Sezione Quarta, sentenza 18/07/2013, n. 991 e Cassazione penale, Sezione Prima, sentenza 16/05/2013, n. 26278)".

Verrebbe quindi meno il presupposto della condanna definitiva, richiesto dal d. lgs. n. 235/2012, il quale ha previsto (art. 10) che "non possono essere candidati alle elezioni (...) comunali (...) e non possono comunque ricoprire le cariche di (...) sindaco (...) coloro che hanno riportato condanna definitiva per i delitti previsti dagli articoli (...) 323 (...) del codice penale".

In ogni caso, anche a prescindere da quanto sopra, si imporrebbe, secondo l'appellante, un'interpretazione costituzionalmente orientata della disposizione escludente, atteso che nessuna plausibile ragione potrebbe consentire distinguere la posizione di un parlamentare rispetto quella di un consigliere regionale, così come rispetto alla posizione di un consigliere comunale.

La causa è stata trattenuta in decisione all'esito della pubblica udienza del 9 Maggio 2019.

Ritiene il Collegio che l'appello sia infondato.

La mera presentazione di un'istanza di restituzione in termini non è circostanza idonea ad impedire o elidere gli effetti del giudicato e, in ogni caso, non compete a questo giudice (sul punto Cons. Stato 274/2017), e a fortiori alle commissioni elettorali, il compito di valutare se il giudicato formale, pacificamente emergente dagli atti, si sia o meno formato nel rispetto delle procedure e del contraddittorio fra le parti. A tacere del fatto che, comunque, al momento della valutazione effettuata dalla commissione tale istanza di restituzione in termine non era neanche formulata.

Per il resto, non possono che confermarsi le statuizioni di prime cure, avuto riguardo al chiaro tenore testuale dell'art. 13 del D.Lgs n. 235/2012 in ordine al perimetro soggettivo di applicazione delle disposizioni sulla "durata" massima dell'incandidabilità.

I sospetti di incostituzionalità che l'appellante agita non meritano adesione: è sufficuent rilevare che il Consiglio di Stato ha già affrontato la questione in esame con sentenza 29-10-2013, n. 5222, nella quale, sia pur con riferimento agli organi di governo regionali, si è chiarito che "non è apprezzabile un profilo di irragionevolezza collegato alla mancata previsione, per le elezioni regionali, di un limite temporale analogo a quello fissato dall'art. 13 con riferimento alla incandidabilità alla carica di deputato, senatore e membro del Parlamento, stante la diversità di elezioni e di cariche che escludono l'insindacabilità dell'apprezzamento discrezionale operato sul punto dal legislatore".

Può aggiungersi, al fine di sgombrare il campo da ogni dubbio, che comunque la legge individua un termine anche per gli organi di governo locale attraverso la previsione della riabilitazione quale fattore comune di cessazione del regime di incandidabilità.

L'appello è pertanto respinto.

Avuto riguardo alle peculiarità della questione appare comunque equo compensare tra le parti le spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 maggio 2019 con l'intervento dei magistrati:

Roberto Garofoli, Presidente

Giulio Veltri, Consigliere, Estensore

Massimiliano Noccelli, Consigliere

Pierfrancesco Ungari, Consigliere

Stefania Santoleri, Consigliere



L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Giulio Veltri Roberto Garofoli





IL SEGRETARIO